Su alcuni aspetti della formazione permanente in medicina

Marcello Morelli

 

Facoltà di Lettere - Università degli Studi di Siena

 

L’impetuoso sviluppo della tecnologia dell’informazione e delle comunicazioni,  negli anni ’90, ha contribuito in modo deciso allo sviluppo di tecniche sempre più sofisticate per l’informazione, la formazione, l’aggiornamento di quanti operano in settori nei quali è assolutamente fondamentale seguire con continuità, tempestività ed esaustività, la dinamica evolutiva delle tematiche professionali.

 

E’ naturale che questa esigenza costituisca, poi, qualcosa di assolutamente imprescindibile nel delicatissimo settore della professione medica, nel quale si susseguono, con velocità crescente, risultati di grande rilevanza nelle tecniche e nelle metodiche diagnostiche, nella ricerca di sempre più avanzati presidii terapeutici, nella definizione dei protocolli per la cura di gravi e diffuse patologie di ogni tipo, nella individuazione di elementi che, a livello genetico, influiscono sul comportamento dell’organismo umano.

 

In particolare, da alcuni anni, Internet appare essere un importante strumento di informazione e formazione, tra gli altri, proprio nel campo della medicina, per quanti si occupano di quest’ultima dal punto di vista professionale, e non solo.

 

Se Internet, è certamente un potente strumento di diffusione della conoscenza – il suo avvento ha portato a definire la nostra società, come la “società della conoscenza” – esso presenta tuttavia una vasta gamma di problemi, legati ad alcune sue caratteristiche fondamentali, come, per esempio, la facilità di accesso da parte di chiunque voglia sperimentare, per scopi di lavoro, di studio, o  di semplice curiosità o svago, la navigazione fra i miliardi di pagine disponibili nel Web; la possibile anonimità degli estensori di quanto viene riversato giornalmente nella rete; la inesistenza di vere e proprie garanzie sulla validità, sulla qualità – che vuol dire anche aggiornamento, controllo della veridicità di quanto memorizzato, autorevolezza degli autori – delle informazioni presenti nei diversi siti della rete.

 

Questi problemi, importanti e non trascurabili per qualsiasi campo di attività, divengono, come è facile comprendere, di particolare gravità, quando si tratti di informazioni di carattere medico, per la delicatezza delle materie trattate e per le conseguenze, quanto mai serie, che possono derivare da un uso di informazioni non corrette, non aggiornate, prive di una referente autorevolezza.

 

Si pone, quindi, la necessità di valutare se esistano metodologie di accesso alla rete per quanti, impegnati nel settore della sanità – medici, ricercatori, tecnici di laboratorio ecc. – utilizzino Internet come strumento quotidiano di lavoro, metodologie in grado di offrire sufficienti garanzie sotto il profilo della qualità delle informazioni del Web, per rendere in tal modo sicuro, e privo di possibili rischi, il loro impiego.

 

Naturalmente, come si è accennato, le problematiche inerenti la qualità delle informazioni in rete non sono un problema specifico del settore della medicina, ma per questo settore esse assumono, peraltro, dimensioni e rilevanza quanto mai gravi. E’ che questo sia vero sta a dimostrarlo il fatto che, proprio nel campo medico, sono iniziate, da qualche anno, ricerche volte a individuare i modi per valutare a priori il livello di qualità delle informazioni presenti in rete, per offrire in tal modo, ai medici, in primis, e ai pazienti, una sorta di “bussola” per orientarsi fra la montagna di “spazzatura virtuale” esistente nella rete, alla ricerca di quelle informazioni che possano essere ritenute realmente affidabili ed attendibili. Ho citato, e non a caso, i pazienti, perché, uno dei fenomeni che Internet ha, in qualche modo, enfatizzato, è quello che potremmo chiamare dell’autodiagnosi e automedicazione, cui un numero crescente di persone ricorre, sia per sostituire il consulto medico, che per corroborare, con una verifica di altre fonti, le diagnosi e le terapie indicate dal proprio medico curante.

