IL DOLORE NELLA MITOLOGIA:
CONSIDERAZIONI CONTEMPORANEE.
Roberto Russo
Indice generale
1.1 Introduzione................................................................................................................................ 3
2. La mitologia greca......................................................................................................................... 3
3. La tragedia greca........................................................................................................................... 5
4. I filosofi greci................................................................................................................................. 6
5. La medicina dall'antichità ai giorni nostri.......................................................................................... 6
6. Terapie per il dolore nel corso dei secoli......................................................................................... 8
7. Attuale terapia del dolore............................................................................................................... 8
8. Conclusioni.................................................................................................................................... 9
Il dolore è stato definito dalla IASP ( International Association for the Study of Pain) e successivamente dall'OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità) come "un'esperienza sensitiva ed emotiva spiacevole, associata ad un effettivo o potenziale danno tissutale o comunque descritta come tale".
Tutte le scienze, le religioni, la cultura, la letteratura, la filosofia e l’arte si sono occupate del dolore ma, in particolare la medicina, che ha come obiettivo il benessere psicofisico dell’uomo e, di conseguenza, della ricerca e terapia per guarire o lenire il dolore nelle sue varie forme e manifestazioni.
Il fenomeno del dolore è uno dei capitoli della neuropsicologia in cui convergono neurofisiologia e psicologia dinamica, e ciò per la duplice natura del dolore sensoriale ed emotivo, per la sua duplice struttura temporale, reazione ad uno stimolo attuale ed espressione di una elaborazione del passato. Questi fattori rendono la decodificazione del dolore una esperienza altamente soggettiva, individuale che va al pari passo con la labilità emotiva del singolo. Il dolore è come l’ansia uno dei grandi meccanismi protettivi della vita. Ansia e dolore appaiono come due versanti di una stessa reazione, l’una, dolore innescata nel presente, l’altra l'ansia proiettata nel futuro. Questi due versanti interagiscono tra di loro influenzando intensamente la percezione del dolore. Un riferimento importante su questo tema è stato argomento del simposio del giugno 2013 " Il dolore cronico tra corpo e mente" Atti Accademia Lancisiana 2012-2013, 1;199-217.
Mi soffermerò sul dolore nella mitologia e nella tragedia greca, sull'interpretazione del dolore per gli antichi, sulla sua sede, sui rimedi e terapie usate, brevemente sull'evoluzione nel tempo della medicina e le scoperte sino ai giorni nostri. Infine, delle considerazioni attuali sui mezzi terapeutici e non proposti per lenire e guarire il dolore acuto e cronico.
La mitologia greca legata a culti religiosi esprime, con i suoi racconti di dei, eroi e mostri, una sensibilità molto adesa al mondo, essendo più vicina al cuore dell'esperienze umane ed esprime tutti i contrasti tra il bene ed il male che si susseguono e si presentano nella vita dell'uomo.
Le divinità dei greci, pur essendo immortali e dotate di poteri superiori, assomigliano agli uomini: non solo hanno lo stesso aspetto fisico, ma vivono le medesime emozioni e passioni, amore, odio, compassione, dolore, gelosia ed unendosi carnalmente con i mortali, fanno nascere dei semidei.
Un esempio ci è offerto da Apollo che per gelosia fa uccidere Coronide, che da lui aspettava un figlio. Apollo fa estrarre il neonato dal grembo materno (cesareo postmortem) permettendo così la nascita di Asclepio (Esculapio), che viene affidato al centauro Chirone ( cheirà "mani" in greco da cui deriva chirurgia per indicare colui che opera con le mani) e allevato nell'arte medica e chirurgica.
Da Asclepio e Ipione (o Lampezia) che "allevia i dolori" nascono Macaone e Podolino medici, che seguono i greci nell'assedio di Troia e due figlie Igea (la salute) e Panacea (colei che cura tutti i mali), per cui tutta la famiglia è dedita alla medicina ed alle sue terapie e relative guarigioni.
Per questo ad Asclepio avevano eretto a Epidauro una statua di oro e argento, a Roma nel 291 a.C. un tempio posto sull'Isola Tiberina.
Lo stesso Apollo era venerato come Dio della Medicina, in quanto Dio della luce e nobiltà. Era ritenuto anche Dio della peste, che guarisce quando cessa di scagliare i suoi dardi pestiferi, dualismo divino, come nell'uomo del bene e del male.
