Simposio
Approccio mini-invasivo in cardiochirurgia: dalla rivascolarizzazione “off-pump” alla sostituzione valvolare transcatetere
Moderatori:
Raoul Borioni (Dipartimento Scienze Cardiovascolari, European Hospital, Roma)
Alessandro Pardini, (U.O. Cardiochirurgia, Ospedale di Terni), moderatore
Giorgio Rabitti, (U.O. Chirurgia Vascolare, Aurelia Hospital, Roma), moderatore
La rivascolarizzazione miocardica a cuore battente
Ruggero De Paulis, Andrea Salica.
On-pump vs Off-pump
Il bypass aortocoronarico (CABG) rappresenta ancora oggi il gold standard per il trattamento della cardiopatia ischemica critica nel paziente multi-vasale.
La procedura convenzionale prevede l’ausilio della circolazione extracorporea e dell’arresto cardiaco cardioplegico (on-pump).
La rivascolarizzazione miocardica a cuore battente, senza l’ausilio della circolazione extracorporea (off-pump), venne riproposta a metà degli anni ’90 ad opera di Benetti come tecnica mini-invasiva associata a mini-toracotomia sinistra e destinata al trattamento della patologia coronarica critica monovasale1-2. L’assenza di manipolazione aortica, di ischemia miocardica per arresto cardioplegico ed la riduzione della risposta infiammatoria sistemica, generata dalla stessa circolazione extracorporea, oltre a costituirne i potenziali vantaggi, ben si inserivano nel concetto di mini-invasività in cardiochirurgia .
All’inizio, i limiti al suo utilizzo, anche nel paziente multi-vasale, si dimostrarono di natura prevalentemente tecnica. Avere un “cuore battente”, da una parte rendeva complesso esporre adeguatamente tutte le pareti del cuore, dall’altra impediva di lavorare su un campo chirurgico immobile ed esangue.
Con l’introduzione, nell’ultimo decennio, degli stabilizzatori cardiaci e degli shunts coronarici, l’off-pump ha superato tali difficoltà tecniche ed è attualmente una valida opzione per il trattamento della cardiopatia ischemica anche nel paziente multivasale. Infatti, i dati pubblicati dalla “Society of Thoracic Surgeons”, evidenziano come negli USA l’off-pump rappresenti il 20,4% degli interventi bypass aorto-coronarico già nel 20073.
L’interesse per la metodica ha condotto da subito alla produzione di numerosi trials clinici randomizzati (RCT) tra on-pump ed off-pump, al fine di valutarne le eventuali differenze. In tal senso va sottolineato però che un RCT di questo tipo, per avere risultati significativi, in una popolazione non selezionata di pazienti coronarici, dovrebbe arruolare un campione di circa 8000 malati4 . Sfortunatamente i RCTs prodotti all’inizio degli anni 2000 (BHACAS I e II 5, SMART6, OCTOPUS7 ne sono tra i più rappresentativi, Tab. 1), si caratterizzavano per una limitata numerosità dei campioni in studio (tra 168 e 281 pazienti arruolati dell’OCTOPUS) e quindi erano privi di una sufficiente potenza statistica per giungere a risultati definitivi4. In effetti i risultati osservati, sia nei singoli trials che nelle metanalisi successive, non hanno potuto evidenziare differenze significative tra le due metodiche, specialmente in relazione agli end-points di mortalità, stroke ed infarto miocardico peri-procedurale4-8.
Trials |
Pts |
Mean Edge |
Class of risk |
Follow-up |
End-points |
Results |
BHACAS I-II |
200 |
62 |
Low |
3 years |
MACCE |
ns |
OCTOPUS |
281 |
61 |
Low |
37 days |
MACCE |
ns |
SMART |
200 |
62 |
Low |
1 year |
Graft-patency |
ns |
Tab. 1: I Trials clinici randomizzati più rappresentativi pubblicati all’inizio degli anni 2000.