 

Fra i criteri che si possono adottare per valutare il livello di attendibilità di quanto è contenuto nella rete, possiamo citare, per esempio

-          chi è il “proprietario” del sito: fonti credibili di informazioni sono quelle che sono citate chiaramente nel sito Web cui si accede. Così sono da ritenere affidabili quei siti originati da associazioni mediche, ospedali, scuole di medicina, centri di ricerche, università. Non sempre, invece, nel campo che qui ci interessa, possono essere considerate del tutto affidabili pagine prodotte da industrie farmaceutiche, in quanto esse forniscono certamente informazioni attendibili su tutto ciò che concerne i propri prodotti, ma possono invece non includere riferimenti, peraltro necessari, a prodotti di case concorrenti;

-          qual è stato l’ultimo aggiornamento effettuato nelle pagine oggetto della consultazione;

-          se il sito sia destinato ad un utilizzo da parte di “addetti ai lavori” o di un pubblico qualsiasi.

 

Per ciò  che riguarda Internet e il Web, si assiste oggi ad una duplice tendenza: da una parte la crescita oltre ogni previsione della quantità di informazioni archiviate, dall’altra quella che potremmo definire una ovvia conseguenza, vale a dire una aumentata insicurezza degli utenti per ciò che riguarda l’affidabilità dei contenuti memorizzati nei vari siti.

Un siffatto stato di cose ha spinto numerose organizzazioni ad occuparsi della individuazione, e della determinazione, tra gli altri, di quelli che possano essere considerati dei veri e propri indicatori della qualità del Web. Tra questi

-          un indicatore del numero di citazioni, analogo a quello che è il ben noto Science Citation Index, che può essere dedotto, per ciascun sito, sulla base del numero assoluto di link che fanno ad esso riferimento, o del numero di nuovi link stabiliti in un determinato periodo di tempo, ecc.;

-          il numero giornaliero di visitatori (calcolato da un ente indipendente), simile, per molti aspetti, a quello che è l’indice della circolazione esistente per le pubblicazioni a stampa. Questo indice può far riferimento sia ad un pubblico di utenti generico, che a visitatori provenienti da organizzazioni accademiche, ospedali, istituti di ricerca, ecc.

-          il comportamento degli utenti nel corso della navigazione: così potrà calcolarsi il numero di click effettuati per ciascun sito, il tempo durante il quale ci si è soffermati all’interno di un sito, il tempo speso per la consultazione di una determinata pagina, ecc.

 

Fra le istituzioni che maggiormente si sono distinte nell’area della validazione delle informazioni online è la Health On the Net Foundation (HON), una organizzazione non-profit, non-governativa, nata nel 1999 e accreditata presso il Consiglio Economico e Sociale delle Nazioni Unite.  L’HON ha definito un codice di condotta (HONCode), per i siti di contenuto medico e sanitario, costituito da una serie di principi cui gli autori di tali siti dovrebbero attenersi. Questo codice – una sorta di vero e proprio codice etico – ha l’obiettivo di garantire, attraverso una impostazione a priori della qualità dei contenuti, una corretta informazione non solo del personale sanitario, ma, soprattutto, dei pazienti, che, privi peraltro di una formazione di base, desiderino informarsi, nel più semplice dei casi, su particolari sintomatologie per derivarne possibili diagnosi, o, nel caso più rischioso, individuare, autonomamente, terapie specifiche. Naturalmente, l’adesione ai principi indicati dall’HONcode è assolutamente volontaria, ma appare ovvio, al tempo stesso, tutta la sua rilevanza per offrire agli utilizzatori della rete un riferimento sicuro per ciò che riguarda l’affidabilità delle informazioni reperite nel Web.

 

Ritengo possa essere utile richiamare, sia pure sommariamente, questi principi, per dare un’idea di cosa si intenda oggi per affidabilità della rete e come si possa contribuire a garantirla.

 

Il primo principio afferma che ogni informazione medica fornita ed ospitata da un sito a carattere medico dovrà essere scritta unicamente da esperti di quest’area e da professionisti qualificati, a meno che un'esplicita dichiarazione non precisi che qualche informazione provenga da persone o organizzazioni non mediche.

 

Il secondo principio, chiaramente orientato all’uso che i pazienti possono fare del contenuto informativo della rete, sottolinea che le informazioni diffuse da un sito di carattere medico sono destinate ad incoraggiare, e non a sostituire, le relazioni esistenti tra paziente e medico. Va peraltro rilevato come l’importanza di questo secondo principio dell’HONcode derivi da una situazione di fatto dei rapporti attuali fra medico e paziente, caratterizzati, in molti casi, da un livello di comunicazione inefficace, come avremo modo di esaminare successivamente.

