La gestione del paziente con reazioni da farmaci:
il ruolo della desensibilizzazione
Schiavino D., Sabato V., Buonomo A., Roncallo C., Pollastrini E., De Pasquale T., Lombardo C., Pecora V., Musumeci S., Colagiovanni A., Rizzi A.,
Aruanno A., Decinti M., Pascolini L., Nucera E., Patriarca G.
Servizio di Allergologia Policlinico A. Gemelli, Roma
Direttore Prof.G.Patriarca
Riassunto
La gestione di un paziente con storia suggestiva di allergia/intolleranza farmacologica prevede innanzitutto un’anamnesi approfondita: il farmaco/i responsabile/i della/e reazione/i, la modalità di assunzione, il tempo intercorso fra l’assunzione del farmaco e l’insorgenza dei sintomi, successive riassunzioni e la tipologia dei farmaci tollerati rappresentano la pietra miliare per la messa a punto di un idoneo iter diagnostico-terapeutico.
Non infrequentemente, però, ci si trova di fronte ad anamnesi lacunose in cui il farmaco coinvolto non è identificabile; in questi casi lo specialista allergologo intraprende, in genere, a scopo precauzionale, misure profilattiche (esame allergologico con i farmaci di cui necessita il paziente, terapia antireattiva con cromoni/antistaminici/cortisonici, somministrazione di un farmaco sotto diretto controllo con o senza profilassi antireattiva).
Nel caso in cui il farmaco sia stato individuato, il primo provvedimento riguarda proprio l’esclusione dello stesso e dei farmaci che possono cross-reagire con esso.
Valutata la necessità di una eventuale terapia, l’allergologo può non riscontrarvi alcuna controindicazione, somministrare il farmaco o i farmaci richiesti sotto il proprio controllo, indicare una premedicazione antireattiva, valutare la possibilità di somministrare un farmaco alternativo e, nel caso in cui vi sia la necessità assoluta di un farmaco cui il paziente risulta ipersensibile, procedere con il trattamento desensibilizzante specifico.
La desensibilizzazione consiste nella somministrazione di quantità scalari, progressivamente crescenti, del farmaco al fine di ottenere una tolleranza clinica a dosaggi terapeuticamente efficaci. E’ un trattamento sicuro ed efficace, purchè eseguito da personale medico e paramedico esperto in tali procedure, anche in pazienti ad alto rischio (es. affetti da AIDS, donne in gravidanza). L’impiego di metodiche “rush”, inoltre risulta particolarmente utile quando la necessità di un farmaco specifico ha carattere d’urgenza.
Parole Chiave: farmaci, allergia, test di provocazione, desensibilizzazione
Nella gestione del paziente con storia di reazione avversa a farmaci possiamo innanzitutto distinguere due situazioni cliniche: l’urgenza (improcrastinabilità di una terapia farmacologica) e la non urgenza (necessità non immediata di un farmaco) (fig.1) (1).
Nel primo caso bisogna ricorrere a molecole alternative al farmaco che ha provocato disturbi e non cross-reagenti con esso utilizzando farmaci protettivi (cromoni, antistaminici, cortisonici) da scegliere in base alla gravità delle reazioni presentate dal paziente e alla via di somministrazione del farmaco alternativo. In particolare la premedicazione con i cromoni è indicata esclusivamente quando il farmaco alternativo è somministrato per os in pazienti che avevano avuto reazioni moderate, mentre antistaminici e cortisonici sono indicati quando si ricorre a farmaci alternativi sia orali sia parenterali in pazienti con pregresse reazioni moderate-gravi.
Nel caso in cui, invece, il paziente non ha una necessità immediata di un farmaco egli può essere indirizzato all’esame allergologico (test in vivo e in vitro) (2,3). In particolare:
o
o test in vivo: cutireazioni (prick test e intradermoreazioni) con lettura pronta e ritardata, patch test, test di provocazione quando necessario, test di tolleranza con farmaci alternativi. E’ consigliabile, comunque, eseguire questi test durante la fase di remissione.
o test in vitro: dosaggio della triptasi, delle IgE specifiche (disponibile solo per betalattamine, insulina, ACTH, succinilcolina e suxametonio), test di attivazione dei basofili, test di trasformazione linfocitaria e markers di attivazione linfocitaria.
