Il ruolo della genetica nella valutazione dei rischi nel carcinoma della mammella
Prof. Paola Grammatico
Il carcinoma mammario colpisce 1 donna su 8 nell'arco della vita. È il tumore più frequente nel sesso femminile e rappresenta il 29 per cento di tutti i tumori che colpiscono le donne. È la prima causa di mortalità per tumore nel sesso femminile, con un tasso di mortalità del 16 per cento di tutti i decessi per causa oncologica. In Italia, dei circa 40.000 nuovi casi che si registrano ogni anno, 8.000 (20%) colpiscono donne di età inferiore ai 50 anni, 20.000 (50%) in età compresa fra i 50 e i 70 anni e 12.000 (30%) in età superiore.
La maggior parte dei carcinomi della mammella e dell’ovaio sono di tipo sporadico, cioè sono causati da mutazioni acquisite casualmente durante il corso della vita, che non vengono trasmesse alla progenie, mentre una parte non trascurabile (10%) è di tipo ereditario: è infatti noto che il rischio di sviluppare un carcinoma mammario, nei familiari di primo grado delle donne affette, è circa doppio rispetto a quello presente nei soggetti senza familiari colpiti dal tumore. Negli anni novanta sono stati identificati due geni onco-soppressori localizzati rispettivamente sul cromosoma 17 e sul cromosoma 13 (BRCA1 e BRCA2), le cui mutazioni germinali sono responsabili di circa il 14% dei tumori alla mammella ed il 10% dei tumori ovarici. Le mutazioni vengono trasmesse con modello autosomico dominante, al 50% dei figli, indipendentemente dal sesso e possono predisporre all’insorgenza non solo di tumori della mammella sia nelle femmine che nei maschi, ma anche dell’ovaio. E' importante sottolineare che questi soggetti non ereditano il tumore, ma la predisposizione a svilupparlo, seppur con un rischio notevolmente maggiore rispetto a quello della popolazione generale. Le donne portatrici di una mutazione nei geni BRCA1 o BRCA2 sviluppano nel corso dell’esistenza un carcinoma mammario nel 50-80% dei casi ed una neoplasia ovarica nel 20-40% dei casi, se portatrici di una mutazione in BRCA1, o nel 10-20% dei casi se portatrici di una mutazione di BRCA2. I carcinomi familiari, legati a mutazioni dei geni BRCA1 e BRCA2, tendono a manifestarsi ad una età più giovanile rispetto ai casi sporadici, sono frequenti le neoplasie mammarie bilaterali, sincrone o metacrone, e le stesse pazienti possono presentare contemporaneamente sia tumori mammari che tumori ovarici.
L’American Society of Clinical Oncology ha individuato alcuni criteri necessari per porre il sospetto di ereditarietà del carcinoma mammario all’interno di una famiglia:
· Presenza, in una famiglia (tre generazioni), di più di due casi di neoplasia mammaria ed uno o più casi di tumore dell’ovaio, diagnosticati a qualsiasi età.
· Presenza, in una famiglia, di più di tre casi di carcinoma mammario diagnosticati prima dei 50 anni.
· Presenza, in una famiglia, di una coppia di sorelle che abbiano manifestato prima dei 50 anni: a) entrambe una neoplasia mammaria; b) entrambe una neoplasia ovarica; c) una sorella una neoplasia mammaria e l’altra una neoplasia ovarica.
Il test genetico che oggi viene offerto alle persone che rispondono a questi criteri, si basa sulla ricerca di mutazioni puntiformi e grossi riarrangiamenti genomici, mediante sequenziamento diretto ed MLPA (multiplex ligation probe amplification), nei due geni BRCA1 e/o BRCA2.
La negatività del test genetico non esclude completamente la possibilità che la paziente affetta da una neoplasia mammaria presenti una forma ereditaria, in considerazione del fatto che esiste un 25% di casi di carcinomi mammari familiari legati a geni non ancora identificati. Di fronte ad un test genetico negativo, in ogni caso, si può evitare di sottoporre all’esame stesso i familiari. La positività del test genetico impone invece la necessità di sottoporre all’indagine anche i familiari, al fine di poter poi instaurare un programma di sorveglianza adeguato alla individuazione precoce delle eventuali lesioni neoplastiche.
Le metodiche tradizionali di sequenziamento del DNA ad oggi utilizzate nella pratica diagnostica sono di primaria importanza per l'identificazione delle persone a rischio neoplastico e l'avviamento di follow-up mirati ma mostrano dei limiti legati principalmente alle procedure di laboratorio, che le rendono una pratica con tempistiche lunghe e costi notevoli.
