IL MALASSORBIMENTO INTESTINALE:
ASPETTI FISIOPATOLOGICI E CLINICI
Massimo Montalto, Antonella Gallo, Giovanni Gasbarrini
Istituto di Medicina Interna e Geriatria
Universita’ Cattolica del S. Cuore, Roma
Introduzione
L’intestino tenue è un organo complesso dotato di molteplici funzioni e che svolge un ruolo di primo piano nei processi di digestione ed assorbimento di nutrienti, vitamine, minerali, acqua, parte dei sali biliari e farmaci.
La sua normale lunghezza varia da 3 a 7,2 m nella donna e da 4,8 a 7,8 m nell'uomo, con una superficie interna di circa 3 m2, ma la presenza di pliche conniventi, villi e microvilli moltiplica progressivamente l'area assorbente di 3, 10 e 20 volte fino ad una superficie totale pari a circa 200 m2 (superiore a quella di un campo da tennis) (1). Questa straordinaria estensione serve a spiegare la dissociazione che, sul piano clinico, sempre più frequentemente rileviamo tra malassorbimento, sindrome da malassorbimento ed enteropatia. In altre parole, l'enteropatia, definita come un processo morboso caratterizzato da evidenti alterazioni morfologiche dell'intestino tenue, è accompagnata e resa clinicamente manifesta dalla sindrome da malassorbimento, definita come quel complesso di sintomi conseguenti al fenomeno chimico-fisico del malassorbimento, solo qualora l'estensione del processo morboso sia tale da superare le capacità di compenso dell'organo (2).
La riduzione o l’assenza della capacità di assorbimento dei nutrienti può dipendere da difetti congeniti nei sistemi di trasporto di membrana dell’epitelio del piccolo intestino (assorbimento primario) o da difetti acquisiti sulla superficie assorbente dell’epitelio (malassorbimento secondario) (1-2).
Il malassorbimento deve essere, inoltre, distinto in globale e parziale. Il malassorbimento globale deriva da alterazioni associate all’assorbimento mucosale o ad una riduzione della superficie assorbente. Un esempio è quello della malattia celiaca, in cui la scomparsa dei villi e la relativa alterazione della mucosa comportano un malassorbimento di molti nutrienti. Il malassorbimento parziale, invece, si riferisce al malassorbimento di specifici nutrienti, come quello presente nei pazienti affetti da malattie infiammatorie croniche dell’intestino con alterazioni dell’ileo terminale o quelli sottoposti a resezioni chirurgiche (3).
Normalmente si definisce il malassorbimento come il difettoso attraversamento della parete intestinale da parte dei prodotti della normale digestione, mentre si riserva il termine di maldigestione alla difettosa idrolisi dei nutrienti. In realtà, sebbene questa distinzione possa essere utile in campo fisiopatologico, da un punto di vista clinico, sia il processo di maldigestione che quello di malassorbimento si esprimono con una sindrome da malassorbimento del tutto simile.
Classificazione delle sindromi da malassorbimento
In base al meccanismo eziopatogenetico implicato, la sindrome da malassorbimento può essere determinata da: alterazioni dei processi digestivi, alterazioni della captazione e del trasporto per danno o riduzione della superficie assorbente e da una miscellanea di condizioni che riconoscono vari meccanismi eziopatogenetici (4). Bisogna ricordare, inoltre, che in uno stesso paziente possono coesistere più alterazioni a livello dei tre processi succitati e, anche se il risultato clinico è identico, le basi fisiopatologiche possono essere differenti.
In particolare, le sindromi da malassorbimento secondarie ad alterazioni che riguardano i normali processi della digestione dei nutrienti possono essere dovute a deficit enzimatici o a deficit dei sali biliari. Per quanto riguarda i difetti enzimatici, i più comuni coinvolgono gli enzimi del brush border, solitamente deputati alla digestione dei carboidrati (es. alfa-glucosidasi e beta-galattosidasi) e delle proteine (enterochinasi), o più raramente gli enzimi pancreatici (es. in caso di pancreatite cronica). I deficit di sali biliari possono invece essere dovuti a malattie del fegato e delle vie biliari, con conseguente malassorbimento dei lipidi e delle vitamine liposolubili (4-5).
