Oltre le ombre: i trenta anni di progresso tecnologico e clinico della radiologia che hanno cambiato la moderna medicina.
Roberto Passariello, Giuseppe Cannavale, Ilaria Iampieri, Marco Francone
Dipartimento di Scienze Radiologiche, Policlinico Umberto I, “Sapienza” Università di Roma
Riassunto
L’incessante progresso tecnologico degli ultimi anni ha rivoluzionato la Radiologia e di conseguenza la medicina moderna. Il passaggio all’imaging digitale ha segnato una nuova era per le scienze radiologiche, accompagnato dall’introduzione di tecniche innovative caratterizzate da una sempre minore invasività, minori costi di gestione ed una migliore accuratezza diagnostica. L’evoluzione continua di metodiche come la Tomografia Computerizzata, la Risonanza Magnetica e l’Ecografia ha condotto a diagnosi sempre più precoci ed accurate, con un impatto clinico senza precedenti nella gestione del paziente. Tutto questo ha dunque contribuito al miglioramento della Scienza Medica, con nuovi importanti benefici nella cura del paziente.
Parole chiave: Radiologia, Progresso tecnologico, Tomografia Computerizzata, Risonanza Magnetica, Ecografia, Radiologia Interventistica
Summary
In the last years, the technological progress has revolutioned the radiological science and consequently the modern medicine. The introduction of digital imaging has marked a new era in radiology, due to the introduction of new techniques that allow less invasivity, less management costs and better diagnostic accuracy.
Furthermore, the continuous evolution of radiological tools such as Computed Tomography, Magnetic Resonance and Echography has lead to always earlier and more accurate diagnosis, with a clinical impact never seen before in the clinical management of the patient. In conclusion, this progress contributed to improve Medical Sciences, leading to new important benefits in patient care.
Key words: Radiology, Technological progress, Computed Tomography, Magnetic Resonance Imaging, Echography, Interventional Radiology
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Il progresso tecnologico nel campo della Diagnostica per Immagini in questi ultimi decenni è andato incontro ad una evoluzione senza precedenti. L’introduzione di tecniche computerizzate ha rivoluzionato l’imaging radiologico tradizionale in un processo di continua innovazione, tuttora in atto, che ha schiarito le ombre delle metodiche di un passato costituito da primi approcci pioneristici e iniziali riscontri diagnostici.
Così ad esempio le immagini “statiche” in pellicola hanno lasciato spazio alle immagini “dinamiche” video-assistite su computer con possibilità di ricostruzioni multiplanari, le convenzionali tecniche angiografiche a scopo diagnostico sono state sostituite da nuove metodiche di angiografia digitale, ed il radiologo ha oggi a disposizione sistemi PACS (Picture Archiving and Communication System) di produzione, trasmissione e archiviazione di immagini in formato interamente digitale. Le aumentate esigenze cliniche inoltre hanno senza dubbio avuto un ruolo fondamentale nello stimolare questo sviluppo, portando alla nascita della moderna radiologia dei nostri giorni.
Un tipico esempio di imponente evoluzione in campo radiologico consiste nell’avvento della Tomografia Computerizzata con tecnica Multistrato (TCMS), che di fatto rappresenta un passo in avanti rispetto alla tradizionale acquisizione TC spirale. Basti pensare che si è passati in circa 10 anni da un tempo di acquisizione per un esame TC total body di circa 70-90 secondi con le apparecchiature TC spirale monostrato, fino agli attuali 6-8 secondi con le apparecchiature TCMS di ultima generazione.
Nella TC spirale viene emesso un fascio collimato di raggi-X e i dati sono raccolti da una fila di detettori localizzati sull’altro lato del paziente, dopo attenuazione del fascio attraverso il suo corpo. Nella TCMS invece, il nuovo sistema di acquisizione dei dati è composto da uno schieramento di detettori posizionati in file multiple parallele, lungo l’asse longitudinale. La collimazione più ampia del fascio di raggi-X è tale che tutti i detettori sono “colpiti” allo stesso tempo, permettendo quindi una valutazione simultanea di un’area anatomica più vasta in minor tempo. E’ su questo principio che sono state ideate le nuove tecnologie di TCMS, consentendo una migliore risoluzione spaziale ed un’acquisizione dei dati più rapida.
