ABSTRACT:
EPIDEMIOLOGIA: ancora oggi la tubercolosi rappresenta un cruciale problema di sanità pubblica : è stato calcolato che nel decennio 1990-99 si sono avuti nel mondo 88 milioni di casi cumulativi di tubercolosi: i Paesi in via di sviluppo sono i più colpiti da questa enorme diffusione della malattia.
Su scala europea, nel corso dell’ultimo decennio, si registra un andamento simile, nel senso che la tubercolosi è molto più diffusa nei paesi dell’Est europeo, per le condizioni storiche del loro sviluppo.
Nei paesi occidentali, al lento e progressivo declino della malattia che si è verificato dopo la II guerra mondiale è subentrato, negli anni ’80, un relativo incremento, che è stato attribuito alla diffusione della infezione da HIV e alla massiva immigrazione da paesi ad alta prevalenza di TBC.
In Italia mancano valutazioni pienamente attendibili sull’entità di questo fenomeno; riferendoci alle notifiche ufficiali di tubercolosi in Italia, si è potuto notare un incremento dei casi dal 1987 al 1994 con una successiva stabilizzazione o lieve calo del numero di denunce. Contemporaneamente si è avuto un incremento progressivo della percentuale dei casi di TBC in soggetti di origine extracomunitaria: il rapporto per le notifiche tra nati in Italia ed immigrati è stato nel 1997 di 4 a 1 ed è progressivamente mutato fino ad essere nel 2002 di circa 1 a 1.
DIAGNOSTICA: nel corso degli ultimi anni si sono sviluppate innovative procedure diagnostiche: la tecnica PCR, basata sull’amplificazione della sequenza genica del Mycobacterium tuberculosis ha notevolmente incrementato le possibilità diagnostiche sia in termini di sensibilità che di specificità, con annullamento dei tempi di attesa.
Un altra, più recente, innovazione nella diagnostica della tubercolosi è stata l’introduzione del test all’ Interferon γ (Quantiferone) per la diagnosi di infezione tubercolare latente: questo test, basato sulla liberazione di Interferon γ dai linfociti T del sangue periferico, cimentati con antigeni tubercolari specifici, si è dimostrato altamente selettivo nei confronti della tradizionale indagine tubercolinica.
Passi avanti si sono anche avuti nel campo delle sierositi tubercolari per le quali è nota la difficoltà di diagnosi etiologica: oltre allo strumento del dosaggio dell’Interferon γ negli essudati pleurici e pericardici, si è dimostrato molto utile il dosaggio della Adenosin-deaminasi, cosicché, per la pericardite, usando un cut-off di 30 unità per litro, si è avuta una sensibilità per tubercolosi del 94% ed una specificità del 68%.
TERAPIA: il caposaldo della terapia della tubercolosi è stato, storicamente, quello dell’uso contemporaneo di più farmaci specifici per un periodo di tempo nettamente superiore rispetto a quello delle altre malattie infettive ed i casi di insuccesso sono dovuti a scarso adattamento del paziente ad osservare terapie prolungate e ad errori di impostazione della terapia.
Al momento, la cura standard internazionale per una tubercolosi bacillifera, presuppone una fase di attacco di quattro farmaci (Isoniazide, Rifampicina, Etambutolo, Pirazinamide) con molte varianti relative alla precoce sterilizzazione dell’espettorato, all’esistenza di patologie concomitanti e alla tolleranza rispetto ai farmaci impiegati.
Nell’ultimo decennio una particolare enfasi si è avuta da parte delle agenzie internazionali (WHO e CDC) sulla cosiddetta DOT: (acronimo inglese per Directed Observed Therapy) e che consiste sostanzialmente nell’invitare il paziente al Centro di cura ove egli deglutisce i farmaci sotto diretta osservazione di un operatore sanitario. Tale procedura, introdotta nei Paesi in via di sviluppo per le difficoltà di adattamento soggettivo all’autogestione della terapia e per i problemi, economici e gestionali, di approvvigionamento di farmaci, si è andata via via estendendo anche nei paesi più sviluppati.Ciò in considerazione del fatto che gli insuccessi anche in tali circostanze sono dovuti a resistenze ai farmaci, a precedenti abbandoni di cura, a situazioni di particolare non compliance (infezione da HIV, tossicodipendenza, malattie psichiatriche, homeless).
