La Sicurezza nelle Camere iperbariche
G.P. Consoli
Per definire le camere iperbariche1 bisogna ricorrere a molteplici “prospettive”: dal punto di vista
tecnico si tratta di “recipienti in pressione” (e come tali regolamentati); nell’ottica dell’impiego
possono essere ambienti lavorativi o terapeutici (assumendo la valenza di dispositivi medici); per
l’operatore subacqueo un luogo confortevole (decompressione2“all’asciutto”) oppure dove
trascorrere un po’ di tempo se qualcosa è “andata storta” in acqua (decompressione curativa3).
1 Termine di significato generale che viene normalmente riferito alle camere destinate ad impieghi “asciutti” (dette
anche di “decompressione” o “ricompressione”) mentre i sistemi per l’esecuzione di immersioni (da navi o
piattaforme di superficie) ricadono nella definizione di “impianti iperbarici”.
2 Modalità di risalita, con eventuali soste, verso la superficie (condizione normobarica) dopo l’immersione (esposizione
iperbarica).
3 Terapia iperbarica per fronteggiare patologie sorte a seguito di immersione (PDD).
4 In Italia è vietato pressurizzare con ossigeno; altri gas sono impiegati esclusivamente in impianti per immersioni
profonde.
5 D. Lgs. 25 feb. 2000, n°93.
L’impiego si attua con pressurizzazione della camera mediante aria compressa4 generalmente
associata all’erogazione di ossigeno puro (meno frequentemente miscele iper-ossigenate) che
viene inspirato dai presenti tramite appositi dispositivi (mascherini oronasali o caschi); l’espirato,
ancora ricco di ossigeno, viene espulso direttamente all’esterno della camera per evitare
l’innalzamento della concentrazione di ossigeno nell’atmosfera interna (microclima), che si vuole
mantenere pari a quella tipica dell’aria (circa 21%).
Una corretta valutazione dei rischi deve, dunque, tenere conto della coesistenza di significative
problematiche di ordine tecnico (costruzione, installazione, manutenzione) con la presenza
continuativa di persone (lavoratori e perfino pazienti) in un contesto confinato e sotto pressione –
perciò impossibilitate ad un rapido allontanamento – ed in eventuale – per quanto da evitare –
aumentata concentrazione di ossigeno.
I rischi prevalenti di un ambiente iperbarico sono identificati nella rapida ed incontrollata
depressurizzazione e nello sviluppo di un incendio, entrambe drammatiche circostanze fonte di
gravi pericoli sia per il personale presente all’interno che all’esterno della camera.
Ne consegue che la sicurezza risiede su due fattori critici: progettazione e realizzazione adeguate
(sicurezza costruttiva) e procedure di impiego appropriate, collaudate ed ineludibili (sicurezza
operativa).
Anche l’attenta considerazione di questi due fattori non potrà impedire, in termini assoluti, la
persistenza di condizioni favorevoli al pericolo più tangibile e temibile: il rischio incendio.
In ambito europeo, la progettazione, fabbricazione e valutazione di conformità di una camera
iperbarica sono disciplinate dalla direttiva in materia di attrezzature in pressione “97/23/CEE”
detta anche “PED – pressure equipment directive” recepita nella legislazione nazionale5. Si tratta di
una direttiva decisamente dettagliata che consente di apporre il marchio “CE” al sistema finito
quando pienamente conforme ai requisiti essenziali di sicurezza enunciati nella direttiva stessa.
L’articolato percorso per riscontrare la rispondenza ai requisiti deve essere affidato ad un ente
terzo riconosciuto (organismo notificato).
Inoltre, se la camera è destinata alla somministrazione di trattamenti di ossigeno-terapia
iperbarica (OTI) rientra pienamente nel campo di applicazione della direttiva europea sui
dispositivi medici “93/42/CEE”6 e nella discendente norma armonizzata “EN 14931/2006 – c.i.
multiposto per terapia iperbarica”, dove sono elencate tutte le prestazioni ed i requisiti di
sicurezza necessari.
6 D. Lgs. 24 feb. 1997, n°46.
7 Dec. 1 dic. 2004, n°329 “[…] messa in servizio ed utilizzazione delle attrezzature a pressione […]”.
8 “La gestione in sicurezza delle c. i. multiposto in ambiente clinico” – Ist. Sup. prevenzione e sicurezza del lavoro.
Una piena aderenza a questo elaborato quadro normativo fornisce concrete garanzie sulla
sicurezza costruttiva delle moderne camere iperbariche, specie rispetto ad eventi distruttivi quale
la rottura dell’involucro presso resistente o delle sue dotazioni (tubazioni, valvole, portelli, oblò)
con conseguente incontrollata depressurizzazione e violentissimo rilascio di energia.
La responsabilità su questi aspetti risiede nel fabbricante; dal suo, il committente della camera
iperbarica, oltre ad avvalersi dei propri consulenti tecnici, può facilmente accertarsi del rispetto
dell’iter descritto (marchio CE) e valorizzare l’intervento dell’organismo notificato in sede di prima
installazione7.
Da non trascurare, sempre nell’ambito progettuale-costruttivo, le caratteristiche del locale adibito
ad ospitare la camera. Nel caso di ambienti clinici alcune indicazioni provengono dalle linee guida
ISPESL8 / 1998. Il documento fu redatto da un gruppo di lavoro, con il contributo della Marina
militare italiana ed altre realtà specializzate, costituitosi per approfondire la materia dopo un
tragico incidente, con undici vittime, occorso alla camera iperbarica dell’Istituto Galeazzi di Milano
l’anno precedente.