Le svariate potenzialità di studio con la TCMS spaziano dall’imaging cardiaco, a quello total-body convenzionale, passando per l’imaging vascolare ed endoscopico virtuale, con migliore qualità di immagine ed accuratezza diagnostica, con risultati ancora più significativi in termini di riduzione della dose [1].
Tra tutte le possibili indicazioni alla TCMS, lo studio non invasivo delle arterie coronarie rappresenta senza dubbio una delle applicazioni cliniche più interessanti ed innovative. La valutazione dell’albero coronarico è stata infatti per oltre 50 anni dominio della coronarografia selettiva, metodica invasiva effettuata con cateterismo femorale ed incannulamento selettivo dei vasi coronarici, con costi elevati dovuti all’ospedalizzazione, disagio per il paziente ed un rischio non trascurabile di complicanze di circa l’1% (mortalità dello 0.2%).
Oggi grazie alla TC è possibile studiare l’albero coronarico in modo non invasivo, senza discomfort per il paziente e senza costi di ospedalizzazione.
In questo contesto, la TC “Dual Source” con doppia sorgente (TCDS), costituita da due tubi radiogeni da 64-strati ciascuno, rappresenta la metodica tomografica di più recente introduzione migliorando sostanzialmente la risoluzione temporale della TCMS a 64 strati. Questa tecnologia, ideale per l’imaging cardiaco, utilizza infatti due tubi radiogeni con detettori corrispondenti orientati con angoli di 90 gradi, permettendo una ricostruzione delle immagini ad un quarto del tempo di rotazione del gantry (330 ms) ed incrementando così la risoluzione temporale fino a valori di 83 ms.
Inoltre, con i sistemi TCMS a 64 strati, fino al 12% dei segmenti delle arterie coronariche potevano essere esclusi dalle analisi poiché classificati come “non valutabili”, e gli artefatti da movimento costituivano un motivo molto frequente di difficile discriminazione.
Alcuni trials hanno mostrato come la TCDS consenta un’ottima qualità diagnostica nella vasta maggioranza dei pazienti anche con frequenze cardiache elevate e senza la somministrazione di beta-bloccanti. Questa TC permette infatti una copertura completa dell’area anatomica del cuore nel breve intervallo temporale di 5 secondi, rispetto ai 10-15 secondi delle macchine a 64 strati. Una recente metanalisi ha quantificato i miglioramenti tecnologici della TCDS che sono risultati in una sensibilità e in un valore predittivo negativo per-paziente nella diagnosi di malattia coronarica del 98% e del 96% rispettivamente, mantenendo comunque ottimi valori di specificità e valore predittivo positivo (entrambi 87%) (Figura 1). Inoltre, la TCDS sembra avere una maggiore accuratezza nell’imaging dei by-pass nei pazienti sintomatici e nel controllo degli stent, con una qualità di immagine nettamente superiore agli scanner delle precedenti generazioni. Questa superiorità è confermata anche da altri numerosi studi, con i seguenti valori di accuratezza diagnostica nella valutazione di pervietà degli stent coronarici: sensibilità 94%, specificità 92%, valore predittivo positivo 77%, valore predittivo negativo 98%.
I vantaggi in termini dosimetrici sono un altro importante fattore innovativo dell’ultima generazione di TCMS. La dose di un esame TC delle coronarie con TC a 64-strati è di 15.2-21.4 mSv, paragonabile ad oltre 300 esami radiografici del torace. La TCDS apporta una notevole riduzione della dose per il paziente (circa 4.6-7 mSv), dovuta principalmente alla riduzione dei tempi di scansione [2].
