IL PAZIENTE ANZIANO FRAGILE
D. Del Sindaco*, G. Pulignano**
Introduzione
Con l’avanzare dell’età, le malattie cardiovascolari si fanno più frequenti, così il cardiologo è sempre più spesso chiamato a confrontarsi con pazienti anziani, nei quali la multimorbosità disabilità e fragilità rendono tutto più difficile, accrescendo il rischio di errori diagnostici e terapeutici. Le cardiopatie dell’anziano rappresentano uno dei maggiori problemi di salute pubblica e richiedono nuove soluzioni per migliorare prognosi e qualità di vita dei pazienti e contenere la spesa sanitaria. Tuttavia, nonostante l’importanza, i trial clinici hanno in genere escluso questi soggetti, le linee guida riportano poche raccomandazioni specifiche e non consigliano una valutazione delle più comuni condizioni geriatriche. La cura di questi pazienti richiede quindi nuovi paradigmi, basati su un approccio specifico (1).
La fragilità è divenuta un tema emergente in Cardiologia a causa dell'invecchiamento e della complessità dei pazienti. Dopo anni in cui tale problematica è stata praticamente negletta o limitata all’ambiente specialistico geriatrico, oggi si osserva un paradossale abuso del termine “anziano fragile”. Non è possibile comprendere il concetto di fragilità se non si prende atto delle peculiarità del paziente, e più in generale del soggetto anziano, che rappresenta il tipico paziente “complesso” (2, 3). La caratteristica peculiare del cardiopatico anziano è sintetizzata da due termini: eterogeneità e complessità. In queste due dimensioni convergono gli effetti del processo di invecchiamento cardiovascolare, delle cardiopatie, delle comorbidità, della disabilità e fragilità, dello stile di vita e di fattori socio-ambientali e spiegano le profonde differenze esistenti fra individui anagraficamente coetanei (4). Da un punto di vista clinico l’eterogeneità fenotipica del cardiopatico anziano dipende da tre differenti entità: la comorbosità, la disabilità e la fragilità.
Il “normale” processo di invecchiamento è associato a modificazioni nella struttura e nella funzione cardiovascolare che, pur non rivestendo significato patologico, determinano nel complesso una ridotta riserva cardiovascolare e predispongono allo sviluppo di cardiopatie. Queste si affiancano a modificazioni età-correlate in altri organi e sistemi che possono ulteriormente incrementare il rischio di cardiopatia ischemica o scompenso cardiaco e, soprattutto, influenzare la risposta alla terapia (5).
L’invecchiamento si associa anche a un aumento esponenziale di patologie croniche. Il termine di comorbosità, indica l’esistenza o la comparsa di ogni distinta entità clinica aggiuntiva durante il decorso di una specifica malattia (malattia indice), con cui non ha una relazione eziologica, differenziandosi in questo dalle complicanze (6). Il termine multimorbosità, ovvero la concomitanza di più malattie acute e croniche in un soggetto, senza riferimento a una specifica malattia indice (7), sembra tuttavia meglio descrivere la realtà clinica dell’ anziano, in cui spesso il clinico non riesce ad individuare una patologia dominante e si trova a fronteggiare più forme morbose. La multimorbosità aumenta con l’età, tanto che al di sopra dei 75 anni più della metà delle persone riferiscono almeno tre patologie croniche coesistenti (8), ed è maggiore nelle donne. Sul piano clinico, comorbosità e multimorbosità interferiscono sia con l’approccio diagnostico che con quello terapeutico (Tabella 3) e costituiscono i determinanti maggiori dei costi dell’assistenza
La “fragilità” è un’entità multidimensionale ancora non perfettamente delineata e rappresenta la perdita di riserva funzionale in diversi organi e sistemi. Questo concetto, scaturito dall’esperienza clinica e dalla ricerca si basa sul fatto che l’invecchiamento cronologico, in modo disomogeneo tra individuo ed individuo, determina una progressiva incapacità di tenere a freno le forze entropiche che tendono a fare emergere le malattie e ne condiziona le manifestazioni fenotipiche. Il soggetto fragile, in sintesi, è vulnerabile, presenta una ridotta risposta agli agenti stressogeni e ha quindi un più alto rischio di prognosi avversa e di sviluppo di disabilità (4, 9). A differenza del passato, oggi si tende a differenziare la fragilità dalla disabilità e dalla comorbidità, considerandola come uno stato funzionale che precede la disabilità stessa, e che quindi spesso si sovrappone alla disabilità ma non coincide con essa. La disabilità, che rappresenta invece la non autosufficienza nello svolgimento delle attività della vita quotidiana, con conseguente necessità di assistenza è una entità distinta.