Ad oggi, la messa a punto di metodiche di sequenziamento di nuove generazione (NGS) per l'analisi degli acidi nucleici permette di superare questi limiti. I progressi dimostrati dalle tecnologie di NGS dal 2006 ad oggi sono ampiamente documentati in letteratura ed hanno portato ad una vera e propria ondata di pubblicazioni scientifiche negli ultimi cinque anni. I principali benefici introdotti dalle nuove tecnologie sono da evidenziare principalmente in queste aree: (i) incremento della produttività di sequenza pari a un fattore 106 rispetto al metodo tradizionale su elettroforesi capillare; (ii) riduzione dei costi unitari di sequenza (euro/base) di un fattore 10-5; (iii) possibilità di effettuare indagini di sequenza ad alta profondità (deepsequencing) grazie alla natura digitale del sistema, per ricercare varianti somatiche in percentuali fino all1%; (iv) possibilità di utilizzo per saggi quantitativi come analisi di trascrittoma, microRNA, trisomie etc.
Presso la U.O.C. Laboratorio di Genetica Medica, Sapienza Università di Roma, Azienda Ospedale San Camillo-Forlanini, è stato acquisito un strumento Ion Torrent PGM (Life Technologies) , un sequenziatore degli acidi nucleici che si basa sul rilevamento degli ioni idrogeno rilasciati durante la polimerizzazione del DNA. Questa tecnologia si differenzia dalle altre tecnologie di NGS dal momento che non prevede l’utilizzo né di nucleotidi modificati né di sistemi ottici. I vantaggi principali sono la velocità di sequenziamento e bassi costi di gestione. La tecnologia di sequenziamento Ion Torrent PGM rappresenta uno strumento che permette un’analisi rapida ed economica degli acidi nucleici ed in particolare, per quanto riguarda la diagnostica molecolare di routine del tumore alla mammella/ovaio, sarà possibile sequenziare più di cinque pazienti per entrambi i geni BRCA1 e BRCA2 in un unico esperimento. L’utilizzo di questa metodica apre inoltre nuove strade investigative precedentemente non praticabili sia per motivi tecnici che economici. L’applicazione della tecnologia NGS promuove infatti lo sviluppo di progetti di ricerca innovativi sia per lo studio delle patologie genetiche che per l’identificazione di nuovi geni-malattia.
La tecnologia NGS ha introdotto negli ultimi anni una serie di nuove possibilità sperimentali per lo studio di condizioni geneticamente determinate con eziologia non nota.
L'approccio più innovativo di applicazione nel campo della genetica è rappresentato dal sequenziamento dell’esoma, ovvero la parte codificante del genoma, costituito da tutti gli esoni ad oggi noti per il genoma umano. Questa strategia consente di ridurre i costi degli esperimenti e allo stesso tempo riduce sostanzialmente la complessità di analisi dei dati, in quanto l’interpretazione delle varianti identificate rappresenta ancora oggi la parte più ardua dell'analisi, soprattutto per quanto riguarda le regioni non codificanti. Inoltre la grande maggioranza delle mutazioni identificate ad oggi nelle malattie genetiche umane mappano nelle regioni di codificazione dei geni. Il sequenziamento dell’esoma è stato largamente applicato per l’identificazione di nuovi geni malattia, specialmente nel caso di patologie rare, per le quali gli approcci tradizionali di mappatura posizionale restano spesso senza successo. In ogni individuo il sequenziamento dell’esoma identifica circa 20-25.000 varianti a singolo nucleotide, di cui oltre il 95% sono già note come polimorfismi. Di conseguenza per l'analisi dei dati è fondamentale una ben definita strategia sperimentale. La maggior parte delle varianti sono solitamente rimosse dopo un confronto con i più noti database varianti (es. dbSNP e Progetto 1000 Genomi). Tuttavia questo tipo di filtro deve essere usato con cautela, dal momento che dbSNP contiene una piccola ma apprezzabile numero di alleli patogeni. Per quanto riguarda i casi familiari altre strategie di filtro per restringere il numero di geni candidati includono il sequenziamento parallelo del paziente e dei parenti affetti e non affetti. Questo tipo di analisi di segregazione sarà dirimente e ridurrà notevolmente il numero dei candidati, soprattutto sono disponibili parenti molto distanti nella genealogia (condividono il minor numero di varianti). Nei casi sporadici invece, sia la possibilità di varianti dominanti de novo, che l'ipotesi di ereditarietà recessiva possono essere facilmente testate analizzando trios paziente/genitori. La disponibilità dei dati degli esomi parentali consentirà una genotipizzazione più accurata, anche se la possibilità di penetranza incompleta deve essere sempre considerata. Un ulteriore approccio consiste infine nel selezionare più individui affetti appartenenti a genealogie diverse per cercare varianti in geni comuni. Tutto quanto esposto contribuirà alla identificazione di nuovi geni responsabili della suscettibilità al carcinoma della mammella e quindi ad una migliore caratterizzazione molecolare dei soggetti negativi alle mutazioni BRCA1/2 e alla definizione dei rischi di ricorrenza.