Ulteriore nuova applicazione della TCMS è costituita dall’endoscopia virtuale, una tecnica 3D che offre immagini simili a quelle ottenute con gli esami endoscopici tradizionali.
Sono trascorsi infatti più di 10 anni da quando nel 1998 presso il nostro Dipartimento fu installato il primo prototipo di software per l’endoscopia virtuale in Italia.
Oggi, la colonscopia con TC (CTC) rappresenta la tecnica di endoscopia virtuale più ampiamente utilizzata nella pratica clinica, essendo una metodica accurata, sicura e ben tollerata. Questa tecnica si sostituisce alla colonscopia tradizionale per lo studio del colon, evitando al paziente la fastidiosa introduzione intraviscerale dell’endoscopio con spesso necessità di effettuare la procedura in anestesia almeno locale e sedazione profonda.
La CTC può giocare un ruolo importante nella gestione clinica del paziente in molte situazioni cliniche. Queste comprendono la valutazione del colon dopo un esame colonscopico convenzionale incompleto, o la valutazione del colon prossimale ad una neoplasia ostruente. La CTC può dunque contribuire allo screening colo-rettale consentendo un esame efficace e rapido, in grado di studiare l’intero colon.
La valutazione clinica con la CTC ha dimostrato percentuali per l’individuazione di polipi e cancri del colon-retto con valori di sensibilità che vanno dal 75% al 100% per polipi di dimensioni di 10 mm o maggiori. Inoltre, con la TCMS la specificità per-paziente per lesioni di 10 mm e maggiori è più elevata del 95% [3].
I software della CTC consentono la creazione di immagini 3D endoluminali che riproducono la visuale ottica di un endoscopio permettendo la navigazione virtuale “fly-through” all’interno del viscere (Figura 3). Le immagini 3D endoluminali sono particolarmente utili per discriminare i polipi dalle austrature coliche e per investigare regioni anatomiche complesse come le flessure coliche e le regioni circostanti alla valvola ileocecale. Quando una endoscopia convenzionale non può essere completata per la presenza di un cancro colo-rettale ostruente, la CTC può integrare l’esame strutturale del colon per identificare polipi o cancri sincroni che possono essere trattati nella resezione primaria. Oltre al colon, con un esame di TC è inoltre possibile individuare altri reperti patologici addominali, opportunità ovviamente non riscontrabile nella colonscopia tradizionale.
Mentre in precedenza con gli scanner a singolo detettore gli esami erano spesso effettuati con apnee multiple, gli scanner multidetettore permettono un esame completo dell’addome e della pelvi in una singola apnea. Il minor tempo di esame con la TCMS risulta infatti in minori artefatti da movimento e in una migliore distensione del colon.
La CTC offre molti vantaggi anche rispetto ad altre alternative di screening: è un esame completo, non invasivo e che non richiede sedazione. I pazienti possono tornare al lavoro anche lo stesso giorno dell’esame e l’intero studio richiede solo 20 minuti di tempo risultando molto più sopportabile per il paziente rispetto alla colonscopia tradizionale.
Altra interessante applicazione dell’endoscopia virtuale consiste nella cistografia con TC (CITC). La procedura cistoscopica tradizionale presenta infatti difficoltà oggettive dovute alla lunghezza e alla curvatura dell’uretra maschile con disturbi per il paziente e rischio di sanguinamenti. Inoltre gli i costi elevati, l’invasività, e le complicanze locali come le infezioni o le lesioni meccaniche sono problemi noti. La CITC, combinata con la cistoscopia virtuale, è raccomandata per la stadiazione TNM del tumore della vescica fornendo informazioni sull’estensione extravescicale della lesione e risulta anche utile nei casi in cui la cistoscopia convenzionale è non conclusiva o non può essere effettuata [4].
Sempre in ambito urogenitale, è senza dubbio inoltre da menzionare l’elevata accuratezza diagnostica raggiunta dall’uro-TC nella detezione della patologia da calcoli.