E’ abbastanza diffusa, infatti, l’opinione che l’educazione dei pazienti dovrebbe essere una delle maggiori priorità dei sanitari, e, pertanto, è indispensabile colmare quella che è, e deve essere considerata, una grave lacuna di informazioni, solo colmando la quale sarà poi possibile facilitare il rapporto tra medico e assistito.

 

Il terzo principio, riguarda il livello di tutela delle informazioni personali dei pazienti e dei visitatori di un sito medico, compresa l'identità. Sotto questo punto di vista, va tuttavia rilevato come la, fin troppo stringente, legislazione italiana in materia di protezione dei dati personali sensibili, offra già ampie ed efficaci garanzie.

 

Il quarto principio dell’HONcode afferma che la provenienza delle informazioni diffuse deve essere accompagnata da referenze esplicite e, se possibile, da links verso questi dati. La data dell'ultimo aggiornamento deve apparire chiaramente su ogni pagina del sito. 

 

Il quinto principio richiede che ogni affermazione relativa al beneficio o ai miglioramenti indotti da un trattamento, da un prodotto o da un servizio, debba essere supportata da prove adeguate e ponderate secondo il precedente quarto principio. Gli ideatori del sito dovranno sforzarsi di fornire informazioni nella maniera più chiara possibile e dando, al tempo stesso, un indirizzo – in generale un indirizzo email – al quale gli utenti possano chiedere ulteriori dettagli o supporto. 

 

Il sesto principio stabilisce che il patrocinio/sponsorizzazione del sito debba essere chiaramente identificato, compresa l’identità delle organizzazioni commerciali e non-commerciali che contribuiscono al suo finanziamento, ai servizi o al contenuto del sito stesso. 

 

L’ultimo principio, il settimo, sottolinea il fatto che se la pubblicità è una fonte di sovvenzione del sito,  ciò dovrà essere chiaramente indicato. I responsabili del sito forniranno una breve descrizione dell'accordo pubblicitario adottato. Ogni apporto promozionale ed eventuale materiale pubblicitario sarà presentato all'utente in modo chiaro, al fine di differenziarlo dal materiale originale prodotto dall'istituzione che gestisce il sito.

 

Si tratta, in sostanza, come  si è visto, di qualcosa che può contribuire in modo sostanziale a rendere affidabile, perché credibile, il contenuto di un sito Web, permettendo quindi di far riferimento ad esso per soddisfare esigenze informative nel campo medico.

 

Va da sé, naturalmente, che sarebbe quanto mai auspicabile, oggi, che, così come una volta, non saprei dire se ciò avvenga tuttora, si insegnava nella scuola secondaria come consultare un vocabolario o un dizionario – strumenti  non semplici né intuitivi per chi non ne abbia compiuto, nelle prime volte, un accesso guidato da un insegnante – si insegnasse ai giorni nostri come utilizzare Internet, non per il banale entertainment – cosa per la quale, vien fatto di dire, ci sia ben poco da insegnare ai giovanima per il ben più impegnativo reperimento di informazioni a fini di studio o di lavoro. Solo una formazione accurata, condotta su basi scientifiche, potrà fare realmente di Internet uno strumento affidabile di formazione permanente.

 

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Ma parlando di formazione, ritengo non si possa trascurare un altro aspetto che deve rientrare a pieno titolo in quella che è l’esigenza formativa del medico ed al quale abbiamo già fatto cenno: intendo riferirmi alla comunicazione medico-paziente.

 

La nuova etica professionale riconosce che un rapporto ottimale fra medico e paziente si esprime

 

Come tutte le interazioni, anche gli scambi tra medico e paziente sono fenomeni sociali complessi, nei quali entrambi i partecipanti intervengono con atteggiamenti e aspettative diverse.

 

L'analisi dei processi comunicativi permette di rilevare importanti informazioni circa i ruoli, gli scopi, i contenuti dell'interazione. D’altra parte, le molteplici variazioni che possono avvenire in questi processi influenzano in modo rilevante alcuni esiti nei comportamenti e negli atteggiamenti dei pazienti, quali, per esempio:

·         la soddisfazione derivante dalla visita medica;

·         l'attenersi alle prescrizioni terapeutiche (compliance);

·         una riduzione delle loro preoccupazioni.

