Studio TC del paziente con rivascolarizzazione coronarica
Romagnoli A, Arganini C, Simonetti G
Il numero di Pazienti che vanno incontro a trattamenti di rivascolarizzazione coronarica è in crescente aumento; questo non solo per l’elevata percentuale di Pazienti affetti da patologia coronarica, ma anche perché si è passati da un approccio terapeutico di tipo “riparativo” ad uno “conservativo”, tentando di fermare la catena di eventi negativi legati alla Sindrome Coronarica Acuta, considerando i potenziali rischi periprocedurali, maggiori per il bypass aortocoronarico che per l’angioplastica coronarica con stenting e sfruttando al meglio le recenti evoluzioni tecnologiche. Tra le tecniche di rivascolarizzazione, l’angioplastica coronarica ha vissuto negli ultimi anni enormi evoluzioni con lo sviluppo di stent convenzionali di ultima generazione e di stent medicati (inibitori IIb/IIIa, clopidogrel e ticlopidina); anche la rivascolarizzazione chirurgica non è stata da meno, con l’introduzione delle tecniche mini-invasive, degli interventi senza circolazione extracorporea ed il miglioramento della protezione miocardica durante l’intervento.
I Pazienti sottoposti a rivascolarizzazione, sia essa chirurgica che endovascolare, hanno un elevato rischio di ripresa di malattia ed è quindi fondamentale che siano monitorati nel tempo. L’angiografia coronarica convenzionale è considerata il gold standard nella valutazione della pervietà degli innesti vascolari e dei device metallici; i limiti intrinseci della tecnica sono rappresentati dal fatto che rimane comunque una procedura invasiva, con percentuali di complicanze maggiori nell’1.7 % dei casi ed un tasso di mortalità dello 0.11%. Ciò appare estremamente importante soprattutto in considerazione dei frequenti controlli angiografici, cui vanno spesso sottoposti i Pazienti rivascolarizzati.
Negli ultimi anni la Diagnostica per Immagini ha acquisito un ruolo sempre più rilevante nell’imaging cardiaco. In particolare, lo sviluppo della tecnologia multidetettore, con tecniche di cardio-sincronizzazione retrospettive o prospettiche, ha rivoluzionato l’applicazione della TC volumetrica in ambito cardiaco consentendo di ottenere immagini ad elevata risoluzione spaziale non solo del circolo coronarico nativo, ma anche dei graft e degli stent coronarici.
Bypass
Figura 1 Esempi di CABG regolarmente pervi: A-B Bypass arterioso tra AMIS e DA.
C-D CABG venoso aorta-marginale ottuso.
La rivascolarizzazione chirurgica miocardica mediante confezionamento di bypass coronarici (CABG) è uno dei più comuni metodi di trattamento della patologia coronarica nei soggetti sintomatici.
Nei Pazienti con malattia multivasale, essa rappresenta il trattamento d’elezione ed è associata ad un miglioramento della qualità di vita ed ad un aumento della sopravvivenza.
Tuttavia la storia naturale del CABG prevede una percentuale di pervietà a 10 anni del 60% per l’innesto venoso e del 90% per quello arterioso.
Nel 24% dei Pazienti sottoposti a procedura di by pass cardio-chirurgico si verifica una ripresa della sintomatologia nell’anno post-operatorio; inoltre Fitzgibbon ed altri hanno osservato che entro 5 anni dalla procedura di rivascolarizzazione il 25 % dei grafts confezionati risultano occlusi.
La ripresa di malattia generalmente si manifesta sia come progressione della malattia stessa a livello del circolo nativo che come insorgenza di ateromasia a livello dei graft, in particolare i venosi.
La valutazione con TC dei bypass risulta paradossalmente più agevole, rispetto al circolo coronarico nativo e questo accade soprattutto perchè il graft è esterno al cuore e quindi risente meno della contrazione cardiaca, con rischi minori di malvalutazione per “artefatti a scalino”, dovuti ad incremento della frequenza cardiaca; inoltre il lume vascolare del graft, in particolare il venoso, ha in genere un calibro superiore alla coronaria; in ultimo, il graft raramente presenta calcificazioni nel contesto, che potrebbero creare difficoltà nella quantificazione della stenosi.
Come già accennato i graft venosi hanno una maggiore incidenza di malattia, tuttavia risultano più facilmente valutabili in TC, rispetto ai graft arteriosi, per il loro calibro maggiore, per il decorso più lineare e meno soggetto ad artefatti da movimento e per l’assenza di clip metalliche.
In un nostro passato studio dove esaminammo 213 CABG con TC 64 strati, abbiamo ottenuto valori di sensibilità del 100%, di specificità del 98.4% ed una accuratezza diagnostica del 99.1% nella valutazione dei CABG venosi occlusi e di sensibilità dell’80%, specificità del 100% e accuratezza diagnostica del 95% nella valutazione dei CABG arteriosi occlusi; nell’identificazione di stenosi, invece, abbiamo avuto risultati di sensibilità del 93.4%, di specificità del 95.2% e di accuratezza diagnostica del 94.8% nei CABG venosi e di sensibilità del 100%, di specificità del 97% e di accuratezza diagnostica del 97.9% in quelli arteriosi.