Accanto ai RCTs, numerosi studi osservazionali non randomizzati hanno dimostrato invece la superiorità dell’off-pump rispetto alla tecnica convenzionale, on-pump, soprattutto nelle popolazioni di pazienti ad alto rischio, nelle donne e nei diabetici9.
Puskas e coll., da una analisi retrospettiva comprendente un campione di 14.766 pazienti, conclude che nei malati ad alto rischio l’off-pump è superiore alla tecnica convenzionale in termini di mortalità a trenta giorni e che il beneficio dell’off-pump si dimostra maggiore quanto maggiore è la classe di rischio preoperatoria dei pazienti presi in esame10.
Inoltre le metanalisi degli studi non randomizzati concludono per un migliore outcome, dei pazienti off-pump, anche in relazione all’incidenza di infezioni, sanguinamento ed insufficienza renale acuta post-operatoria 9-10.
Recentemente sono stati pubblicati i risultati del ROOBY study11, uno studio prospettico randomizzato su 2203 pazienti, da cui si conclude per la superiorità della tecnica on-pump rispetto all’off-pump sia per l’end-point composito che per la “graft patency”, in un follow-up ad un anno.
A dispetto di un numeroso campione in studio, il ROOBY è stato presto oggetto di critiche ampiamente condivise. Prima tra tutte quella di non essere stato condotto su una popolazione di pazienti a rischio, la più suscettibile dei vantaggi della tecnica off-pump. I pazienti arruolati infatti, tutti di sesso maschile (Veterans Affairs), avevano una età media di 62 anni con buona frazione d’eiezione e bassa incidenza complessiva di comorbidità quali diabete, insufficienza renale, BPCO ecc. I chirurghi coinvolti nello studio, inoltre, erano costituiti per la maggior parte da chirurghi in training, che venivano supervisionati da chirurghi non esperti nella procedura off-pump12.
E’ attualmente in corso il CORONARY, uno studio Canadese su circa 4000 casi di cui è prevista la conclusione nel 2014.
E’ in attesa di pubblicazione, invece l’ON-OFF STUDY, uno studio multicentrico randomizzato Italiano, di cui l’European Hospital ha fatto parte. Lo studio, comprendente 411 pazienti coronarici ad alto rischio, con Euroscore maggiore di 6, conclude per la superiorità dell’off-pump nell’end-point composito e ne dimostra, nell’analisi on-treatment, un sostanziale beneficio nell’incidenza di insufficienza renale e di sanguinamento post-operatorio.
La nostra esperienza nella rivascolarizzazione miocardica ha visto una importanza crescente dell’off-pump rispetto all’on-pump, partendo dal 60% dei casi di CABG del 2006 fino a circa il 95% del 2010. In linea con i dati presenti in letteratura abbiamo osservato, nell’off-pump, una minore incidenza di insufficienza renale acuta post-operatoria e una sostanziale riduzione dell’incidenza di emotrasfusione o di riaperture per sanguinamento.
Conclusioni
Il cuore battente è una strategia scelta da un numero sempre crescente di centri di cardiochirurgia in Europa e nel mondo.
Indubbi vantaggi si trovano nei casi di ateromasia dell’aorta ascendente, in quanto permette una rivascolarizzazione miocardica completa evitando qualsiasi manipolazione aortica.
Numerosi studi non randomizzati ne hanno evidenziato la superiorità rispetto all’on-pump, nei pazienti affetti da diabete, insufficienza renale e nelle popolazioni ad alto rischio in generale.
Nonostante questo, ancora oggi mancano trials clinci randomizzati in grado di dimostrare eventuali differenze tra le due metodiche e di giungere a conclusioni definitive in relazione specialmente a eventi quali mortalità, stroke ed infarto miocardico periprocedurale.
Bibliografia
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Per la corrispondenza:
Andrea Salica
Via Portuense, 700, Roma.
andreasalica@tiscali.it
European Hospital, Roma
Dipartimento di Scienze Cardiovascolari