LA GESTIONE DEL RISCHIO NELLE STRUTTURE SANITARIE:

ESPERIENZE EXTRAEUROPEE, EUROPEE ED ITALIANE

 

(Prof. Michele Poerio)

 

Permettetemi di affermare con orgoglio che la CIMO è stato il primo tra i Sindacati medici ad affrontare il problema del rischio in sanità. Tale problema è importante soprattutto per due ordini di fattori:

1)       Il primo perché assistiamo nel nostro Paese e nel contesto internazionale ad una vera e propria esplosione del business che ruota attorno al fenomeno malpractice anche per problemi in cui i medici non sono professionalmente direttamente interessati ( e mi riferisco ai problemi organizzativo-strutturali del SSN)

2)      Il secondo perché il contratto di lavoro prevede la costituzione nelle aziende sanitarie ed ospedaliere di UO di Risk Management e noi medici clinici,a mio parere,dobbiamo essere pronti ad inserirci a pieno titolo nella loro realizzazione e direzione,senza lasciare esclusive ad alcune specialità,e non me ne vogliano i colleghi medico-legali, medici del lavoro ed igienisti.

E’ evidente a tutti che ci troviamo di fronte ad una gigantesca dilatazione del rischio professionale. Si aggirano intorno ai 30.000 i casi di contenzioso sollevati nel 2007  dai pazienti nei tribunali per ottenere il risarcimento per presunti danni, denunce enormemente cresciute negli ultimi 10 aa  (da oltre 12.000 del 1996 a circa 28.500 nel 2006). A ciò si aggiunga l’enorme costo della cosiddetta medicina difensiva praticata da moltissimi medici (il cui costo è valutato in 10-12 miliardi euro/anno), somma che se recuperata risolverebbe in pochi anni il contenzioso con le regioni, comprese quelle canaglia.

Gli errori, comunque, sono insiti nell’attività umana e non possono essere del tutto debellati. Può, tuttavia, ridursi la loro incidenza, soprattutto progettando sistemi che proteggano gli operatori dagli errori ricorrenti, rendendoli intercettabili e predisponendo accorgimenti attraverso opportune modifiche dell’organizzazione del lavoro.

Ed appunto a questo obiettivo mira il RM.

In Italia i sistemi di RM sono nati in un contesto industriale, e più precisamente bancario, per lo più come gestione delle polizze assicurative. Bisogna,però, rilevare che le caratteristiche del RM in sanità  sono del tutto peculiari rispetto ai modelli affermati nel mondo industriale, poiché nell’ambito dell’assistenza è centrale il danno alla persona piuttosto che il danno alla struttura. Da parte loro le aziende sanitarie nell’ambito del rischio clinico hanno generalmente adottato, e purtroppo continuano ad adottare, un approccio amministrativo al problema, limitandosi all’acquisto di una polizza assicurativa, rinunciando da una parte a qualsiasi analisi e revisione dei  propri processi assistenziali, e dall’altra determinando gravi distorsioni nel rapporto con il mercato assicurativo.

Diversamente da quanto avviene da decenni negli USA,in Gran Bretagna, ed in altri paesi europei, il RM in sanità, è ancora considerato una novità. E’ sintomatico, a tale proposito, che  solamente con il contratto di lavoro 2002/2005 all’Art. 21 c.5 venga prevista l’istituzione nelle varie az. sanitarie di UO di RM a direzione medica,(ma non solo medico- legale o igienistica, come qualcuno sostiene).Purtroppo,

 

però, a oltre 5 anni dalla firma della parte normativa del contratto 2002-2005 meno del 50% delle aziende sanitarie del centro nord hanno realizzato una unità operativa di RM e meno del 20 % nel sud .

Inoltre mancano modelli omogenei di UO di RM e mancano collaborazioni interaziendali, interregionali e il raccordo a livello nazionale. A ciò si aggiunga che  di queste U.O. molte sono state realizzate in modo che è eufemistico definire incongruo, con deliberazioni del tipo: è istituita l’UO di RM diretta dal Dr PP, amico del DG o amico dell’amico.

A fronte  di questa situazione, dal 1997 i vari governi che si sono succeduti non hanno mai realizzato i principi contenuti nella convenzione di Oviedo, limitandosi a recepirli   con la legge 145/2001 legge che è rimasta priva di decreti legislativi attuativi e quindi inattuata.