La spinta a incrementare sempre di più l’uso della DOT si basa anche sulla constatazione che la percentuale dei pazienti affetti da TBC che completa la cura in una gestione non controllata si aggira sul 61%, mentre con la DOT può raggiungere il 91%.
Sempre più applicazione trova nei programmi di lotta contro la tubercolosi, l’uso di combinazioni di più farmaci antitubercolari a dose fissa: tale strategia, anche se discutibile sul piano teorico, diminuisce la possibilità di monoterapie involontarie e di errori nell’assunzione di farmaci ed in ultima analisi fa diminuire la frequenza delle resistenze acquisite.
Vivo allarme epidemiologico suscita la presenza di malattia tubercolare dovuta a germi multiresistenti, poiché questi casi sono molto difficili da curare, impongono spesso prolungati ricoveri ospedalieri e interventi chirurgici demolitivi.
Attualmente il fenomeno rappresenta un serio problema di sanità pubblica soprattutto nei paesi in via di sviluppo e anche a quelli a “sviluppo intermedio” nei quali, a fronte di una relativa disponibilità di farmaci, non corrisponde un’adeguata cultura sanitaria di medici e di pazienti.
In Italia studi recenti hanno dimostrato la multiresistenza nei casi trattati per la prima volta a livelli non elevati (1, 2%) e si è visto anche che a distanza di pochi anni vi è un lieve declino della monoresistenza sia per la Rifampicina che per l’Isoniazide.
PREVENZIONE: storicamente la prevenzione della tubercolosi, si è basata su misure igienico-sanitarie generali e su regimi alimentari equilibrati, cosicchè la diffusione della malattia ha avuto un andamento inversamente proporzionale alla crescita del PIL (prodotto interno lordo).
La più efficace misura di prevenzione specifica della tubercolosi è però quella di identificazione dei contatti rispetto ad un nuovo caso di tubercolosi bacillifera e su scala globale il trattamento rapido ed efficace delle forme bacillifere rappresenta il primo argine alla diffusione della malattia.
La vaccinazione antitubercolare con BCG, ancorché diffusissima nei paesi in via di sviluppo, è di limitata efficacia nella prevenzione della tubercolosi nell’adulto e la classica “chemioprofilassi”, basata sulla somministrazione di un farmaco antitubercolare in particolari situazioni di rischio si sovrappone in effetti al trattamento di casi di tubercolosi latente non diagnosticata. Pertanto, la definizione di chemioprofilassi su scala internazionale è in via di essere sostituita con la LTBI: (acronimo inglese per Latent TB Infection) che viene definita come la presenza di Mycobacterium tuberculosis senza sintomi clinici e senza evidenzia radiografica di malattia tubercolare. In tale ambito campagne di test tubercolinici o di test al Quantiferone mirati su soggetti a rischio aiutano a scoprire soggetti con LTBI che possono beneficiare di un trattamento e aiutano a ridurre lo spreco di risorse e le terapie inappropriate.
EPIDEMIOLOGIA
Ancora oggi la tubercolosi rappresenta un cruciale problema di sanità pubblica a scala mondiale: è stato calcolato (1) che nel decennio 1990-99 si sono avuti nel mondo 88 milioni di casi cumulativi stimati di tubercolosi: naturalmente i paesi in via di sviluppo pagano il contributo più elevato a questa enorme diffusione della malattia.
Su scala europea, nel corso dell’ultimo decennio, si registra un andamento simile, nel senso che la tubercolosi è molto più diffusa nei paesi dell’est europeo per le condizioni storiche del loro sviluppo.
Nei paesi occidentali, al lento e progressivo declino della malattia che si è verificato dopo la II guerra mondiale è subentrato, nella seconda metà degli anni ’80, un relativo incremento, che è stato attribuito alla diffusione della infezione da HIV e al trasferimento, più o meno controllato, di enormi masse di immigranti provenienti da paesi ad alta prevalenza di malattia tubercolare.
Negli Usa i nuovi casi di Tbc , 22.000 nel 1985, sono saliti a 26.000 nel 1992 per poi calare a 15.000 nel 2004, in seguito ad una efficace campagna di case-finding e di terapia controllata e , specie per i casi multiresistenti, talora coercitiva (2).
