PANCREATITE CRONICA ALCOLICA

 

I. De Vitis, I. Roberto,L. Guidi, C. Spada, R. Urgesi, S. Semeraro, A. Papa, G. Fedeli

UO di Gastroenterologia, Ist. di Medicina Interna e Geriatria – UCSC - Roma

 

La pancreatite cronica è un processo flogistico cronico a carico del pancreas con evoluzione protratta nel tempo, caratterizzato dalla persistenza, irreversibilità e progressivo aggravamento delle lesioni che, interessando le strutture acinose ed il sistema duttale escretore, portano alla fibrosi ed alla atrofia ghiandolare con compromissione funzionale secretoria esocrina ed endocrina [1].

L’incidenza della malattia probabilmente negli anni è stata sottostimata: alcuni studi riportano un tasso di incidenza di 4 casi ogni 100.000 abitanti/anno e un tasso di prevalenza di 13 pazienti ogni 100,000 abitanti [2-3-4]; tuttavia recenti osservazioni condotte con tecniche diagnostiche più sofisticate (TAC, CPRE, EUS) hanno permesso di stimare la prevalenza in circa 45,4 pazienti ogni 100.000 abitanti negli uomini e 12,4 nelle donne [5]. Il rapporto maschi-femmine è di 3,2:1, con un picco di età tra i 50 e i 54 anni negli uomini e 65-69 anni nelle donne.

Negli ultimi decenni vari tentativi sono stati effettuati per fornire una chiara e dettagliata classificazione della pancreatite cronica.

La prima classificazione di Marsiglia del 1963 distingue la pancreatite acuta e cronica in base a criteri morfologici. Una pancreatite si definisce acuta quando successivamente alla rimozione della causa scatenante l’attacco si ha una risoluzione clinica, morfologica e funzionale della malattia. D’altra parte, la pancreatite si definisce cronica quando si osserva una alterazione istologica permanente associata spesso (ma non sempre) ad una persistente compromissione clinica e funzionale.Secondo questa classificazione si distingue la pancreatite acuta, la pancreatite acuta recidivante, la pancreatite cronica recidivante e la pancreatite cronica; si afferma anche che è raro per una pancreatite acuta evolvere in cronica. Le due revisioni successive hanno tentato di classificare meglio gli aspetti istopatologici per individuare dei fattori eziologici comuni in grado di sviluppare la malattia.( Marsiglia-Roma del 1988 ).

In questa classificazione dal punto di vista morfologico si individuano una pancreatite cronica calcifica (rappresenta il sottogruppo più vasto, circa il 90-95% dei casi; è caratterizzata da fibrosi della ghiandola associata a calcoli intraduttali; l’alcool rappresenta la causa principale di questa forma); una ostruttiva (dovuta ad ostruzione del dotto pancreatico principale con dilatazione a monte ed atrofia; in genere per neoplasie, traumi, pseudocisti, pancreas divisum, stenosi papillari benigne ed esiti cicatriziali); una “infiammatoria” (che comprende le cause autoimmunitarie come la sindrome di Sjögren, colangite sclerosante primitiva).

La classificazione di Cambridge del 1984 si avvale di parametri morfologici per effettuare un “grading” e distingue solamente la pancreatite in acuta e cronica.

Tutte queste classificazioni non distinguono le differenti forme di pancreatite cronica in base all’eziologia, né aiutano a individuare le possibili connessioni tra alterazioni funzionali ed i fattori eziologici.  

Tranne alcune eccezioni l’eziologia della maggior parte dei casi di pancreatite cronica è conosciuta solo parzialmente (tab.1). Sin dalle prime osservazioni l’alcol è stato considerato la causa principale di pancreatite cronica nei paesi industrializzati: infatti, il 55-80% dei pazienti evoca nella propria anamnesi una storia di abuso di alcol prima della diagnosi della malattia (generalmente ³ 80 g/die per alcuni anni negli uomini, un po’ meno nelle donne

Tuttavia molto ancora si discute circa il ruolo del solo alcol, indipendentemente da altri fattori genetici o ambientali, come agente eziologico della pancreatite cronica. Infatti solamente il 10% tra i forti bevitori sviluppa una malattia clinicamente riconosciuta; più del 30% circa dei pazienti in cui l’alcol viene considerato l’agente causale della malattia fanno un uso “sociale” di alcol; sebbene il rischio aumenti in funzione della quantità del consumo, non vi è una evidente soglia di tossicità; da solo non è in grado di provocare una pancreatite cronica negli animali da esperimento. Pertanto l’alcol sembra essere un cofattore nello sviluppo della pancreatite cronica in soggetti predisposti ed agisce insieme ad altri fattori genetici o ambientali non ancora ben identificati.