Gli stessi dei sono vulnerabili e possono essere feriti dagli stessi mortali vedi nell'Iiade Diomede fa strage dei troiani e ferisce Afrodite mentre protegge il figlio Enea, tornata nell'Olimpo è curata da Peone medico degli dei.
Tra gli dei che rappresentano il dolore appare Eris (in italiano Eride) è la Dea della discordia (del conflitto, lite, contesa) considerata da Omero "la signora del dolore", figlia di Zeus ed Era, sorella di Ares (Marte), mentre secondo Ovidio era stata concepita da Era mentre toccava un fiore e per Esiodo fu generata solo dalla Notte.
Numerosi sono i fratelli e sorelle di Eris tra cui Moros, il destino avverso, Ker la morte violenta,Thanatos la morte, Hypnos il sonno, Oizys la miseria, Nemesi la vendetta o la giustizia divina, Apate l'inganno, Letum la dissoluzione, Styx l'odio.
Narra Esiodo che Eris diede alla luce Algos dio dei dolori (da cui deriva il termine algia in medicina per indicare il dolore), Limos la fame, Lethe l'oblio ed altri che ci fanno ben comprendere che oltre al dolore si possono unire altre forze negative e distruttive per il corpo e la mente.
Il dolore è pathos "accadimento", ciò che arriva senza essere voluto eliminando il piacere; in genere indica un concetto negativo e, nel tempo, il termine ha assunto il significato di sofferenza e sciagura.
Anche Pento personifica il dolore e il pianto. Infatti Zeus gli affidò l'incarico di presiedere alle onoranze funebri per far soffrire e piangere il più possibile tutti gli astanti per il lutto.
Infine, Megapente (grande dolore) figlio naturale di Menelao e di una schiava. anche se amato dal padre, il suo dolore deriva forse dalla consapevolezza che non essendo figlio leggittimo non sarebbe potuto succedere al padre.
Inoltre, citiamo Omero nell'Eneide (IV 220)che scrive come Elena (figlia di Leda e Zeus) versa nel vino a Telemaco ed ai suoi compagni un farmaco, il nepenthes, che fuga il dolore, l'ira e il ricordo di tutti i malanni. Tale rimedio le fu dato da Polidamna, sposa di Tone, re d'Egitto. Il termine nepenthes è costituito da "ne" particella privativa e "penthos" dolore, tristezza.
Anche Medea rinnovella Esone padre di Giasone, con il nepente che nel vino toglie il dolore e fa dormire.
Sono state formulate molte ipotesi sull'identificazione vegetale del nepente come droghe sono state proposte elenio, buglossa, borragine, zafferano, giusquiamo, datura, cannabis e oppio, elenio (detto anche pianta di Elena) era anche un antiofidico.
Le tragedie greche si sono ispirate alla mitologia per rappresentare vari aspetti costitutivi della vita umana, dandone insegnamenti, regole e definizioni utili alla vita quotidiana.
Il prezioso suggerimento di riportare e vedere ,sul tema dolore, la tragedia greca mi è stato offerto dalla professoressa Valentina Gazzaniga ordinario di Storia della Medicina e Bioetica presso l'Università di Roma la Sapienza.
La tragedia classica greca riproduce e riplasma del materiale mitico ereditato dal mondo arcaico. La tragedia attica, che, nel V secolo a.C., ebbe la più grande stagione, si differenzia dal mito in quanto se nel mito lo scontro è nel mondo divino, qui il piano si sposta sulla violenza tra gli dei e uomini e degli uomini tra di loro.
Nel Filottete di Sofocle (496-406) sono riportati il dolore e le sofferenze del personaggio in modo mirabile. Filottete, il più grande arciere greco, partecipa alla spedizione contro Troia; il morso di un serpente gli procura una ferita insanabile, purulenta e maleodorante. I compagni lo abbandonano, per dieci anni, nell'isola di Lemno, con l'arco di Eracle (Ercole), arma indispensabile per la conquista di Troia, che si otterrà, grazie all'intervento "ex machina" dello stesso Eracle. Il dolore di Filottete viene descritto come una fiera selvaggia che attacca dall'esterno e morde le carni.
Eschilo aveva fatto dire al protagonista "un cancro mi mangia la carne del piede", quindi è una malattia divoratrice, che quando giunge al culmine produce uno stato di incoscienza. Euripide già descrive la semeiotica del dolore fisico e della prostrazione psichica successiva. Filottete abbandonato in una grotta lenisce il dolore con foglie di erba medicinale analgesiche. Finalmente Filottete, ripreso da Lemno e riportato a Troia, viene operato addormentato con adatte erbe, e guarito da Macaone figlio di Asclepio. Questa rappresenta la prima anestesia generale della letteratura.