Nei decenni passati nei paesi sviluppati si era assistito al fenomeno del progressivo spostamento dell’età di malattia verso le fasce di età più matura o avanzata (espressione di riprese evolutive di vecchie infezioni); nell’ultimo decennio negli USA questo trend si è modificato, per la progressiva scomparsa di questa generazione di “vecchi infettati” e quindi la morbosità annua (x 100.000 abitanti) e calata negli over-65 dal 17,7 del 1993 al 7.8 del 2004.(2)
In Italia mancano valutazione pienamente attendibili sull’entità di diffusione della malattia poiché, con lo smantellamento della rete dispensariale, è venuto meno uno strumento essenziale di controllo territoriale della malattia; riferendoci peraltro alle notifiche ufficiali di tubercolosi in Italia, si è potuto notare (3) un incremento dei casi dal 1987 al 1994 (da 3200 casi a circa 6000, rispettivamente) con una successiva stabilizzazione o lieve calo del numero di denunce (circa 5200 casi nel 1998). A questo fenomeno ha corrisposto l’incremento progressivo nel tempo della percentuale dei casi di tubercolosi in soggetti di origine straniera e tra questi con spiccata prevalenza di quelli di origine extracomunitaria e quindi, anche in Italia, il rapporto per le notifiche tra nati in Italia ed immigrati è stato nel 1997 di 4 a 1 ed è progressivamente mutato fino ad essere pressoché equivalente nel 2002 (3).Per i nuovi casi di TBC il “sorpasso” dei foreign born sui nati negli USA è avvenuto nel 2001 e si è andato consolidando negli anni successivi (2).
Nel corso degli ultimi anni ai tradizionali strumenti diagnostici di malattia tubercolare e di infezione tubercolare, si sono aggiunte altre procedure che hanno notevolmente arricchito il panel diagnostico in campo tubercolare. La identificazione della sequenza genica del genotipo del Mycobacterium tuberculosis ha notevolmente incrementato le possibilità diagnostiche, sia annullando i tempi di attesa che aumentando la sensibilità e la specificità: servendosi di reagenti Direct Genprobe la sensibilità è stata del 86% e la specificità del 100%(4).
Un altra, più recente, innovazione nella diagnostica della tubercolosi è stata l’introduzione del test all’Interferon-γ (Quantiferone) per la diagnosi di infezione tubercolare latente: questo test, basato sulla liberazione di Interferon-γ dai linfociti T del sangue periferico cimentati con antigeni tubercolari specifici, si è dimostrato altamente selettivo nei confronti della tradizionale indagine tubercolinica e non influenzato da una eventuale precedente vaccinazione con BCG. Si è potuta dimostrare (5) per questo test una specificità del 98,1% nei confronti di una popolazione senza rischi identificati di esposizione al M. tuberculosis ( 216 adulti giapponesi, vaccinati alla nascita con BCG) ed una sensibilità dell’89% nei confronti di un gruppo di pazienti con coltura positiva per M. tuberculosis.Una analoga maggiore sensibilità del Quantiferone, rispetto al test tubercolinico è stat recentemente dimostrata anche su una popolazione italiana (6).
Passi avanti si sono anche avuti nel campo delle sierositi tubercolari per le quali è nota una difficoltà nella diagnosi etiologica, atteso che molto raramente all’interno degli essudati sierositici è possibile identificare il M.tuberculosis.
Il dosaggio dell’Interferon-γ negli essudati pleurici si è dimostrato molto utile: un cut-off di 240 pg/ml è altamente predittivo di pleurite tubercolare (6); altrettanto utile si dimostrato il dosaggio della Adenosin-deaminasi per la pericardite: usando un cut-off di 30 unità per litro, si è avuta una sensibilità per tubercolosi del 94% ed una specificità del 68%(7).
