Attualità dell’imaging della BPCO e dei suoi mimi    

 

Moderatore G. Pedicelli

G. Pedicelli, P. Ialongo, F. Quagliarini, A.Sebastiani

 

           Il fascino della lettura del radiogramma del torace non è facilmente traducibile, certamente singolare rispetto a tutta la diagnostica per immagini. L'interpretazione di un organo frattale, qual è il polmone, che vediamo riprodotto su una immagine bidimensionale, rappresenta una sfida diagnostica sempre nuova, tesa ad interpretare il "disegno polmonare" immerso nel vuoto del contenuto aereo del polmone: richiede cultura ma c'è spazio per  la capacità intuitiva, per la sensibilità, perfino per la fantasia. La clinica, che deve sempre affiancare tale lettura, assume il compito di guida razionale verso la diagnosi corretta. Il fascino interpretativo aumenta enormemente laddove il vuoto, costituito dal contenuto aereo del polmone, aumenta sotto svariate configurazioni (diffuso, circoscritto, strutturato)specie se accompagnato da  una presentazione clinica incerta.  Fu con la sola radiografia del torace che nel 1937 il dottor R.M. Burke [ 1 ] diagnosticò e descrisse con grande accuratezza il primo caso di "polmone evanescente", una malattia rarissima che nei decenni successivi assumerà la denominazione di "enfisema bolloso gigante idiopatico", troppo superficialmente assimilato all'enfisema,  con il quale condivide unicamente l'iperinsufflazione e la scarsa conoscenza della storia naturale della malattia. A fronte di una tale realtà l'espressione vanishing lung ha trovato grande accoglienza fra i cultori della materia, è entrata rapidamente nell'uso comune, è stata ed è largamente abusata, tanto da diventare il temine diagnostico con il quale si etichettano molte ipertrasparenze polmonari non meglio identificate.

       La lezione di  Burke  fu preziosa  per i ricercatori che negli anni '50-'60 dimostrarono che l'enfisema e la bronchite cronica contribuiscono sinergicamente a produrre il modello clinico della malattia ostruttiva ;  si intuì allora che le componenti principali della malattia esprimono due fenotipi diversi (Blue-bloater, pink-puffer ) raramente in forma pura, più frequentemente in un ventaglio di manifestazioni cliniche, radiologiche e patologiche.

         I progressi scaturiti dalle ricerche di quegli anni andarono man mano spegnendosi  soprattutto perché il GOLD standard  della fenotipizzazione veniva necessariamente affidata all’autopsia, una prospettiva poco  pratica! Tutto ciò giustificato dall'assenza di strumenti che potessero distinguere  in vivo la componente "enfisema" rispetto al "danno ostruttivo bronchiolare".                 

          I progressi della diagnostica radiologica realizzati nell'ultimo ventennio, con la tomografia computerizzata ad alta soluzione (HRCT- High Resolution Computed Tomography), l’acquisizione delle immagini con tecnica spirale multidetettore, hanno reso gli studi molto veloci, precisi nei dettagli  anatomici, coerenti con i dati funzionali  forniti dalla spirometria. I progressi sono stati tali da poter considerare attualmente le immagini prodotte dalla HRCT simili all’anatomia patologica, con il vantaggio di offrirle in vivo,  unitamente a dati funzionali e quantitativi.           

        E’ divenuto agevole documentare l'iniziale comparsa dell'enfisema , tipizzarne  le diverse forme istologiche,  stabilirne la distribuzione topografica  definirne i volumi e le caratteristiche di eterogeneità  (cluster analysis), preziose per eventuali trattamenti invasivi. 

Lo studio delle vie aeree è diventato sempre più raffinato con buona rappresentazione  morfologica dei bronchi fino ad un diametro inferiore ai 2 mm: ciò consente di affrontare in concreto lo studio delle piccole vie aeree, quelle maggiormente responsabili della malattia ostruttiva. Esso si basa sulla rilevazione dello spessore della parete bronchiolare, del suo lume e del rapporto fra i due valori. Con le tecniche di segmentazione bronchiale, realizzate recentemente e già disponibili quali software di ricostruzione, è possibile "scheletrizzare" le vie aeree, disegnarne l'asse centrale a tutti i livelli, ottenendo sezioni del lume bronchiale perfettamente ortogonali e, quindi, precisissime.  Il raffronto con il vaso arterioso che accompagna sempre il bronco consente di valutare eventuali bronchiolectasie anche di calibro moderato . Lo studio mediante HRCT eseguito comparativamente in inspirazione / espirazione riveste un prezioso ruolo funzionale: con tale semplicissima manovra vengono rilevate le aree di intrappolamento di aria dovute al danno di parete e al collasso bronchiolare che limita una buona ventilazione degli spazi aerei. Grazie alla velocità di rilevazione  degli attuali scanner gli esami vengono effettuati in pochi minuti, senza alcuna manovra invasiva, senza uso di mezzi di contrasto, senza alcun disagio anche su pazienti i in condizioni respiratorie critiche, con una dose di radiazioni molto contenuta, fra le più basse usate nella pratica clinica.  Unitamente ai principali rilievi diagnostici descritti, l’esame HRCT offre in contemporanea la rilevazione di eventuali focolai flogistici tipici delle fasi di riacutizzazione della malattia nonché  il coinvolgimento dell’apparato cardiovascolare che compartecipa al danno bronco-polmonare cronico.

