La sanità penitenziaria prima della riforma

 

A. Fierro, S. Corbi, L. De Marchis Preite, S. Beccaria

 

La gestione della salute in carcere, fino alla data di applicazione del DPCM 1 aprile 2008, è stata affidata ai Direttori degli Istituti Penitenziari coadiuvati da medici con funzioni di direzione sanitaria alle loro dirette dipendenze con la conseguenza di un taglio organizzativo in cui gli aspetti della sicurezza sono stati nettamente prevalenti sui bisogni di salute. Il trasferimento delle funzioni sanitarie al S.S.N. ha determinato la necessità di un confronto tra le due Istituzioni con mission diverse e spesso divergenti e ha coinciso inoltre con una maggiore visibilità dei percorsi di cura prima sopraffatti dalle esigenze di sicurezza e trattamentali di stretta competenza dell’Amministrazione Penitenziaria

Nel regolamento degli Istituti di Prevenzione e Pena del 1931 viene introdotta per la prima volta la figura del medico all’interno di ogni struttura penitenziaria.

Con la legge 740 del 9 ottobre 1970 veniva istituito per la prima volta un rapporto di lavoro del personale sanitario negli Istituti di Pena. Tale personale aveva un contratto di lavoro di tipo autonomo, veniva gestito dai direttori dei singoli Istituti, non inquadrato nel contratto di lavoro della dipendenza dal Ministero di Giustizia con rinnovo biennale o automatico. Il personale sanitario era scelto da una commissione, formata dai direttori degli Istituti e da personale dipendente dell’Amministrazione della Giustizia che valutava i curricula dei medici e degli infermieri che chiedevano di lavorare in ambito penitenziario e successivamente verificava i requisiti sulla base di un colloquio con tutti coloro che venivano ritenuti idonei a svolgere l’attività sanitaria in carcere.

  Le strutture sanitarie degli Istituti Penitenziari fino al 30 Settembre 2008 sono state organizzate, con personale medico e infermieristico, secondo uno schema che prevedeva la figura di un dirigente sanitario con funzioni di coordinamento delle attività sanitarie interne all’Istituto, di Medici Incaricati assimilabili a quelli di Medicina Generale sul territorio, di medici di guardia che visitavano i “nuovi giunti” e coprivano le emergenze nell’arco delle 24 ore e di specialisti nelle varie discipline; tutti, fino ad allora, sottoposti all’autorità del direttore dell’istituto di pena.

Il medico dirigente e i medici incaricati prestavano la propria opera per tre ore al giorno e per sei giorni a settimana. Tranne rare eccezioni, tutte le figure professionali dedicate all’attività sanitaria hanno rapporti di lavoro non subordinato con l’Amministrazione Penitenziaria, governato ex legge 740/1970.

Nel rispetto di questo schema comune, ogni Istituto ha avuto, fino al recente passaggio, la più ampia libertà di organizzazione interna, a discrezione dei direttori d’istituto e a seconda delle disponibilità economiche fornite dal Ministero di Giustizia, dovendo tener conto solo di generiche linee guida ministeriali: ciò ha portato a differenze anche notevoli nei livelli di assistenza dei diversi istituti penitenziari, alcuni dei quali sono forniti di strutture sanitarie sufficientemente efficienti sul piano della diagnostica e della terapia, altri meno e, soprattutto, ha fatto sì che ogni istituto sia stato, dal punto di vista sanitario, un’isola di autonomia assoluta.

Questa parcellizzazione ha inoltre comportato una utilizzazione delle risorse scarsamente efficace, con aggravi economici non proporzionati al livello di assistenza: per esempio, il polo penitenziario di Rebibbia in un chilometro quadrato circa, comprende quattro Istituti di pena assolutamente autonomi, con quattro dirigenti sanitari e quattro organici sanitari diversi, ognuno completamente impermeabile rispetto agli altri e con strutture diagnostiche e terapeutiche autonome e non scambievolmente fruibili fino all’avvento della riforma.

La legge prevede la totale equiparazione della popolazione detenuta a quella generale nel rispetto dei LEA, garantiti costituzionalmente a tutti i cittadini. Detta equiparazione, quindi, tende ad assicurare ai detenuti le stesse prestazioni sanitarie di tutti i cittadini, negli stessi tempi e, possibilmente, con la stessa facilità di accesso.