I geni coinvolti sono ancora sconosciuti e sebbene siano stati individuati alcuni candidati come il polimorfismo per l’aldeide deidrogenasi, gli antigeni HLA,  il CFTR (cystic fibrosis transmembrane conductance regulator), il gene del tripsinogeno cationico, nessuno di questi sembra essere coinvolto nel predisporre allo sviluppo della malattia.

La fisiopatologia della pancreatite cronica ancora non è stata chiaramente definita e sono state proposte numerosi ipotesi.

Una prima ipotesi si basa sull’osservazione che le alterazioni iniziali nel pancreas di un paziente etilista cronico consistono nella precipitazione di proteine eosinofile (che tendono a formare dei tappi o “plugs”) a livello degli acini e dei duttuli e che questo evento precede la formazione dei calcoli pancreatici.  Sebbene il meccanismo che conduce alla genesi di questi tappi proteici sia sconosciuto, due sono i fattori che potrebbero contribuire. Primo, nelle pancreatiti croniche calcifiche alcoliche, si verifica un aumento della secrezione di proteine da parte delle cellule acinari a cui non si associa un aumento di bicarbonato da parte della cellule duttali e di componente fluida con conseguente aumento della concentrazione di proteine nel succo pancreatico. Secondo, una parziale attivazione degli zimogeni pancreatici all’interno dei piccoli dotti pancreatici potrebbe causare la precipitazione di proteine denaturate a causa di un alterato clivaggio proteolitico. Nella patogenesi dei “plugs” potrebbe essere coinvolta anche una proteina chiamata GP2, rilasciata in alte concentrazioni nei dotti dal versante apicale delle cellule acinari e che mostra evidenti analogie con la uromodulina (proteina di Tamm Horsfall) implicata nella formazione dei calcoli renali. La GP2 è uno dei principali componenti dei “plugs” pancreatici dal momento che tende a formare aggregati a pH<7.0 (il pH del succo pancreatico dei pazienti con pancreatite cronica è, infatti, solitamente <7.0). Non si conosce se la GP2 rappresenti una componente anche dei calcoli pancreatici nella genesi dei quali, invece, sarebbero implicate le litostatine, proteine a basso peso molecolare secrete dalle cellule acinari insieme agli enzimi digestivi, fisiologicamente responsabili della stabilizzazione dell’eccesso di calcio

Una volta assorbito, l’etanolo è catalizzato a livello epatico ad opera dell’ADH in acetaldeide, poi attraverso l’ALDH in acetato. Non è stato ancora chiaramente individuato quale sostanza sia  responsabile del danno pancreatico:  se l’etanolo o il suo metabolita acetaldeide, infatti questo ultimo risulta essere 10-30 volte più tossico dell’etanolo ed è in grado di alterare molti processi cellulari. Tuttavia è ipotizzabile che entrambi agiscano sulla ghiandola pancreatica nello sviluppo dell’infiammazione. La predisposizione genetica allo sviluppo di una pancreatite alcolica potrebbe essere correlata al polimorfismo dei geni per l’alcol deidrogenasi (ADH) e l’aldeide deidrogenasi (ALDH), enzimi coinvolti nel metabolismo dell’alcol. Mentre sembra non vi sia differenza nella frequenza degli alleli per l’ADH nei pazienti con pancreatite cronica, alcune osservazioni hanno dimostrato che alcuni genotipi dell’ALDH (in particolare ALDH2*1/2*1) si presentano con frequenza maggiore nei pazienti con pancreatite alcolica e che possano predisporre allo sviluppo di una pancreatite alcolica [10].

Un ruolo non trascurabile nella patogenesi sembra essere giocato dallo stress ossidativo che, nei pazienti con malattie infiammatorie pancreatiche, è stato dimostrato essere aumentato attraverso il danno delle cellule acinari indotto dalla produzione di radicali liberi [11-12].

Un problema ancora irrisolto è la relazione che intercorre tra pancreatite acuta e cronica nei pazienti alcolisti.Esistono numerose caratteristiche in comune tra pancreatite acuta e cronica, che avvalorano l’ipotesi di una stretta associazione tra entrambe le condizioni. Primo, l’abuso di alcol rappresenta la causa più comune di entrambe le patologie; secondo, la pancreatite cronica alcolica generalmente inizia con episodi acuti di pancreatite che non sono distinguibili clinicamente da pancreatiti acute; terzo, le pseudocisti, che sono frequenti in entrambe le condizioni, hanno caratteristiche istologiche identiche. In più, è stato dimostrato che la frequenza e la severità degli episodi di pancreatite acuta sono fattori importanti nella cronicizzazione.

Secondo la teoria della necrosi-fibrosi è presente anche un secondo fattore, come la fibrosi postnecrotica con un interessamento secondario del sistema duttale, che giocherebbe un ruolo importante nella progressione da acuta a pancreatite cronica.

