Stenosi della carotide sintomatica: CAS versus CEA

S. Minucci

 

Il 20-40% degli ictus cerebrali è legato alla presenza di lesioni ateromasiche a livello delle arterie carotidee extracraniche . Ampi studi randomizzati hanno dimostrato che la rimozione chirurgica dalla placca mediante endoarterectomia è superiore alla terapia medica antiaggregante nella prevenzione dell'ictus in caso di lesioni realizzanti una stenosi superiore al 60%, in pazienti con sintomi neurologici correlabili alla lesione, e superiore al 70-80%, in pazienti asintomatici.

Nel trattamento di stenosi carotidee extracraniche lo stenting dell'arteria carotidea (CAS: Carotid Artery Stenting) sta emergendo come alternativa all'endoarterectomia chirurgica (CEA: Carotid Endarterectomy).

Inizialmente il trattamento con stent era riservato a pazienti con stenosi carotidee significative che presentavano un aumentato rischio operatorio.

L'aumentato rischio chirurgico poteva essere dovuto:

·         all'occlusione della carotide controlaterale,

·         presenza di lesioni molto distali, difficilmente raggiungibili dal chirurgo,

·         presenza di anomalie anatomiche come il collo taurino,

·         presenza di comorbidità cardiache e/o polmonari gravi.

·         Stenosi post attinica

Da metà degli anni novanta assistiamo ad un radicale cambiamento delle indicazioni allo stenting carotideo. Dalle indicazioni inizialmente assai restrittive, si è passato ad un'applicazione elettiva per quasi tutti i pazienti con solo poche controindicazioni quali:

·         la presenza di trombo fresco flottante, 

·         lesioni critiche distali ed intracraniche,

·         placca con calcificazioni circonferenziali,

·         estese trombosi parietali dell’arco aortico all’emergenza dei vasi epiaortici,

 L'ampliamento delle indicazioni è dovuta ad una progressiva riduzione delle complicanze neurologiche periprocedurali che a sua volta è principalmente legata a due fattori. Il primo è la messa a punto della tecnica di stenting. Il secondo è l'utilizzo di sistemi di protezione cerebrale. Infatti, nei più recenti studi pubblicati, tutti con l'impiego routinario di protezione cerebrale, è stata riscontrata una bassa incidenza di stroke e morte, confrontabile con i migliori risultati riportati per il trattamento chirurgico.
In caso di lesioni molto severe (>90%) o calcifiche che possono far prevedere un difficile passaggio o una difficile espansione dello stent si effettua una predilatazione con palloncini coronarici di diametro di 3.5-4.0 mm. Si utilizzano in genere stent di diametro tra 6 e 9 mm prendendo come riferimento il diametro dell'arteria carotide comune distale.

Si usano stent relativamente lunghi che permettono di coprire l'intera lesione. La lunghezza degli stent varia dai 30 ai 40 mm e, al contrario di quanto dimostrato per lo stenting coronarico, non ci sono dati che indicano una relazione tra lunghezza dello stent e ristenosi. Lo stent è posizionato meno distalmente possibile, pur garantendo copertura dell'intera stenosi. Nella maggioranza dei casi lo stent è posizionato coprendo la biforcazione con l'origine della carotide esterna. Sono rarissimi i casi descritti d'occlusione della carotide esterna.

Lo stent più utilizzato in arteria carotide è il Carotid Wallstent (Boston). Questo stent definito come "mesh-wire" stent è oggi disponibile con un profilo molto contenuto (5.5 French), con uno shaft flessibile e rapid-exchange, che permette l'uso di guide corte. La possibilità di richiudere uno stent rilasciato a metà permette un esatto posizionamento dell'estremità distale dello stent. Più recentemente sono stati introdotti gli stent autoespandibili al Nitinol (Precise, Cordis; Acculink, Guidant; X-act, MedNova; ecc.) che sono caratterizzati da una maggiore forza radiale e una maggiore adattabilità a tortuosità del vaso e a differenze di calibro tra carotide interna e carotide comune. Gli stent al nitinol, a causa del disegno a corone connesse da brevi ponti, non permettono un riposizionamento dello stent una volta ritirata la guaina di rilascio. Alcuni stent di nitinol sono a forma conica e presentano un diametro minore nella porzione distale, da posizionare nella carotide interna, e un diametro maggiore nella porzione prossimale, da posizionare nella carotide comune. Al momento attuale non possiamo dire quale disegno e quale materiale di stent dia i risultati a lungo termine migliori, perché non esistono studi comparativi tra i diversi tipi di stent. Pertanto, la scelta dello stent più adeguato dipende dalla facilità di posizionamento con il minor rischio di complicanze acute.

