VITAMINA D E INVECCHIAMENTO: EFFETTI PLEIOTROPICI EXTRASCHELETRICI

N. Gueli *, W. Verrusio *, A. Linguanti *, A. Martinez *, G. Longo *, V. Marigliano *

Dipartimento di Scienze dell’Invecchiamento, Università “La Sapienza”, Roma

 

 

Parole chiave vitamina D, effetti pleiotropici, trattamento

Keywords vitamin D, pleiotropic effects,  therapy

 

Le vitamine  sono micronutrienti che agiscono come catalizzatori biologici ed il cui apporto deficitario provoca una sindrome carenziale. La Vitamina  D fu identificata nel 1919 come agente anti-rachitico e fu quindi largamente  impiegata per curare bambini e adulti; è in realtà un pre-ormone che agisce attraverso  metaboliti attivi1 di cui il principale è 1,25(OH)2D o 1,25 diidrossicolecalciferolo o calcitriolo; questo si lega a recettori specifici, i vitamin D receptors (VDR), che  si comportano come fattori nucleari di trascrizione. L’attività biologica deriva dall’attivazione di circa 60 geni; negli osteoblasti  l’attività di controllo sul collagene tipo I, sulla fosfatasi alcalina, sull’osteocalcina, sul RANKL  contribuisce a determinare i livelli di calcio e fosfato nel sangue. Nei tessuti extrascheletrici  è dimostrata la presenza di recettori  sui macrofagi e sulle cellule prostatiche.

Le funzioni principali1 di questa vitamina sono:

L’esposizione alla luce solare è il principale fattore che determina i livelli di 25OH D in una popolazione, mentre la supplementazione con il cibo ottiene effetti minori.

La maggior parte di 1,25(OH)2D2 circolante proviene dall’idrossilazione di 25OH D da parte dei reni, è presente inoltre una sintesi locale prodotta da vari tessuti la cui fisiologia è poco conosciuta e rappresenta attualmente un importante argomento di studi per determinare correttamente le varie funzioni della vitamina D.

La sola secrezione endocrina infatti non è sufficiente a spiegarne  l’attività biologica, mentre la sintesi locale ci da ragione dell’attività esercitata sulle cellule stesse che la producono (attività autocrina) e su quelle strettamente vicine (attività paracrina), sia la conversione  nella cellula di un ormone debolmente attivo in un secondo ormone più attivo  (attività intracrina)1. Tab.1

Numerose evidenze suggeriscono i meccanismi con cui il Calcitriolo esercita i diversi effetti extrascheletrici:

L’ipovitaminosi generalmente è causata da insufficiente esposizione alla luce del sole e/o da scarso apporto alimentare. Determina rachitismo nel bambino ed osteomalacia nell’adulto, malattie presenti anche ai tropici quando i lattanti vengono fasciati e le donne, i bambini e gli anziani sono confinati a casa. Tab.2

Studi ecologici ed osservazionali hanno evidenziato che il tasso di mortalità per malattie croniche è tanto più grande quanto è maggiore la distanza dall’equatore delle popolazioni studiate e che la sopravvivenza dei soggetti con malattie cardiovascolari o neoplastiche (polmone, mammella, colon) risulta più elevata quando la diagnosi è formulata nei mesi estivi rispetto ad altri periodi stagionali4;  è  ipotizzabile quindi un nesso di causalità tra le variazioni della sintesi di vitamina D e la mortalità per patologia cronica. A tal proposito, una metanalisi condotta dai ricercatori dell’International Agency for Research on Cancer (IARC) di Lione e dell’Istituto Europeo Oncologico (IEO) di Milano ha preso in considerazione 18 studi randomizzati e controllati, che avevano valutato l’impatto della supplementazione con vit.D sulla mortalità per ogni causa di 57.311 soggetti; gli individui randomizzati per la supplemetazione con vit. D mostravano una riduzione di mortalità del 7% significativa per ogni causa, che non subiva variazioni quando veniva associato il calcio5

Effetti sull’apparato cardiovascolare

Lo scompenso cardiaco congestizio e i livelli ematici dei fattori infiammatori (Proteina C Reattiva, interleukina 10) sono associati al deficit di vitamina D6.  

