La passione tra creatività e tragedia

 

D. Ferrarese, S. Carnevale, D. Belella, E. Orlandelli

 

 

“…Più che il senno può la passione, che di gran mali pei mortali è causa!…” (Medea, Euripide)

 

 

Nei libri “Il primo processo di Oscar Wilde Regina contro Queensberry” e in “Lord Alfred Douglas io e Oscar Wilde” viene analizzato l’artista in relazione alla storia affettiva e relazionale, approfondendo aspetti che risultano essere meritevoli di studio, sia perché permettono di comprendere la produzione artistica wildiana sia perché rappresentano uno spunto di riflessione per tematiche da sempre care alla Psicoanalisi ed alla Psicologia. In queste tematiche ritroviamo il discorso sull’Identità e nella fattispecie sull’omosessualità, che a tutt’oggi rappresentano ambiti di studio e di ricerca molto discussi sia dal punto di vista psicosociale che etico. Non è un caso forse che il primo processo di Oscar Wilde avvenisse proprio nel periodo in cui nasceva, grazie al dottor Freud, la Psicoanalisi. La Psicoanalisi distinse un’omosessualità latente ed una manifesta. L’omosessualità latente sarebbe presente in ogni persona adulta quale ricordo di una fissazione amorosa su di un oggetto dello stesso sesso. Ancora, l’omosessualità esiste da quando esiste l’umanità e molte teorie hanno evidenziato come ci siano alla base di questa delle ipotesi biologiche ed innatiste,  secondo le quali omosessuali si nascerebbe. Altre teorie evidenziano come siano importanti le cause psicoaffettive e psicosociali per le quali omosessuali si diventerebbe. Ancora, ci sono teorie che propongono di considerare l’omosessualità come un discorso legato alla volontà ed alla libera scelta dell’individuo nella condotta sessuale: cioè non esistono persone omosessuali ma solo atti omosessuali. E’ da sottolineare che nessuna di queste teorie ad oggi è riuscita a dar prova di maggior scientificità rispetto alle altre. Dunque l’omosessualità è un argomento di rilevante complessità e perciò ciascun contributo nella trattazione di questo tema risulta, a nostro parere, prezioso. Basti pensare al complesso quadro che inserisce bi, etero, omo, trans, sessualità.

Oscar Wilde fu condannato ai lavori forzati e morì dopo due anni di prigione per motivi, per quei tempi, di ordine “morale ed etico”. Infatti allora la sodomia era considerata ancora un reato, quindi un comportamento che andava contro la legge e contro lo Stato. Nel corso del tempo la comunità scientifica psichiatrica aveva preso in considerazione l’omosessualità  come  patologia. Negli anni novanta però l’American Psychiatric Association, in linea con l’OMS, ha tolto l’omosessualità dal Manuale Diagnostico e Statistico delle Malattie Mentali (DSM). Anche nella Società Psicoanalitica un/a omosessuale può essere ammesso come candidato/a a divenire Psicoanalista. In questa prospettiva  prendendo spunto proprio dalla storia di Oscar Wilde, proponiamo una riflessione su  un tema di vasta portata sociale, che tenga conto del contesto di vita di ciascun individuo, con una particolare attenzione alla dimensione psicosociale in cui egli vive. Così, parlando di Oscar Wilde, è necessario focalizzare la sua storia di vita affettiva e relazionale inserita in uno specifico contesto psicoaffettivo e sociale, in un determinato periodo storico. D’altronde il pathos è legato al mondo degli affetti, quegli stessi affetti che sono costati molto cari ad Oscar Wilde. Gli aspetti che vengono legati alla passione danno la possibilità della costruzione di una nuova prospettiva nella comprensione dell’omosessualità. Così Oscar Wilde nel “De Profundis”: “Ero uno uomo che aveva relazioni simboliche con l’arte e la cultura del suo tempo. L’avevo capito da solo, all’inizio della mia giovinezza, ed in seguito ho costretto la mia epoca a rendersene conto…”. Ancora ne “il ritratto di Dorian Gray” viene evidenziato proprio come la creazione e il processo creativo siano intimamente collegati alla riproduzione culturale. Dunque, proseguendo nel processo di costruzione di integrazione tra pathos e logos, notiamo come i contesti culturali e sociali rivestano un ruolo fondamentale nel processo di comprensione inerente l’identità di ciascuna persona. Tale identità diviene collettiva proprio perché in costante “relazione a…” e quindi ineludibilmente dialogica. Perciò il dialogo può divenire strumento e soprattutto possibilità di integrazione nell’affrontare tale tematica, solo quando questa si realizzi cercando il più possibile di creare un’armonizzazione sia tra gli studiosi che elaborano teorie sia ascoltando i vissuti e le istanze mosse da chi sceglie e/o si ritrova in un orientamento sessuale piuttosto che in un altro. Oscar Wilde ha espresso la sua contraddittorietà sino alla fine della sua vita quando affermò: “muoio sopra le mie possibilità” e, nello stesso tempo, proprio sul letto di morte, si convertì al Cattolicesimo, aiutato nella decisione che aveva rimandato a lungo dall’amico cattolico che scelse come tutore testamentario.

Affermava Pascal che “la contraddizione non è un segno di falsità, né la mancanza di contraddizione un segno di verità”: da un punto di vista psicologico è la narrazione soggettiva che porta alla comprensione.

 

Bibliografia

 

Orlandelli P. (a cura di), “Il primo processo di Oscar Wilde Regina contro Queensberry”, Ubu Ed.,2008.

 

Orlandelli P.(a cura di), “Io e Oscar Wilde” di Lord Alfred Douglas, Libreria Croce Ed.,2008.

 

Pozzi O., Thanopulos S. (a cura di), “Ipotesi Gay”,Borla Ed.,2006.

 

Pascal B., “Thoughts”, Cosimo Classic Ed., 2007.