Sostanze Bioattive nella Dieta Mediterranea
A. M. Giusti
I risultati di numerosi studi epidemiologici e clinici hanno chiaramente indicato che nelle popolazioni del bacino del Mediterraneo, che si cibano in prevalenza di pasta, pesce, prodotti ortofrutticoli e che utilizzano l’olio d’oliva come grasso da condimento, la percentuale di mortalità per cardiopatia ischemica è molto più bassa rispetto ai soggetti che vivono in Paesi come la Finlandia, dove il regime alimentare quotidiano include l’assunzione di molti grassi saturi (burro, strutto, latte, carne rossa).
L’aderenza alla dieta mediterranea garantisce un elevato consumo di frutta e verdura e recenti studi epidemiologici e di meta-analisi hanno messo in evidenza che l’assunzione di almeno 3 porzioni al giorno di vegetali sia efficace nel ridurre il rischio di incidenza di patologie cardiovascolari, mentre il consumo di 7 porzioni di frutta e verdura ridurrebbe il rischio di incidenza di alcune delle patologie cronico-degenerative più frequenti nel mondo occidentale (diabete, obesità, patologie neurodegenerative, alcuni tumori) (1).
Gli studi condotti sia in vitro che in vivo hanno dimostrato che le proprietà salutistiche di frutta e verdura sono dovute non solo al contenuto di nutrienti essenziali, quali vitamine e sali minerali, ma anche ad altri composti “bioattivi” (non nutrienti). Tali composti denominati genericamente con il termine “phytochemicals” comprendono decine di migliaia di molecole appartenenti a svariate classi chimiche e famiglie botaniche anche molto distanti tra loro. Si tratta di metaboliti secondari che le piante producono in minore quantità rispetto ai metaboliti primari (essenziali per la crescita delle piante), tuttavia giocano un ruolo chiave nelle interazioni tra l’organismo vegetale e l’ambiente biotico e abiotico in cui esso vive. I metaboliti secondari, infatti, vengono sintetizzati come meccanismi di difesa contro alcuni predatori e per facilitare i processi riproduttivi. Funzionano anche come attrattori per gli insetti e come meccanismi di difesa nei confronti di stress abiotici (UV, temperatura, stress idrico, etc.). Molte di queste molecole sono responsabili delle qualità organolettiche degli alimenti, infatti conferiscono ai prodotti vegetali colori e aromi caratteristici, grazie ai quali è possibile classificare frutta e verdura in base alle diverse colorazioni, a loro volta indici della presenza di discrete quantità di uno e/o più composti bioattivi (colore blu per la presenza di antociani, colore arancio-rosso per la presenza di carotenoidi, etc).
Con il progredire delle conoscenze scientifiche è risultato sempre più chiaro il coinvolgimento dei “phytochemicals” in numerosi processi biochimici e fisiologici e il ruolo che possono esercitare come fattori protettivi della salute (2). I componenti bioattivi della dieta Mediterranea caratterizzati da diversa struttura chimica quali, polifenoli, carotenoidi, terpeni, glucosinolati, isotiocianati, hanno mostrato, in vari studi sperimentali, di esercitare un'azione preventiva verso le malattie cronico-degenerative grazie alla loro attività antiossidante che si esplica soprattutto nel contrastare i processi ossidativi a carico delle più importanti macromolecole biologiche (carboidrati, lipidi, proteine). In realtà queste molecole intervengono in numerosi altri processi cellulari e tessutali, per esempio, sono in grado di interagire e modulare sistemi multienzimatici, di inibire l’aggregazione piastrinica, di contrastare la carcinogenesi, di ridurre la formazione di molecole infiammatorie. I conseguenti effetti anti-aggreganti, anti-infiammatori e anti-ipertensivi sono ritenuti di grande importanza nella prevenzione dell’aterosclerosi. (2-3).