Nel gruppo delle condizioni che causano alterazioni della captazione e del trasporto vengono incluse svariate patologie che, comportando nella maggior parte dei casi un’alterazione diffusa della parete intestinale, si rendono manifeste con un quadro clinico di malassorbimento globale. In particolare, le due condizioni più frequentemente causa di alterazione della parete intestinale sono rappresentate dalla malattia celiaca e dal morbo di Crohn, e più raramente dalla gastroenterite eosinofila, dall’enteropatia autoimmune, dall’enterite attinica, dalla linfangectasia intestinale, dalla mastocitosi sistemica, dalll’acrodermite enteropatica, dalla abetalipoproteinemia e dai linfomi (4). Inoltre, nell’ambito delle alterazioni della parete intestinale sono inoltre compresi i deficit primitivi o secondari dei carrier specifici che riguardano il trasporto dei monosaccaridi (fruttosio e glucosio) e degli aminoacidi (4).
Infine, vi è una miscellanea di patologie, sistemiche o non propriamente intestinali (ad es. ipertirodismo, ipoparatiroidismo, gastrite atrofica, ecc.), che con svariati meccanismi, interferiscono con i normali processi di digestione/assorbimento, generando un quadro di malassorbimento generalizzato o selettivo (4).
Caratteristiche cliniche
Le caratteristiche cliniche del malassorbimento dipendono dalle cause e dalla severità delle alterazioni. Forme isolate di malassorbimento possono presentarsi con sintomi attribuibili alla carenza di particolari nutrienti. Perciò, ad esempio, nei pazienti affetti da malattia celiaca la manifestazione del malassorbimento può consistere nell’osteopenia o nell’anemia sideropenia (6).
Le manifestazioni classiche del malassorbimento sono secondarie sia alle modificazioni del contenuto luminale, cioè alla persistenza dei nutrienti all'interno del lume (es. diarrea, steatorrea, meteorismo, dolore addominale), sia dovute alla mancata utilizzazione tissutale dei nutrienti, con conseguenti manifestazioni di tipo carenziale (i.e. pallore, astenia, dimagrimento, ritardo o arresto dell'accrescimento staturo-ponderale, iperfagia, edemi, distrofia delle mucose, della cute e degli annessi, amenorrea, diminuzione della libido, tetania, dolori ossei, manifestazioni emorragiche e neuropatiche, emeralopia, infezioni ricorrenti). E’ opportuno ricordare che la simultanea presenza di tutti i sintomi citati rappresenta più un’eccezione che la regola. Queste manifestazioni, però, risultano comuni in moltissime patologie che comportano alterazioni della mucosa intestinale. La maggior parte dei pazienti con malassorbimento ha sintomi lievi, ed altri pazienti, invece, possono, nonostante il malassorbimento, essere asintomatici e, quindi, giungere ad una diagnosi solo attraverso gli indici laboratoristici e la positività di alcuni test diagnostici (6-7).
Diagnosi
Possiamo distinguere test di approccio, atti a valutare la presenza o meno di malassorbimento e test definitivi, atti ad individuare la affezione causa di malassorbimento.
I test di approccio comprendono un primo sottogruppo di esami ematochimici (esame emocromocitometrico, protidemia, sideremia, transferrinemia, tempo di protrombina, elettrolitemia, ecc.), indicativi, tuttavia, di uno stato di malnutrizione, quindi non necessariamente legato a malassorbimento. Specifici di malassorbimento sono invece i “test dinamici”, basati sulla valutazione e misurazione, nei vari escreti e nell'aria espirata, di cataboliti di sostanze note, generalmente grassi o zuccheri, somministrate oralmente. Ad esempio l’H2 breath test al lattosio può essere utilizzato sia per evidenziare un deficit primitivo o secondario di lattasi. Se tale zucchero, somministrato per os, non viene assorbito nel tenue per mancanza di lattasi, giunge nel colon, viene fermentato dalla flora batterica ivi presente, con produzione di H2. Alti picchi di H2 nell’aria espirata sono indicativi di malassorbimento di lattosio (8).