Per quanto riguarda ulteriori campi di applicazione diagnostica della TCMS, l’angio-TC rappresenta ormai metodica ben consolidata e di sicuro valore clinico per lo studio non invasivo dei distretti vascolari arteriosi (Figura 2) e venosi avendo di fatto sostituito le tradizionali metodiche angiografiche invasive a scopo diagnostico [5]. Interessanti riscontri giungono anche dallo studio integrale della circolazione corporea sia coronarica che extra-coronarica, con tecnica angio-TC whole body [6].
Occorre tuttavia menzionare una delle più diffuse applicazioni della TCMS, ovvero l’importante ruolo dell’imaging nel paziente neoplastico, fondamentale nella stadiazione della malattia tumorale con scansioni total-body, che ha permesso negli anni di migliorare la gestione clinica di queste pazienti [7].
Il progresso nella tecnica TC e l’esigenza di maggiori dati di tipo funzionale hanno inoltre condotto alla nascita della PET-TC, una metodica di ultima generazione con tremendo potenziale proprio nel campo della diagnostica oncologica. Questa apparecchiatura TC sfrutta le potenzialità della PET nell’individuare l’alterata attività metabolica delle cellule tumorali, consentendo l’individuazione di lesioni metastatiche a volte non visibili alla sola TC o di caratterizzare in modo più accurato dei noduli sospetti. La PET-TC permette infatti non solo una più precisa stadiazione della patologia neoplastica, ma spesso anche di evitare interventi bioptici invasivi e di monitorare l’andamento della terapia chemioterapica.
Oltre alle apparecchiature TC, le nuove acquisizioni tecnologiche nel campo della radiologia diagnostica hanno visto un imponente sviluppo anche nelle macchine di Risonanza Magnetica Nucleare (RM).
Sin dalla nascita della RM la potenza del campo magnetico è stata una delle variabili che ha stimolato maggior interesse. Ad oggi sono disponibili magneti ad un’intensità di 3 Tesla, il cui principale vantaggio è il potenziale guadagno nel rapporto segnale-rumore rispetto al magnete a 1.5 Tesla, con performance e qualità di immagine come minimo simile o superiore rispetto alla precedente generazione di RM.
In campo neuroradiologico ad esempio, la RM 3-Tesla impiega molto meno tempo per ottenere gli stessi dati rispetto ad uno scanner 1.5-Tesla, con immagini con una risoluzione spaziale di molto superiore. Ad oggi, l’uso della RM 3-Tesla ha come principale vantaggio la velocità di acquisizione, consentendo in pazienti con ischemia cerebrale acuta di avere informazioni nel più breve tempo possibile. Ulteriori usi della RM 3-Tesla in campo neuroradiologico consistono negli studi strutturali e vascolari, nell’imaging di perfusione e diffusione, nella spettroscopia e negli studi di attivazione corticale che sono in continua evoluzione.
Ad oggi la RM gioca un ruolo molto importante anche nell’imaging cardiovascolare, grazie alla disponibilità di magneti con gradienti altamente performanti e allo sviluppo di nuove sequenze veloci. La possibilità di offrire con approccio non invasivo (non radiazioni ionizzanti né mezzi di contrasto organo-iodati) in un unico esame altamente riproducibile una valutazione cardiaca sia di tipo morfologico che funzionale hanno in buona parte contribuito all’enorme attenzione verso la Cardio-RM negli ultimi anni. Questa metodica ha infatti la potenzialità diagnostica di fornire informazioni sulla cinesi e sulla vitalità miocardica, di acquisire informazioni di tipo qualitativo e quantitativo sul flusso valvolare e dei grossi vasi toracici.
In ambito clinico, la Cardio-RM ha recentemente consentito di individuare l’esatta influenza del tempo di riperfusione sulla zona di miocardio salvabile in pazienti con infarto miocardico acuto, dimostrando come l’estensione della zona danneggiata in modo irreversibile diminuisca qualora l’intervento di angioplastica primaria venga effettuato entro 90 minuti dall’evento infartuale [8].