 Pertanto si può considerare la pancreatite cronica come uno stadio finale della storia naturale di pancreatiti acute alcol-relate: una pancreatite acuta severa con multipli foci di necrosi intra ed extrapancreatici causa un danno irreversibile alla ghiandola, provocando una fibrosi perilobare e la distorsione dei dotti. La conseguente stenosi del sistema duttale ostruisce il flusso pancreatico, causa stasi, precipitazione di proteine e la formazione di calcoli.

 

MANIFESTAZIONI CLINICHE

 

Dolore

 

La pancreatite cronica si presenta   con un variegato corteo sintomatologico caratterizzato cronologicamente da una fase precoce di episodi ricorrenti di pancreatite acuta ed uno stadio tardivo dominato da steatorrea, diabete e/o calcificazioni pancreatiche. Vi è, poi, un sottogruppo primariamente privo di dolore, soprattutto la pancreatite cronica idiopatica (“senile”) [15-16], che diventa clinicamente manifesta solo quando appaiono i sintomi tipici della fase tardiva.

Il dolore addominale rappresenta il problema clinico più serio nel corso della pancreatite cronica ed assume diverse caratteristiche. È localizzato diffusamente nell’addome superiore, in ipogastrio, ipocondrio destro e sinistro, solitamente è descritto come profondo e penetrante; può aumentare dopo il pasto e raggiungere intensità tale da limitare sensibilmente l’attività lavorativa e le relazioni sociali dei pazienti. Si irradia al dorso con una tipica disposizione a “cintura” e può essere ridotto mettendo il paziente in posizione seduta con il busto piegato in avanti.

 Il dolore, per lo più, è causato da alterazioni strutturali: 1) psuedocisti; 2) colestasi sintomatica;

 3) dilatazione dei dotti pancreatici ed aumento della pressione intraduttale; 4) infiammazione della ghiandola. Il processo infiammatorio provoca dolore coinvolgendo i nervi pancreatici e causando una ostruzione duodenale, del sistema biliare o pancreatico. [17].

Steatorrea

 

Nella maggior parte dei pazienti con pancreatite cronica alcolica la steatorrea si presenta mediamente entro 13 anni dall’esordio dei sintomi [21]. Si manifesta quando la secrezione della lipasi pancreatica si riduce a meno del 10% del normale;

Il paziente con steatorrea elimina feci grasse, untuose e possono persistere alcune goccioline di olio.

 

Diabete mellito

 

È una evenienza rara, a meno che più dell’80% della ghiandola sia stata distrutta.

 

 

DIAGNOSI

La diagnosi di pancreatite cronica può essere fatta in base ai soli criteri istologici o morfologici, o dalla combinazione di aspetti morfologici, funzionali e clinici. Comunque, le sole alterazioni funzionali non consentono di fare diagnosi di pancreatite cronica in quanto i test funzionali non permettono di differenziare la pancreatite cronica dalle altre forme di insufficienza pancreatica senza pancreatite.

La diagnosi di pancreatite cronica severa con estese calcificazioni e dilatazione dei dotti è semplice. La difficoltà nella diagnosi riguarda i pazienti con pancreatite cronica “minimal changes”, lieve, moderata, che presentano solamente il dolore “pancreatico”, coloro in cui bisogna fare diagnosi differenziale tra infiammazione cronica e tumore o, infine, che hanno avuto un recente episodio di pancreatite acuta.

Come in altre patologie l’esame istologico rappresenta il  “gold standard”: una infiammazione persistente o una distorsione della normale architettura ghiandolare sono indicative di pancreatite cronica. Biopsie pancreatiche si possono ottenere per via chirurgica laparoscopica o laparotomica; per via percutanea sotto guida ecografia o TAC; per via ecoendoscopica. Purtroppo le biopsie pancreatiche sono disponibili solo in pochi casi selezionati, cosicché spesso bisogna rinunciare ad una diagnosi “gold standard”.

Le tecniche per immagini più comunemente utilizzate sono: la TAC, la pancreatografia retrograda per via endoscopica, la ecoendoscopia (endoscopic ultrasonography, EUS) e la risonanza magnetica. Inoltre i casi di pancreatite cronica con calcificazioni possono essere facilmente identificati mediante una diretta addome o con una ecografia transaddominale; se presenti, i calcoli

consentono una diagnosi di pancreatite cronica con una confidenza del 90%.

 

Tomografia assiale computerizzata (TAC)

La TAC addominale dovrebbe essere il primo esame nella valutazione di una possibile infiammazione cronica del pancreas: la diagnosi di pancreatite si fa in presenza di calcificazioni nei dotti pancreatici o parenchimali, dilatazione del Wirsung, atrofia del parenchima.

 

Pancreatografia retrograda per via endoscopica (ERP)

La pancreatografia retrograda per via endoscopica (ERP) è un esame dotato di alta sensibilità e specificità (rispettivamente del 90% e 100%) [22].