La recente innovazione tecnologica in campo cardiologico ha permesso il trattamento con nuovi farmaci, dispositivi e procedure interventistiche o chirurgiche di pazienti in precedenza considerati incandidabili (10,11). La valutazione della fragilità è fondamentale per affinare la stima del rischio nel singolo paziente e guidare la scelta di un piano di cura personalizzato efficace. E’ necessario evitare ai pazienti procedure costose ma clinicamente “futili”, in queste situazioni i cardiopatici fragili sono infatti a rischio di eventi avversi, complicazioni procedurali, recupero prolungato, declino funzionale, disabilità e mortalità (12). I dati epidemiologici indicano una significativa associazione fra fragilità e malattie cardiovascolari (13).
La fisiopatologia della fragilità è tuttora campo di ricerca e oggetto di discussione (14). I meccanismi implicati comprendono la disregolazione del sistema immunitario ed endocrino (15), citochine infiammatorie (16-18), la diminuzione livelli di testosterone (19,20), e resistenza all'insulina (21). Nell’insieme si instaura un ambiente catabolico che porta ad un progressivo declino di massa e forza muscolare con sarcopenia (22). Si innesca così un circolo vizioso che porta a inattività fisica e malnutrizione con ulteriore declino funzionale (23,24).
La fisiopatologia della fragilità e delle malattie cardiovascolari riconosce diverse vie finali comuni, in particolare l’attivazione di biomarcatori infiammatori quali interleuchina-6 e proteina C-reattiva. Le cellule immunitarie e le citochine esercitano effetti negativi sulla parete arteriosa causando aterosclerosi, ma determinano anche senescenza cellulare e alterano la composizione corporea promuovendo la fragilità. Inoltre, provocando danni in diversi sistemi di organi, la malattia cardiovascolare subclinica è uno dei determinanti della fragilità (25).
Nell’accezione generale la fragilità può essere definita in base a diversi criteri, istituzionale, fisiologico o clinico. Una definizione istituzionale, proposta dalla Società Italiana di Gerontologia Geriatria definisce come fragile “un soggetto di età avanzata o molto avanzata, affetto da multiple patologie croniche, clinicamente instabile, frequentemente disabile, nel quale sono spesso coesistenti problematiche di tipo socioeconomico, quali soprattutto solitudine e povertà” (25).
Da un punto di vista fisiopatologico o clinico sono due le definizioni più seguite: la prima è quella funzionale, proposta dalla Fried, e definisce la fragilità come risultato della “progressiva inefficienza dei meccanismi di mantenimento dell’omeostasi biologica e si manifesta con la riduzione della performance fisico-funzionale” (4). A questa si affianca una definizione più ampia, “clinica”, proposta dal canadese Rockwood, basata oltre che sui criteri funzionali, anche come “accumulo di deficit”, in base alla presenza di comorbidità, disabilità, deficit cognitivo e isolamento sociale (26).
