Disagio e difficoltà nella vita quotidiana dei bambini

I figli del divorzio

Dott ssa. Antonina Nicoletti

 

Il 900 è stato il secolo nel quale si sono osservate importanti violenze su ragazzi e bambini.  Dopo la seconda guerra mondiale si è andato sviluppando interesse sociale e scientifico per comprendere la logica dei diritti umani dei bambini.

Infatti accadeva che i genitori vendevano i figli a negrieri che li davano in affitto: sono racconti di miseria dove l’età bambina era ufficialmente negata di ogni diritto.

Solo nel novembre del 1989 l’ONU, ha adottato all’unanimità “La Convenzione sui Diritti dell’Infanzia” ratificata dal parlamento italiano nel 1991.

Oggi in occidente, l’idea del bambino e dei suoi diritti prevede la tutela dei suoi bisogni e delle sue facoltà: tali garanzie sono innovative in favore del ragazzo e dell’adolescente.

Ad ogni bambino è riconosciuto lo stato sociale, ossia quello di essere considerato soggetto privilegiato della società e attribuendo protagonismo a bambine e bambini.

Da allora si prospetta sempre più l’obiettivo di elaborare e perseguire una nuova cultura dell’infanzia che tenga conto della complessità nella costruzione di percorsi, di progetti e di strategie che garantiscano al bambino l’autonomia per ottenere una progressiva diminuzione  dalla dipendenza primaria dall’adulto la quale se protratta rischia di diventare subalternità  nell’adulto.

Oggi l’infanzia è curata dal punto di vista materiale.  Di rado trascuriamo quei bisogni non materiali che i bambini esprimono; il mancato soincato siddisfacimentonon di rado dimenticando i loro bisogni non m stabile,precisamente stutturale.ransitorietddisfacimento o elusione dei quali determina loro una  qualità di vita povera e deludente. Freud nelle sue indagini e terapie, scoprì il ruolo determinante dell’infanzia nelle vicende patologiche dell’adulto e non gli sono mancati forti interessi per la cura delle nevrosi e psicosi infantile, ma ha guardato con diffidenza l’intervento della psicoanalisi nel campo dell’orientamento pedagogico.

Anna Freud e Melanie Klein, se pur in versanti opposti hanno sviluppato la psicoanalisi infantile quando in Russia, prima della rivoluzione di Ottobre, erano già state pubblicate tutte le opere di Freud e già esisteva un movimento psicoanalitico anche se non ancora ben organizzato  il cui leader era Ermakof, primo direttore del centro psicoanalitico di Mosca inaugurato nell’agosto del 1919, e da Vera Schmit responsabile diretta dell’esperimento: un asilo con bambini dell’età dai 4-5 anni divisi in gruppi di 6 ognuno dei quali aveva tre educatrici il cui compito era oltre a quello di sorvegliare sopratutto quello di redigere i loro profili caratterologici. Ogni giorno venivano redatti diari quotidianamente aggiornati, annotate le loro attività corporee, il numero di ore di sonno diurno e notturno, lo stato della pelle, dell’appetito e dell’umore.

L’asilo venne chiuso cinque anni dopo per voci di pornografia, abuso, sessuale ed un progressivo clima autoritario; ma le cause del suo fallimento, secondo gente dell’ovest sarebbero state altre: non da trascurare il pregiudizio pansessualista che ha circondato la psicoanalisi per molto tempo.

Dopo il 1968 anche in Itala sorsero iniziative “private” sull’educazione non autoritaria dei bambini, ad orientamento psicoanalitico e che pare abbiano attraversato gli stessi problemi  dell’Asilo  di Mosca; lo stesso avvenne con il fallimento delle Comuni Infantili tedesche che si caratterizzavano per lo stesso orientamento ai problemi dell’educazione dei bambini.

Dal momento che queste iniziative si collocano in una dimensione storico- politica e culturale specifica, forse ci si potrebbero vedere grosse contraddizioni comuni a tutti  questi sperimenti   il che suggerisce con ogni probabilità esser questa l’origine del loro fallimento.

Da una riflessione critica su queste iniziative, emerge il rischio a trasformare un momento educativo che deve realizzarsi attraverso servizi sociali accessibili a tutti i bambini in nucleo di clinica psicoanalitica, dove si conduce l’osservazione su processi di sviluppo emotivo ed affettivo dei bambini, sulla formazione del loro carattere, sulle problematiche di identificazione, sulle tendenze a manifestazioni psicosessuali, come se stessero in un laboratorio sperimentale. Prevale sempre l’analisi del caso che acquista connotazioni patologiche, anche se sono presenti attività socializzanti che mettono in moto meccanismi di integrazione collettiva.

Se così fosse si dovrebbe concludere che la natura umana è profondamente malata e solo una impostazione psicoanalitica corretta sarebbe in grado di capire i suoi processi evolutivi nel profondo e salvarla. La contaminazione patologica riduce l’attività pedagogica in una dimensione di distacco e di frattura con la realtà circostante, che deve essere naturalmente compresa perché è uno dei momenti significativi dello sviluppo del bambino. Infatti, la caratteristica che domina la psicoanalisi applicata alla pedagogia dopo il primo momento di entusiasmo ’è l’isolamento,  che regge sulla selezione e sulla separazione “del bambino sperimentale” dalla popolazione infantile in generale.

             Inoltre ci sembra fondamentale, su un piano metodologico, che iniziative realizzate dai paesi occidentali, il pericolo sia di proporre una motivazione di base progressista di individui alla ricerca di una alternativa alla educazione repressiva con modalità del distacco e della segregazione precoce dei bambini dal loro gruppo o base di appartenenza.

