Tradizioni, turismo e sostenibilità

 

A. Montanari

 

Il giorno 11.12.13 sono stati pubblicati i primi bandi del Programma  HORIZON 2020. Questo è il titolo del Programma Quadro Europeo per la Ricerca e l'Innovazione per il periodo 1 gennaio 2014 - 31 dicembre 2020 che dovrà sostenere la società europea nelle  sfide globali della innovazione e della competitività.  La struttura di HORIZON 2020 è costituita da tre pilastri, (a) l'eccellenza scientifica; (b) la leadership industriale; (c) le sfide per la società, e da cinque programmi trasversali, (1) l'Istituto europeo di innovazione e tecnologia (IET); (2) spreading excellence and widening participation; (3) science with and for society; (4) Joint Research Centre (JRC); (5) Euratom. Il finanziamento per i primi due anni sarà di 15 miliardi di Euro. Nella complessità dei bandi e nella specificità delle singole linee di ricerca è possibile riconoscere almeno due elementi comuni a cui non sarà possibile prescindere: la multidisciplinarietà degli approcci di ricerca e la disseminazione scientifica dei metodi e dei risultati. Mezzo secolo fa lo scienziato, e umanista, Charles Percy Snow (1905-1980) ha pubblicato il volume "the two cultures"1 in cui ha denunciato il problema dell’incomunicabilità tra scienziati e letterati, e quindi della loro incapacità a collaborare. La ricerca scientifica e tecnologica è importante per lo sviluppo sociale di una comunità mentre la cultura umanistica domina le scelte di carattere politico.  Snow descrive il disagio dell’intellettuale che deve prendere atto della netta divisione esistente tra la ricerca scientifica e gli studi umanistici. Non si ravvisa soltanto il disagio di un individuo ma vengono anche evidenziati i numerosi problemi politici, ambientali e culturali che da ciò derivano per la società a livello globale. Secondo Snow sia nell’ambito sociale che in quello politico sarebbe necessaria la presenza delle due culture che potrebbero contribuire a maggiori approfondimenti. Il volume di Snow è rimasto a lungo al centro del dibattito culturale e nel 2009 i principali giornali di divulgazione scientifica hanno pubblicato riflessioni e commenti su quanto era stato detto e scritto fino ad allora sull'argomento.  Stefan Collini sul New Scientist2 ha rilevato che l’obiettivo di Snow era stato la critica dell’iperspecializzazione dei linguaggi che andava a limitare la possibilità di diffusione dei risultati scientifici e nel contempo, come effetto secondario, non consentiva ai non scienziati di scrivere e riflettere sui temi scientifici. Nell’Editoriale della Rivista Nature3 è stato ripreso il concetto della divulgazione ampliandolo al rapporto Nord-Sud, tra paesi sviluppati e paesi in via di sviluppo, e infine tra paesi ricchi e paesi poveri. Nell’Editoriale si fa presente la necessità di dar luogo ad una terza cultura per superare la grave lacuna esistente tra gli umanisti e gli scienziati. Snow4 aveva successivamente aggiunto alla sua teoria l’auspicio della nascita di una terza cultura per mediare la dicotomia assoluta, una cultura molto comunicativa fatta da letterati che avrebbero potuto considerare temi scientifici. Secondo John Brockman5 la terza cultura non è una disciplina ma un processo che deve coinvolgere  scienziati e pensatori. Questi attraverso il loro lavoro, e le loro capacità divulgative, si sostituiscono agli intellettuali tradizionali nel rendere visibile il significato profondo dell'esistenza degli esseri umani ridefinendo in modo accurato chi e cosa noi siamo e rappresentiamo. Di questo processo è parte integrante la divulgazione dei risultati delle ricerche scientifiche: un punto cruciale negli ultimi anni che ha trovato pratica applicazione a partire dai paesi più sviluppati. [1] [2] [3] [4] [5] Nell’estate del 2012 la Commissione europea ha pubblicato  una serie di misure per rendere più facile l’accesso ai risultati delle ricerche finanziate con fondi pubblici: una misura nota con il termine “open access”. Questa dovrà favorire l’accesso ai risultati da parte di altri ricercatori, delle imprese e della società civile per rendere più efficiente l'investimento in ricerca e sviluppo da parte della Unione Europea (UE) e "favorire la conoscenza e la competitività in Europa" come ha affermato il Commissario europeo per la Ricerca e l'Innovazione, Sig.ra  Máire Geoghegan-Quinn. Il 22.02.2013 l’Ufficio esecutivo del Presidente USA, Mr Barack Obama, ha pubblicato un Memorandum che stabilisce  che "l'Amministrazione si impegna a garantire che i risultati, pubblicazioni e banche dati, delle ricerche scientifiche finanziate dal governo federale sono messi a disposizione, e resi utilizzabili, per il pubblico, l'industria e la comunità scientifica". Nella UE  lo “open access” è stato messo in pratica a partire dal 2011 e diverrà pratica obbligatoria per tutti a partire dal 2014 con il Programma HORIZON 2020.  Nella prospettiva di quanto finora ricordato si può affermare che la [6]  Nuova Piramide della Dieta Mediterranea (NPDM) contiene gli elementi fondamentali della interdisciplinarietà e della divulgazione scientifica. La NPDM è stata presentata da Carlo Cannella (1943-2011) allora presidente dell'Istituto Nazionale di Ricerca per gli Alimenti e la Nutrizione (INRAN) a conclusione della Terza Conferenza Internazionale organizzata dal Centro Interuniversitario di Ricera e Culture Alimentari Mediterranee (CIISCAM), Università di Roma La Sapienza, che si è tenuta Parma il 3 novembre 2009. Infatti la NPDM trova alla sua base alimenti di origine vegetale come cereali, verdura e frutta che costituiscono il pasto principale e poi gli altri alimenti necessari a completare il pasto distribuiti in quantità decrescente a seconda della frequenza consigliata a livello giornaliero o settimanale6. Inoltre utilizzando anche l'esperienza delle scienze sociali sono stati indicati come elementi basilari l'attività fisica, la convivialità a tavola, e il consumo di prodotti locali su base stagionale. Queste prescrizioni di carattere nutrizionale e comportamentale hanno trovato una  evidente illustrazione in un grafico a piramide che è divenuto di per sé stesso uno strumento di disseminazione scientifica attraverso i principi della infografica7. Il prodotto alimentare di cui si fa riferimento nella NPDM è il risultato di una filiera che si sviluppa nel territorio di produzione ed ne è la rappresentazione concettuale in funzione delle risorse naturali e di quelle culturali. Si tratta, quindi, dell’esemplificazione di un caso di geografia del gusto. Con queste modalità la geografia dell'olio di qualità costituisce per il consumatore avvertito l’oggetto del “gaze”8. Prima ancora di visitarlo il consumatore è attratto da quel territorio, da ciò la definizione di gusto della geografia. Le fasi di produzione sono inserite nell’ambiente e nella cultura del luogo, si arricchiscono di quel fascino e di quella poesia che rende la visita una esperienza indimenticabile poiché ripetibile con la mente ogni volta che si sentirà il profumo, o si assaggerà, il cibo di quei luoghi. Il consumatore verifica la qualità, ne certifica di per sé la denominazione di origine e ne definisce il disciplinare etico. Se esiste una geografia del gusto allora vi è anche un gusto della geografia. Il concetto elaborato nell’ambito della disciplina geografica9  è stato introdotto da uno storico10, Massimo Montanari, che lo ha usato per spiegare, negando la storia in un apparente controsenso, che archetipi storici non erano mai esistiti in quanto “il gusto della geografia non appartiene al passato” poiché l’interesse per la cucina cosiddetta regionale si sviluppa proprio a partire dalle prime fasi dei processi di industrializzazione11.  Italo Calvino (1923-1985) in un articolo intitolato “Sapore Sapere”, ci spiega che il vero viaggio implica la necessità di “inghiottire il paese visitato”, non solo il cibo o le pratiche della cucina, ma anche “l’uso dei diversi strumenti con cui” si opera per produrre12. Si può immaginare che lo scrittore si riferisse alla necessità di assaggiare, “far passare per le labbra e l’esofago” , guardare, ma anche toccare, riconoscere il profumo e i suoni, del risultato di una specifica manualità. La ulteriore elaborazione della NPDM è stata realizzata in occasione della Conferenza "world forum for nutrition research", Reus, Spagna, 20-21 maggio 2013 quando è stato proposto per ogni alimento un territorio di riferimento dove dalla geografia del gusto si potesse passare al gusto della geografia13 . In questa ulteriore evoluzione la Piramide della Dieta Mediterranea, oltre ai riferimenti alla buona alimentazione e al benessere degli individui, permette anche di contribuire allo sviluppo del territorio tramite la costituzione di reti di medie e piccole imprese che operano nel settore della produzione e dei servizi 14.

