LA TERAPIA DELL’OSTEOPOROSI

 

Salvatore MINISOLA, Cristiana CIPRIANI, Romano DEL FIACCO, Jessica PEPE, Elisabetta ROMAGNOLI

 

Dipartimento di Scienze Cliniche

Università di Roma “Sapienza”

Via del Policlinico 155, 00161 Roma

 

 

Lo scopo della terapia dell’osteoporosi è soprattutto quello di ridurre il rischio di frattura. Ad oggi sono disponibili numerosi farmaci che, con meccanismi di azione diversi, hanno dimostrato di essere efficaci non soltanto nel determinare un aumento della massa ossea ma anche un miglioramento qualitativo del tessuto scheletrico. Diversi studi clinici internazionali, multicentrici, randomizzati, controllati e contro placebo hanno ormai documentato in maniera inequivocabile l’efficacia di quasi tutte le molecole disponibili in commercio nel ridurre il rischio di frattura dei maggiori siti scheletrici coinvolti nelle complicanze della malattia osteoporotica.

Tuttavia, presupposto fondamentale a qualunque terapia farmacologica è certamente quello di consigliare una modificazione degli stili di vita erronei, quali ad esempio l’abuso di alcool e di fumo, o la scarsa attività fisica. L’attività fisica, in particolare gli esercizi personalizzati, mirati al rinforzo muscolare e quelli di rieducazione mirati all’equilibrio e alla deambulazione, riduce, specie negli anziani, sia il rischio di caduta, sia i traumi ad essa correlati.

Tra i provvedimenti cosiddetti non farmacologici, un’adeguata supplementazione con sali di calcio e vitamina D risulta di fondamentale importanza. Peraltro, la supplementazione vitaminica è in grado di ottimizzare l’efficacia dei farmaci utilizzati per la terapia dell’osteoporosi e può inoltre contribuire ad un miglioramento della funzione muscolare e quindi ridurre il rischio di caduta e delle fratture conseguenti.

Le due forme comunemente disponibili di vitamina D sono il colecalciferolo (vitamina D3) e l’ergocalciferolo (vitamina D2). Alcuni studi suggeriscono che il colecalciferolo sia più efficace nell’aumentare i livelli di 25OHD sierici, rispetto all’ergocalciferolo. Normalmente è quindi preferibile la supplementazione con colecalciferolo. La dose consigliata di vitamina D è tra le 800 e le 1000 UI/die, ovviamente dopo aver ripristinato l’eventuale deficit di base. Attualmente, vengono considerati sufficienti valori di 25OHD >32 ng/ml (80 nmol/l). In Italia quasi tutti i prodotti per la supplementazione di calcio contengono anche vitamina D, comunemente colecalciferolo e permettono quindi una semplificazione dello schema di assunzione e un aumento dell’aderenza alla terapia.

 

Terapia farmacologica

Tra i farmaci inibitori del riassorbimento scheletrico certamente i bisfosfonati sono quelli considerati di prima scelta. Questi farmaci hanno l’indicazione per la terapia dell’osteoporosi, sia maschile che femminile, e per l’osteoporosi da glucocorticoidi.

L’alendronato e il risedronato sono i principi attivi più comunemente utilizzati, in base all’evidenza della loro efficacia antifratturativa sia vertebrale che femorale. L’ibandronato, grazie alla sua somministrazione mensile o endovenosa trimestrale, può essere una valida alternativa per migliorare l’aderenza alla terapia, anche se la sua efficacia nel ridurre il rischio di fratture non vertebrali è meno documentata. L’assorbimento orale dei bisfosfonati è assai modesto (0.5-5%). Questi farmaci tendono a legarsi con gli alimenti e per questo motivo ne è consigliata l’assunzione al mattino, a stomaco vuoto, come primo farmaco, con abbondante acqua (≥250 ml), mantenendo il digiuno per almeno 30-60 minuti. Gli effetti collaterali che più frequentemente si associano al trattamento con bisfosfonati per via orale sono quelli a carico dell’apparato gastrointestinale (reflusso, esofagite, ulcere esofagee), soprattutto in persone con reflusso gastro-esofageo o alterata motilità esofagea e che non seguono in maniera corretta le indicazioni sulla modalità di assunzione. Tuttavia, attualmente, l’incidenza di questi disturbi, con le formulazioni intermittenti (settimanale o mensile), è molto bassa. Più recentemente ha ottenuto l’indicazione per l’osteoporosi anche lo zoledronato, di cui è dimostrata l’efficacia antifratturativa a livello vertebrale, femorale e non vertebrale. Anche questo farmaco, che prevede un’unica somministrazione annuale, per via endovenosa, può essere una valida alternativa per migliorare l’aderenza, soprattutto in pazienti che abbiano controindicazioni all’utilizzo di bisfosfonati per via orale. L’utilizzo di questo farmaco, a dosaggi maggiori, è associato, nei pazienti neoplastici, ad un elevato rischio di osteonecrosi della mandibola (ONJ). Tuttavia, al momento attuale, non è perfettamente noto il reale rischio di ONJ nei pazienti trattati con lo zoledronato per l’osteoporosi; è stato stimato che il rischio di ONJ sia collocabile in una percentuale oscillante fra 1 su 10.000 e 1 su 100.000 pazienti-anno nei malati trattati con bisfosfonati orali per l'osteoporosi. Sintomi simil-influenzali sono, invece, frequentemente associati all’assunzione di bisfosfonati per via endovenosa e più raramente ai bisfosfonati a somministrazione mensile per via orale. I sintomi durano generalmente dalle 24 alle 72 ore, spesso associati a una reazione di fase acuta, e sono tipicamente rappresentati da mialgie e artralgie. Il trattamento con farmaci antipiretici migliora i sintomi in genere, e la loro ricorrenza diminuisce con le infusioni successive.