L’utilizzo della RM consente uno studio accurato e non-invasivo anche in ambito vascolare, con ottimi risultati nella valutazione dell’aorta toracica e dei vasi epiaortici [9], ed in ambito di patologia addominale. E’ infatti di riconosciuto valore lo studio delle vie biliari attraverso la Colangio-Pancreatografia con RM (CPRM), che sfrutta sequenze ad alta intensità di segnale per una visualizzazione non invasiva delle vie biliari intra ed extra-epatiche, senza l’utilizzo del mezzo di contrasto. Questa tecnica ha di fatto sostituito in ambito diagnostico la Colangio-Pancreatografia retrograda endoscopica (CPRE) che ad oggi risulta quasi esclusivamente limitata ad un ruolo terapeutico.
Anche l’individuazione e lo studio della neoplasia prostatica costituiscono oggi una delle indicazioni principali alla RM. L’impiego dell’ecografia transrettale, spesso richiesta dopo aumenti dei valori ematici di PSA, presenta spesso dei limiti diagnostici, con impossibilità di visualizzazione di circa il 30% dei noduli prostatici, di cui il 23% di alto grado, portando a biopsie ripetute per scarsa capacità di una esatta localizzazione della lesione.
L’imaging multiparametrico della RM identifica e caratterizza la neoplasia in fase di diagnosi iniziale, effettua una precisa stadiazione permettendo un planning terapeutico mirato, e valuta in seguito la risposta alla terapia. Tutto questo grazie alla possibilità di studiare gli aspetti morfologici, metabolici e angiogenici del tumore prostatico. La RM della prostata fornisce informazioni certe sulla localizzazione della lesione: questo permette l’importante passaggio da una biopsia random ad una biopsia di tipo mirato con riduzione del numero di biopsie ripetute o negative, e consente interventi chirurgici più precisi con maggiori possibilità di risparmio dei fasci nervosi con tecnica “nerve sparing” [10].
Fondamentale risulta ad oggi anche l’utilizzo della RM in campo osteomuscolare, che consente la diagnosi di patologie delle masse muscolari e delle strutture articolari con risultati di gran lunga superiori alla radiografia tradizionale.
In ambito senologico la RM è attualmente l’esame più adeguato per la soluzione di problematiche diagnostico-cliniche non risolte dalle metodiche di studio convenzionale [11]. La RM mammaria è particolarmente indicata per la diagnosi di multifocalità o multicentricità di malattia neoplastica, nelle pazienti con mammelle radiologicamente dense, nella diagnosi differenziale delle recidive con la fibrosi post-trattamento e nella valutazione dell’integrità protesica.
Tuttavia, in campo senologico, la mammografia e l’ecografia costituiscono ancora oggi degli strumenti essenziali per lo studio della patologia mammaria. In particolare, la mammografia rappresenta attualmente l’esame di prima istanza per la diagnosi precoce del carcinoma mammario, che ha rivoluzionato l’approccio preventivo a questo tipo di tumore. E’ stata infatti dimostrata una sensibilità vicina al 95% nella popolazione femminile sottoposta a screening.
L’ecografia ad oggi rappresenta invece la più importante modalità di imaging complementare dopo la mammografia in quanto contribuisce elevare notevolmente la sensibilità dell’imaging diagnostico.
L’ecografia infatti è una delle metodiche radiologiche di prima istanza da sempre maggiormente utilizzate in ambito clinico. L’introduzione di nuove migliorìe tecniche ha consentito anche in questo campo uno sviluppo senza precedenti. Si è passati dalle prime sonde ecografiche in commercio negli scorsi decenni, all’utilizzo della tecnica Color Doppler per lo studio dei flussi vascolari, all’ecografia tridimensionale, all’uso dei mezzi di contrasto.