Da parte sua il  Ministero della Salute solo nel 2003 ha istituito una commissione tecnica che ha concluso i suoi lavori nel 2006 con l’elaborazione del documento ”RM in sanità il problema degli errori”

Nel 2004 la ASSR (Agenzia sanitaria per i servizi regionali) ha attivato un programma di ricerca sulla “promozione dell’innovazione e la gestione del rischio”.Inoltre il Ministero della Salute nell’ultimo piano sanitario(2006-2008) ha dedicato un paragrafo alla gestione del rischio clinico e della sicurezza dei pazienti, come pure la Conferenza Stato Regioni del marzo 2008.

Da rilevare inoltre che il trattato di Lisbona in vigore dal 1/1/09 prevede grossi finanziamenti al fine di identificare e prevenire i rischi sanitari.

Da quanto detto si evince chiaramente che in Italia non esiste una visione centrale e sistemica del problema e tutto l’onere progettuale dei sistemi di risk management è stato, pertanto, trasferito, con il CCNL, alla iniziativa delle singole Regioni o  aziende che si trovano oggi a dovere gestire l’emergenza di un mercato assicurativo molto poco disponibile.

E che tale mercato sia molto poco disponibile lo dimostrano le notevoli cifre richieste ( 10 milioni di euro) per assicurare un  mega ospedale come il Policlinico Umberto I° di Roma   che, però, ha versato dal 2000 al 2005 a titolo di risarcimento somme che variano da 450.000  a 1 milione € annui. Eppure l’ANIA si appresta ad ulteriori rincari avendo recentemente dichiarato che le coperture assicurative della responsabilità civile in ambito sanitario hanno registrato negli ultimi anni risultati disastrosi per le assicurazioni. Ma forse perché continuano a considerare sotto la voce “perdite” le cifre messe a riserva per pagamenti eventuali che probabilmente non saranno mai erogati?

Proprio per questo motivo molte regioni e molti DG pensano di accantonare fondi ad hoc  impignorabili, senza ricorrere alle compagnie assicurative e di sviluppare notevolmente il RM, come all’ospedale Bambin Gesù di Roma dal 2003 e, più recentemente, al Policlinico Umberto I° di Roma con la costituzione di commissioni valutative multidisciplinari del danno al fine di trattare direttamente, dal punto di vista medico-legale, le richieste di risarcimento civile.

 

 

Cosa fare per cambiare?

Nel “De iure condendo”:

a)     disciplinare chiaramente  il titolo di responsabilità dei medici e dei sanitari nella prossima riforma del C.C. e C.P.;

b)     riaffermare per la peculiarità delle prestazioni mediche il principio dell’obbligazione di mezzi e non di risultato (principio che la giurisprudenza va sempre più dismettendo);

c)      prevedere la responsabilità diretta ed unica della struttura sanitaria con rivalsa solo in caso di dolo in ambito civilistico;

d)     realizzare nuovi principi nella formazione degli albi dei CTU affiancando sistematicamente al medico legale (che non può essere un tuttologo)  lo specialista di branca o addirittura di settore;

e)     realizzazione obbligatoria di camere di conciliazione extragiudiziali il cui buon esito estingua la causa civile e penale,chiaramente fuori dai casi di lesioni gravissime o di omicidio

f)       Predisporre fondi specifici per “l’alea terapeutica”;

g)     istituire  osservatori di “rischio” regionali;

h)     costituire  una agenzia nazionale per la gestione del “rischio clinico”.

Nel  “De iure condito”:

a)     bisogna effettuare un rapido riconoscimento dei danni provocati ai pazienti;.

b)     bisogna eliminare/ridurre il precariato (sappiamo bene quanto l’incertezza del posto di lavoro possa influenzare negativamente l’attività del medico);

c)      è indispensabile effettuare una difesa aggressiva  dalle denuncie prive di fondamento. Mi piace sempre ricordare l’episodio della  causa Viganò-Castagna nella quale alla richiesta di risarcimento di 2 miliardi di lire da parte del defunto conduttore televisivo il prof. Viganò rispose con una contro querela richiedendo 3 miliardi per danni all’immagine.