     All’acquisizione delle immagini  seguono  le ricostruzioni anatomiche su tutti i piani desiderati al fine della più accurata valutazione personalizzata del danno anatomico e funzionale, anche a confronto con i dati offerti dalla clinica e dalla spirometria. Rispetto a quest’ultima la HRCT offre il vantaggio della valutazione  anche distrettuale del danno anatomo-funzionale.

          La diagnostica radiologica può aggiungere allo studio dell’apparato respiratorio importanti dati relativi alle comorbilità quali:  osteoporosi,  obesità,  reflusso gastro-esofageo,  rinosinusiti croniche che possono configurare la cosiddetta sindrome rino-bronchiale .

          Le raffinate documentazioni della BPCO ottenibili in vivo e a basso costo mediante HRCT  ripropongono il progetto clinico della distinzione fra fenotipi con l’obiettivo di trattamenti terapeutici personalizzati; ne conseguirà l’adozione di terapie mirate, sicuramente più efficaci e meno dannose.

           Alla luce di quanto descritto e alla vigilia di ulteriori miglioramenti attesi nella documentazione morfologica e funzionale delle piccole vie aeree,  è giustificato un ragionevole ottimismo circa la possibilità di contribuire a chiarire la complessità della BPCO soprattutto  rispetto alla eterogeneità della malattia  o meglio, del ventaglio di malattie  che essa contiene.

      Per i progressi tecnici descritti oggi è divenuto più agevole distinguere le "ipertrasparenze" di origine congenita rispetto alle patologie acquisite, precisarne le epoche di sviluppo rispetto all'età fetale o dell'infanzia, valutarne le correlazioni con l'impatto ambientale (epigenetica).

        In particolare le attuali metodologie di imaging, integrate fra loro e correlate con i dati clinici e fisiopatologici, ci permettono di valutare sotto nuova luce e "in vivo" la  bronco-pneumopatia cronica ostruttiva (BPCO) nelle sue componenti distruttiva (enfisema) ed ostruttiva (danno bronchiale-bronchiolare), configurando in  modo accurato ed affidabile nella pratica clinica quotidiana fenotipi clinici che nel passato apparivano solo come ipotetici, dovendo  ricercare il relativo gold-standard nell'autopsia!

          Le attuali metodologie di imaging consentono inoltre di distinguere la BPCO da ipertrasparenze di altra natura, che possono mimare la stessa BPCO o il vanishing lung ma che appartengono ad altre malattie.

           "...L'enfisema e i rami bronchiali appaiono vicini fra loro e particolarmente i bronchi di piccolo calibro sono a volte dilatati poiché la causa che dilata le cellule polmonari deve parimenti agire sui bronchi; tuttavia alcuni fatti mi farebbero supporre che in taluni casi la dilatazione delle cellule aeree sia primitiva": è la descrizione anatomo-patologica della BPCO fatta inconsapevolmente da Laennnec  nel 1826 a seguito delle sue osservazioni  su polmoni espiantati ed esaminati  con la sola lente di ingrandimento!  L'autore si riferiva allora a una malattia rara che  oggi si avvia a diventare la terza causa di morte nel mondo industrializzato, restando  avvolta nel mistero circa le cause, il meccanismo patogenetico e le specifiche cure. Che si tratti di una malattia o di un gruppo di malattie ancora oscure è testimoniato dalla definizione stessa della BPCO come espressa  attualmente dalle più accreditate linee guida internazionali (GOLD) "una malattia caratterizzata da una limitazione persistente al flusso aereo, in genere evolutiva e associata ad una aumentata risposta infiammatoria cronica agli inquinanti inalatori a carico delle vie aeree e dei polmoni”. 