E’ bene, inoltre precisare, che nelle reazioni da farmaci con sospetta patogenesi citotossica (granulocitopenia, trombocitopenia, anemia, epatite) o da immunocomplessi (glomerulonefrite) le cutireazioni (prick test, intradermoreazioni, patch test) non sono di alcun aiuto.
Qualora l’esame allergologico risultasse positivo al paziente sono proscritti il farmaco responsabile e quelli potenzialmente cross-reagenti, senza alcuna preclusione per farmaci appartenenti a classi chimiche e antigeniche differenti. Nel caso in cui il farmaco sia assolutamente indispensabile e/o insostituibile si può ricorrere alla desensibilizzazione.
Più “indaginosa” invece può essere la gestione di pazienti con esame allergologico negativo (1,4,5), soprattutto se questi lamentano reazioni avverse a più di farmaci configurando il quadro della cosiddetta Sindrome da Intolleranza Polimedicamentosa.
In questa sindrome sono riuniti pazienti con sintomi di tipo allergico (orticaria, angioedema, ecc) legati alla somministrazione di molteplici farmaci (almeno 3 ed assunti in momenti diversi) non correlabili tra loro dal punto di vista chimico, antigenico e farmacologico e con esame allergologico negativo. Le molecole che più frequentemente si rendono responsabili di reazioni avverse sono gli antibiotici e gli antinfiammatori non steroidei (FANS). Le reazioni sono nella maggior parte dei casi caratterizzate da sintomi cutanei (fra cui la sindrome orticaria-angioedema è prevalente); non trascurabili, inoltre, sono i sintomi a carico dell’apparato respiratorio e gastroenterico, mentre anafilassi, edema della glottide ed eruzioni cutanee gravi sono, per fortuna, rari.
In una nostra recente esperienza (1), nella quale sono stati arruolati 480 pazienti con Sindrome da Intolleranza Polimedicamentosa, abbiamo dimostrato come sia possibile somministrare molecole alternative a questi pazienti impiegando una profilassi antireattiva (cromoni, antistaminici, cortisonici) in base alla gravità delle reazioni e alla via di somministrazione del farmaco. In particolare su un totale di 1254 test di esposizione con chemioantibiotici (tab 1) sono risultati negativi 1096 (87.4%) e su un totale di 526 test di esposizione con FANS alternativi (tab 2) sono risultati negativi 464 (88,2%). Quindi in circa il 90% dei pazienti siamo riusciti a proporre farmaci da utilizzare in sicurezza.
Nei casi in cui un farmaco responsabile di reazioni avverse sia indispensabile
per il paziente e insostituibile, è possibile attuare, sia che si tratti di allergia o di intolleranza, in ambiente idoneo e con personale altamente qualificato, una desensibilizzazione mediante somministrazione orale e/o parenterale di dosi scalari progressivamente crescenti, al fine di raggiungere la tolleranza della dose terapeuticamente efficace (6). Il protocollo può essere eseguito secondo schemi rapidi di poche ore o giorni oppure tradizionali di 1 o più settimane. L’impiego della desensibilizzazione è particolarmente importante per la prognosi a breve termine
dei pazienti con AIDS (7), i quali frequentemente sviluppano reazioni a farmaci spesso insostituibili. La desensibilizzazione si è rivelata efficace e sicura anche in età pediatrica (8) e in gravidanza (9,10). E’ bene però ricordare che la desensibilizzazione è un trattamento dinamico e reversibile; in pratica le cutireazioni e la reattività clinica si ripositivizzano, in genere, dopo la sospensione del trattamento.
Bibliografia
Tabella 1.
Tabella 2.