Analisi delle attività sanitarie

I medici delle strutture penitenziarie svolgono molteplici attività in un ambiente in cui la tipologia dei detenuti (41 bis, collaboratori di giustizia, omosessuali, abusanti, tossicodipendenti, stranieri..) rende complessi e dispersivi i tempi e le modalità delle prestazioni.

Le figure professionali mediche hanno sempre ricoperto funzioni e svolto attività peculiari del servizio sanitario penitenziario non contemplate in altri ambienti sanitari.

La funzione del dirigente sanitario (scelto tra i medici incaricati) è stata indirizzata prevalentemente alla coordinazione delle attività sanitarie e gestionali interne ad ogni singolo istituto; in particolare alla garanzia, nelle tre ore di attività istituzionali, della continuità assistenziale, del controllo dell’attività e degli orari dei medici e degli specialisti, della continuità terapeutica, dei rapporti con l’amministrazione penitenziaria, con la ASL e con le strutture sanitarie esterne al penitenziario, della vigilanza sanitaria, partecipazione ai consigli di disciplina, partecipazione al gruppo di accoglienza, partecipazione alla equipe di osservazione e trattamento, della partecipazione alla Commissione Medica Ospedaliera.

Il medico incaricato, sempre in tre ore, ha il compito effettuare le visite ordinarie, su richiesta del detenuto, e prescrivere, in quella sede, la terapia e gli approfondimenti diagnostici, nonché dare informazioni su esami effettuati e raccogliere le istanze di tipo sanitario, redigere relazioni sanitarie richieste dall’autorità giudiziaria e ogni altro tipo di certificazione necessaria, stabilire l’idoneità alla detenzione, alla traduzione all’esterno, all’attività fisica, al lavoro (nei casi previsti), curare l’iter diagnostico e terapeutico dei detenuti malati, programmare i ricoveri quando necessari (esclusa l’urgenza), curare i detenuti eventualmente ricoverati in infermeria, seguire l’osservazione, partecipare ai Consigli di Disciplina e gestire i detenuti destinati all’isolamento, garantire, entro 24 ore dall’ingresso, un’approfondita prima visita al detenuto nuovo giunto, sostituire il medico dirigente nel caso di assenza svolgendo tutte le sue mansioni.

Il medico di guardia (contratto SIAS Servizio Integrativo di Assistenza Sanitaria - ) assicura la sua presenza per tutto l’arco delle 24 ore,  garantendo l’emergenza-urgenza, visitando in modo sommario tutti nuovi giunti e provvedendo alle certificazioni per l’assenza dal lavoro dei detenuti in assenza del medico incaricato. Altre incombenze vengono svolte dal Medico di Guardia perché quasi sempre risulta essere l’unico medico presente nelle prime ore del mattino.

I medici specialisti sono distribuiti in modo differenziato in tutti gli Istituti. In linea di massima, c’è grave carenza. In alcuni Istituti l’unico specialista risultava essere l’odontoiatra. La maggior parte sono pagati a parcella e sono liberi professionisti. La figura dello psichiatra riveste un ruolo particolare intanto perché era l’unico ad essere pagato a ore e non a prestazioni e poi  perché negli Istituti in cui è presente la cosiddetta “osservazione psichiatrica”, la presenza dello specialista psichiatra deve essere garantita almeno 12 ore al giorno.

Tranne rarissime eccezioni tutte le figure professionali dell’area medica, infermieri professionali compresi, provenivano dalla medicina di base (medici dirigenti, incaricati e SIAS), dai reparti ospedalieri o universitari (infermieri professionali e medici specialisti).

 Analisi dei beni e servizi

Le attrezzature ereditate dall’Amministrazione penitenziaria sono risultate per la quasi totalità inadeguate ai criteri di compatibilità previsti dal S.S.N. ovvero, quando compatibili, inserite in contesto di strutture e impianti inadeguati e pertanto inutilizzabili.

A questo va aggiunto anche il problema relativo alla estensione e capienza del Polo Penitenziario di Rebibbia e quello, ora davvero esplosivo, del sovraffollamento che, in ambienti insufficienti oltre che inadeguati, incide gravemente sulla qualità della vita delle persone detenute e rende ancora più difficile la gestione della salute in termini di prevenzione e cura.

 

PER LA CORRISPONDENZA:

Dott. Aldo Fierro, Direttore U.O.C. di Medicina Penitenziaria – Ospedale S. Pertini - Roma

Mail: aldo.fierro@aslromab.it