           E' in tale contesto che vogliamo sottolineare i progressi concreti ottenuti dall'imaging nella documentazione dell'enfisema, della malattia ostruttiva dei piccoli bronchi e delle malattie che mimano la BPCO.  Concluderemo con la dimostrazione dei vantaggi ottenibili nella pratica clinica corrente dal corretto impiego delle attuali procedure della diagnostica per immagini, che si possono sintetizzare nella realizzazione in vivo di un "tris di biomarker"  costituito da: identificazione dell'enfisema nei suoi tre principali tipi istologici unitamente alla sua volumetria e distribuzione topografica; dimostrazione del danno parietale ed endoluminale dei piccoli bronchi con misurazione ripetibile dello spessore di parete e del diametro luminale; valutazione quantitativa e ripetibile del fenomeno dell'air-trapping correlato con l'ostruzione bronchiale.

       Il primo dei biomarker a cui facciamo riferimento è costituito dalla capacità della HRCT di diagnosticare, quantificare volumetricamente, localizzare topograficamente l'enfisema

       Il progressivo degrado dell'apparato elastico che mantiene beanti le vie aeree distali e gli alveoli polmonari, senza soluzione di continuità, costituisce  lo start dell'enfisema la cui presentazione morfologica è notoriamente distinta nei tre tipi istologici: intralobulare, panlobulare, parasettale. La distinzione fra questi tre tipi istologici risulta attualmente immediata nelle rilevazioni effettuate mediante TC ad alta risoluzione. Si può ben dire  che l'esordio morfologico, volumetrico e topografico dell'enfisema  è apprezzabile con precisione fin dai primi volumi elementari (voxel) .  La rilevazione quantitativa globale può essere distinta quantitativamente a livello polmonare, lobare e segmentario  anche con rilevazioni automatiche, avendo disponibili software adeguati. Di particolare interesse è la rilevazione qualitativa e quantitativa rispetto alla distribuzione topografica per la determinazione di eterogeneità dell'enfisema: quest'ultima caratteristica è fortemente richiesta nell'ipotesi di trattamento invasivo della malattia.  L'impiego della "cluster analysis"  (codificazione a colori di grappoli di enfisema distinti fra loro per classi volumetriche) costituisce attualmente il sistema più avanzato di valutazione di eterogeneità.

             Il secondo dei biomarker è costituito dalla documentazione diretta dell'aumentato spessore di parete bronchiale nelle sezioni ottenute mediante HRCT [fig.1]. In condizioni di normalità lo spessore della parete bronchiale ha un valore contenuto entro il 20% del diametro dell'intero bronco. Il superamento di tale valore è considerato molto indicativo di rimodellamento della parete bronchiale conseguente a processo flogistico, osservabile nella bronchite cronica, nella bronchiolite e nell'asma bronchiale [2 ]. La possibilità di tale rilevazione in vivo costituisce uno strumento clinico formidabile di valutazione diagnostica diretta, anche quantitativa della componente flogistica della BPCO, specialmente nelle fasi di riacutizzazione della malattia [3 ].

Fig. 1 - HRCT del torace: tipico reperto di ispessimento e rimodellamento dei piccoli bronchi,

caratteristico della flogosi cronica che contribuisce al quadro clinico della BPCO.

 

        La valutazione effettuata con questa metodologia è tanto più valida quanto più periferico il bronco esaminato[4 ]. Il limite di questa metodologia di valutazione è costituito dalla limitazione costituita dalle dimensioni dei bronchi esaminati: nella realtà clinica gli attuali scanner non sono in grado di rappresentare correttamente con una risoluzione geometrica adeguata  bronchi di calibro inferiore ai 2 mm. che corrispondono all'incirca all'ottava generazione dell'albero bronchiale. Poiché il danno bronchiale che caratterizza la malattia ostruttiva interessa propriamente i bronchioli periferici, l'attuale tecnologia si rivela insoddisfacente. Alcuni gruppi di studio[ 5] hanno proposto nel recente passato di assimilare il danno bronchiolare a quello dei grossi bronchi  prossimali  secondo il cosiddetto "criterio del surrogato" , proponendo secondo il quale la dimostrazione di flogosi bronchiale prossimale potrebbe essere assimilata al danno bronchiolare. Negli ultimissimi anni questo concetto è stato bocciato. Pertanto si vanno sviluppando dei software sempre più raffinati che siamo in grado di valutare direttamente o indirettamente il reale danno flogistico a carico dei bronchioli di calibro inferiore ai 2 mm.

      A causa della difficoltà espiratoria del flusso aereo nei territori affetti da ostruzione dei piccoli bronchi  mediante la HRCT eseguita in fase espiratoria è diventato oggi agevole dimostrare l'intrappolamento di aria nel parenchima polmonare durante l'espirazione. La documentazione di questo evento, ottenibile quantitativamente, oltre che topograficamente, rappresenta il terzo dei biomarker con il quale la moderna radiologia realizza il suo tris nella valutazione diagnostica qualitativa, quantitativa e topografica della malattia ostruttiva del polmone[fig.2]. 