Tra i phytochmicals che hanno ricevuto maggiore interesse non solo da parte dei nutrizionisti, ma anche da parte delle industrie alimentari e farmaceutiche, troviamo i polifenoli. Sono composti ubiquitari e fondamentali nella fisiologia delle pianta contribuendo, come già accennato alla resistenza nei confronti di microrganismi e insetti, alla pigmentazione e alle caratteristiche organolettiche. Il termine polifenoli include parecchie classi di composti che vengono principalmente distinte in flavonoidi, acidi fenolici, stilbeni e lignani in funzione dell numero degli anelli fenolici, del numero e la posizione di gruppi idrossilici e degli elementi strutturali che legano tali anelli. (4). Modeste differenze di struttura generano grandi differenze nelle attività biologiche come agenti antiossidanti, agenti riducenti e chelanti di metalli di transizione, agenti antiinfiammatori, citotossici e agenti mutageni sia in vitro che in vivo.
I glucosinolati costituiscono un gruppo di sostanze bioattive che comprende oltre 130 differenti composti largamente distribuiti soprattutto nella famiglia delle Crocifere (presenti soprattutto nelle Brassicaceae: cavolfiori, cavoletti di Bruxells, broccoli). In questi ultimi anni tali sostanze hanno suscitato particolare interesse per la correlazione riscontrata fra consumo di Brassicacae e ridotto rischio di cancro (5-6). La protezione dalla carcinogenesi e dalla progressione dei tumori sembrerebbe correlata a una serie di prodotti di degradazione dei glucosinolati come isotiocianati, tiocianati o nitrili, per opera delle mirosinasi (tioglucosidasi) esogene. In particolare il meccanismo di azione chemioprotettivo degli isotiocianati si esplica da una parte, attraverso una induzione della fase II degli enzimi di detossificazione, quali glutatione sulfo-trasferasi, NADPH reduttasi, glucoriniltrasferasi, dall’altra, attraverso una inibizione degli enzimi di fase I che attivano la carcinogenesi (6).
Nel mondo vegetale sono stati identificati circa 600 tipi di carotenoidi che vengono normalmente suddivisi in due classi: i caroteni (idrocarburi privi di ossigeno) e le xantofille (che contengono ossigeno), appartengono a quest’ultima classe importanti pigmenti come la luteina e la zeaxantina. Alla classe dei caroteni appartengono il b-carotene, l’a-carotene la criptioxantina e il licopene. I carotenoidi possiedono molte proprietà fisiologiche, e hanno importanti effetti sia nelle piante che in altri organismi, come quello umano. A causa della loro particolare struttura molecolare, sono capaci di neutralizzare molte specie reattive dell’ossigeno radicaliche e non radicaliche come l’ossigeno singoletto e giocano in questo senso un ruolo importante nel sistema di difesa delle cellule epiteliali dai danni prodotti dai raggi UV. Recentemente l’attenzione scientifica si è soffermata sul licopene, un carotenoide estratto dal mesocarpo di pomodoro, che si è rivelato capace di proteggere le cellule dall’invecchiamento e dal danno degenerativo prodotto dai radicali liberi, in maniera estremamente più efficace rispetto agli altri caroteni. In particolare, diversi studi hanno messo in evidenza che il licopene è in grado di inibire i processi di cancerogenesi della prostata, dell’utero e dell’apparato gastrointestinale (7). Inoltre, l’azione antiossidante del licopene si è rivelata utile nella prevenzione del danno cardiovascolare, contrastando l’ossidazione delle LDL circolanti responsabili delle innesco delle fasi precoci della formazione della placca ateromatosa. (8)
La composizione qualitativa e quantitativa dei composti bioattivi nei vegetali risulta fortemente influenzata da numerosi fattori di pre e post raccolta, quali: il genotipo, l’epoca di raccolta (grado di maturazione), le condizioni climatiche (temperatura, umidità, intensità luminosa), le pratiche colturali (frequenza delle irrigazioni, tecniche di innesto), le modalità di conservazione (temperatura, umidità relativa, composizione dell’atmosfera di conservazione), le modalità di lavorazione dei prodotti (IV gamma, etc.).