La terapia e la guarigione definitiva della tubercolosi rappresentano un clamoroso esempio di successo della medicina moderna: basti pensare che la mortalità annuale per centomila abitanti per tubercolosi era in Italia di 212 nel 1887 ed è stata di 1 nel 1990 ed è cioè diminuita di oltre 200 volte. I capisaldi della malattia della tubercolosi sono stati storicamente quelli dell’uso contemporaneo di più farmaci specifici per un periodo di tempo nettamente superiore rispetto a quello delle altre malattie infettive ed i casi di insuccesso sono stati in passato, e lo sono tuttora, dovuti a scarso adattamento del paziente ad osservare terapie prolungate e ad errori di impostazione della terapia.
Al momento, la cura standard internazionale per una tubercolosi bacillifera (8), presuppone una fase di attacco di quattro farmaci (Isoniazide, Rifamicina, Etambutolo, Pirazinamide) per 2 mesi, seguita da una fase di mantenimento con isoniazide e rifampicina per 4 mesi (in caso di negatività dell’espettorato dopo 2 mesi di terapia). In caso di escreato ancora positivo la durata del trattamento è prolungata oltre il 6° mese. in funzione della presenza di caverne o di concomitante infezione da HIV.
(tra parentesi le dosi massime)L
10 MG/KG (600MG)
ISONIAZIDE |
DOSE PER TERAPIA SOMMINISTRATA OGNI GIORNO: 5 MG/KG (300 MG) |
ISONIAZIDE |
DOSE PER TERAPIA SOMMINISTRATA UNA VOLTA O DUE VOLTE O TRE VOLTE LA SETTIMANA 15 MG/KG (900 MG) |
RIFAMPICINA |
DOSE PER TERAPIA SOMMINISTRATA OGNI GIORNO 10 MG/KG (600 MG) |
RIFAMPICINA |
DOSE PER TERAPIA SOMMINISTRATA UNA VOLTA O DUE VOLTE O TRE VOLTE LA SETTIMANA 10 MG/KG (600 MG) |
Dosi di farmaci antitubercolari per adulti in funzione del
Peso corporeo e del ritmo di assunzione
|
PESO PAZIENTE: 40/55 KG |
PESO PAZIENTE: 56/75 KG |
PESO PAZIENTE: 76/90 KG |
PIRAZINAMIDE Tutti i giorni |
1000 MG |
1500 MG |
2000 MG |
PIRAZINAMIDE 3 giorni/sett |
1500 MG |
2500 MG |
3000 MG |
PIRAZINAMIDE 2 giorni/sett |
2000 MG |
3000 MG |
4000 MG |
ETAMBUTOLO Tutti i giorni |
800 MG |
1200 MG |
1600 MG |
ETAMBUTOLO 3 giorni/sett |
1200 MG |
2000 MG |
2400 MG |
ETAMBUTOLO 2 giorni/sett |
2000 MG |
2800 MG |
4000 MG |
Per la fase di mantenimento, una possibile variante, in assenza di caverne iniziali e di concomitante infezione da HIV, è rappresentata dalle somministrazione settimanale di Isoniazide e Rifapentina(5mg/kg/die) per la durata di 4 mesi (5 mesi se l’escreato permane positivo alla fine della fase di attacco)(9).
•La Rifabutina (10mg/Kg/die) può essere elettivamente usata, al posto della Rifampicina, nel trattamento dell’associazione TBC/AIDS: infatti la Rifabutina, a differenza della Rifampicina e a parità di efficacia, non interferisce con i farmaci antiretrovirali e con altri farmaci anti-infettivi.
La Rifabutina può, in generale essere un sostituto della Rifampicina in caso di intolleranza verso quest’ultima.. Per i pazienti con ricadute, ovvero con trattamenti irregolari, ovvero non praticanti la DOT, si deve presumere una Resistenza. In questi casi il regime INH, RIF, e PZA deve essere ripreso o proseguito con l’aggiunta di 2 o 3 farmaci per os e di un farmaco iniettabile nuovo (streptomicina o kanamicina o amikacina).
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Nell’ultimo decennio una particolare enfasi si è avuta da parte delle agenzie internazionali (WHO e CDC) sulla cosiddetta DOT: acronimo inglese per Directed Observed Therapy e che consiste sostanzialmente nell’invitare il paziente al Centro di cura ove egli, in presenza di un operatore sanitario pone in bocca le compresse di farmaco e le deglutisce sotto diretta osservazione.