 

 

      Fig. 2 a - HRCT del torace in inspirazione: si documenta lieve ispessimento delle pareti bronchiali  con densità parenchimale sostanzialmente omogenea. In b - HRCT in espirazione- si rileva il tipico  reperto di pattern "a mosaico" caratteristico  del fenomeno dell'air-trapping.

 

                                             

       Il quadro che si presenta alla HRCT nella rilevazione in fase espiatoria è definito con un pattern "a mosaico" che rappresenta in modo caricaturale la disomogeneità ventilatoria: le aree ipodense che si producono in espirazione costituiscono attualmente il modello più affidabile del fenomeno dell'air-trapping correlato con la malattia ostruttiva delle piccole vie aree. Esso può essere analizzato topograficamente e valutato quantitativamente in automatico (in millilitri!) ed entrare a far parte dei parametri clinici di valutazione morfo-funzionale, sia nella iniziale fase d'inquadramento fenotipico del malato che nelle procedure di rivalutazione dopo terapia.

       Come è noto dall'anatomia patologica e dalla fisiopatologia, il processo di rimodellamento bronchiolare della BPCO avviene nella porzione più periferica dell'albero bronchiale[ 6], laddove si verifica anatomicamente un enorme incremento della "cross-sectional luminal area" e,  di conseguenza, un fortissimo rallentamento (circa 600 volte?!) della diffusione dei gas inalati; ciò favorisce la deposizione dei particolati tossici con conseguente reazione infiammatoria della parete a tutto spessore che esita in un rimodellamento di vario grado e configurazione. Oltre al rimodellamento il bronchiolo può andare incontro alla obliterazione temporanea o permanente con trasformazione delle stesso in amorfa struttura fibrosa. Secondo le osservazioni effettuate con la micro-CT [ 7 ] su campioni biologici costituiti da tessuto polmonare proveniente da exeresi chirurgica, la riduzione del numero dei bronchioli efficienti è direttamente proporzionale alla gravità della BPCO valutata clinicamente . Sembra, inoltre, che le alterazioni bronchiolari precedano la distruzione enfisematosa del tessuto polmonare. Tuttavia, nella stragrande maggioranza dei pazienti affetti da BPCO le due condizioni sono associate e soltanto la prevalenza dell'una rispetto all'altra contribuisce a tipizzare il fenotipo affetto da enfisema rispetto a quello in cui prevale la bronchiolite cronica. 

         I vantaggi clinici di queste valutazioni sono potenzialmente importanti nella pratica clinica: l’uso di farmaci antiinfiammatori (steroidi inalatori, inibitori delle fosfodiesterasi 4) è indicato nei pazienti con prevalente malattia delle vie aeree (fenotipo bronchite cronica) mentre nel fenotipo in cui prevale l' enfisema sarebbe controindicato e si dovrebbero usare prevalentemente broncodilatatori nella fase stabile della malattia.

        Questo atteggiamento terapeutico non è ancora universalmente accettato anche perché non sono ancora stati completati validi trials clinici al riguardo. La necessità di differenziazione  tra i due principali fenotipi della BPCO rimane comunque un progresso importante per la terapia tanto da essere stata inserita in vari documenti di indirizzo gestionale quali le recenti (2012) linee guida spagnole.

        Un altro sottogruppo di pazienti BPCO in cui l’imaging HRCT ha permesso di migliorare la gestione terapeutica è quello caratterizzato dalla presenza di bronchiectasie. E’ noto che l’HRCT permette di identificare con precisione la sede, l’estensione e lo stato delle alterazioni bronchiectasiche. Il crescente utilizzo di questa tecnica ha permesso di rilevare nei soggetti affetti da BPCO una incidenza di bronchiettasie molto elevata,  in precedenza sottovalutata o misconosciuta.

         I pazienti con BPCO e bronchiectasie possono presentare alti livelli di colonizzazione batterica delle vie aeree e  frequenti riacutizzazioni infettive, spesso da microbi resistenti (Pseudomonas aeruginosa) ai comuni antibiotici.

         Le riacutizzazioni infettive sono episodi che portano ad  accelerato declino funzionale, aumento delle ospedalizzazioni e della mortalità.

L’individuazione con HRCT di questi pazienti permette di orientare la terapia sulla prevenzione e il trattamento delle riacutizzazioni infettive (antibioticoterapia preventiva, utilizzo di antibiotici attivi sullo Pseudomonas, valutazione della flora microbica esistente, vaccinazioni, cautela nell’uso di steroidi per inalazione (ICS).

