Dialisi peritoneale vs emodialisi
A.Sturniolo, M. Nicoletti
U.O. Dialisi C. I. Columbus – Roma
I Reni
sono organi che hanno il compito di depurare dalle scorie (urea, creatinina,
acido urico) che si accumulano in seguito a processi metabolici del nostro
organismo; essi regolano anche l’equilibrio idro-elettrolitico e acido-base.
Possiedono inoltre, la capacità di produrre alcuni ormoni: la forma attiva della
vitamina D (regolazione del metabolismo osseo), l’eritropoietina (produzione
eritrocitaria), la renina (regola la pressione arteriosa). La perdita della
funzione renale (IRC) comporta uno stato di intossicazione cronica
dell’organismo definita “ uremia terminale”. Con il termine di terapia
sostitutiva s’intende una metodica in grado di sostituire la funzione renale
permettendo così la sopravvivenza della persona (1). Le modalità sostitutive
della funzione renale sono: la Dialisi Peritoneale, l’Emodialisi, il Trapianto
Renale. Sebbene questo resti il trattamento ideale, la scarsità di organi lo
rende a volte impossibile (2,3).
Attualmente ci avvaliamo di due metodiche fondamentali: l’emodialisi (HD) e la
dialisi peritoneale (DP). L’emodialisi extracorporea è una tecnica di
depurazione del sangue, basata sul principio chimico della dialisi, in cui il
sangue del paziente (reso incoagulabile ed aspirato dal circolo mediante una
pompa) ed una soluzione detta “ dialisato”, separati da una membrana
semipermeabile, scorrono in senso opposto. Il filtro è la sede dove avvengono
gli scambi dei soluti tra il sangue del paziente ed il dialisato. L’altra
metodica di depurazione del sangue è la dialisi peritoneale, tecnica
intracorporea che utilizza la cavità peritoneale. La dialisi avviene mediante
processi di diffusione ed ultrafiltrazione attraverso la membrana peritoneale e
la parete dei capillari. La soluzione di dialisi entra in contatto con il sangue
all’interno dell’organismo attraverso la membrana che riveste gli organi
addominali, il liquido viene sostituito periodicamente (scambio) con una nuova
soluzione. Gli scambi si effettuano manualmente 4 volte durante il giorno con
una manovra che richiede 30-40 minuti (dialisi peritoneale ambulatoriale
continua CAPD).
Negli
ultimi anni, per effetto dei sempre maggiori impieghi lavorativi del paziente,
ha preso sempre più piede la DP notturna, eseguita impiegando la dialisi
peritoneale automatizzata (APD). E’ un sistema che usa un vero e proprio
computer del peso di 1,5 kg., agevolmente trasportabile e facile da usare.
L’acceso al peritoneo avviene mediante un catetere di plastica morbida (catetere
di Tenckhoff) che si usa per infondere e drenare il liquido di dialisi, che
viene posto attraverso la parete addominale mediante intervento chirurgico in
anestesia locale.
Fattori
che influenzano la scelta della modalità sono: il primo importante,il Medico di
Medicina Generale che conosce il paziente e le sue problematiche cliniche,
sociali, economiche e che lo invia al Nefrologo. Determinante è il ruolo svolto
da questo e dalla sua conoscenza delle due metodiche e da quanto le applica
quotidianamente. Numerosi studi hanno evidenziato come un ambulatorio di
predialisi (Predialysis Education Program PEP) sia cruciale per la scelta della
modalità.
Questa
avviene generalmente in due modi : acuto o programmato. Nel primo caso si tratta
di pazienti non noti o Late referral, inviati cioè tardivamente al nefrologo.
Nel secondo caso, si tratta di pazienti noti Early referral seguiti o soltanto
presso l’ ambulatorio di nefrologia senza un ambulatorio di predialisi o, il più
auspicabile, presso il PDEP nei quali viene attuato un programma educativo di
predialisi dove ricevere informazioni sulle opzioni di trattamento ideale. Nel
primo caso i pazienti di solito restano in emodialisi, così come pure i pazienti
seguiti ambulatorialmente senza la predialisi (91%). I pazienti seguiti presso
ambulatori di nefrologia che seguono un programma educativo di predialisi nel
41% dei casi optano per DP. Tutto ciò incide non poco sui costi sociali: un
paziente late referral costa in media dal 30-60% in più di uno early referral;
purtroppo solo il 20-25% dei casi viene inviato precocemente al nefrologo
Il
follow-up predialitico è una variabile importante nel determinare la scelta
della terapia sostitutiva più idonea in quanto permette una valutazione non solo
dello stato clinico ma anche psicologico, sociale ed attitudinale poiché è
affiancato da altre figure professionali (infermiere, dietista, psicologo)(4).