Numerosi strumenti sono stati sviluppati per misurare la fragilità (9, 27), ma, in assenza di consenso sulla definizione, non vi è evidenza su quale strumento utilizzare. La maggior parte degli strumenti di basa su uno o più dei cinque principali domini che definiscono il fenotipo della fragilità: lentezza, debolezza, ridotta attività fisica, senso di esaurimento, e deficit di forza muscolare. La lentezza è misurata con la velocità del cammino, la debolezza con la forza dell’handgrip (usando un dinamometro). Questi domini possono essere considerati singolarmente o combinati in una varietà di scale. Uno score (28) comprende ridotta velocità di marcia, debolezza, bassa l'attività fisica , senso di esaurimento, e perdita di peso non intenzionale, con >3 su 5 criteri richiesti per una diagnosi di fragilità (Tabella 1). Questa è la scala più frequentemente impiegata e ha dimostrato di predire la mortalità e la disabilità in ampie coorti di anziani residenti in comunità e dei pazienti con malattie cardiovascolari. E’ oggetto di discussione se lo status cognitivo e il tono dell’umore vadano considerati altri domini di fragilità oppure come fattori modulanti che catalizzano la transizione dalla fragilità a disabilità manifesta (29).
Un altro strumento d’identificazione della fragilità, basato su test di performance fisica, è la Short Physical Performance Battery (SPPB), una batteria nata per valutare la funzionalità degli arti inferiori, costituita da 3 sezioni (30,31): ridotta velocità di marcia, debolezza nell’alzarsi da una sedia e ridotto equilibrio, a ciascuno dei quali si assegna un punteggio da 0 a 4, laddove un punteggio totale > 5 su 12 indica la presenza di fragilità.
In alternativa a questi punteggi compositi, la velocità di marcia sui 4-5 metri, e in minor misura la forza dell’handgrip, è stata proposta come singolo indicatore di fragilità (32-34).
La valutazione clinica della fragilità come accumulo di deficit può arrivare a comprendere fino a 70 sintomi, segni, comorbilità, disabilità e tratti di fragilità e per tale motivo ne è stata sviluppata una versione semplificata (35). Comunque, la disabilità, generalmente definita come difficoltà o dipendenza nel svolgere attività di base (ADL) o strumentali (IADL) della vita quotidiana, dovrebbe essere distinta dalla fragilità. La disabilità è più correttamente concettualizzata come un esito negativo associato alla fragilità o come un’entità del tutto separata. L'International Academy Nutrition and Aging Frailty Task Force (36) predilige l'approccio funzionale, affermando che comorbilità e disabilità devono essere separati dalla fragilità.
La prevalenza nella comunità è stimata intorno al 10% (37) a seconda della popolazione studiata e dello strumento di valutazione utilizzato, ma aumenta fino al 40-60 % negli anziani con malattie cardiovascolari (13). Nelle malattie cardiovascolari la fragilità conferisce un aumento di 2 volte della mortalità, un effetto che persiste anche dopo aggiustamento per età e comorbidità. L'impatto della fragilità sulla prognosi è stata dimostrata in un ampio spettro di condizioni, tra cui: malattia cardiovascolare stabile (38) e subclinica (39), scompenso cardiaco (40,41), cardiopatia ischemica e sindromi coronariche acute (42,43), cardiochirurgia (44,45), sostituzione della valvola aortica trans catetere (TAVI) (46,47).