E per ultimo ma non ultimo, fondamentale è una analisi attenta degli errori e relativo miglioramento delle procedure… fra le quali assume una importanza fondamentale l’informazione e la comunicazione con il paziente, comunicazione che certamente non dovrà avere le caratteristiche di quella che vado ad illustrarvi ed avvenuta realmente, perché registrata, in una fredda e nebbiosa notte del nov. 1995 nel nord pacifico tra unità della marina canadese e statunitense:

u      Canadesi: alle unità navali americane, dovete virare 15° nord per evitare la collisione

u      Americani: dovete virare voi di 15° sud per evitare la collisione.

u      Canadesi: siete voi che dovete virare 15° nord

u      Americani: qui è il comandante della portaerei Kennedy, dovete virare 15° sud

u      Canadesi: ribadisco, per evitare la collisione, virate 15° nord

u      Americani: qui è l’ammiraglio comandante della squadra navale nord Pacifico della Marina degli Stati Uniti, vi ordino di virare 15° sud altrimenti saranno prese le dovute contromisure 

u      Canadesi: fate pure quello che volete. Qui parla il faro di Cape Town, passo e chiudo.  

 

Per fortuna la collisione fu evitata ma questo rappresenta un lampante esempio di comunicazione errata che avrebbe potuto determinare un disastro.

E’, pertanto, fondamentale, in tutti i campi, una analisi attenta degli errori ed un miglioramento delle procedure, obiettivo questo che può essere raggiunto solo attraverso l’introduzione di metodologie di RM come schematicamente rappresentato nella figura 1.

 

                          Fig. 1

 

A questo punto ritengo molto utile un parallelo fra le esperienze USA, europee e italiane.

Il risk managment nasce negli Usa negli  anni 70 come risposta alla crisi della malpractice causata dall’ aumento  di numero e di onerosità dei rimborsi per errori nelle cure,  e dall’incremento sproporzionato dei premi assicurativi.

Nel 71 NIXON istituì una commissione Governativa che  segnalava che  il miglior modo per ridurre la frequenza e la gravità del danno era lo sviluppo di  un sistema di prevenzione dell’errore in tutte le strutture sanitarie.

Nonostante le raccomandazioni di questa commissione negli anni ‘70 si dette importanza solo al  “Risk management finanziario”.

Questo diede luogo ad una seconda crisi di malpractice negli anni ‘ 80 con perdite assicurative elevate, aumento dei premi assicurativi e delle denunce. Finalmente l’American Hospital Association formalizzo la creazione di programmi di risk management., come illustrato nella figura 2.

 

LINEE FUIDA DELLA AMERICAN SOCIETY FOR HEALTHCARE RISK MANAGEMENT

u     Definizione del Risk manager e del suo staff

u     Programmi di segnalazione di eventi avversi

u     Integrazione con le attività di Quality Assurance

u     Definizione delle regole di segnalazione degli incidenti

u     Investigazione immediata dei danni e analisi

u     Formazione del personale sulle tecniche di  RM

u     Incontri col personale sanitario

u     Gestione delle denunce

u     Nel 1985 oltre 80% degli Ospedali aveva in funzione un programma di RM

     Fig.2

Le cose andarono avanti più o meno discretamente fino al ’99, quando l’Institute of Medicine pubblico il rapporto “to err is human” che suscitò molto scalpore. Questo documento segnalava che ogni aa circa 7-800.000  pz riportavano danni derivati dalle cure mediche, che 70-80.000 all’anno morivano per errori e che sempre ogni aa circa 38 miliardi di $ erano spesi per errori e danni. Clinton e poi Bush finanziarono con 50 miliardi di $ una agenzia, la AHRO per progetti di studio e prevenzione degli errori.

Ciononostante nel 2002 si verifica una nuova crisi della malpractice:

         nel Nevada chiude l’unico trauma center per le dimissioni di 56 dei 58 ortopedici per l’aumento spropositato delle polizze assicurative;

         Molte compagnie assicurative abbandonano il settore sanitario;

         Molti medici vanno in pensione anticipata a causa dell’aumento dei premi assicurativi;

         Bush annuncia che assumerà provvedimenti legislativi per ridurre le parcelle degli avvocati e limitare le denunce (negli USA l’avv. del pz, se vince la causa ha diritto al 30% del risarcimento: una forte motivazione ad intentare una causa).  Ma nel momento in cui negli USA si rendono conto che ciò è un errore in Italia lo realizziamo con il decreto Bersani che ha introdotto il cosiddetto “patto in quota lite”. In sostanza il cliente vittima di presunta malpractice, non deve anticipare alcuna parcella all’avvocato ed ai consulenti tecnici. Solo alla fine devolverà all’avv. ed a ai periti una percentuale del risarcimento. Se questo non è sollecitazione alla lite temeraria poco ci manca.

Della realtà europea esamineremo solo quella della GB il cui servizio sanitario ha, peraltro, caratteristiche organizzative ed obiettivi simili al nostro.