A partire da un idoneo genotipo (caratterizzato, cioè, da un elevato contenuto di composti bioattivi), molti dei suddetti fattori possono essere convenientemente utilizzati in fase di coltivazione con lo scopo di incrementare la quantità di phytochemicals nelle piante. Inoltre, è stato evidenziato che diversi tipi di stress (idrico, osmotico, presenza di molecole ad azione ormonale) causano notevoli cambiamenti nel metabolismo secondario delle piante, che scaturiscono in un’aumentata produzione di numerose molecole antiossidanti, atte alla difesa.
Va poi considerato che generalmente molti vegetali vengono cucinati prima del loro consumo, ed è noto che la cottura può indurre significativi cambiamenti nella composizione chimica, influenzando la concentrazione e la biodisponibilità dei composti bioattivi nei vegetali.
La cottura provoca un importante effetto, come riportato dai lavori di letteratura più recenti, ovvero la capacità di aumentare la bioaccessibilità delle molecole antiossidanti, e la bioaccessibilità è un prerequisito importante per la biodisponibilità. Molti di questi composti, infatti, si trovano in strutture cellulari che nel vegetale crudo sono solo poco intaccate dal processo digestivo, per cui gli antiossidanti che si trovano all’interno non sono disponibili per l’organismo umano. Con la cottura le strutture cellulari si disgregano più facilmente, rendendo accessibili gli antiossidanti. Per esempio, il licopene è un carotenoide che si trova nelle cellule strettamente associato a proteine, il processo di cottura riesce ad indebolire questa interazione tanto che lo ritroviamo in maggior misura nel pomodoro cotto (salsa, sugo con olio) rispetto a quello crudo.
I polifenoli, per la loro struttura chimica, sono spesso abbastanza solubili in acqua e quindi possono essere persi nel mezzo di cottura. In particolare questo dipende dal tipo di cottura a cui vengono sottoposti i vegetali, come è stato messo in evidenza da alcuni lavori (9) effettuati su specie ortive (carote, broccoli, peperoni) sottoposte a tre diverse tipologie di trattamento al calore: bollitura, cottura a vapore e frittura. Tutti e tre i metodi provocavano un aumento della bioaccessibilità del vegetale (grazie all’intenerimento delle strutture fibrose), ma nella bollitura si verificava la perdita, nell’acqua di cottura, della componente solubile dei composti fenolici, mentre con la frittura, a causa delle elevate temperature raggiunte alla superficie del vegetale a contatto con l’olio, si verificava una maggiore degradazione delle molecole antiossidanti. La cottura a vapore si è dimostrata l’unico trattamento che garantiva una considerevole ritenzione di tutti i composti fenolici presenti nei vegetali oggetto dello studio. Si è osservato inoltre, che alcuni polifenoli venivano trasformati in altri composti spesso con maggiore attività antiossidante. D’altro canto si può verificare anche il caso che i trattamenti termici portino ad una considerevole degradazione delle molecole antiossidanti, come nel caso degli antociani che sono completamente persi durante i processi di pastorizzazione dei succhi di frutta a lunga conservazione.
Per l’importante ruolo che svolgono i phytochemicals sulla salute dell’organismo umano non è importante solo la concentrazione di questi negli alimenti ma anche la loro biodisponibilità. Ovvero la velocità e l’entità con la quale i composti bioattivi vengono assorbiti e successivamente trasportati nei siti attivi dove svolgeranno la loro azione.
Fattori intrinseci all’alimento e all’organismo umano possono influenzare la biodisponibilità. Tra le cause principali si possono individuare la forma chimica del composto di interesse, la complessità della matrice nella quale esso si trova, la struttura e la quantità di altri composti ingeriti contemporaneamente. Per quanto riguarda i fattori intrinseci all’individuo, grande importanza rivestono l’efficienza del processo digestivo, la composizione della microflora intestinale, l’assorbimento intestinale e il metabolismo post-assorbitivo durante il quale si possono formare degli analoghi con attività biologica diversa dai composti di partenza (10).