Dopo l'impianto dello stent in quasi il 100% dei casi per ottenere un accettabile risultato agiografico, è necessaria una post-dilatazione dello stent con palloncino. Questa parte della procedura comporta un importante rischio d'embolizzazione di materiale, e con l'ecografia transcranica è stato rilevato il più elevato numero di segnali proprio durante la post-dilatazione. A causa del rischio d'embolizzazione raccomandiamo, nonostante l'impiego di sistemi di protezione, l'utilizzo di palloncini di diametro sottodimensionato rispetto al diametro del vaso e pressioni di gonfiaggio non superiori a 6-7 atmosfere, previa somministrazione endovenosa di atropina. Per ridurre il rischio d'embolizzazione si effettua un unico breve gonfiaggio. Nello stenting carotideo, a contrario di quello coronario, non c'è alcun bisogno di ottenere una stenosi residua vicina allo 0%. Risultati angiografici con presenza di stenosi residua fino al 40%, ottenuti senza correre un eccessivo rischio d'embolizzazione, garantiscono ottimi risultati clinici ed ecografici sia immediati che a distanza.
Prima dello stenting carotideo somministriamo aspirina 100-325 mg e ticlopidina (250 mg due volte al dì, iniziata almeno 3 giorni prima della procedura) o clopidogrel (75 mg al giorno se iniziato il giorno prima della procedura oppure 300 mg se somministrato immediatamente prima della procedura). Durante la procedura si somministra eparina 70-100 U / Kg mantenendo l'ACT tra 250 e 350 secondi. A fine procedura è consigliabile ripetere un ACT. In caso di valori > 250 secondi è consigliabile di neutralizzare l'eparina con solfato di portamina, per il possibile rischio d'emorragie intracraniche. Poco prima della post-dilatazione consigliamo somministrare in vena a tutti i pazienti 1 mg di atropina per prevenire o attenuare eventuali bradicardie.
Dopo la procedura si continua terapia con asprina a tempo indeterminato e ticlopidina o clopidogrel per almeno    3mesi.

Il CREST, con i suoi 2502 pazienti reclutati, è il più grande studio prospettico randomizzato di paragone tra la endoarteriectomia e lo stent carotideo. Dal trial risulta che nel periodo periprocedurale lo stenting provoca eventi maggiori quali ictus, infarto del miocardio, o morte nel 7.2% dei pazienti, mentre l’intervento diretto ne provoca 6.8%, con una differenza quindi statisticamente non significativa.

Comunque il rischio individuale varia. Sebbene gli stroke maggiori siano stati in meno dell’1% nei due gruppi, a 30 giorni la frequenza di ictus, è significativamente più alta per lo stent: 4. 1%, contro il 2.3% della chirurgia. L’infarto del miocardio è invece significativamente più alto negli interventi diretti (2.3%) che negli stent (1.1%). Va però considerato che i pazienti con infarto miocardico, una volta ripresisi, hanno goduto di una miglior qualità di vita rispetto a quelli con ictus.

Un un follow-up medio di 2.5 anni ha dimostrato che la frequenza di ictus ipsilaterali è uguale nei due gruppi  e pari al 2%,. Inoltre i pazienti più giovani hanno avuto un numero di eventi leggermente minore con lo stenting che con la chirurgia.

La chirurgia sembra essere il trattamento di scelta per i pazienti con stenosi carotidea sintomatica. Lo stent è sempre associato con un più alto rischio periprocedurale con una differenza che è ancora significativa a quattro anni. La dimostrazione della superiorità dell’intervento chirurgico sullo stenting nel breve periodo, è stato confermato da una recente meta-analisi riferito a 11 trial randomizzati e che non ha compreso il CREST.

Deve essere comunque considerato che nei centri ad alto volume di interventi di stenting carotideo dove i dati riguardanti gli eventi avversi periprocedurali sono simili alla chirurgia tradizionale, le indicazioni alla CAS sono attualmente maggiori e riguardano anche pazienti con stenosi della carotide maggiori del 60% con pregressi sintomi neurologici correlabili alla lesione sempre che siano preventivamente selezionati con studi di immaging appropriati ( angio TC multistrato) ed operati in suite endovascolari fornite di apparecchiature radiologiche ad alta definizione.

 

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Dott. Sergio Minucci

UOC Radiologia cardiovascolare ed Interventistica

Az. Osp. San Camillo-Forlanini, Roma