          Un'altra vantaggiosa applicazione della TC nella BPCO è quella della valutazione dei pazienti da sottoporre a riduzione di volume chirurgica dell’enfisema. Studi con HRCT  hanno permesso di dimostrare che i pazienti con enfisema a distribuzione prevalente nei lobi superiori beneficiano maggiormente di questa tecnica chirurgica rispetto a quelli con enfisema prevalente in altre sedi. Altre casistiche  hanno evidenziato una prognosi peggiore in caso di enfisema dei lobi inferiori e in generale l’imaging con HRCT  fornisce uno strumento fondamentale nella selezione e nella valutazione prognostica nei pazienti da inviare a terapie invasive.

                       

                                                                 I mimi della BPCO

 

               A causa della loro configurazione strutturale evanescente  e la conseguente difficoltà diagnostica, fino al recente passato alcune forme di "ipertrasparenze polmonari" sono state accostate alla diagnosi di enfisema del quale possono mimare alcuni caratteri, primo fra tutti quel contenuto aereo del polmone che possiamo definire la vanità, il vuoto strutturale di fatto escluso  dalla funzione ventilatoria.

            Esso costituisce il denominatore comune di alcune malattie che nell'ultimo ventennio ha contribuito a sviluppare sfide diagnostiche affascinanti con risultati assolutamente soddisfacenti.

         L'avvento delle nuove metodologie di imaging (TC, ecografia, RM) ha sconvolto l'intero impianto della diagnostica medica. Molte delle indagini radiologiche usate nel passato sono scomparse, altre  ridimensionate, eccetto la radiografia del torace. Essa continua ad avere un ruolo  fondamentale perché di grande fascino interpretativo, di elevata resa diagnostica, a basso costo, bassissima dose di radiazioni e di facile esecuzione.

          Si aggiunga il fascino proprio delle cose rare e un po' misteriose che ha accompagnato nell'ultimo ventennio la diagnostica radiologica di alcune malattie polmonari rare  osservate nell'adulto, per lo più di origine congenita.

          La caratteristica che le accomuna è costituita da ipertrasparenze  localizzate di varia configurazione morfologica e strutturale con cui si manifestano sulla radiografia del torace.

           I vantaggi offerti dalla tecnologia MDCT, unitamente alla crescita della cultura clinica specifica, hanno favorito una tipizzazione più agevole di alcune forme di ipertrasparenza, contribuendo a ridurre notevolmente le incertezze diagnostiche del passato.

         Anche per la ripresa di interesse specifico da parte della letteratura internazionale intorno all'argomento, ci è sembrato particolarmente intrigante la trattazione delle seguenti entità nosologiche osservate nell'adulto che possono mimare la BPCO: l'enfisema bolloso gigante idiopatico o "polmone evanescente", l'atresia bronchiale congenita, la malformazione adenomatoide cistica, la sindrome di Swyer-James.   E' evidente che la corretta tipizzazione delle diverse entità nosologiche è presupposto basilare per una corretta impostazione terapeutica, così come è vero che una errata etichettatura diagnostica, nell'ambito di malattie apparentemente simili, può perpetuarsi nel tempo con possibili gravi danni al paziente.

         Contribuiscono molto alla corretta interpretazione i seguenti elementi: la più accurata conoscenza della storia clinica del paziente, un'adeguata esecuzione e lettura della radiografia standard del torace integrata da radiogramma in espirazione, lo studio del torace eseguito mediante HRCT, generalmente senza mezzo di contrasto e con ricostruzioni multiplanari. I reperti radiologici, unitamente ai dati clinici, appaiono generalmente così convincenti che ormai si ricorre raramente a studi istologi o a trattamenti terapeutici cruenti, questi ultimi riservati alle rare complicanze.

 

Polmone evanescente o enfisema bolloso gigante idiopatico

                   La bolla di enfisema è costituita da una iperespansione degli spazi alveolari con diametro superiore ad 1 cm, definita da una parete epitelizzata, di  spessore inferiore al millimetro. La bolla gigante  è costituita da una o più bolle che nel loro insieme occupano più di 1/3 dell’emitorace. La coesistenza di più bolle di grosse dimensioni, che contribuiscano a raggiungere un volume di circa 1/3 o più del volume di un emitorace, ha assunto nel passato diverse denominazioni (malattia bollosa primaria del polmone, enfisema bolloso gigante  idiopatico, polmone evanescente ). Si tratta di una rara entità nosologica riscontrata generalmente in pazienti giovani, quasi sempre fumatori. E’ una malattia evolutiva grave  accompagnata da dispnea progressivamente ingravescente, emottisi, talora annunciata o complicata da pneumotorace. La sua diagnosi è prettamente radiologica. La radiografia del torace è sufficiente per sospettarla.