Nel caso delle sindromi coronariche acute, dati recenti relativi ai pazienti ultra75enni del registro AMI-Florence 2 (48) suggeriscono che i benefici clinici di un approccio aggressivo risultano maggiori proprio negli anziani che, per una apparente maggiore complessità e fragilità, vengono trattati invece in modo più conservativo. Infatti, l'approccio invasivo precoce si è ridotto all'aumentare del punteggio di un indicatore di complessità clinica basato su semplici variabili amministrative (il Silver Code) (49), ma l'analisi stratificata ha dimostrato che la riduzione della mortalità per tutte le cause con PCI primaria nello STEMI o approccio invasivo precoce nello N-STEMI è, paradossalmente, tanto maggiore quanto più elevato è il punteggio del Silver Code (48). La TAVI è stata introdotta per pazienti con grave stenosi aortica stenosi considerati troppo fragili per la cardiochirurgia. I pazienti candidati a TAVI tipicamente hanno età avanzata, comorbidità multiple , e una prevalenza di fragilità elevata. Green et al. (46) hanno dimostrato che la fragilità era predittiva di mortalità ad 1 anno. Vi era tendenza verso una maggiore rischio per le emorragie maggiori, principali complicanze vascolari e durata della degenza nei pazienti fragili. Una velocità di marcia di 0.50 m/s è stata selezionata come soglia ottimale, più lenta rispetto ai 0,65-0,85 m/s riportati per altre coorti cardiache. Gli autori hanno osservato che > 80 % dei loro pazienti sarebbe stato considerato fragile se fossero stati utilizzati questi valori di cut-off tradizionali. In un altro studio, invece, (47), in cui la grande maggioranza dei pazienti è stata in grado di completare il test timed- up-and-go (che richiede alzarsi da una sedia, camminare per 3 m e tornare indietro) il 61 % dei pazienti era in grado di farlo più velocemente del cut-off di 20 secondi. La scala fragilità impiegata includeva: timed-up-and-go, limitazione della mobilità, disabilità ADL di base, disabilità nelle ADL strumentali, MMSE, e Mini Nutritional assessment. La fragilità era era predittiva di un aumento di 3-4 volte in declino funzionale a 6 mesi (misurata con disabilità base ADL) e maggiore incidenza di eventi avversi cardiaci e cerebrali a 1 anno. Si osservava un trend per la mortalità anche se il numero di eventi era piccolo.
Come si valuta la fragilità?
Nei diversi setting clinici la valutazione della fragilità può fornire un prezioso contributo prognostico e assistere i cardiologi nella definizione del percorso di cura ottimale per il singolo paziente. La fragilità, infatti, non è un motivo sufficiente per rifiutare una determinata cura, ma piuttosto un mezzo per scegliere una cura personalizzata e più incentrata sul paziente. Fragilità, disabilità e comorbosità sono entità intercorrelate ma distinte (4) e, a differenza della comorbosità e della disabilità, non esiste un criterio condiviso per definire la fragilità. La fragilità è uno spettro continuo, e valori di cut-off specifici usati per dicotomizzarla in un gruppo di pazienti possono non essere applicabili in un altro. Un minimum data set di valutazione multidimensionale utile e applicabile nella pratica clinica dovrebbe comprendere almeno alcuni degli strumenti validati riportati nella Tabella 2.
La gestione clinica del paziente fragile
L’implementazione efficace di un modello di cura dell’anziano richiede l’adozione di nuovi paradigmi (1) (Tabella 3), la definizione di precisi criteri di selezione, di ruoli specifici degli operatori sanitari, di percorsi diagnostico-terapeutici appropriati e condivisi, di modalità di follow-up personalizzato, che tengano conto dello stato funzionale, della severità di malattia, della comorbidità e del contesto socio-ambientale del paziente.
Basandosi su questi presupposti, il sistema di assistenza al cardiopatico anziano dovrebbe possedere i quattro requisiti che riuniscono in sé le caratteristiche fondamentali dell’assistenza geriatrica: 1) la continuità assistenziale; 2) la globalità della valutazione; 3) la multidisciplinarietà; 4) l’organizzazione dei servizi in una rete integrata.