Nel 1975 il legislatore ha compiuto una innovazione creando la funzione di giudice delegato per gli affari matrimoniali ossia un magistrato del tribunale penale “incaricato in modo speciale di sorvegliare in modo speciale la protezione dei figli minorenni”. Il giudice per gli affari matrimoniali (JAM) dispone di poteri estesi per far rispettare il “principio di interesse superiore dei figli”; inoltre la custodia dei figli minorenni si affida al coniuge che ha migliore disponibilità di assicurare in modo corretto l’educazione  dei figli.

La personalità del bambino si forma su modelli inconsci di personaggi che variano  in maniera  armoniosa come il bambino  percepisce “ l’altro” che sono dati dalle immagini genitoriale ricevute dall’ambiente familiare: la  funzione genitoriale, della coppia insieme, assicura la stabilità,  la sicurezza affettiva, quindi lo sviluppo psico-affettivo del bambino. La rottura a causa della separazione dei genitori, è origine di trauma psichico del figlio; le figure parentali possono perdere la forza organizzatrice della personalità del bambino, in maniera tanto maggiore quanto la realtà esterna si trova fortemente modificata dal rimpasto familiare. Il bambino vive dentro di sé questa rottura come una lacerazione, come una destrutturazione dell’Io dovuta alla rottura dell’unione genitoriale. Fortunatamente egli inconsciamente può arrivare ad essere capace di proteggersi contro questo trauma, reagendo fortemente con la sua aggressività, altre volte invece possono comparire disturbi reattivi come risposta ad un vissuto abbandonico. In migliori situazioni, i bambini saranno capaci di sviluppare ed utilizzare le proprie risorse affettive ed anche intellettuali come riparo protettivo nelle attività extrafamiliari (scuola, amici, giochi, e divertimenti): in particolare i più grandi non di rado si collocano in una logica di raggiungimento di situazioni più egocentriche, come il ricatto affettivo, al fine di ottenere vantaggi materiali.

Altri bambini arrivano a rifugiarsi in fantasie ad occhi aperti sognando l’ unione tra i genitori, la coesione della loro famiglia e non presentano problemi di adattamento sociale.

Molti bambini, per la loro struttura di personalità, non riescono a superare  l’accaduto in modo valido e potranno esprimere la loro turbe affettiva patologica, vivendo lo smarrimento derivato dalla rottura dell’equilibrio familiare. Questi scompensi della personalità sono dovuti a sconvolgimenti interni e ripercuotono a più livelli di adattamento della realtà, sia nel campo sociale, intellettuale, affettivo o anche somatico.

Nella situazione di divorzio, non esiste alcun quadro clinico veramente specifico del bambino: i sintomi vengono elaborati a partire dalla personalità sottostante e dal suo livello di evoluzione che varia da bambino a bambino.

Mettiamo in rilievo, nella situazione di divorzio, il periodo edipico per la sua forte vulnerabilità di alto rischio in quanto si deve distinguere la situazione immaginaria dall’esperienza oggettiva. Infatti il bambino in pieno conflitto edipico esprime desideri ostili nei confronti dell’altro genitore in funzione della situazione immaginaria e la realizzazione di questo desiderio, con l’affidamento stabilito dal magistrato sulla base dell’ascolto del bambino, rafforzerà ulteriormente il senso di colpa e provocherà rimaneggiamenti nevrotici della personalità del piccolo. E’ quindi necessario tener conto della sua problematica affettiva oltre che ai suoi interessi materiali. Tutti i comportamenti e parole venati di aggressività vengono percepiti come originati dal conflitto coniugale e interpretati attraverso la rifrazione della scena primaria, suggerendo sentimenti reattivi nel bambino, che espressi verbalmente, potranno essere fraintesi da osservatori estranei alla psicologia del bambino. Da qui la necessità di mediare il vissuto del piccolo con l’aiuto di uno specialista, ma  la migliore preparazione al divorzio è quella fatta dagli stessi genitori per poter parlare fra loro e con i figli al fine di trovare le soluzioni  meno dannose e la possibilità di rimuovere, se possibile al momento, i conflitti, magari con una certa coesione familiare di parenti collaterali affinché il loro dialogo possa permettere l’attenuazione delle conseguenze personali della circostanza di rottura. In caso di difficoltà,in  questo senso i genitori hanno la possibili di farsi aiutare dal ruolo conciliatore del giudice per gli affari matrimoniali, conferito dalla legge, o da persone specializzate come i consulenti coniugali, psicologi e  psicoterapeuti  dell’infanzia. Nei divorzi, particolarmente conflittuali, l’interesse dei figli impone la misura dell’assistenza educativa (art.375 C.P) effettuata da equipe educativa pluridisciplinare

L’attuale tendenza ad affidare  la custodia del bambino alternativamente ai due genitori per periodi determinati arbitrariamente deve essere combattuta perché questa soluzione non rispetta la dinamica dello sviluppo del minore ma è solo una illusione logica il cui scopo è di decolpevolizzare gli adulti responsabili della decisione. Se le misure di assistenza sono insufficienti a bloccare il processo psicopatologicologico nei bambini, in particolare nel periodo dopo il divorzio, bisognerà allora ricorrere a interventi terapeutici, come lo psicodramma, praticato possibilmente in gruppo, per risolvere i conflitti generati dalla situazione di rottura, in particolare nei bambini  in età di latenza, in quanto la semplice liberazione del contesto permissivo dello psicodramma ha già un effetto benefico.