Per quanto riguarda i polifenoli, essi sono generalmente poco assorbiti, largamente metabolizzati e rapidamente eliminati (11). La complessità dei meccanismi che governano la biodisponibilità è evidenziata dai bassi livelli di polifenoli nel plasma che raramente superano 1 mmoli/L, rispetto ai 10-100 mg di ogni singolo composto assunto con la dieta (l’introduzione di phytochemicals totali con l’alimentazione si aggira intorno a 1g/die e oltre). Diversi studi hanno messo in evidenza che la struttura chimica dei composti bioattivi, più che la loro concentrazione determina la velocità e l’estensione dell’assorbimento e la natura dei metaboliti circolanti nel plasma (12). Inoltre, dall’interazione delle sostanze bioattive con altri componenti alimentari (per esempio zuccheri, proteine, grassi e fibra) dipende il loro assorbimento e il tempo di permanenza nel plasma.
Come è stato già accennato i phytochemicals durante e dopo l’assorbimento vengono metabolizzati ad opera degli enzimi della fase I e II della biotrasformazione, sia a livello intestinale che epatico, in queste sedi si possono formare metaboliti coniugati (composti glucorinati, solfati o metilati) con proprietà biologiche modificate rispetto alle molecole di partenza. Ovvero alcune di queste forme coniugate possono avere attività biologiche più elevate rispetto a quelle di origine. Data la bassa biodisponibilità dei phytochemicals, per mantenere elevati i livelli plasmatici di questi composti occorre seguire un regime alimentare che presupponga una introduzione giornaliera di almeno tre porzioni di frutta e verdura come diversi studi epidemiologici, già citati, hanno messo in evidenza (1).
In conclusione, la funzione protettiva delle molecole bioattive presenti del mondo vegetale può essere la chiave per comprendere come a dispetto dei cambiamenti dei consumi alimentari dagli anni 60 ad oggi, il profilo della salute dei Paesi che si affacciano sul bacino del Mediterraneo risulti ancora il più favorevole rispetto agli altri Paesi Occidentali.
Bibliografia
1) Sofi F, Abbate R, Gensini GF, Casini A, Accruing evidence on benefits of adherence to the Mediterranean diet on health: an updated systematic review and meta-analysis. Am J Clin Nutr, 2010; 92:1189-96
2) Penny M. Kris-Etherton, PhD, RD, Kari D. Hecker, MS, RD, Andrea Bonanome, MD, et al. Bioactive Compounds in Foods: their role in the prevention of cardiovascular disease and cancer. Am J, Med 2002, 113. 72S-88S
3) M.I. Covas, Olive oil and cadiovascular system. Pharmacol. Res., 2007; 55:175-186
4) Rice-Evans C, Miller NJ and Papanga G, Structure-antioxidant activity relationship of flavonoids and phenolic acids. Free Rad. Biol Med 1999; 20: 933-56.
5) Shapiro TA, Chemoprotective glucosinolates and isothiocyanates of broccoli sprouts: metabolism and excretion in human. Cancer Epid Biom Prev, 2001, 10:501-508
6) Johnson IT, Phytochemicals and cancer. PNAS, 2007, 67:207-215
7) Ilic D, Forbes KM and Hassed C, Lycopene for the prevention of prostate cancer. Cochrane Database Syst Rev., 2011, novembre 9
8) Ried K and Fakler P, Protective effect of licopene on serum cholesterol and blood pressure. Maturitas, 2011, 68:299-310.
9) Miglio C, Chiavaro E, Visconti A, FoglianoV, Pellegrini N, Effects of different cooking methods on nutritional and physiochemical characteristics of selected vegetables . J Agric, Food Chem, 2008, 56:139-147
10) Holst B and Williamson G, Nutrient and phytochemicals: from bioavailability to bioefficacy beyond antioxidants. Curr Opin Biotech., 2008, 19.73-82.
11) D’Archivio M, Filesi C, Di Benedetto R, Gargiulo R, Giovannini C and Masella R, Polyphenols dietary sources and bioavailability. Annali Ist Sup Sanità, 2007, 43: 348-361
12) Williamson G, The use of flavonoid aglycones in in vitro systems to test biological activities: based on bioavailability data is this a valid approach? Physiochem Rev, 2002, 1, 215-222.
PER LA CORRISPONDENZA: Anna Maria Giusti
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