Per la prima volta si è potuto introdurre l'idea di una metodica, come mezzo non solo abile alla "detection", l’identificazione delle lesioni focali epatiche (angiomi ed adenomi, iperplasie focali ed epatocarcinomi, metastasi), mammarie (fibroadenomi e carcinomi), tiroidee (gozzo e carcinomi) e renali, tra tutte, ma anche e soprattutto alla loro caratterizzazione.
L’utilizzo del mezzo di contrasto in ambito ecografico costituisce infatti una delle più importanti rivoluzioni nell'ambito della diagnostica per immagini consentendo di “riconoscere” le lesioni che precedentemente il radiologo poteva solamente “vedere”, semplificando le procedure diagnostiche a disposizione del clinico e del paziente con un supporto estremamente maneggevole, sicuro (al contrario ad esempio dei mezzi di contrasto tomografici controindicati nei pazienti con insufficienza renale) e francamente ripetibile (la rapida eliminazione polmonare del mezzo di contrasto, al massimo in 5 minuti dalla iniezione endovenosa, consente di ripetere nella stessa seduta più valutazioni). L’uso del mezzo di contrasto recentemente ha permesso ad esempio di studiare in modo approfondito le caratteristiche microvascolari e macrovascolari di una lesione spesso di non facile riscontro come l’adenoma epatico [12].
Uno dei principali limiti dell'ecografia infatti è stato sempre l' incapacità di riconoscere, ossia di "caratterizzare", le lesioni focali che pure essa ha sempre identificato, oggi con sempre maggiore risoluzione ed efficacia. In alcuni casi le lesioni visualizzate con l'ecografia standard hanno caratteristiche che permettono di discriminarne la natura con elevata accuratezza. Le cisti ad esempio sono lesioni a contenuto liquido facilmente discernibili e caratterizzabili senza ulteriori step diagnostici così come le macrocalcificazioni o gli stessi calcoli, formazioni nettamente differenti per caratteristiche ecografiche da lesioni di altra natura.
D'altro canto molte lesioni focali hanno caratteristiche ecografiche sovrapponibili e spesso discriminarne la natura solamente sulla base della loro presentazione ecografica è arduo.
Assieme alla ecografia con il mezzo
di contrasto, l'elastosonografia rappresenta un nuovo passo tecnologico
rivoluzionario nella capacità dell'ecografia di divenire metodica che oltre a
"vedere" le lesioni, le "riconosce”. L'elastosonografia è infatti una metodica
validata nella caratterizzazione dei noduli tiroidei, delle lesioni prostatiche,
delle lesioni della mammella ed in minima parte è in corso di sviluppo nelle
studio della patologia del fegato, in particolare delle epatopatie croniche.
Il fondamento tecnologico su cui si fonda è la capacità dei tessuti di
deformarsi e subire la compressione della sonda, esercitata attraverso la cute,
in modo differente a seconda della propria composizione anatomo-istologica.
Lo studio elastosonografico è
uno studio di comparazione della densità delle lesioni indagate a confronto con
il circostante tessuto dell'organo in esame.
In genere, a titolo esemplificativo, le lesioni benigne tendono a non presentare
stravolgimenti istologici rispetto al normale tessuto circostante conservando
pertanto una deformabilità del tutto simile; al contrario, una lesione
maligna tende a presentare rimaneggiamenti della composizione istologica
rispetto al parenchima normale che infiltra, che la rendono spesso più rigida e
meno deformabile. Grazie ad un software intelligente, queste comparazioni di
compressibilità e deformabilità tra tessuti sani e patologici possono essere
lette in differenze di colore che forniscono un valido aiuto nell’approccio
diagnostico radiologico.
L’ecografia infine, con il passare degli anni, ha iniziato ad essere utilizzata anche in ambito interventistico come guida per procedure di tipo diagnostico o terapeutico. E’ così che con le tecniche di imaging non invasivo si sono sviluppate procedure eco-guidate o TC-guidate a carico di vari organi e con svariati obiettivi, come ad esempio biopsie o drenaggi.