Si possono identificare in tal modo tre profili principali (e i relativi percorsi diagnostico-terapeutici) (50): a) il paziente non fragile, “robusto”, espressione di invecchiamento di successo, autosufficiente, in cui la cardiopatia rappresenta il problema principale e per cui possono essere adatte le cure convenzionali valide per i pazienti più giovani; b) il pazient pre-fragile, con un quadro di compromissione funzionale intermedia, in cui dovrebbe essere applicato un modello collaborativo in cui siano coinvolte sia competenze specialistiche che cure primarie; c) il paziente fragile o con grave compromissione funzionale e comorbosità, che necessita di un trattamento multidisciplinare, con assistenza continuativa domiciliare e, quando necessario, cure palliative. Nel campo dello scompenso cardiaco, ad esempio, numerosi studi hanno rilevato, attraverso l’applicazione di modelli di disease management, una riduzione delle ospedalizzazioni, un miglioramento della qualità della vita e della capacità funzionale e un contenimento della spesa assistenziale (50-52). Ambulatori specialistici, impostati su una gestione multidisciplinare in cui convergano competenze cardiologiche, internistiche e geriatriche dovrebbero essere deputati alla presa in carico precoce per la gestione della fase post-dimissione dello scompenso cardiaco (52). Un approccio simile dovrebbe essere riservato anche a pazienti con recente sindrome coronarica acuta, al fine di completare il piano di cura, verificare e potenziare l’aderenza terapeutica, valutare la necessità di ulteriori procedure interventistiche. In campo cardiochirurgico, l’ottimizzazione pre-operatoria mediante un approccio multidisciplinare con un Heart Team potrebbe contrastare i molteplici danni (cardiaci, neurologici, muscolari, respiratori, renali) che potenzialmente possono aggravare la ridotta riserva fisiologica caratteristica della fragilità (53).
Conclusioni
I dati disponibili dimostrano l’utilità della valutazione della fragilità nei pazienti anziani con diverse malattie cardiovascolari. Mentre il valore di queste entità come indicatore prognostico è ben dimostrato, il valore nella scelta del percorso ottimale di cura sta cominciando a emergere e dovrebbe essere ulteriormente studiato per migliorare l’outcome dei pazienti e il rapporto costo-efficacia degli interventi terapeutici (54). L’applicazione nella pratica clinica di strumenti di valutazione multidimensionale e l’adozione di percorsi di cura specifici dovrebbero facilitare questo compito.
Bibliografia
1). Forman DE, Rich M, Alexander KP, Zieman S, Maurer M, et al. Cardiac care for older adults. J Am Coll Cardiol 2011; 57: 18.
2) AA VV. Criteri di appropriatezza clinica, tecnologica e strutturale nell’assistenza del paziente complesso. Quaderni del Ministero della Salute 2013
3) Edgar Morin, "Il metodo 3. La conoscenza della conoscenza", Raffaello Cortina Editore, Milano 2007.
4) Fried LP, Ferrucci L, Darer J, Williamson JD, Anderson G. Untangling the concepts of disability, frailty, and comorbidity: implications for improved targeting and care. J Gerontol A Biol Sci Med Sci 2004; 59:255–263
5) Lakatta EG, Levy D. Arterial and cardiac aging: major shareholders in cardiovascular disease enterprises: Part II. The aging heart in health: links to heart disease. Circulation 2003; 107:346–354.
6. Feinstein AR. The pre-therapeutic classification of co-morbidity in chronic disease. J Chronic Dis 1970; 23: 468.
7. van den Akker M, Buntinx F, Metsemakers JF, Roos S, Knottnerus JA. Multimorbidity in general practice: prevalence, incidence, and determinants of co-occurring chronic and recurrent diseases. J Clin Epidemiol 1998; 51: 367-75.
8. Prevalence of chronic diseases in older Italians: comparing self- reported and clinical diagnoses. The Italian Longitudinal Study on Aging Working Group. Int J Epidemiol 1997; 26: 995-1002.
9. Bergman H, Ferrucci L, Guralnik J, et al. Frailty: an emerging research and clinical paradigm issues and controversies. J Gerontol A Biol Sci Med Sci 2007;62:731–7.
10. Pagé M, Doucet M, Eisenberg MJ, Behlouli H, Pilote L. Temporal trends in revascularization and outcomes after acute myocardial infarction among the very elderly. CMAJ 2010;182:1415–20.