A loro volta, questi scambi comunicativi sono influenzati da una serie di variabili legate alle caratteristiche personali del medico e del paziente e alle circostanze specifiche in cui si svolge l'interazione.

 

Le modalità con cui vengono trasmesse le informazioni al paziente, la quantità di tempo che il medico dedica alle spiegazioni e alle informazioni da fornire, la chiarezza espositiva e la semplicità lessicale sono tutti fattori che incidono sulla comprensione che il paziente acquisisce delle sue condizioni di salute, sulla sua capacità di memorizzare quanto gli è stato detto, sul grado di soddisfazione che gli può derivare dalla visita medica.

 

Siamo di fronte, come è facile intuire, a quegli stessi principi che sono alla base della teoria dell’usabilità di un qualsiasi prodotto o servizio da parte di un utente, il cui rispetto è premessa indispensabile per raggiungere l’obiettivo della  “soddisfazione ” dell’utente.

 

Tra tutti gli aspetti del trattamento medico è la comunicazione, infatti, quello più coinvolto nel produrre soddisfazione nel paziente.

 

L'aspetto certamente più caratteristico e significativo dell'interazione medico-paziente, e’ rappresentato dalla 'asimmetria", intesa, questa, come ineguaglianza di status e ruoli, ma anche come rapporto di dominanza-sottomissione in una distribuzione diseguale di “potere”. Per questo le modalità “linguistiche” e comunicative secondo le quali tale asimmetria si manifesta sono state oggetto di numerose indagini.

 

E’ necessario, peraltro, analizzare come si svolga concretamente l'interazione medico-paziente, considerata come un processo che è possibile articolare in fasi, ognuna delle quali risulta caratterizzata da specifici comportamenti verbali e non verbali di entrambi i partecipanti.

Occorre anche discutere alcune implicazioni operative, messe in evidenza dalle numerose ricerche esistenti su questo argomento, tese ad individuare le strategie utili per ridurre l'inosservanza alle prescrizioni terapeutiche, aumentare la soddisfazione del paziente, in sostanza, per rendere più efficace la comunicazione tra il medico e quest’ultimo.

 

Alcuni studiosi, affrontando il problema di come migliorare la comunicazione tra medico e paziente, hanno concentrato la loro attenzione sulle modalità con cui vengono date le informazioni ai pazienti circa le loro condizioni di salute e il trattamento da seguire.

Sono almeno due le prospettive teoriche che hanno cercato di spiegare le interrelazioni tra le variabili che abbiamo citato in precedenza, e, in particolare, la soddisfazione o l’insoddisfazione e la compliance: una, centrata maggiormente sugli aspetti emotivi dell'interazione, l'altra su quelli cognitivi.

 

La prima prospettiva è esemplificata dal lavoro di Korsch (1989), su un campione di circa 8oo interviste a madri che avevano portato i figli in una clinica pediatrica a Los Angeles.

L'autrice mostra come la soddisfazione per la consultazione medica fosse collegata alle valutazioni relative a tre aspetti del comportamento emotivo del medico:

·         essere amichevole piuttosto che distaccato e manageriale;

·         mostrare di capire i timori della madre;

·         essere dotato di abilità comunicative positive.

Se mancano questi elementi essenziali nell'interazione, i pazienti (i genitori in questo caso) possono sentirsi insoddisfatti.

 

La seconda prospettiva è rappresentata dal modello cognitivo di Ley e collaboratori. Secondo Ley, perché la comunicazione sia efficace, il messaggio trasmesso deve essere compreso e ricordato.

Il fallimento nella comprensione dipende da alcuni elementi correlati:

·         il materiale presentato ai pazienti è spesso troppo difficile da capire, in quanto il linguaggio è troppo specialistico e complesso;

·         i pazienti quasi sempre non hanno la conoscenza tecnica medica di base;

·         spesso hanno delle convinzioni erronee che ostacolano la comprensione corretta di quanto viene loro detto.

 

Il fallimento nella comprensione e nella memorizzazione porta all’insoddisfazione e, di conseguenza, alla mancata osservanza del trattamento proposto.

