Early rheumatoid arthritis: l’importanza della diagnosi precoce
Manuela Di Franco, Marta Olivieri
Cattedra di Reumatologia
Sapienza Università di Roma
L’Artrite reumatoide (AR) è la più comune malattia reumatica immuno-mediata, colpisce lo 0,5 – 1 % della popolazione , caratterizzata da severa distruzione articolare con conseguente disabilità, sviluppo di co-morbidità e perdita della normale capacità lavorativab(1). Le nuove conoscenze sulla patogenesi e soprattutto la scoperta di nuovi farmaci che hanno come targets molecole implicate nell’infiammazione (farmaci biotecnologici) hanno reso potenzialmente trattabile l’invalidità derivante dalla malattia.
Nell’ultimo decennio il tempo di latenza, spesso troppo lungo, tra l’esordio dei sintomi e la diagnosi, si è significativamente ridotto consentendo di trattare non solo i pazienti con malattia già stabilizzata e quindi con danno articolare irreversibile. Infatti è oggi noto che un intervento tempestivo migliora la prognosi nella gran parte dei pazienti. È quindi necessario identificare il più precocemente possibile i soggetti a rischio di sviluppare una malattia aggressiva ed implementare tutte le strategie possibili per rallentarne la progressione, sebbene tuttora non vi siano strumenti per una vera e propria prevenzione che eviterebbe gli alti costi della malattia sia ai pazienti che alla società (2). La domanda a cui negli anni più recenti si sta cercando una risposta è: quando inizia l’AR ? possiamo fermarla? (3) Indubbiamente esiste una fase pre-clinica, durante la quale, come hanno dimostrato studi compiuti su donatori sani che hanno poi sviluppato la malattia, sono presenti nel siero sia il fattore reumatoide (FR) che gli anticorpi anti-peptidi ciclici citrullinati (anti-CCP), citochine e chemokine pro-infiammatorie (4). Questa fase clinicamente silente sviluppa nel tempo, per intervento dell’immunità adattativa, una sinovite destruente e una malattia clinicamente diagnosticabile. In definitiva se non è attuabile identificare l’inizio della malattia da un punto di vista biologico, è oggi possibile effettuare una diagnosi precoce, in pratica quando compaiono i primi segni clinici dell’artrite. Questo periodo che precede il danno conclamato viene identificato in termine anglosassone come “ window of opportunity” ed è quello durante il quale il trattamento sembra essere più efficace .Da un punto di vista temporale viene indicata come “early arthritis “l’artrite sintomatica da non più di 24 settimane e “very early arthritis” da non più di 12 settimane. Questo riferimento deriva dal fatto che circa il 70 % dei pazienti dopo 2 anni di malattia presenta un danno articolare irreversibile, ma il 40% presenta erosioni all’esame radiologico dopo 6 mesi e il 15-20% evidenzia erosioni già all’esordio della malattia stessa . Sebbene criteri diagnostici o elementi patognomonici per la diagnosi di AR, non siano a oggi disponibili,i criteri classificativi formulati nel 1987 dall’American College of Rheumatology (ACR) (5) utilizzati di fatto anche per la diagnosi di malattia, sono stati riproposti nel 2010 dall’ American College of Rheumatology (ACR) e dall’ European League Against Rheumatism (EULAR) (6) per includere anche i pazienti con malattia all’esordio (early rheumatoid Arthritis)
Diversi studi hanno confrontato la specificità e la sensibilità di entrambi i criteri classificativi, ed è risultata una sensibilità maggiore in quelli del 2010, pari al 73,5%, e una maggior specificità in quelli dl 1987 (92,9%) (7) (8). D’altra parte sebbene la diagnosi di AR debba essere effettuata più precocemente possibile, la diagnosi differenziale in particolare nelle forme di esordio può essere difficoltosa e deve comprendere diverse forme di artrite tra quelle di più frequente riscontro, le spondiloartriti , le artriti reattive, le connettiviti, le artriti da depositio di microcristalli, e dalle artriti in corso di altre affezioni.
Vengono considerati, sintomi cosiddetti di “allarme” (“red flags”) che richiedono quindi una valutazione reumatologica la tumefazione di una o più articolazioni, artrite/artalgia, interessamento delle piccole articolazioni delle mani e dei piedi, la rigidità al mattino superiore a 30 min da almeno 6 settimane.