La Radiologia Interventistica (RI) infatti costituisce oggi una vera e propria nuova branca della radiologia, con numerose tecniche di recente introduzione che hanno consentito approcci diagnostici e terapeutici fino a poco tempo fa impensabili.
Molti anni sono infatti trascorsi da quando Charlie Dotter riuscì fortuitamente ad eseguire una manovra terapeutica con approccio percutaneo in un paziente portatore di stenosi dell’arteria iliaca comune ed esterna sinistra che doveva essere in realtà sottoposto ad angiografia cerebrale. Nel tentativo di attraversare la stenosi iliaca con un sistema di guide e dilatatori di calibro crescente, forzando la stenosi, eseguì casualmente nel 1964 la prima angioplastica iliaca.
Ebbene, negli ultimi venti anni la RI si è trasformata da semplice studio diagnostico a vero e proprio strumento terapeutico, appoggiata dal continuo sviluppo di materiali promosso dalle aziende. Si sta infatti andando incontro ad una continua espansione in questo campo, poiché l’impiego delle metodiche interventistiche consente di ottenere risultati in casi selezionati spesso superiori a quelli ottenibili con le terapie tradizionali, con disagi e rischi minori per il paziente, riduzione dei tempi di ricovero e dei costi di gestione.
Per definizione la RI comprende tutte le procedure invasive o mini-invasive diagnostiche o terapeutiche effettuate mediante la guida ed il controllo delle metodiche radiologiche, quali fluoroscopia, TC ed ecografia. Inoltre le procedure sono effettuate per via percutanea, senza quindi l’invasività della chirurgia tradizionale.
In ambito vascolare ad oggi è possibile effettuare ad esempio l’embolizzazione di vasi sanguinanti o di tumori ipervascolari, il posizionamento di protesi e stent endovascolari [13] o di filtro cavale.
Le applicazioni extra-vascolari sono rappresentate invece principalmente dalla vertebroplastica percutanea per il trattamento palliativo del dolore nelle fratture da metastasi ossee o su base osteoporotica, e da importanti procedure in campo oncologico come la termo-ablazione e l’alcolizzazione.
In particolare le tecniche di cateterismo selettivo e superselettivo consentono oggi di infondere farmaci chemioterapici in modo mirato sulla lesione neoplastica (chemioembolizzazione). La chemioembolizzazione epatica selettiva è infatti una procedura in cui si associa il rilascio di farmaci chemioterapici a quello di sostanze embolizzanti. Questa metodica viene utilizzata soprattutto per il trattamento dell’epatocarcinoma, le cui indicazioni alla chirurgia resettiva sono spesso limitate dalla scarsa riserva funzionale del parenchima epatico nei pazienti cirrotici.
Di più recente applicazione nel trattamento di lesioni epatiche maligne di dimensioni circoscritte è invece l’ablazione percutanea mediante l’ipertermia con onde a radiofrequenza (termo-ablazione) o con fibre laser, che viene effettuata sotto guida ecografica o TC.
Proprio riguardo i nuovi orizzonti terapeutici aperti alla radiologia, una procedura assolutamente innovativa è da poco in uso nel nostro Dipartimento: il trattamento con ultrasuoni focalizzati ad alta energia sotto la guida ed il controllo in tempo reale della RM ad alto campo magnetico a 3-Tesla (MRgFUS). Questa metodica, presente in Italia unicamente presso il nostro Istituto, è attualmente indicata per il trattamento dei fibromi uterini e nella palliazione delle metastasi ossee (Figura 4), mentre risulta ancora in fase di ricerca pre-clinica nei tumori prostatici e mammari e nelle lesioni epatiche e cerebrali.