                 La HRTC  arricchisce la diagnosi con elementi caratterizzanti [ 8]:  il reperto di enfisema parasettale è sempre presente anche se in misura modesta; esso può coesistere  in varia misura con l’enfisema centrolobulare e panlobulare e perfino con l'enfisema interstiziale e la fibrosi.  Attualmente il ruolo principale della TC  è  quello di descrivere il grado di estensione e distribuzione delle bolle, dati quantitativi che contribuiranno anche alle decisioni terapeutiche.

          Attualmente quasi tutti gli scanner di TC dispongono di software di ricostruzione volumetrica, la qual cosa agevola la stima del rapporto fra il volume polmonare sano e quello bolloso: tale valutazione, unita alla precisa definizione topografica della lesione, facilita le procedure tecniche nei casi di una scelta terapeutica chirurgica. Le più recenti rilevazioni ottenute con HRCT e ricostruzioni coronali curvededicate all'analisi strutturale del parenchima polmonare periferico, dimostrerebbero che in realtà l'aspetto bolloso del vanishing lung  è secondario ad una distruzione progressiva e sistematica del parenchima polmonare con un proprio fronte di avanzamento inarrestabile, che farebbe pensare più ad un disegno genetico che al danno da fumo.  Qualora il rilievo venisse confermato da ulteriori studi probabilmente nascerebbero nuove ipotesi sull'eziologia e la patogenesi  dell'enfisema polmonare. Resta ignota l'età in cui si verifica lo start  del processo distruttivo.

 

 L’ atresia bronchiale congenita

            L’atresia bronchiale congenita (ABC) e’ considerata una rara anomalia di sviluppo dell’albero bronchiale descritta per la prima volta nel 1953. Solitamente confinata ad un singolo bronco segmentale, la ABC è costituita da un tratto di atresia e/o stenosi bronchiale  cui fa seguito la progressiva  formazione di un broncocele o mucocele legato al ristagno ed all’accumulo di secrezioni nella porzione bronchiale distale al tratto atresico o stenotico. Gli alveoli situati distalmente possono subire un’alterazione di sviluppo e sono solitamente ventilati attraverso le vie collaterali con conseguente iperinflazione del parenchima polmonare adiacente alle diramazioni bronchiali distali. Dal punto di vista anatomico il lobo superiore di sinistra e’ interessato in circa i 2/3  dei casi; le sedi alternative di localizzazione sono rappresentate dal lobo inferiore sinistro (14%), dal lobo inferiore destro (8%), dal lobo medio (8%) ed infine dal lobo superiore destro (4%).

La diagnosi di questa anomalia e’ incidentale in circa il 70% dei casi e viene sospettata radiologicamente sul rilievo di una opacità ovalare o ramificata circondata da area di ipertrasparenza parenchimale,  di estensione pressoché lobare [9 ]. Nonostante il valore diagnostico di tali rilievi, la variabilità di espressione di questa anomalia richiede un'adeguata attenzione del radiologo nel sospettare la diagnosi e la necessaria conoscenza dei meccanismi patogenetici che sottintendono questa come altre anomalie congenite dell’albero bronchiale.

L'ABC nasce da un difetto di sviluppo e canalizzazione dell’albero bronchiale che si instaura intorno alla 16° settimana di vita fetale : il bronco interessato anziché andare incontro ad un armonico sviluppo e canalizzazione tubulare durante l’evoluzione fetale, per cause non dimostrate, permane come cordone pieno per un tratto più o meno esteso o presenta una occlusione a diaframma, al di là della quale i tessuti bronchiali normalmente evoluti secernono sostanza mucoide che si accumula progressivamente esitando in mucocele bronchiale. La eventuale ricanalizzazione del bronco per apertura spontanea del diaframma consente l’espulsione del materiale mucoso accumulato, dando origine a diverse possibili configurazioni legate soprattutto all’epoca dell’evento: bronchiectasie congenite, polmone policistico, cisti broncogene vuote, cisti aerea polmonare.

Ne è derivato il convincimento secondo il quale “l’atresia bronchiale” solo raramente si configura come entità nosologica; in genere, e più appropriatamente, essa rappresenta il meccanismo patogenetico comune ad altre manifestazioni patologiche quali la cisti broncogena polmonare e le bronchiectasie congenite .

E’ interessante lo studio dell’ABC in quanto costringe il radiologo a ragionare non solo su cio’ che vede, ma anche ad interpretarne il meccanismo anatomo-funzionale. La disponibilità attuale della TC multistrato ha molto contribuito alla conoscenza della malattia, grazie soprattutto alle ricostruzioni multiplanari ; meno gratificanti risultano al momento le ricerche di broncoscopia virtuale che andranno tuttavia affinate. Non e’ casuale che le segnalazioni della letteratura più recente siano molto più ricche di casistica, la qual cosa contribuisce a considerare questa malattia  meno rara di quanto potesse apparire fino a qualche anno fa. Iniziano perfino segnalazioni di diagnosi ultrasonografiche effettuate nella vita fetale e c’e’ da aspettarsi un perfezionamento con  la RM.