11. Dodson JA, Maurer MS. Changing nature of cardiac interventions in older adults. Aging Health 2011; 7:283–95.
12. Shamliyan T, Talley KMC, Ramakrishnan R, Kane RL. Association of frailty with survival: a systematic literature review. Ageing Res Rev 2012;12:719–36.
13. Afilalo J, Karunananthan S, Eisenberg MJ, Alexander KP, Bergman H. Role of frailty in patients with cardiovascular disease. Am J Cardiol 2009;103:1616–21.
14. Fedarko NS. The biology of aging and frailty. Clin Geriatr Med 2011; 27:27–37.
15. Fulop T, Larbi A, Witkowski JM, et al. Aging, frailty and age-related diseases. Biogerontology 2010;11:547–63.
16. Walston J, McBurnie MA, Newman A, et al. Frailty and activation of the inflammation and coagulation systems with and without clinical comorbidities: results from the Cardiovascular Health Study. Arch Intern Med 2002;162:2333–41.
17. Cesari M, Penninx BW, Pahor M, et al. Inflammatory markers and physical performance in older persons: the InCHIANTI study. J Gerontol A Biol Sci Med Sci 2004;59:242–8.
18. Schaap LA, Pluijm SMF, Deeg DJH, et al. Higher inflammatory marker levels in older persons: associations with 5-year change in muscle mass and muscle strength. J Gerontol A Biol Sci Med Sci 2009;64:1183–9.
19. Travison TG, Nguyen A-H, Naganathan V, et al. Changes in reproductive hormone concentrations predict the prevalence and progression of the frailty syndrome in older men: the Concord Health and Ageing in Men Project. J Clin Endocrinol Metab 2011;96:2464–74.
20. Schaap LA, Pluijm SMF, Deeg DJH, et al. Low testosterone levels and decline in physical performance and muscle strength in older men: findings from two prospective cohort studies. Clin Endocrinol 2008;68:42–50.
21. Barzilay JI, Blaum C, Moore T, et al. Insulin resistance and inflammation as precursors of frailty: the Cardiovascular Health Study. Arch Intern Med 2007;167:635–41.
22. Boirie Y. Physiopathological mechanism of sarcopenia. J Nutr Health Aging 2009;13:717–23.
15. Kortebein P, Ferrando A, Lombeida J, Wolfe R, Evans WJ. Effect of 10 days of bed rest on skeletal muscle in healthy older adults. JAMA 2007;297:1772–4.
23. Ferrucci L, Maggio M, Ceda GP, Beghi C, Valenti G, De Cicco G. Acute postoperative frailty. J Am Coll Surg 2006;203:134–5.
24. Weiss CO, Hoenig HH, Varadhan R, Simonsick EM, Fried LP. Relationships of cardiac, pulmonary, and muscle reserves and frailty to exercise capacity in older women. J Gerontol A Biol Sci Med Sci 2010;65:287–94.
25. Società Italiana di Gerontologia e Geriatria. Linee guida sulla valutazione multidimensionale nell’anziano fragile. http://www.sigg.it
26. Rockwood K, Mitnitski A. Frailty defined by deficit accumulation and geriatric medicine defined by frailty. Clin Geriatr Med 2011;27:17–26.
27. de Vries NM, Staal JB, van Ravensberg CD, Hobbelen JSM, Olde Rikkert MGM, Nijhuis-van der Sanden MWG. Outcome instruments to measure frailty: a systematic review. Ageing Res Rev 2011;10:104–14.
28. Fried LP, Tangen CM,Walston J, et al. Frailty in older adults: evidence for a phenotype. J Gerontol A Biol Sci Med Sci 2001;56:M146–56.
29. Avila-Funes JA, Amieva H, Barberger-Gateau P, et al. Cognitive impairment improves the predictive validity of the phenotype of frailty for adverse health outcomes: the Three-City Study. J Am Geriatr Soc 2009;57:453–61.