Infatti i dati epidemiologici mostrano come la mortalità per malattie cardiovascolari sia associata a fattori ambientali come la latitudine, l’altitudine, la stagione, il risiedere in città o in campagna; poiché tali fattori influenzano la durata dell’esposizione ai raggi ultravioletti e quindi la sintesi della vitamina D, si ipotizza un ruolo di tale vitamina nel ridurre i marcatori di rischio cardiovascolare, quali tassi ematici elevati di fibrinogeno, di PAI 1, di omocisteina, di dimetilarginina asimmetrica, di Proteina C Reattiva (PCR), di Peptide Natriuretico di tipo B (BNP)7.  

Un altro studio indica un effetto protettivo della vitamina D sulla morte improvvisa cardiaca.

 Tale fenomeno sarebbe la conseguenza della regolazione dell’omeostasi del calcio che influenza la contrattilità cardiaca, per cui attraverso questo meccanismo un deficit vitaminico causerebbe disfunzioni miocardiche e insufficienza cardiaca8.

E’ stato ipotizzato anche un ruolo nella regolazione della pressione arteriosa: infatti bassi livelli  di 25(OH)D  si associano ad aumento del rischio di ipertensione, mentre livelli normali  insieme ad una corretta esposizione  a radiazioni UVB  sembrano favorire una riduzione della pressione arteriosa9.

Effetti antitumorali

Studi epidemiologici indicano che livelli di 25OHD inferiori a 20 ng/ml, che si riscontrano frequentemente in popolazioni che abitano alle più basse latitudini, si associano ad un aumento dal 30 al 50% del rischio di sviluppare un tumore maligno10.

Uno studio11 condotto su 304 partecipanti al Nurses’ Health Study (NHS) a al  Health Professionals Follow-Up Study (HPFS) ha mostrato un legame fra livelli prediagnosi di 25(OH)D e mortalità per cancro del colon-retto: infatti i soggetti con i livelli più alti di  25(OH)D presentavano una riduzione significativa della mortalità. Anche per i tumori della prostata e della mammella la vit. D gioca un ruolo importante; infatti 1,25(OH)2D  inibisce la proliferazione cellulare, induce differenziazione e apoptosi, arresta l’angiogenesi  e nel ratto lo sviluppo di tumori indotti da dieta ad alto contenuto di grassi12.

In un recente studio si ipotizza che lo sviluppo di alcuni tumori sia dovuto ad  alterazioni nell’espressione del recettore della vitamina D  (VDR) e delle idrossilasi (25, 1α, 24) indispensabili per la sintesi e il catabolismo del calcitriolo (1,25(OH)2D3). Questo infatti agisce come antiproliferativo determinando l’arresto del ciclo cellulare in G0/G1, la differenziazione e l’apoptosi,  la modulazione delle vie di segnalazione intracellulare, l’inibizione dell’angiogenesi tumorale, il potenziamento degli effetti antitumorali degli analoghi del platino e dei taxani13.

Nelle cellule tumorali, poi, viene iperespresso l’enzima CYP24A1 (24-hydroxylase), che catabolizza la vit. D e rappresenta un possibile bersaglio terapeutico.

Sulla base dei dati laboratoristici, sono stati condotti studi preclinici su animali e si sono ottenuti effetti antitumorali, somministrando la vitamina D con schemi ad alto dosaggio intermittente.

Tali risultati  rendono credibile l’ipotesi che i metaboliti della vitamina D possano svolgere un ruolo nella prevenzione e terapia del cancro.