Tra i farmaci inibitori del riassorbimento scheletrico ricordiamo anche il raloxifene, appartenente al gruppo di farmaci definiti modulatori selettivi dei recettori per gli estrogeni (SERMs, selective estrogen-receptor modulators). Tale molecola esplica il suo effetto biologico attraverso il legame con recettori presenti in numerosi tessuti tra i quali il seno, l'apparato riproduttivo, l'osso, il fegato e il cervello. Tuttavia, tale farmaco ha dimostrato efficacia nel ridurre unicamente il rischio di fratture vertebrali, ma non di quelle non-vertebrali, comprese le fratture di femore; pertanto, attualmente, il suo impiego viene riservato ad una categoria molto ristretta di pazienti.

Il ranelato di stronzio, è un farmaco caratterizzato da un particolare meccanismo d’azione, in parte anabolico e in parte antiriassorbitivo. E’ indicato per la terapia dell’osteoporosi post-menopausale, non per quella da glucocorticoidi o maschile. Tale molecola ha un’efficacia riconosciuta nel ridurre il rischio di fratture sia vertebrali che nonvertebrali. I limiti del suo utilizzo sono legati alla possibile bassa aderenza alla terapia, per la sua somministrazione giornaliera, e la difficoltà nell’interpretare i valori della densitometria nel follow-up; infatti, la sovrastima della BMD, dovuta alla attenuazione dei raggi X da parte degli atomi di stronzio depositati a livello osseo, risulta difficilmente quantificabile. I più comuni effetti indesiderati sono la nausea e la diarrea, generalmente riferiti all’inizio del trattamento.

Nei casi più gravi di osteoporosi è indicato l’utilizzo di farmaci puramente anabolici, quali il paratormone (PTH 1-84) e il teriparatide (PTH 1-34). Questi farmaci, a differenza degli altri farmaci che agiscono inibendo il riassorbimento, stimolano la formazione di tessuto osseo e attivano il rimodellamento scheletrico. Inizialmente il PTH stimola la formazione di nuovo osso e in seguito stimola sia la formazione che il riassorbimento, mantenendo tuttavia il bilancio sempre a favore della formazione. L’apposizione di nuovo osso permette il ripristino della microarchitettura e cambiamenti nella geometria, fondamentali per la resistenza dell’osso. Il maggior effetto di questi farmaci si esplica a livello dell’osso trabecolare. La terapia con PTH 1-84 e 1-34, per almeno 18 mesi, riduce in maniera significativa il rischio di fratture vertebrali nelle donne in postmenopausa (anche nel maschio in terapia con PTH 1-34). Tuttavia, l’efficacia nel ridurre il rischio di fratture non vertebrali, per il momento, è stata dimostrata solo per il PTH 1-34.

In Italia la prescrizione di questi farmaci con il Sistema Sanitario Nazionale è regolata dalla nota 79 e limitata a categorie di pazienti particolarmente a rischio, quali quelli con pregressa frattura di femore e/o fratture vertebrali severe multiple (3 vertebrali o 2 vertebrali più frattura di femore) e nei soggetti che abbiano mostrato una risposta non adeguata alla terapia con bisfosfonati, quali quelli che incorrono in una nuova frattura vertebrale o femorale dopo almeno un anno di terapia con altri farmaci previsti dalla nota 79. Inoltre, il PTH 1-84 è prescrivibile unicamente nelle donne mentre il PTH 1-34 anche per l’osteoporosi maschile e per l’osteoporosi da corticosteroidi, qualora i pazienti presentino almeno 1 frattura vertebrale severa o 2 fratture vertebrali moderate e assumino da almeno 1 anno glucocorticoidi in terapia cronica ad un dosaggio non inferiore a 5 mg di prednisone o equivalenti. Al termine della terapia con uno di questi farmaci, è opportuno re-instaurare una terapia con un farmaco antiriassorbitivo, solitamente un bisfosfonato (ma anche raloxifene in caso di intolleranza ai bisfosfonati) per consolidare l’aumento di massa ossea ottenuto. Il PTH 1-34 e PTH 1-84 vanno somministrati mediante iniezione giornaliera sottocutanea nella regione addominale, da eseguire sempre nella stessa fascia oraria. Essi sono solitamente ben tollerati. Gli effetti collaterali più comuni sono l’ipercalcemia e l’ipercalciuria. In questi casi si procede con una riduzione della supplementazione con calcio e vitamina D o eventualmente con una momentanea sospensione. In caso di persistenza dell’ipercalcemia si può consigliare la somministrazione di PTH a giorni alterni. Infine, il paratormone e il teriparatide possono essere prescritti unicamente in centri di riferimento, prevedono la compilazione di un piano terapeutico e, attualmente, il loro utilizzo è limitato a 18 mesi.

 

BIBLIOGRAFIA

 

1.      ASBMR's Primer on the Metabolic Bone Diseases and Disorders of Mineral Metabolism, 7th Edition, 2008.

2.      National Osteoporosis Foundation. Clinician’s guide to prevention and treatment of osteoporosis, 2008.

3.      Linee guida per la diagnosi, prevenzione e terapia dell’osteoporosi. Società Italiana dell’Osteoporosi, del Metabolismo Minerale e delle Malattie dello Scheletro (SIOMMMS). EDIMES, 2009