La tecnologia a ultrasuoni focalizzati a guida RM è una tecnica che combina l'imaging con RM, fondamentale per la programmazione e il monitoraggio del trattamento in tempo reale, all'energia a ultrasuoni focalizzata ad alta intensità, utile a consentire l'ablazione termica (distruzione) del tessuto. Il feedback termico della RM, speciale innovazione introdotta da questo sistema, consente di controllare e regolare il trattamento mirato solo del tessuto tumorale sottoposto a questa procedura terapeutica, senza interessare gli altri tessuti circostanti.
MRgFUS rappresenta inoltre l'unico sistema non-invasivo a ultrasuoni focalizzati a guida RM riconosciuto dalla FDA (Amministrazione statunitense per gli alimenti e i medicinali) per i pazienti non ospedalizzati affetti da fibromi uterini. È stato utilizzato nel trattamento di oltre 1500 donne di tutto il mondo affette da fibromi uterini sintomatici.
E’ stata inoltre avviata l'esecuzione di test clinici finalizzati allo studio dell'uso di questa tecnica in altre patologie, quali tumori della mammella, delle ossa, del fegato e del cervello.
Presso il nostro Dipartimento è iniziata dunque questa nuova esperienza, con la speranza di poter arrivare a risultati sempre più interessanti grazie all’utilizzo di questa metodica di ultimissima generazione.
In conclusione, il progresso tecnologico degli ultimi trenta anni ha completamente rivoluzionato la disciplina radiologica ed ha aperto nuovi orizzonti e possibilità terapeutiche prima impensabili.
Questa evoluzione ha totalmente modificato l’approccio del radiologo e del medico ad alcune patologie, consentendone una diagnosi accurata in fase sempre più precoce .
Il progresso della Radiologia come quello della Scienza Medica, tutt’oggi in pieno svolgimento, riuscirà sempre più a dare luce alle ombre degli anni passati migliorando l’attività del medico ma, soprattutto, avendo come principale fine quello di fornire al paziente nuovi ausili nell’affrontare la malattia.
Figura 1. Uomo di 57 anni, con episodio di dolore toracico e prova da sforzo dubbia. Le immagini di Cardio-TC “Dual Source” con ricostruzioni CPR (A) e Volume Rendering (C) mostrano diffuse alterazioni di parete a densità fibrocalcifica a carico della Discendente Anteriore con stenosi severa al terzo medio del vaso da placca concentrica a densità parzialmente calcifica. Particolare Cross Section del vaso con ipodensità intraluminale (D); la conseguente coronarografia invasiva (B) a tale livello conferma la stenosi subocclusiva (cerchio).
Figura 2. Immagini Angio-TC e Angio-RM (B) delle arterie carotidi in una paziente di 62 anni con episodio di diminuzione del visus mostrano la presenza di una stenosi subocclusiva a carico del tratto prossimale della carotide interna di sinistra. TC con ricostruzioni MIP (A), 3D Volume Rendering (C) e corrispondenti immagini angiografiche (D) pre e post-trattamento angioplastico (riquadro rosso).
Figura 3. Uomo di 56 anni con diverticolite cronica del sigma. L’esame colonscopico convenzionale completo non è stato possibile a causa del rischio di perforazione intestinale.
Ricostruzione colonscopica 3D endoluminale di TCMS mostra una lesione a morfologia polipoide a carico del colon discendente.
Figura 4. Paziente donna di 51 anni con estesa metastasi osteolitica da cancro della mammella a carico dell’osso iliaco evidente alle immagini TC (A) con valore di scala visuale analogica del dolore (VAS) di 8. Trattamento con fascio di ultrasuoni focalizzati ad alta energia sotto guida RM 3-Tesla a livello della sede della metastasi (B). Le immagini TC post-trattamento (C) a 2 mesi mostrano una ricomposizione della trama ossea con riduzione dell’area osteolitica e valore di VAS 0.
BIBLIOGRAFIA
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Per la corrispondenza:
Prof. Roberto Passariello
roberto.passariello@uniroma1.it