Anticipando le cure attraverso le parole, Melampo (colui che ha un piede nero), indovino sciamano (shaman colui che sa), seguace di Apollo e Dioniso, guarì dalla pazzia le figlie del re Preto di Tirinti, con infuso di elleboro,ranuncolacea usata nelle malattie mentali e cardiache e da sterilità Ificio figlio del re Filaco somministrando la ruggine raschiata dal coltello del padre (terapia per l'anemia sideropenica) ed anche con elementi di psicoterapia per un trauma infantile legato sempre al coltello paterno.
Ad Antifonte (Atene 480-410 a.C.), filosofo e drammaturgo, è attribuita "un'arte di evitare il dolore", con la"techne alypias (tecnica del sollievo) in quanto affiancando le cure mediche ascoltando e domandando risaliva alle cause del dolore, rincuorando con le sue parole gli afflitti. Aveva scritto un'opera "sull'interpretazione dei sogni"anticipando lo Studio di Freud e altri suoi contemporanei.
Tra i grandi medici dell'antichità, Ippoccrate di Kos (460-377 a.C.) capostipite della medicina occidentale sosteneva che il dolore abbia origine da uno sbilanciamento di umori endogeni (discrasia). Nel "Corpus Hippocraticum" spiega la salute e la malattia, unisce elementi religiosi a pratiche scientifiche per il trattamento del dolore usando, oltre che erbe e suoi derivati, piante, sostanze animali e minerali associandovi anche diete speciali e tecniche di guarigione con idroterapia.
Da ricordare come il centro della medicina si spostò in Arabia grazie ad Avicenna (980-1038 d.C.) che nel suo "Canone della Medicina" unì le conoscenze e le teorie dei luminari dell'antica Grecia con le tradizioni persiane e indiane, offrendo così la parte migliore del sapere medico dell'epoca. Inoltre, elenca quindici tipi diversi di dolore tra cui: fastidioso, compressivo, corrosivo, sordo, estenuante, irritante, pruriginoso, pungente, rilassante, acuto, lacerante, intenso, pulsante. Avicenna suggeriva tecniche per anestetizzare i pazienti e alleviare il dolore, tra cui la somministrazione di radice di mandragola o dell'oppio, suggerendone la dose orale per addormentare un paziente prima dell'amputazione di un arto o dell'asportazione di un tumore.
Ricordiamo tra i filosofi greci Epicuro (342-270 a.C.). Fondatore di una delle maggiori scuole filosofiche dell'età ellenistica e romana l'epicureismo, riguardo al dolore fisico dice:
"se il male è lieve,il dolore fisico è sopportabile,e non è mai tale da offuscare la gioia dell'anima,se è acuto, passa presto, se è acutissimo conduce presto alla morte la quale non è che assoluta insensibilità.
Per quanto riguarda i mali dell'anima, essi sono prodotti dalle opinioni fallaci e dagli errori della mente contro i quali ci sono la filosofia e la saggezza. Gli dei sono perfetti, quindi per non contaminare la loro natura divina non si interessano dei dolori umani. "
Nelle prospettive storiche osserviamo come gli antichi associavano il dolore ad un trauma quindi come causa ed effetto ma non ne capivano la provenienza nelle malattie. Per questo pensavano ad influssi malefici che entravono nei loro corpi per cui la terapia era estrarli, fare sacrifici, o supplicare e pregare gli dei. Altra via era inizialmente rivolgersi a maghi (di grande sapienza). A questo proposito Fraezer dice "la magia è la sorella bastarda della scienza". Si ricorreva agli sciamani e in seguito ai medici per farsi curare e guarire.
Si riteneva che la sede del dolore fossero i vasi sanguigni ed il cuore secondo la teoria-aristotelica anche se, Pitagora con l'assenzo di Platone, ritenevano essere il cervello e non il cuore il centro della sensibilità e della razionalità.
Platone pensava che la percezione sensoriale nell'uomo risultasse dal movimento di particelle elementari in comunicazione attraverso le vene con l'anima, sostenendo che il dolore potesse originare non solo da uno stimolo periferico ma anche quale pura esperienza emotiva dell'anima. Per circa quattro secoli queste nozioni vennero ignorate sino alle scoperte di Galeno (130-201 dC) che permise di identificare il dolore con il sistema nervoso e l'origine neurologica della paralisi.