30. Guralnik JM, Simonsick EM, Ferrucci L, et al. A short physical performance battery assessing lower extremity function: association with self-reported disability and prediction of mortality and nursing home admission. J Gerontol 1994;49:M85–94.
31. Guralnik JM, Ferrucci L, Simonsick EM, Salive ME, Wallace RB. Lower-extremity function in persons over the age of 70 years as a predictor of subsequent disability. N Engl J Med 1995;332:556–61.
32. Abellan van Kan G, Rolland Y, Andrieu S, et al. Gait speed at usual pace as a predictor of adverse outcomes in community-dwelling older people: an International Academy on Nutrition and Aging (IANA) Task Force. J Nutr Health Aging 2009;13:881–9.
33. Dumurgier J, Elbaz A, Ducimetière P, Tavernier B, Alpérovitch A, Tzourio C. Slow walking speed and cardiovascular death in well functioning older adults: prospective cohort study. BMJ 2009;339:b4460.
34. Ling CHY, TaekemaD, de CraenAJM, Gussekloo J, WestendorpRGJ, Maier AB. Handgrip strength and mortality in the oldest old population: the Leiden 85-Plus Study. CMAJ 2010;182:429–35.
35. Rockwood K, Song X, MacKnight C, et al. A global clinical measure of fitness and frailty in elderly people. CMAJ 2005;173:489–95.
36. Abellan van Kan G, Rolland Y, Bergman H, Morley JE, Kritchevsky SB, Vellas B. The I.A.N.A Task Force on frailty assessment of older people in clinical practice. J Nutr Health Aging 2008;12:29–37.
37. Collard RM, Boter H, Schoevers RA, Oude Voshaar RC. Prevalence of frailty in community-dwelling older persons: a systematic review. J Am Geriatr Soc 2012;60:1487–92.
38. Studenski S, Perera S, Patel K, et al. Gait speed and survival in older adults. JAMA 2011;305:50–8.
39. Newman AB, Gottdiener JS, Mcburnie MA, et al. Associations of subclinical cardiovascular disease with frailty. J Gerontol A Biol Sci Med Sci 2001;56:M158–66.
40. Khan H, Kalogeropoulos AP, Georgiopoulou VV, et al. Frailty and risk for heart failure in older adults: The health, aging, and body composition study. Am Heart J 2013;166:887–94.
41. Chaudhry SI, McAvay G, Chen S, et al. Risk factors for hospital admission among older persons with newly diagnosed heart failure: findings from the Cardiovascular Health Study. J Am Coll Cardiol 2013;61:635–42.
42. Singh M, Rihal CS, Lennon RJ, Spertus JA, Nair KS, Roger VL. Influence of frailty and health status on outcomes in patients with coronary disease undergoing percutaneous revascularization. Circ Cardiovasc Qual Outcomes 2011;4:496–502
43. Ekerstad N, SwahnE, JanzonM, et al. Frailty is independently associated with short-term outcomes for elderly patients with non-ST-segment elevation myocardial infarction. Circulation 2011;124:2397–404.
44. Afilalo J, Eisenberg MJ, Morin J-F, et al. Gait speed as an incremental predictor of mortality and major morbidity in elderly patients undergoing cardiac surgery. J Am Coll Cardiol 2010;56:1668–76.
45. Afilalo J, Mottillo S, Eisenberg MJ, et al. Addition of frailty and disability to cardiac surgery risk scores identifies elderly patients at high risk of mortality or major morbidity. Circ Cardiovasc Qual Outcomes 2012;5:222–8.
46. Green P, Woglom AE, Genereux P, et al. The impact of frailty status on survival after transcatheter aortic valve replacement in older adults with severe aortic stenosis: a single-center experience. J Am Coll Cardiol Intv 2012;5:974–81.