Per quanto riguarda la funzionalità pancreatica, test di facile esecuzione risultano i dosaggi fecali della chimotripsina e dell’elastasi, ed il dosaggio dei grassi fecali (9).
Il principale dei test definitivi è la biopsia intestinale con prelievi multipli che consente di ottenere campioni da sottoporre all’esame istologico, fondamentale per la diagnosi di quelle enteropatie caratterizzate da evidenti alterazioni di mucosa (10). L'esame radiologico dell'intestino tenue (clisma del tenue, entero-TC, entero-RMN) rappresenta la metodica più importante per il riconoscimento di lesioni parietali, quali stenosi, ulcerazioni, fistole e diverticoli. Pertanto, anche se in taluni casi è spesso necessaria la conferma istologica, la radiologia è provvista di un'apprezzabile sensibilità diagnostica nei confronti del m. di Crohn, del linfoma e di altre neoplasie dell'intestino anche se non possiede valore nel caso di patologie che coinvolgano esclusivamente la mucosa. L'ecografia con doppler è in grado, in mani esperte, di rilevare alterazioni dello spessore delle anse intestinali e dei flussi ematici intraparietali (11). L'angiografia è in grado di porre diagnosi in caso di condizioni di malassorbimento conseguente ad ostruzione vascolare. La TC e la RMN assumono particolare importanza nello studio delle masse addominali, dei loro rapporti con le strutture limitrofe e per evidenziare eventuali alterazioni pancreatiche, epatiche e delle vie bilairi. L’esame batteriologico e parassitologico delle feci è indispensabile per evidenziare patologie infettive e parassitarie (elmintiasi, giardiasi, ecc.) (12). Il sondaggio batteriologico del succo intestinale è l'esame più idoneo per la diagnosi di contaminazione batterica dell'intestino tenue. Tuttavia, l'invasività e gli elevatissimi costi legati all'analisi microbiologica ne hanno reso improponibile l'uso routinario preferendo test meno invasivi e dispendiosi, anche se meno sensibili e specifici, come il breath test al glucosio (13).
Infine, si utilizzano alcuni test di enteropatia, volti ad indviduare un’abnorme reattività immunologica o un danno della mucosa intestinale, e utili per selezionare i soggetti “a rischio” di enteropatia ed avviarli ad ulteriori approfondimenti diagnostici. Tra questi, gli anticorpi anti-endomisio (EMA), antitransglutaminasi (tTG), lo “sugar test” per la valutazione della permeabilità intestinale, o il dosaggio della calprotectina fecale, marker di flogosi intestinale sub-clinica (14-15).
Terapia
La terapia della sindrome da malassorbimento risulta essere specifica per ogni patologia che la causa. Inoltre, in condizioni di stato nutrizionale marcatamente compromesso e quadro carenziale significativo, il supporto parenterale e l’integrazione di specifici nutrienti può risultare fondamentale.
BIBLIOGRAFIA
1) Gasbarrini G, Corazza GR, Pretolani S: Malattie dell’intestino tenue. In: Teodori U (Ed): Trattato di medicina interna. Seu, 2000; 1257-1304.
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14) Biagi F, Ellis HJ, Yiannakou JY, et al: Tissue transglutaminase antibodies in celiac disease. Am J Gastroenterol 1999; 94: 2187-2192.
15) M.Montalto, G.Veneto, L.Cuoco, et al: La permeabilità intestinale. Rec Progr Med 1997; 88: 140-147.
Corrispondenza:
Dott. Massimo Montalto
Istituto di Medicina Interna e Geriatria
Policlinico Gemelli, Largo Gemelli 8, 00168 Roma
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