La motivazione principale per lo sviluppo del RM  in GB, è stata la sempre maggiore frequenza di cause contro Az sanitarie per episodi di clinical negligence. Dal 1972 al 1990 il numero delle cause è più che decuplicato attestandosi su un numero medio di 10.000 nuovi casi all’anno, con un incremento annuo dei costi del 25 % circa per ogni singolo caso.

Lo stimolo per lo sviluppo dello studio del rischio clinico fin dai primi anni ‘70 è stato dato in estrema sintesi da 2 ordini di problemi causati dagli incidenti sanitari:

         Impatto finanziario

         Impatto in termini di perdita dell’immagine

In passato il NHS aveva impiegato in risposta al problema di gestione dei rischi una vasta gamma di azioni di identificazioni e repressione degli incidenti  (ispezioni, inchieste, punizioni) che si è rivelata inadeguata.

Oggi si avverte l’esigenza di sviluppare i sistemi del RM e della qualità dei servizi di assistenza basati sulla trasparenza nella gestione degli errori e degli incidenti libera dalla logica di accusa dei singoli operatori. Tra gli altri strumenti è stato sviluppato un nuovo sistema di gestione e reporting degli incidenti utilizzato in alcune nostre regioni

E veniamo al nostro SSN.

Come già detto, diversamente a quanto avviene da decenni nei paesi anglosassoni, il RM in Italia è ancora considerato una novità. Infatti si è incominciato a parlare di errore in medicina  solo nel 1999 dopo la pubblicazione del rapporto dell’institute of medicine “to err is human” .

 

Fig.3  - Sono molto schematicamente indicate le date in cui le varie regioni hanno incominciato ad occupasi seriamente del problema,con regolari atti legislativi, meglio specificati  successivamente.

        Riferimenti legislativi regionali

u      Valle d’Aosta:

        RM affrontato nel PSR 2006-2008

        Progetto formativo realizzato nel 2007

 

u      Piemonte :

        Esperienze locali nel 2002-2003

        2004: agenzia regionale per i servizi sanitari propone gestione centralizzata

        2007-2010: tutto ribadito nel piano socio sanitario

 

u      Lombardia:

        2004 linee guida sul RM

        “Gruppo di coordinamento di gestione del rischio in ogni Az. Sanitaria”

 

u      Friuli Venezia Giulia:

        2005 “progetto di gestione  prevenzione del rischio clinico”

        Azioni di tipo protezionistico e preventivo per il rinnovo tecnologico, formazione degli operatori, manutenzione e verifica di sicurezza.

 

u      Provincia Autonoma di Trento:

        2000: iniziale approccio

        2004:comitato aziendale per la sicurezza dei pazienti

        2006: sistema di incident reporting informatizzato

 

u    Veneto:

        2003 realizzazione del Cpoe (Computerized Physician Order Entry) strumento utilizzato  come fonte informativa e di controllo nella prevenzione e riduzione dei rischi.

 

u    Emilia Romagna:

        2000 costituzione gruppo di studio per la gestione del rischio

        2005: linee di indirizzo sul modello della NHS Litigation authority

 

u    Liguria:

        2006: commissione regionale per la gestione del rischio costituita dai coordinatori delle unità di RM delle varie aziende

        Formazione e mediazione dei conflitti, autid clinici

        UO RM sono obiettivi per la valutazione dei DG

 

u     Toscana:

        2001: sperimentazioni per la gestione del rischio

        2003: istituzione del centro per la gestione del rischio

        2007:campagna per una corretta identificazione del pz

u     Umbria

        2004: centro interaziendale per la gestione del rischio, adozione di linee guida, istituzione di UO di RM

u     Lazio

        2003: approccio al RM

        2006: operative numerose UO di RM

u     Abruzzo

        2005 gruppi di lavoro sul RM, linee guida, istituzione in ciascuna ASL e AO di unità di RM

 

u     Campania:

        2004 commissione tecnica regionale per il RM

        2006  identificazione requisiti per ciascuna azienda relativi al RM

 

u     Puglia:

        2005: promozione giornate di studio e formazione sul RM

        2007: dopo incidente di Castellaneta “Piano della salute” in riferimento al governo clinico alla sicurezza alla correttezza di tutti i percorsi tecnico- amministrativi

         

u     Calabria

        2004/05: prime esperienze di RM nel AO di Catanzaro e Cosenza

        Realizzazione di UO di RM e identificazione del  R. Manager nelle varie aziende sanitarie

 

u     Sicilia

        2005: commissione regionale per la gestione del rischio

        2006: istituzione nelle varie az. di apposito comitato per il rischio clinico

 

u     Sardegna

        Piano sanitario 2006/08 evidenzia il governo clinico e la gestione del rischio

        2007:costituzione del ”Gruppo di lavoro per il coordinamento delle attività sul rischio clinico”

 

 

E veniamo ai dati del nostro SSN

Negli USA dove il fenomeno è sotto osservazione da aa si stima che circa l’1% dei pz ricoverati negli ospedali siano vittime di errori clinico/ organizzativi o gestionali del sistema sanitario.