 

 Malformazione adenomatoide cistica congenita

        E' costituita da un conglomerato intralobare di tessuto polmonare strutturalmente disorganizzato, contente cisti multiple di derivazione bronchiolare.

      Viene generalmente diagnosticata nella prima settimana di vita (70%) ma anche nel corso di ecografia in epoca fetale o nella prima infanzia (20%). Rari sono i casi segnalati nell'adulto, di riscontro occasionale o a seguito di complicanze, prima fra tutte lo pneumotorace e la polmonite.  Le sedi più frequentemente colpite sono i lobi inferiori. La lesione è in comunicazione con l'albero bronchiale.

        La malformazione adenomatoide cistica congenita ( MACC)  è stata definita per la prima volta nel 1949  e classificata da Stocker [10 ]  in tre tipi che presentano differenti caratteri istologici, aspetti radiologici, presentazione clinica e prognosi .

          Indipendentemente dal tipo, nel feto e nei neonati, le MACC si presentano come masse solide che si riempiono di aria nei giorni successivi alla nascita, a volte con il meccanismo della valvola espiratoria progressiva con conseguente incremento di volume fino a provocare il collasso del parenchima polmonare adiacente e spostamento del mediastino. La sintomatologia più clamorosa è costituita dal distress respiratorio neonatale. La terapia più efficace è costituita dalla lobectomia del territorio interessato. Nell'adulto il reperto è generalmente casuale, associato alle complicanze più comuni costituite da polmonite e pneumotorace [11 ].

         Le MACC del primo tipo (circa 55% dei casi) contengono una o più cisti del diametro superiore ai 2 cm. Radiologicamente appaiono come lesioni multicistiche ampie, per lo più piene di aria, o con livelli idro-aerei ; più raro è il riscontro di cisti unica piena non distinguibile dalla comune cisti polmonare broncogena congenita. Possono associarsi al sequestro polmonare intralobare.  La MACC del primo tipo è considerata un "precursore             pre-neoplastico"  e nell'adulto viene associata con crescente frequenza all'insorgenza di carcinoma bronchiolo-alveolare. La configurazione più comune nell'adulto, vista nella radiografia standard e, più dettagliatamente nella HRTC, è quella di parenchima polmonare iperinsufflato che si esalta in espirazione, con un  pattern macro-reticolare che richiama il disegno dei setti interlobulari ingigantiti più che quello di pareti cistiche.

           Le MACC del secondo tipo (circa il 40%) contengono cisti multiple di dimensioni inferiori ai   2 cm. o francamente microcistiche a contenuto fluido. Si presentano radiologicamente come masse solide.

          Le MACC del terzo tipo contengono alterazioni cistiche microscopiche (inferiori ai                          5 mm.); esse appaiono radiologicamente come masse solide disomogenee.

 

   La sindrome di Swyer and James

          Nel 1953 P.R. Swyer e G.C.W. James  del piccolo ospedale di Warwick  (Canada) pubblicarono un caso di "enfisema polmonare unilaterale" [ 12 ]:  si trattava di un bambino di 6 anni che dall’età di 5 settimane aveva sofferto di diversi episodi di broncopolmonite e andava soggetto a bronchiti ricorrenti, clubbing delle dita e crescita sottopeso.

      Alla radiografia del torace, il polmone destro si presentava più piccolo, ipertrasparente e mostrava sensibile riduzione del disegno vascolare; alla radioscopia, nella inspirazione,  si osservava uno spostamento del cuore verso destra con scarsissima espansione e scarsa escursione del diaframma di destra. Alla broncografia  l’albero bronchiale di destra presentava scarsa opacizzazione dei rami periferici. Nell’angiocardiografia si osservava vistosa riduzione di calibro del ramo di destra dell’arteria polmonare e delle sue diramazioni periferiche. In considerazione dell’evidente deficit funzionale veniva effettuata una pneumonectomia:  alla dissezione  l’arteria polmonare mostrava un calibro superiore a quello atteso dall’angiografia. Gli autori concludevano a favore dell’ipotesi di un deficit funzionale arterioso acquisito, secondario al diffuso danno polmonare. Microscopicamente venivano descritti: bronchite,  bronchiolite , bronchiectasie, enfisema alveolare.

         Nell’anno successivo W.M. Macleod pubblicò  9 casi di “ipertrasparenza anomala di un polmone ” [13 ]: una casistica disomogenea per la quale veniva esclusa una eziologia tubercolare, ma non venivano  definite eziologie alternative né patogenesi. L’autore concludeva a favore di una patologia indeterminata e, in assenza di riscontri  anatomici e istologici, configurava la sua casistica come una sindrome clinico-radiologica, in attesa di ulteriori studi. La figura accademica autorevole di Macleod contribuì alla diffusione culturale del “polmone ipertrasparente monolaterale” che assunse la denominazione di sindrome di Macleod.