 

Bibliografia


 

1            Snow CP: The two cultures, Cambridge, England: Cambridge University Press, 1959.

2            Collini S: Arts vs science - are we still divided?, New Scientist; 2706: 29, 2009:26-27.

3            Nature Editorials, Doing good, 50 years on, Nature, 2009;  459: 10, 2009.

4            Snow CP: The two cultures: and a second look. New York: The New American Library, 1959.

5            Brockman J (ed.): The third culture: beyond the scientific revolution, New York: Simon and Schuster, 1995.

6            Cannella C, Giusti AM, Pinto A: Dal cibo per tutti agli elementi personalizzati . Biologici, tipici o convenzionali? arricchiti, funzionali o integratori? come sciegliere, possiamo fidarci?, Roma, Il Pensiero Scientifico Editore, 2007.

7            Donini LM: La nuova piramide alimentare mediterranea. In: Donini LM: La dieta mediterranea tra storia, cultura e scienza. Atti della Accademia Lancisiana, 10a seduta scientifica, 13.03.2012. Roma:Accademia Lancisiana, 2012.  

8            Montanari A: Guidebooks and Travel Stories Interpretations and emotional reactions, International Review of Social Sciences and Humanities, 2013; 5 (1): 123-134.

9                Montanari A, Costa N, Staniscia B: Geografia del Gusto. Scenari per l’Abruzzo, Ortona, Menabò, 2008.

10          Montanari M, From the geography of taste to the taste of geography, in A Montanari (ed.),   Food and environment. Geographies of taste, Rome, SGI-Home of Geography, 2002: 29-32.

11          Montanari M., Il cibo come cultura, Roma-Bari, Laterza, 2004.

12          Calvino I: Sotto il sole giaguaro, Milano, Garzanti, 1986.

13          Montanari A, Belhasen R, Berry EM et al: Design of a study on adherence to Mediterranean diet and local foods consumption, Ann Nutr Metab, 2013: 62(suppl), p.36

14          Montanari A, Staniscia B: Culinary tourism as a tool for regional re-equilibrium,        European Planning Studies, 2009: 17(10), 2009: 1463-1483.

 

Università di Roma “Sapienza” Dipartimento di Studi Europei, Americani e Interculturali