E’ noto che il calcitriolo (1,25(OH)2D3) manifesta un’attività anti-tumorale su  cellule di neoplasia mammaria, colorettale, gastrica, epatica, ovarica, prostatica e cutanea non-melanoma. E’ efficace nel ridurre la capacità di formare metastasi mediante la regolazione del sistema attivatore del plasminogeno (PA) e degli enzimi proteolitici denominati metallo proteinasi della matrice (MMPs). Il suo impiego terapeutico è però limitato dal rischio di causare ipercalcemia. E’ in sperimentazione un analogo della vitamina D (Deuterated Gemini DG), che agisce come modulatore selettivo del recettore VMD (SVDRM) : esso ha fornito risultati promettenti nel tumore del colon-retto e non ha determinato alterazioni della calcemia.

Effetti neurologici

Uno studio osservazionale su 1282 soggetti, di età compresa tra 65 e 95 anni, affetti da Disturbi Depressivi, con livelli sierici  bassi di vitamina D (25OH) e  elevati di PTH (paratormone), ha mostrato  che negli anziani un supplemento di vit. D migliora i disturbi dell'umore. Questa osservazione apre il campo ad applicazioni terapeutiche della vitamina D nei disturbi depressivi iniziali  della popolazione anziana, particolarmente quella che vive  nei Paesi del nord, dove scarseggia la luce solare;  è opportuno consigliare una dieta ricca di vitamina D o arricchita e una maggiore esposizione alla luce solare14.

Considerando che il 55%  dei  malati di morbo di Parkinson presentano un livello insufficiente  di vitamina D rispetto al  36%  dei soggetti sani e che tale malattia colpisce le cellule nervose di distretti dopaminergici  (la  substantia nigra) che  presentano un elevato livello di recettori per la vit. D, Evatt M. et al. hanno ipotizzato che  la vitamina  D possa giocare un ruolo importante nel normale funzionamento di queste cellule. Al momento però non è stata dimostrata una connessione fra vitamina D e morbo di  Parkinson15.

Effetti muscolari e prevenzione delle fratture

In Australia è stato condotto uno studio multicentrico su 625 soggetti residenti in pensionati e case famiglia dell’età media di 83.4 anni, per determinare se la supplementazione di  vitamina D  potesse ridurre l’incidenza di cadute a terra e di fratture.

Lo studio ha confermato tale ipotesi dopo l’ assunzione per due anni di vitamina D anche nei pazienti che non ne erano inizialmente carenti16.

Le ultime linee guida della National Osteoporosis Foundation raccomandano una somministrazione prolungata della vitamina D  ad un dosaggio ottimale di 800 IU/die, per ottenere nei pazienti anziani una riduzione del rischio di fratture dell’anca e non vertebrali; somministrazioni di  400 IU/die risultano inefficaci. La spiegazione di questi risultati è da ricercare sia nell’ aumento della massa ossea e del tono muscolare,  sia nella riduzione  del  22% del rischio di cadute17.

Effetti immunomodulatori

Agli inizi del 20^ secolo fu sperimentata l’elioterapia, cioè la prolungata esposizione alla luce solare, per curare la tubercolosi, malattia infettiva allora molto diffusa. Oggi noi sappiamo che questo effetto microbicida è dovuto all’aumento di attività della cathelicidina (CAMP), un peptide prodotto dai globuli bianchi del sangue,  la cui sintesi viene stimolata dalla vitamina D, mediante un’azione sul gene del TLR (Toll-Like Receptor). La CAMP è parte del sistema immunitario innato, deputato a fornire una risposta di prima linea al tentativo di penetrazione da parte di microrganismi quali virus, batteri, funghi e parassiti. Nell’uomo si conosce una sola forma  hCAP-18 (LL-37), che aumenta l’attività microbicida nei vacuoli e agisce come chemoattrattore per neutrofili e monociti. A loro volta gli antigeni dei patogeni interagiscono con i macrofagi aumentando l’espressione dei geni per il recettore della Vitamina D e dell’enzima 1-idrossilasi. Si ritiene che la somministrazione di ergocalciferolo (vitamina D2) e di  colecalciferolo (vitamina D3) in soggetti con patologie respiratorie croniche possa ridurre le riacutizzazioni delle malattie18.