 

Secondo questo modello, quindi, se i pazienti capiscono e ricordano ciò che viene detto loro, saranno più soddisfatti della visita medica e di conseguenza faranno ciò che il medico ha loro prescritto.

 

Tuttavia, secondo alcuni autori, esso ha un punto debole importante: non dice nulla su ciò che medico e paziente “portano nell'incontro”, quello cioè che si riferisce alla storia della loro relazione e dei precedenti incontri, alle loro aspettative reciproche, alle credenze, agli atteggiamenti. Secondo questi autori, per capire la comunicazione medico-paziente occorre non solo analizzare ciò che succede durante l'interazione, ma tener conto anche di alcune variabili antecedenti, tra cui, in particolare, la conoscenza e gli atteggiamenti degli interlocutori: questi elementi influiscono sulla soddisfazione e la compliance sia direttamente, sia indirettamente attraverso la mediazione della comprensione e della memoria: in ricerche condotte in questo campo è emersa l'importanza sia di tener conto del ruolo delle variabili antecedenti l'interazione vera e propria, sia di integrare i due modelli presenti in letteratura, quello emotivo di Korsch e quello cognitivo di Ley.

 

Un ruolo significativo nella interazione comunicativa che si stabilisce fra il medico ed il paziente è svolto, come è noto, dalla componente non verbale della comunicazione. In particolare, infatti, l'abilità del medico di decodificare i messaggi non verbali è direttamente collegata con la soddisfazione del paziente.

Ricerche in questo campo hanno evidenziato profili caratteristici di comportamenti non verbali, proprio nel caso delle relazioni medico-paziente.

 

I pazienti tendono ad attirare l'attenzione e il contatto visivo col medico mediante l'uso di pause e di movimenti specifici del corpo prima di iniziare le frasi. Il coordinamento di sguardi e movimenti corporei tende a rimanere costante durante l'interazione e questo indica che tali comportamenti non verbali sono caratterizzati dal ruolo che ogni partecipante svolge nell'interazione.

 

Nello specifico il desiderio di controllo, le relazioni di ruolo e le informazioni di tipo emotivo sono veicolate tramite modalità non verbali.

 

Per quanto riguarda le forme verbali, soprattutto tre sono state oggetto di ampie analisi in letteratura:

·         la scelta del vocabolario;

·         il fare domande;

·         il fornire spiegazioni.

 

Per quanto attiene la scelta lessicale, l’utilizzo di un linguaggio tecnico, con termini specialistici più o meno complessi, può servire a stabilire l'autorità del medico, affermare le sue conoscenze e determinare il suo ruolo rispetto al paziente.

 

Un'altra modalità adottata dai medici, tipica di chi è in posizione di superiorità, è l'infantilizzazione del paziente, che si esprime sia attraverso l'uso di diminutivi ("le pilloline”, “la curetta") sia mediante il ricorso al dativo etico (“Mi faccia questa cura”, “Mi faccia questi esami”, ecc.). Usi che talvolta si accompagnano ad atteggiamenti iperprotettivi e rassicuranti su particolari scarsamente significativi dell’interazione, col rischio di lasciare inevase richieste più  complesse relative ai problemi portati dal paziente.

 

Il fare domande è importante perché rivela la relazione di ruolo tra medico e paziente: medici che utilizzano domande aperte (che permettono un ampio ventaglio di risposte) piuttosto che domande chiuse (che richiedono solo brevi risposte) danno al paziente l'opportunità di fornire informazioni su di sé più liberamente.

 

La formulazione di domande da parte del paziente al medico dipende da alcune caratteristiche socioculturali: chi ha livelli di istruzione più bassi, le persone meno competenti, le più anziane tendono a fare meno domande al medico.

 

Sembra tuttavia che i pazienti, quando siano incoraggiati a fare domande, tendano a essere più soddisfatti del loro trattamento.

Uno dei motivi legati alla difficoltà di fare domande (a dare o richiedere informazioni) può essere ricondotto al fatto che la relazione medico-paziente è generalmente concepita, sia dai medici che dai pazienti, come una, "richiesta-offerta di aiuto” piuttosto che una “richiesta-offerta di conoscenza”, considerata forse appropriata per un altro tipo di rapporto, quello, per esempio, tra docente e discente.