47. Stortecky S, Schoenenberger AW, Moser A, et al. Evaluation of multidimensional geriatric assessment as a predictor of mortality and cardiovascular events after transcatheter aortic valve implantation. J Am Coll Cardiol Intv 2012;5:489–96.
48.Di Bari M, Balzi D, Fracchia S, et al. For the Acute Myocardial Infarction in Florence 2 (AMI Florence-2) Working Group. Decreased usage and increased effectiveness of percutaneous coronary intervention in complex older patients with acute coronary syndromes. Heart 2014 May 26. pii: heartjnl-2013-305445. doi: 10.1136/heartjnl-2013-305445.
49. Di Bari M, Balzi D, Roberts AT, et al. Prognostic Stratification of older persons based on simple administrative data: development and validation of the “ Silver Code, ” to be used in emergency department triage. J Gerontol A Biol Sci Med Sci 2010;65:159-164
50. AA Vari. Consensus Conference: Il percorso assistenziale del paziente con scompenso cardiaco. Giornale Italiano di Cardiologia 2006; 7 (6): 383-482.
51. Takeda A1, Taylor SJ, Taylor RS, Khan F, Krum H, Underwood M. Clinical service organisation for heart failure. Cochrane Database Syst Rev. 2012;(9): CD002752
52. Pulignano G, Del Sindaco D, Di Lenarda A, et al. Usefulness of frailty profile for targeting older heart failure patients in disease management programs: a cost-effectiveness, pilot study. J Cardiovasc Med (Hagerstown) 2010;11:739–47.
53. Robinson TN, Eiseman B, Wallace JI, et al. Redefining geriatric preoperative assessment using frailty, disability and co-morbidity. Ann Surg 2009;250:449–55.
54.Pulignano G, Del Sindaco D, Di Lenarda A, Sinagra G. The evolving care of the elderly with heart failure: from the 'high-tech' to the 'high-touch' approach. J Cardiovasc Med. 2006 Dec;7(12):841-6.
Tabella 1: Caratteristiche della fragilità basata su criteri prevalentemente funzionali (Cardiovascular Health Study)
1. Perdita di peso (>4.5 Kg)
2. Affaticamento (fatica in almeno 3 giorni/settimana )
3. Riduzione della forza muscolare (hand-grip) (<5.85 e <3.37 kg nel Maschio e nella Femmina , rispettivamente)
4. Ridotta attività fisica (valutabile con PASE-Physical Activity Scale for the Elderly)
5. Riduzione della velocità del cammino (>7 sec. a percorrere 4.57 m)
Fragilità: quando sono presenti almeno 3 su 5 item riportati; con meno di 3 item si parla di pre-fragilità
Tabella 2. Valutazione multidimensionale delle sindromi geriatriche
a) Impiegare strumenti standardizzati (velocità di marcia, test alzati e cammina, SPPB, Mini Mental State Examination o MiniCog)
b) Valutare la dipendenza nelle attività quotidiane (ADL, IADL)
c) Valutare ansia e depressione (GDS)
d) Valutare il supporto domiciliare e lo stress del caregiver
Tabella 3: Nuovo paradigma di cura per il cardiopatico anziano:
a) Riconoscere eterogeneità e complessità del paziente anziano
b) Enfatizzare la centralità del paziente e la valutazione globale
c) Riconoscere le difficoltà diagnostiche
d) Identificare le sindromi geriatriche e le comorbidità
e) Sviluppare strumenti specifici di valutazione della prognosi
f) Personalizzare e ottimizzare il trattamento farmacologico e non
g) Enfatizzare l’importanza dei percorsi clinico assistenziali e dell’educazione
Modificata da: Forman et al. (1)
*II Unità Operativa di Cardiologia, Azienda Ospedaliera San Giovanni-Addolorata, Roma
**I Unità Operativa di Cardiologia /UTIC, Azienda Ospedaliera S.Camillo-Forlanini, Roma