L’invio precoce al Nefrologo comporta pertanto una: maggiore sopravvivenza,
minore necessità di ospedalizzazione, minor rischio di complicanze, minori costi
sociali. (5)
Nessun
trial ha documentato un convincente livello di evidenza a favore di una metodica
rispetto all’altra, senza alcuna differenza statisticamente significativa nella
mortalità e qualità di vita a 2 anni (6). Numerosi sono i vantaggi della DP come
prima opzione di scelta poiché permette il mantenimento della funzione renale
residua, un risparmio del patrimonio vascolare, la riduzione di trasmissione di
malattie infettive (infezione da HIV). Inoltre, alcuni studi evidenziano la
migliore la sopravvivenza nei casi trasferiti dalla PD alla HD versus quelli che
hanno iniziato con l’ HD e come sia precoce il recupero di questi dopo il
trapianto con una migliore sopravvivenza dell’organo (8).
I vantaggi
della PD rispetto alla HD sono molteplici. Innanzitutto è una dialisi che può
essere eseguita ovunque e senza apparecchiature particolari. E’ più fisiologica
poiché la depurazione avviene durante tutte le ore del giorno a differenza
dell’HD in cui si eseguono 3 sedute dialitiche per settimana. La APD nonostante
gli svantaggi economici per il costo iniziale dell’apparecchiatura e del
materiale disposable, presenta il vantaggio rispetto alla CAPD di evitare
l’impegno continuo giornaliero con maggiore libertà e con effetti positivi
psicologici, sociali e lavorativi.
Essenzialmente le controindicazioni alla DP sono l’obesità, la malnutrizione
severa, l’intolleranza al volume (BPCO, APKD), la diverticolite, le malattie
infiammatorie croniche dell’intestino, i corpi estranei intraddominali, le ernie
addominali non risolvibili, i pregressi interventi sull’addome, la scarsa igiene
del paziente , l’assenza di locali idonei domiciliari, l’incapacità di
autogestione (9).
Pertanto,
nella scelta della metodica si deve tener conto, oltre che delle condizioni
cliniche, della qualità di vita che comprende il benessere psicologico (assenza
di ansia, depressione), il benessere fisico (scarsità di sintomi soggettivi,
possibilità di fare ciò che abitualmente il paziente faceva quando era sano), il
benessere sociale (autosufficienza, capacità lavorativa, possibilità di
mantenimento hobbies e rapporti sociali,ecc.).
Penetranza
delle due metodiche: Situazione regione Lazio
In Europa
prevale l’utilizzo della HD e sebbene vi siano dei paesi in cui la DP raggiunge
anche percentuali più alte (es. fino al 31% in Danimarca, UK, Finlandia,
Norvegia, Svezia, Olanda, Svizzera) l’Italia è un paese in cui questa metodica
ha una bassa penetranza (fino al 9,4% in Austria, Spagna, Germania, Francia,
Belgio, Italia).
Dai dati
dell’Agenzia di Sanità Pubblica del Lazio al 31.12.2004 nella regione erano
attivi 88 centri dialisi: 55 pubblici, comprensivi di CAL e UDD, e 38 a gestione
privata. La frequenza di trattamenti peritoneali ha avuto un incremento fra i
prevalenti passando dal 2,8% nel 1994 a 6,3% nel 2004; l’incremento è stato
maggiore fra gli incidenti, passando da 3,5% a 9,9% nel 2004 (10).
BIBLIOGRAFIA
1.
1.
Daugirdas JT, Ing TS. Handbook of Dialysis. Little, Brown and
Company, Inc.1994
2.
Mendelssohn DC,
Mullaney SR, Jung B et al.What do American nephrologists think about dialysis
modality selection? Am J. Kidney Dis. 2001 ;37:22-29
3.
Foley RN. Comparing
the incomparable: Hemodialysis versus peritoneal dialysis in observational
studies. Perit Dial Int.2004;24:217-221
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Malberti F, Ravani P. Effect of an ambulatory program devoted to
chronic renal insufficiency on the reduction of mobidity and hospitalization
among patients at the beginning of dialysis treatment. G. Ital Nefrol
2003,20:127-32
5.
Hood SA, et al. Impact of pre-ESRD management on dialysis outcomes: a review.
Seminars Dial. 1998;3:175-180
6.
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and nutrition in continuous peritoneal dialysis: association with clinical
outcomes. J.Am.Soc. Nephrol.
1996;7:198-207
7.
Van Biensen W,
Vanholder RC, Veys N et al. An evaluation of an Integrative Care Approach for
ESRD patients . J.Am. Soc. Nephrol.2000;11:116-125
8.
NFK-DOQI The National Kidney Foundation Dialysis Outcome Quality
Initiative. Am. J. Kidney Dis. 1997;30 (Suppls 2 and 3)
9.
Agenzia di Sanità Pubblica. Registro Dialisi del
Lazio 2004