Nel medioevo le teorie di Galeno vennero ignorate tornando alla luce la fisiologia di Aristotele che considerava il dolore come passione dell'anima avente sede nel cuore con la dottrina dei cinque sensi.
Con il Rinascimento, l'apporto di Eustachio, Leonardo da Vinci, Vesalio, Varolio ed altri si considerò il dolore come un evento sensoriale condotto dai nervi del tatto la cui esprienza veniva elaborata nel cervello.
Cartesio (1596-1650), risalendo alla fisiologia galenica, considerò il cervello la sede centrale della sensibilità e della funzione motoria.
Durante il 17° e il 18° secolo si ebbero grandi progressi nella conoscenza dell'anatomia e fisiologia del sistema nervoso grazie a Borelli, Baglivi, Malpighi, Von Haller e altri. Erasmo Darwin, nonno di Charles, circa nel 1794 anticipò la teoria dell'intensità del dolore.
Alla fine del 19° secolo esistevano intorno alla natura del dolore diverse teorie, fra cui: quella della specificità, quella intensiva e di sommazione, finché nel congresso dedicato al dolore del 1942 dell' ARNMD (Associazione per le Malattie Nervose e Mentali), fu accettata quella della specificità iniziando le ricerche e lo studio del dolore.
Ho avuto l'onore ed il piacere di incontrare e dialogare con John Bonica. padre e fondatore dello studio e gestione del dolore. John Bonica (1917-1994) nato a Filicudi, padre impiegato postale, madre ostetrica e infermiera, con la famiglia si trasferisce negli Stati Uniti dove, precocemente morto il padre, deve lavorare e impegnandosi anche in gare di lotta. Terminati gli studi si laurea in medicina, personalmente soffre di intensi dolori lombosacrali. Inoltre l'esperienza delle gravi complicazioni anestesiologiche, nel parto della moglie, lo induce a concentrarsi sullo studio del dolore nella pratica ostetrica e chirurgica.
Ha dedicato la sua carriera allo studio del dolore e alle sue terapie, raccomandando di valorizzare la multidisciplinarietà, curando il dolore acuto e cronico con blocchi delle vie nervose e con anestetici locali. Il libro da lui pubblicato nel 1953 "The Management of Pain" è considerato la Bibbia sulla terapia del dolore facendo iniziare le anestesie peridurali che attualmente fanno parte dell'analgesia nel parto spontaneo e operativo e nel taglio cesareo.
Brevemente si fornisce di seguito un elenco dei mezzi principali usati per annulare, per combattere e per lenire il dolore.
L'oppio (opos succo o lattice) era conosciuto già nell'età della pietra e le sue proprietà di anestetico e sonnifero sono documentate nelle tavolette sumeriche.
Ippocrate ne conosceva anche le proprietà antidiarroiche. Anche Virgilio parla dei papaveri "perfusi di sonno". Tra gli imperatori romani Marco Aurelio era solito assumerlo sotto forma di theriaka.
Nel Rinascimento, Paracelso(1493-1541) miscelandolo con alcool ottenne il laudano (tintura d'oppio).
Nel 1817 il farmacista F.W. Adam Sertuner dal papaverum somniferum isolò la morfina, da Morfeo dio del sonno.
Con l'Invenzione della siringa 1850 G. Pravaz A. Wood fu facilitata la somministrazione di farmaci.
Farmaci usati per l'anestesia generale "Cloroformio"ed ossido nitrico,etere . Nel 1853 J.Simpson, ginecologo di Edimburgo, fece partorire in anestesia generale con cloroformio la Regina Vittoria d'Inghilerra. L'anestesia suscitò sdegno nella chiesa Anglicana. Si rispose che nella Genesi nella creazione di Eva, dalla costola di Adamo "il Signore Dio fece scendere un torpore sull'uomo, che si addormentò, gli tolse una delle costole e rinchiuse la carne al suo posto".
Nel 1884 C.Koller che lavorava con S.Freud riferì l'effetto analgesico della cocaina.
Nel 1897, un farmacista della industria farmaceutica Bayer trovò una forma stabile, l'acido acetilsalicilico, commercializzato come Aspirina.
Nel 1903, la scoperta dei barbiturici cambiò il dolore nella chirurgia e medicina.
Le linee guida dell'OMS per il trattamento farmacologico prevedono il graduale utilizzo dai FANS per il dolore di lieve intensità, passando per gli oppiacei deboli per es. tramadolo e codeina, più adiuvanti, farmaci non analgesici (antidepressivi,corticosteroidi,ansiolitici,anticonvulsivanti,anestetici locali,miorilassanti,antiemetici,gastroprotettori) per arrivare all'utilizzo degli oppiacei forti per esempio morfina, ossicodone, fentanil, ecc. per il dolore moderato e grave.