Non a caso le richieste dei pazienti sono spesso indirette, espresse in modo obliquo (del tipo “Ho sentito dire”,  “Mi hanno detto”), un modo, cioè, per fare domande senza rivelare il soggetto.

 

Le spiegazioni fornite dal paziente riguardano le motivazioni della visita, eventi biografici e clinici rilevanti; le spiegazioni del medico vengono date in replica o meno a domande poste dal paziente.

 

Tali spiegazioni si inseriscono in un complesso sistema. di conoscenze e di credenze sulla salute/malattia.

Il problema di fornire spiegazioni al paziente, anche se non richieste esplicitamente, o di rispondere a domande implica l'assunzione del punto di vista dell’altro, e ciò consente di entrare nella relazione terapeutica, intesa in senso lato, evitando il ricorso a rigidi cerimoniali e procedure secondo cui chi ha le conoscenze giuste è solo il tecnico.

 

Ricerche condotte nei servizi sociosanitari hanno evidenziato come gli operatori sanitari siano disponibili in generale a offrire informazioni pratiche, molto meno invece a fornire spiegazioni scientifiche, o comunque connesse al funzionamento e agli esiti di una data malattia o problema: introdurre l'informazione-spiegazione nel rapporto medico-paziente influenzerebbe, infatti, l'aspetto di relazione, aumentando il potere di negoziazione dei pazienti, inserendo elementi dinamici che richiederebbero modalità di gestione più complesse.

 

Un aspetto importante del problema costituito da quella che e’ stata definita “la tormentata storia dei rapporto medico-paziente", riguarda le implicazioni operative che è possibile ricavare dalla mole consistente di ricerche dedicate al tema.

 

E’ possibile migliorare le relazioni medico-paziente? Quali effetti potrebbe avere un miglioramento?

 

Trattandosi di un'interazione, sono due le parti chiamate in causa: da un lato i medici, dall'altro i pazienti.

Come è noto, peraltro, le prospettive di ciascuno  di questi due protagonisti sono spesso divergenti e portano a focalizzare tipi diversi di problemi. La letteratura ha abbondantemente evidenziato che la comunicazione medico-paziente molto spesso è lacunosa e insoddisfacente sia in termini di carenza quantitativa di informazioni che vengono fornite, sia come qualità dell’interazione.

E’ perciò importante tener presenti queste divergenze dei punti di vista se si vuole intervenire efficacemente per modificare la comunicazione.

Nella percezione del paziente i problemi principali riguardano:

 

Va sottolineato inoltre che essere informati in genere è utile ai pazienti, è un loro diritto, anche se va tenuto presente che possono reagire in modo diverso alla ricezione  di informazioni realistiche sulla propria situazione clinica: questo vale soprattutto nel caso di malattie gravi.

A volte l'informazione può mettere in moto meccanismi psicologici di rifiuto, associati a forti tensioni emotive che ostacolano o inibiscono parzialmente la capacità di ascolto e di comprensione. Il medico dovrebbe perciò tener presente che i pazienti possono sperimentare livelli di ansia diversi che si riflettono di conseguenza sulle modalità comunicative, dando luogo, ad esempio, ad una comprensione parziale o distorta delle informazioni e una memorizzazione scarsa e lacunosa dei consigli ricevuti;

 

Dal punto di vista del medico i problemi principali riscontrati nell’interazione coi pazienti si riferiscono ad altri aspetti:

·         difficoltà relazionali e perturbazioni emotive che il medico può provare nel contatto coi pazienti,  sotto forma di irritazione, riattivazione di problemi personali irrisolti, insofferenza per certi tipi di pazienti;

·         la scarsità di informazioni fornite dal paziente;

·         la scarsa osservanza o adesione del paziente alle prescrizioni del trattamento o ai consigli proposti dal medico.

 

In conclusione, ciò che si può affermare è che la formazione del medico non può oggi prescindere dalla conoscenza dei principi e delle tecniche della comunicazione, essendo queste alla base di una corretta impostazione del rapporto dialogico fra lo stesso medico e i suoi pazienti. Per quanto detto, non è esagerato affermare che, in casi non minoritari, una buona, efficace, e perciò soddisfacente comunicazione, può portare il paziente ad una migliore comprensione del suo stato di salute e ad una più completa e convinta adesione alle terapie, con effetti positivi sul modo di affrontare le proprie malattie.