Nel1981  R. Edgar Hope-Simpson ipotizzò che la spiccata stagionalità dell’influenza epidemica  fosse causata da uno “stimolo stagionale”, che sembra consistere nella variazione di intensità delle radiazioni solari nei vari periodi dell’anno; questa infatti si correla con la sintesi di vitamina D, che presenta livelli ematici più bassi nei mesi invernali, quando l’infezione virale raggiunge la massima diffusione e maggiore è la risposta immunitaria dell’organismo.

La spiegazione dello “stimolo stagionale” consiste nell’azione immunomodulatrice della 1,25(OH)2D, che impedisce un’eccessiva produzione di citochine infiammatorie ed aumenta l‘oxidative burst’ dei macrofagi; l’effetto più importante è la stimolazione di granulociti neutrofili, monociti, cellule natural killer e epiteli del tratto respiratorio a produrre peptidi con potente azione antimicrobica. Per tali motivi sia la radiazione ultravioletta che l’olio di fegato di merluzzo, aumentando i livelli di vitamina D, riducono l’incidenza di infezioni respiratorie19.

 Il recettore della vitamina D (VDR) è presente nelle cellule del sistema immunitario e allo stesso tempo le cellule dendritiche attivate producono l’ormone della vitamina D che ha proprietà immunomodulanti: sulle antigen-presenting cells 1,25(OH)2D3  inibisce l’espressione sulla superficie di antigeni complessati con MHC II  e di molecule co-stimolatrici come IL-12 e orienta i linfociti T  dal fenotipo Th1 verso il  Th220-21.

Per tale motivo il D-ormone porta ad una  deregolazione della autoimmunità Th1 mediata. Bassi Livelli sierici di vitamina D3 si correlano con una maggiore prevalenza di malattie autoimmuni , come l’artrite reumatoide (AR), alle Latitudini più alte.

I livelli plasmatici di 25 (OH) D3 sono inversamente correlati con l’attività dell’ AR che si manifesta in modo più grave in inverno. Una maggiore assunzione di vitamina D è stata associata ad un minor rischio di AR e ad un significativo miglioramento clinico .22

Sono in corso studi sperimentali per chiarire gli effetti terapeutici  locali in numerose patologie di tipo infiammatorio, immunologico, infettivo e neoplastico23.

 

Bibliografia

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METABOLISMO DEL CALCIO : RAFFORZA SCHELETRO E MUSCOLI

INFEZIONI : RISPOSTA IMMUNITARIA IN INFLUENZA E TUBERCOLOSI

CARDIOVASCOLARI : CURA  ATEROSCLEROSI, IPERTENSIONE,  SCOMPENSO CARDIACO

ANTITUMORALI : PREVIENE  K. MAMMELLA, COLON, PROSTATA E NE  CONTRASTA LA METASTATIZZAZIONE

NEUROLOGICI : MIGLIORA  DEPRESSIONE E  SCHIZOFRENIA

MUSCOLARI : RIDUCE IL RISCHIO DI CADUTE A TERRA

IMMUNOMODULATORI : PREVIENE MALATTIE AUTOIMMUNI  (SCLEROSI MULTIPLA E DIABETE TIPO 1)

Tabella 1. Principali effetti biologici della vitamina D

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Ø      assottigliamento cutaneo

Ø      ridotta capacità di sintesi cutanea della vitamina D

Ø      ridotta esposizione alla luce solare

Ø      minore assunzione alimentare di vitamina D

Ø      diminuzione del suo assorbimento intestinale

Ø      obesità

Tabella 2 Fattori di rischio di ipovitaminosi D nell’anziano