Fra le terapie alternative rientrano l'agopuntura, pratiche fisioterapiche, supporto psicologico e psicoterapico, la TENS (Stimolo Elettrico Transcutaneo del Nervo). E' interessante ricordare come Plinio il vecchio abbia tramandato che scosse elettriche provocate da pesci elettrofori (narké da cui il termine narcosi), provocavano torpore ed anestesia. I romani indicavano questi pesci torpedini (dal termine torpeo, torpore).
Venendo ai nostri precedenti anni di professione come non ricordare che nella nostra valigetta da medico portavamo sempre una fiala di cardiostenolo (morfina e atropina) in caso di un infarto miocardico, il cloruro di etile per incidere ascessi o per altri interventi ambulatoriali.
Forse appartenendo già alla storia della medicina mi rammento, sempre per abolire il dolore, di aver praticato anestesie eteree con la mashera di Esmarch o di Ombredanne, di aver usato benzodiazepine in vena per sedare dolori per il parto o per brevi interventi ostetrici Erano i tempi in cui come medici chirurghi dovevamo e potevamo praticare analgesie e anestesie non essendo ancora istituite le relative scuole di specializzazione.
Le considerazioni attuali sul dolore potrebbero essere molto lunghe e complesse, coinvolgendo soggettivamente ognuno di noi, con i propri credo religiosi, culturali, familiari, nel momento in cui si manifestassero sofferenze fisiche, psichiche o entrambe. Nel 1919 è stato coniato il termine di dolorismo come teoria dell'utilità del dolore, ostentazione morbosa delle sofferenze morbose proprie o altrui (riportato dall'UTET Battaglia) e abbondantemente usato nei programmi televisi (per esempio Dr House e il dolorismo, che sostiene "la vita è dolore. La prima cosa che leggi in faccia al dolore è la sofferenza che segna e disegna i lineamenti, la seconda l’orgoglio di chi affronta il dolore a viso aperto, lo accetta e non si preoccupa di lasciarsene tatuare perché alternativa non c’è. Resistere è l’unica vendetta,
la terza cosa è la fierezza di non nascondersi.").
Vicino al pessimismo attuale delle condizioni socio-economiche, dobbiamo essere consapevoli che oggi possiamo essere curati ed eliminare il dolore quando è possibile attraverso interventi multidisciplinari, con i mezzi a nostra disposizione. Le tecnologie sempre più avanzate spesso evidenziano con accuratezza forme morbose, per esempio le neoplasie, che possono essere curate con mezzi sempre di più innovativi,che a volte si riesce a cronicizzare ma che non si riesce sempre a eliminare, appartenendo noi al mondo dei mortali.
Come medici, conformemente al Giuramento di Ippocrate che affermava "è cosa divina sedare il dolore", ci siamo sempre prodigati e aggiornati per curare e lenire ogni tipo di dolore, anche se in tempi relativamente remoti eravamo inibiti nell'uso di cannabis e di oppiodi sia per la difficoltà di prescrizione sia per il rischio di assuefazione del paziente.
Attualmente vi sono centri di algologia sia per il dolore acuto e cronico che colpisce sempre più con l'aumento dell'aspettativa di vita un'ampio strato di popolazione circa nel 20%. Inoltre vi è la presenza di associazioni ONLUS , come per esempio Antea, che applicano, gratuitamente, le cure Palliative, in strutture residenziali o a domicilio. Il termine pallio ha il significato di mantello,copertura, aiuto nella fase terminale della vita quando i trattamenti specifici sono inefficacil. Antea, che dal 1987 ha assistito 16.000 pazienti e le loro famiglie, riferisce che l'80% riguarda il dolore fisico ma il 100% presenta il cosi detto "dolore totale”che non è altro che la vera sofferenza determinata oltre che da fattori somatici da problemi psicologici, spirituali, sociali e burocratici.
Pertanto, è necessario che la persona sia al centro del nostro lavoro quotidiano, per supportarla nelle sue decisioni, dandogli gli strumenti adeguati, cognitivi, emotivi e spirituali per affrontare la sofferenza senza essere sopraffatti.
Prof. Roberto Russo, già Professore Associato Cattedra di Clinica Ostetrica Ginecologica, Università “Sapienza” Roma