Questi risultati che concordano con quelli presenti in letteratura, sono assolutamente promettenti e ci permettono di affermare che la TC volumetrica, per le sue caratteristiche di bassa invasività e di elevata riproducibilità, possa essere considerata per il futuro l’indagine principe nel follow-up del Paziente sottoposto a bypass coronarico.
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Figura 2 Esempio di stent coronarico su circonflessa che alla valutazione con TC risulta pervio
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Stent
Negli ultimi 25 anni l’angioplastica percutanea si è imposta come principale forma di rivascolarizzazione coronarica rispetto al trattamento chirurgico di bypass aorto coronarico, in particolare per le patologie monovasali. La prevalenza di Pazienti sottoposti a trattamenti coronarici di tipo percutaneo (PCI) nel nostro Paese è di circa mezzo milione con il 70% di tali procedure rappresentate da stenting. Tuttavia durante i primi 6 mesi dal trattamento una percentuale di Pazienti variabile tra l’11% e il 46% va incontro a restenosi intra-stent, risultando quindi fondamentale uno stretto monitoraggio post-trattamento.
Attualmente il follow-up di questo tipo di Pz consiste nel monitoraggio clinico; tuttavia a volte una ripresa di malattia porta a dover identificare se sia presente una progressione della patologia in altri vasi o una recidiva in corrispondenza del device e quindi una re-stenosi intra-stent.
In questi casi, l’indagine gold standard è ancora oggi la coronarografia convenzionale.
Attualmente la TC volumetrica multistrato (TCMS), ed in particolare l’uso di scanner a 64 file di detettori, rappresenta una valida alternativa all’angiografia coronarica nel follow-up di questi Pazienti. Pur essendo i risultati incoraggianti, la valutazione della pervietà degli stent, risulta in alcuni casi parzialmente inficiata da artefatti correlabili alla struttura metallica, alle dimensioni ed alla diversa geometria.
L’importanza degli artefatti cambia in relazione al tipo di metallo ed al design del stent, ad esempio stent costituiti di tantalium come il Wiktor, talvolta rendono impossibile la visualizzazione del lume oppure altri device aventi spessore delle maglie > 0.14 mm come il Bx Sonic o il NIR possono causare severi artefatti da blooming, dovuto all’indurimento del fascio di raggi X durante il passaggio attraverso le maglie metalliche dello stent. A causa della presenza di tale artefatto, i valori di attenuazione ottenuti, possono risultare maggiori all’interno del lume rispetto a quelli misurati nel vaso prossimalmente al device; tuttavia questa differenza si può ridurre con l’utilizzo di filtri di convoluzione (kernel) come il detail e il bone.
Anche il calibro ridotto degli stent è stato fino ad oggi da molti considerato responsabile della scarsa valutabilità del lume dello stent in relazione all’artefatto da blooming. Tuttavia, con macchinari a 64 strati si è riusciti ad avere una visibilità ottimale anche in stent con diametro inferiore a 2.5 mm.
Nonostante questi limiti l’accuratezza diagnostica nella valutazione della re-stenosi intrastent con TC multidetettore di ultima generazione si mostra elevata; in un nostro studio con TC 64 strati su 402 stent, l’identificazione di stenosi intrastent ha dato valori statistici di sensibilità del 94.9%, specificità del 98%, VPP del 94.2% e VPN del 98.3%.
Questi risultati, che si riscontrano anche in letteratura, fanno assumere alla TC 64 strati un ruolo rilevante nei Pazienti sottoposti a stenting coronarico, nell’indirizzare in modo corretto l’algoritmo diagnostico verso l’eventuale esecuzione di un esame invasivo come la coronarografia convenzionale.
Conclusioni
In conclusione la Tomografia Computerizzata Multidetettore (TCMD) costituisce ormai una convalidata alternativa alla coronarografia, in quanto metodica non invasiva e con elevate caratteristiche di accuratezza diagnostica, nel follow-up del Paziente rivascolarizzato.
Bibliografia
1. Fitzgibbon GM, Kafka HP, Leach AJ, Keon WJ, Hooper GD, Burton JR. Coronary bypass graft fate and patient outcome: angiographic follow-up of 5,065 grafts related to survival and reoperation in 1,388 patients during 25 years. J Am Coll Cardiol 1996; 28:616–626
2. Feuchtner GM, Schachner T, Bonatti J et al (2007) Diagnostic performance of 64-slice computed tomography in evaluation of coronary artery bypass grafts. AJR Am J Roentgenol 189:574-580.
3. Antoniucci D, Valenti R, Santoro GM, et al.(1998).Restenosis after coronary stenting in current clinical practice.Am Heart J135:510-518
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