Se la diagnosi precoce è il primo esenziale approccio al malato, il secondo è individuare fattori predittivi di “outcomes”. Sono stati negli ultimi anni sviluppati diversi modelli predittivi per identificare quei pazienti che in una fase di “very early inflammatory arthritis” svilupperanno un’AR persistente e/o erosiva (9) e candidati quindi ad un trattamento più aggressivo. In questi modelli la presenza di anticorpi anti-peptidi ciclici citrullinati (anti-CCP) e la durata di malattia al momento della diagnosi, sono stati individuati come fattori di rischio indipendenti per lo sviluppo di AR erosiva e di sinovite persistente, e in particolare la positività per anti-CCP è associata significativamente alla diagnosi di AR (10).
Misure clinimetriche validate consentono, una volta effettuata la diagnosi, di valutare l’attività della malattia nel tempo e la risposta alla terapia . Gli indici compositi di attività di malattia tra cui DAS28 (Disease Activity Score 28 articolazioni), SDAI (Simplified Disease Activity Index 28 articolazioni) e CDAI (Clinical Disease Activity Index 28 articolazioni), mediante la valutazione di parametri clinici ( dolorabilità e tumefazione articolare), di laboratorio (VES, PCR) e indicatori di malattia da parte del paziente (GH) permettono al reumatologo di definire l’attività della malattia dell’artrite distinguendola in bassa, moderata e elevata.
Per quanto riguarda le indagini strumentali, l’esame radiologico rimane insostituibile nella valutazione del danno erosivo, ma sebbene altamente specifico , la sensibilità è bassa.
Di maggior utilità per la valutazione del danno in fase precoce sono l’ultrasonografia e la Risonanza magnetica (RM) .
La RM si è dimostrata superiore alla radiologia convenzionale nell’individuare alterazioni articolari in pazienti con AR, in particolare l’edema osseo, precursore delle erosioni alla RM, già dopo 4 settimane dall’esordio dei sintomi (11) e fornisce il 65% di sensibilità e l’82,5% di specificità (12). Meno costosa e di più facile accesso l’ecografia consente di identificare la presenza di sinovite, e di alterazioni a carico della superficie ossea come erosioni e osteofiti, inoltre con il power doppler (PD) è possibile visualizzare la vascolarizzazione della membrana sinoviale che correla con la presenza di una sinovite attiva.
E’stata recentemente dimostrata una maggiore sensibilità degli ultrasuoni rispetto all’esame clinico nel rilevare l’infiammazione articolare nei pazienti “early UA” con evidenza di malattia sub-clinica nel 64% dei pazienti (13) (14).
L’importanza della diagnosi precoce nell’AR è legata all’evidenza di una prognosi migliore nei pazienti che sono stati sottoposti a trattamento nelle fasi iniziali della malattia. È stato infatti evidenziato come la terapia corticosteroidea, se iniziata entro le prime 12 settimane di malattia, conduca alla remissione un numero significativo di pazienti entro 6 mesi (15) e come la terapia con “ Disease Modyfing Anti-Rheumatic Drugs” (DMARDs) porti alla remissione il 50% dei pazienti se iniziata entro 12 settimane rispetto al 15% dei pazienti se iniziata dopo 20 settimane dall’esordio della malattia (16). Una recente metanalisi condotta su 1133 pazienti con AR, con una durata di malattia inferiore ai 2 anni, ha dimostrato come un ritardo medio di 9 mesi nell’inizio della terapia con DMARDs comportava un significativo incremento della progressione radiologica (17) .
È quindi fondamantale individuare in breve tempo tra i pazienti con artrite quelli a rischio di una progressione della malattia più severa. Data la complessità della malattia solo l’insieme di diversi parametri come gli indici compositi di attività di malattia, i dati di laboratorio e l’imaging possono guidare la terapia e stabilire la prognosi. Questo permette di istituire una terapia mirata più aggressiva già negli stadi precoci con miglioramento clinico e della qualità di vita e con lo scopo finale di ottenere la remissione. Oggi è quindi possibile identificare i pazienti in cui sono presenti segni e sintomi seppure all’esordio, ma l’obiettivo del prossimo futuro è quello di prevenire l’AR per bloccare la malattia prima del suo esordio.
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