Si evidenziano: la necessità di una facile accessibilità alla camera, di disporre di adeguati locali di
servizio dove collocare tutte le apparecchiature ausiliarie (compressori, stoccaggi e quadri di
distribuzione dei gas), di provvedere le dotazioni antincendio ed elettriche contemplate per i
luoghi con pericolo di esplosione.
In termini di gestione e condotta delle camere, invece, si devono intendere tutte le modalità e
procedure per un utilizzo costantemente efficiente e sicuro; siano esse riferite alle manovre per
l’esercizio quotidiano, che all’insieme di pratiche, verifiche ed operazioni manutentive mirate alla
salvaguardia, nel tempo, dell’originale prestazione e funzionalità dell’impianto.
In questo caso la responsabilità transita sul responsabile dell’impiego della camera nonostante il
fabbricante possa attuare una sorveglianza post-vendita.
Operare e manutenere, anche al solo livello di utilizzatore, una camera iperbarica richiede
competenze specifiche e consolidate di non facile reperibilità. Purtroppo la figura del tecnico
iperbarico, specie in ambiente sanitario, trova collocazione solo in norme non cogenti, linee guida,
suggerimenti. Diversa, ad esempio, la realtà della Marina militare che ha istituito, forma ed
addestra questa figura professionale da molto tempo.
Un operatore impreparato potrebbe eseguire negligentemente il profilo terapeutico prescritto dal
medico, a rischio di comprometterne l’efficacia, ma, soprattutto, non prevenire l’insorgenza delle
condizioni legate al rischio incendio.
Come noto, l’avvio ed il sostentamento della reazione chimica detta “combustione” dipende dalla
presenza concomitante di tre elementi: comburente, combustibile, temperatura fornita da un
innesco. Nella camera iperbarica solo quest’ultimo, l’innesco, può essere tentativamente azzerato:
l’ossigeno (comburente) è naturalmente presente; il combustibile, pur utilizzando i migliori
materiali ignifughi, è inevitabilmente presente, gli occupanti!
L’iperbarismo ha l’effetto di facilitare l’ignizione dei materiali ed incrementare la velocità di
combustione; se a questo si accompagna un eccesso di ossigeno (ad es., perdite dai mascherini)
l’effetto è drasticamente amplificato. Numerose esperienze dimostrano che superata la soglia del
23,5% di ossigeno, la combustione è talmente rapida da trasformarsi in una furiosa vampata, con
notevole incremento delle temperature di picco e repentino sviluppo di fumi. Viene così vanificata
ogni utilità protettiva (impianto antincendio – sebbene dotato di sensori rapidi - , estintori,
depressurizzazione controllata).
Nella gestione del rischio9 rimane, però, l’arma fondamentale della prevenzione, attuata e
controllata dall’operatore della camera e tesa ad eliminare ogni possibile sorgente di innesco (ciò
che in termini costruttivi è avvenuto selezionando idonei materiali, inclusi i componenti elettrici, e
soluzioni costruttive).
9 Il rischio si considera prodotto di due fattori: probabilità (frequenza) ed intensità (conseguenza); il controllo della
prima ricade nelle misure preventive, il controllo della seconda nelle misure protettive.
Innanzitutto, deve essere impedito l’ingresso di oggetti che possano produrre fiamma, scariche
elettriche, generare calore e depositare lubrificanti (accendini, scaldini, orologi, cellulari, lettori
musicali, barelle con ruote oliate); i lavoratori o pazienti devono indossare abbigliamento idoneo
(preferibilmente ignifugo, incluse le scarpe).
Tutto il ciclo di impiego deve essere costantemente monitorato con analizzatore di ossigeno che
fornisca, in tempo reale, l’esatta percentuale instaurata all’interno; l’indicazione normale deve
ritenersi il 21%, non appena si manifesta una tendenza al rialzo (indice di ingresso indesiderato di
ossigeno) va iniziata l’operazione di ventilazione.
La ventilazione consiste nella contemporanea immissione e scarico di aria affinché si determini un
riciclo dell’atmosfera interna senza variazioni bariche. La ventilazione deve proseguire fino al
ripristino della lettura del 21%, nel frattempo è bene investigare sulle cause dell’aumento (ad es.,
pazienti che non calzano correttamente il mascherino).
La ventilazione è fastidiosa per gli occupanti (produce rumore), consuma aria (usura filtri e
compressori), richiede concentrazione da parte dell’operatore della camera, ma è assolutamente
un indispensabile baluardo di sicurezza.
Anche l’umidità deve essere controllata: un elevato tenore è sfavorevole all’accumulo di cariche
elettrostatiche.
Questi semplici provvedimenti – riassumibili in una piena consapevolezza da parte del personale
preposto – sarebbero stati sufficienti ad impedire od attenuare la maggior parte degli incidenti
riferiti ad incendio iperbarico descritti in letteratura.
Infine, un attendente interno è esso stesso elemento di sicurezza, mentre registri di impiego e
manutenzione disponibili e sempre compilati forniscono agli addetti un quadro aggiornato dello
stato dell’impianto e di eventuali deficienze da sanare.
Bibliografia essenziale
AA.VV. NOAA Diving manual, 4th Ed – National Oceanic and Atmospheric Administration, 2001
AA.VV. Manuale del palombaro, versioni varie – MMI COMSUBIN
AA.VV. Diving manual, Rev. 6 – US NAVY, 2008
Capitano di fregata (AN) Marina militare Raggruppamento subacquei ed incursori “Teseo Tesei” – La Spezia