L’ERP rimane utile ed indispensabile per tutti quei pazienti con forte sospetto di pancreatite cronica in cui tutti gli altri test non sono stati diagnostici, nei pazienti con episodi recidivanti di pancreatite acuta, o quando alla diagnostica deve essere associato un intervento terapeutico. In realtà negli ultimi anni con l’avvento di metodiche diagnostiche nuove (ecoendoscopia e risonanza magnetica) l’ERP viene sempre più utilizzata a scopo terapeutico e non diagnostico.

 

Ecoendoscopia (EUS)

L’EUS è una metodica di recente sviluppo  per la  quale si utilizzano strumenti con sonde ad alta frequenza (da 5 Mz a 30 Mz) che vengono posizionate in prossimità del pancreas così da consentire l’acquisizione di  immagini del parenchima e del sistema duttale ad alta risoluzione (< 1mm);inoltre durante la procedura si possono effettuare biopsie e/o prelievi di succo pancreatico. In virtù di queste considerazioni probabilmente nel futuro l’EUS diventerà il mezzo diagnostico di scelta nei casi in cui sussiste il sospetto di  pancreatite cronica ed è importante una diagnosi precoce.

 

Risonanza magnetica

La colangiopancreatografia in risonanza magnetica (MRCP) è un importante mezzo diagnostico: è una tecnica non invasiva, non utilizza radiazioni ionizzanti e mezzi di contrasto, con un potere di risoluzione che, come l’EUS, è di circa 1 mm. L’impiego della secretina, somministrata per via endovenosa durante l’esame, stimola la secrezione esocrina pancreatica e consente da una parte di avere informazioni sulla capacità funzionale mediante la misura del volume di succo pancreatico che raggiunge il duodeno, dall’altra di sfruttare il succo pancreatico come mezzo di contrasto “endogeno” per visualizzare meglio il sistema duttale pancreatico ed evidenziare eventuali substenosi non visibili in condizioni basali e che diventano evidenti sotto stimolo.

 

Test funzionali 

Il pancreas ha un buona riserva funzionale, per cui deve essere presente un danno importante della ghiandola prima che l’insufficienza funzionale sia clinicamente manifesta. I test funzionali sono utili per 3 motivi: 1) nella diagnosi di insufficienza pancreatica; 2) nella valutazione di una pancreatite cronica; 3) per individuare la necessità di una terapia. La capacità esocrina può essere studiata direttamente raccogliendo il succo pancreatico con un sondino in duodeno dopo stimolo con secretina o indirettamente mediante il dosaggio di enzimi (amilasi e lipasi nel siero; chimotripsina o elastasi nelle feci) o di reazioni enzimatiche (bentiromide o NBT-PABA, pancreo-lauril test) Il PABA test prevede l’assunzione di bentiromide che viene scissa dalla chimotripsina pancreatica liberando l’acido para-amino-benzoico; quest’ultimo viene assorbito dall’intestino tenue, coniugato nel fegato ed i suoi metaboliti vengono escreti nelle urine  il dosaggio dei quali ci fornisce una misura indiretta della funzionalità del pancreas. Il test al pancreo-lauril comporta l’ingestione di fluorescina dilaurato che stimola la secrezione di arilesterasi pancreatica. A partire dal dilaurato le arilesterasi liberano la fluorescina che viene assorbita dall’intestino, coniugata nel fegato ed escreta nelle urine. Complessivamente i test funzionali non sono diagnostici di pancreatite cronica, tuttavia possono essere utilizzati  come segno di pancreatite cronica e come misura della gravità del danno pancreatico.

 

Tab.1

Cause di pancreatite cronica

Tossico-metabolica

            Alcol

            Fumo

            Ipercalcemia (iperparatiroidismo)

            Iperlipidemia

            Dieta ipercalorica, iperproteica, ricca di lipidi animali

            Malnutrizione (proteica, lipidica)

            Insufficienza renale cronica

            Farmaci (es. abuso i fenacetina)

            Sostanze tossiche

Idiopatica

            Ad esordio precoce

            Ad esordio tardivo

            Tropicale

Su base genetica

            Autosomica dominante (tripsinogeno cationico)

            Autosomica recessiva  (es. mutazione del gene CFTR)

Autoimmune

            Pancreatite cronica autoimmune isolata

            Pancreatite cronica autoimmune sindromica (PC associata alla sindrome di Sjögren o alle IBD o alla cirrosi biliare primitiva)

Ostruttiva

            Pancreas divisum

            Stenosi papillari benigne

            Neoplasie benigne/maligne del pancreas o dell’ampolla

            Traumi

            Pseudocisti

            Esiti cicatriziali ( post pancreatite acuta necrotico emorragica)

 

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