Assumendo per l’Italia lo stesso parametro, (non essendovi dati statistici certi e non avendo motivi per dubitare che l’entità del fenomeno sia differente) il n° di Pz vittime possibili di errori è stimabile in circa 130.000 su circa 13 milioni di ricoveri annui.

Presso i tribunali sono pendenti circa 30.000 cause che vedono coinvolti medici, strutture sanitarie,  pazienti. Le strutture sanitarie spendono per assicurarsi da 1 a 10 milioni di euro. Analizzando i dati dei tribunali solo il 14-17% dei casi di denunce civili o penali si concludono con una condanna dei medici o delle strutture sanitarie

Esaminando i motivi delle richieste di risarcimento emerge che riguardano tendenzialmente sempre gli stessi reparti, le stesse situazioni, gli stessi interventi indipendentemente dal luogo e dalla tipologia del nosocomio.

Ben diversi sono i dati forniti dalla FIASO e da altre associazioni.

Secondo la Federazione Italiana delle Aziende Sanitarie Ospedaliere (FIASO) il 4% e non l1% dei ricoverati subisce danni (su 13 milioni di ricoveri 520.000 danneggiati).  Però nell’85% dei casi l’errore è da riferirsi alla struttura.

Secondo il gruppo di lavoro multidisciplinare del Politecnico di Milano (CINEAS)   i morti dovuti agli errori medici variano da 14.000 a 50.000 anno.

Secondo l’AIOM (Associazione Italiana Oncologia Medica) i morti per errore medico sono circa 33.000 anno.

Si tratta di dati assolutamente irrealistici  e pericolosi per la categoria e per i pazienti i quali avranno sempre meno fiducia nelle strutture sanitarie e nei medici, che vengono presentati come dei veri e propri killers o forse sarebbe più attuale, secondo Brunetta come macellai. Ma in considerazione che un sorriso fa sempre bene vi sintetizzo questi dati con delle simpatiche vignette di un umorista francese

Si entra in barella e si esce in bara

L’ultima sigaretta all’operando……

 

 

 

Approccio multidisciplinare che possa veramente contribuire alla soluzione del rischio clinico con la realizzazione di Osservatori e Agenzie a livello Nazionale e regionale come quelle proposte dalla CIMO in collaborazione con l’Avv. Cirese ai vari ministri della Salute succedutisi negli ultimi 10 aa e la realizzazione di vere UOC di RM aziendali o interaziendali perifericamente.

 E’ importante altresì prevedere un fondo di solidarietà per l’indennizzo delle vittime da “alea terapeutica” nell’ambito di un codice sanitario che preveda tutta la normativa civile, penale, e amministrativa come in Francia con il Code de Santè Publique. Il testo unico delle leggi sanitarie che la CIMO va da sempre chiedendo.

E vorrei concludere con un parallelo tra il SSN e l’NHS, cioè  fra due sistemi sanitari pubblici che hanno caratteristiche organizzative e obiettivi simili, nella considerazione del R.M. La gestione del rischio in Gran Bretagna è una “priorità nazionale”, una diretta responsabilità del Department of Health e di tutte le aziende che organizzano un programma integrato di direttive, di atti di indirizzo, di strumenti e unità di supporto organizzativo dedicate.

E’ , in buona sostanza, una visione sistemica il fattore critico di successo nell’ambito della qualità dei servizi.

Ed è proprio l’assenza di questa visione sistemica del problema l’elemento pregnante nel contesto italiano, caratterizzato dalla dipendenza storica dal mercato assicurativo e dalla scarsa cultura della prevenzione e della minimizzazione del rischio, salvo limitate ed encomiabili iniziative di singole regioni o aziende.

Invece una gestione organica del RM ci aiuterebbe indubitabilmente a realizzare quello che dovrebbe essere l’obiettivo principe di ogni organizzazione sanitaria: la tutela della salute dei cittadini  prevenendo i rischi nei quali essi incorrono quando vengono in contatto con strutture sanitarie e conseguentemente la tutela dei propri dipendenti.