          Nel 1962 L. Reid e G. Simon presentarono 12 casi di “ipertrasparenza polmonare unilaterale” [14 ]: due dei casi presentati erano stati sottoposti a pneumonectomia, uno a resezione segmentaria. A seguito degli esami radiologici e dei riscontri anatomici gli autori conclusero, con il convincimento che le alterazioni riscontrate (ipoplasia del polmone e dell’arteria polmonare, bronchite, bronchiolite ed enfisema) fossero il risultato di malattie infettive delle vie aeree contratte nell’infanzia, escludendo qualunque ipotesi di alterazione congenita.

        Le segnalazioni riportate in dettaglio dagli autori riassumono  la storia di quella che quasi  tutta la letteratura mondiale etichetta oggi  come “sindrome di Swyer e James”. In effetti i due autori, pur avendo riportato un solo caso, ne descrissero così compiutamente i tratti salienti da meritare il riconoscimento della “primogenitura”. 

         Per l’esperienza acquisita  negli ultimi decenni del secolo scorso, a seguito della numerosa casistica comparsa in letteratura, attualmente la “sindrome di Swyer e James” può essere considerata come l’insieme di alterazioni morfologiche, densitometriche e funzionali del polmone consistenti in: ipertrasparenza unilaterale del polmone che presenta anche una riduzione  volumetrica di grado variabile; riduzione di calibro del ramo principale dell’arteria polmonare del lato interessato e delle sue diramazioni periferiche ;  attrazione di grado variabile del mediastino correlata con l’ipoplasia polmonare; iperinsufflazione che simula un “air-trapping” espiratorio; segni radiografici localizzati di bronchite cronica, bronchiolite, bronchiectasie; enfisema. La crescente disponibilità di tecnologia radiologica, in particolare HRCT , nonché le consolidate conoscenze di fisiopatologia, hanno notevolmente arricchito le possibilità diagnostiche e le conoscenze circa la natura della malattia, la sua distribuzione reale, le conseguenze funzionali, le caratteristiche differenziali con altre ipertrasparenze polmonari localizzate.

      La sindrome di Swyer e James, dal momento della diagnosi, è da considerare una malattia stabile non evolutiva poiché, per definizione,  essa rappresenta la conseguenza di malattie infettive contratte nella prima infanzia, non diagnosticate o curate in modo inadeguato. L’eziologia riconosce diversi possibili germi responsabili .

      Tali germi producono una bronchiolite acuta che tende alla cronicizzazione causando alterazioni delle piccole vie aeree periferiche, dilatazione e distruzione degli spazi aerei,  air-trapping, arresto di sviluppo del parenchima polmonare. I capillari interalveolari partecipano al processo di distruzione o vengono compressi dagli spazi aerei dilatati; le diramazioni periferiche dell’arteria polmonare, in carenza di ventilazione, vanno incontro a spasmo ipossico permanente configurando  radiologicamente una riduzione di calibro  dei vasi, topograficamente correlate con l’estensione del processo flogistico fino a coinvolgere il ramo principale del polmone interessato. Questa importante modificazione emodinamica comporta anche una deviazione del flusso verso i territori polmonari funzionalmente validi che dovranno accogliere l’intera gittata cardiaca, con conseguente incremento di calibro dei vasi e, soprattutto, un incremento di densità del parenchima polmonare  ben visibile in HRCT[ Fig.3].  Esso può configurare un pattern " ground-glass fisiologico” dovuto ad abbondante riempimento dei capillari interalveolari e che , nella pratica clinica, può costituire una fonte di errore se interpretata quale “interstiziopatia”.

       Ovviamente l’infezione responsabile non ha rispetto topografico del polmone da colpire per cui, anche se può prevalere su uno solo dei polmoni, quasi mai in modo omogeneo, generalmente essa ha una distribuzione  a chiazze  con impegno bilaterale.

 

Fig. 3 a- HRCT del torace in inspirazione: sono evidenti estese aree di moderata iperdensità

(ground-glass  fisiologico) unitamente ad aree ipodense che si esaltano in espirazione (b):

quest'ultlimo reperto, definito come pattern "a mosaico" è tipico del fenomeno dell'air-trapping.

 

 

 

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14-Reid L, Simon G: Unilateral lung transradiancy. Thorax.1962; 17:230-239.

 

 

Azienda Ospedaliera S. Camillo- Forlanini, Roma

Radiologia Forlanini, Pneumologia S. Camillo.