Tale procedura è stata introdotta nei Paesi in Via di Sviluppo (PVS) per le difficoltà di adattamento soggettivo all’autogestione della terapia e per le difficoltà, economiche e gestionali, di approvvigionamento di farmaci. Gli elementi essenziali della DOT nei PVS sono:
1.Impegno governativo a sostenere i programmi anti-TBC
2.Identificazione dei casi sputo-positivi all’esame diretto tra i pazienti sintomatici che si presentano spontaneamente ai presidi sanitari.
3.Regimi di trattamento standardizzato per 6-8 mesi per almeno tutti i casi sputo-positivi con DOT per almeno i due mesi iniziali
4.Una fornitura regolare e senza interruzioni di tutti i farmaci anti-TBC essenziali.
5.Un sistema standardizzato di archiviazione e trasferimento dati che consenta il controllo del trattamento per ciascun paziente e dell’andamento generale del programma anti-TBC.
La DOT si è andata via via estendendo anche nei paesi più sviluppati.Ciò in considerazione del fatto che gli insuccessi anche in tali circostanze sono dovuti a resistenze ai farmaci, a precedenti abbandoni di cura, a situazioni di particolare non compliance (infezione da HIV, tossicodipendenza, malattie psichiatriche, homeless, trattamento di bambini e adolescenti) (8).
In ogni caso la DOT, lanciata per la prima volta nel 1990, ha visto crescere in un decennio il numero dei paesi coinvolti da 10 a 148; si calcola che dal 1995, oltre 10 milioni di pazienti sono stati trattati per tubercolosi con il metodo DOT, anche se tale cifra rappresenta soltanto il 32% dell’incidenza stimata. Si calcola anche che la popolazione coperta da DOT sia cresciuta dai 18 milioni del 1998 ai 462 milioni dell’Aprile del 2002(10). D’altra parte la spinta a incrementare sempre di più l’uso della DOT si basa anche sulla constatazione che la percentuale dei pazienti affetti da TBC che completa la cura in una gestione non controllata si aggira sul 61%, mentre con la DOT può raggiungere il 91%.(11 )
Sempre più applicazione trova nei programmi di lotta contro la tubercolosi, l’uso di combinazioni di più farmaci antitubercolari a dose fissa: tale strategia, pur se discutibile sul piano teorico, diminuisce la possibilità di monoterapie involontarie e di errori nell’assunzione di farmaci ed in ultima analisi fa diminuire la frequenza delle resistenze acquisite (8).
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Vivo allarme epidemiologico suscita la presenza di malattia tubercolare dovuta a germi multiresistenti, poiché questi casi sono molto difficili da curare, impongono spesso prolungati ricoveri ospedalieri e interventi chirurgici demolitivi.
Attualmente il fenomeno rappresenta un serio problema di sanità pubblica soprattutto nei paesi in via di sviluppo e anche a quelli in “sviluppo intermedio” nei quali a fronte di una relativa disponibilità di farmaci non corrisponde un’adeguata cultura sanitaria di medici e di pazienti.
Le linee guida internazionali (8) per il trattamento dei casi da germi multiresistenti prevedono che:
1) Non bisogna mai aggiungere un singolo nuovo farmaco in caso di fallimento terapeutico
2) . All’inizio di un nuovo ciclo di cura bisogna usare almeno 3 nuovi farmaci provvisti di efficacia in vitro (uno deve essere dato per via iniettiva).
3) Non ci si limiti a 3 farmaci nuovi, se ne sono disponibili altri, probabilmente attivi
4) In caso di pazienti con TBC multiresistente in cui la resistenza interesso, oltre che Isoniazide e Rifampicina, anche Pirazinamide o Etambutolo, risultati migliori si hanno usando da 4 a 6 farmaci ed impiegando la DOT senza intermittenze.
In Italia studi recenti hanno dimostrato la multiresistenza nei casi trattati per la prima volta a livelli non elevati (1, 2%) e si è visto anche che a distanza di pochi anni vi è un lieve declino della monoresistenza sia per la Rifampicina che per l’Isoniazide (12).
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Il trattamento della TBC nei pazienti HIV positivi non differisce sostanzialmente da quello dei pazienti non HIV+. Occorre però valutare alcune limitazioni: 1) nella fase di mantenimento non è indicata la terapia con Isoniazide-Rifapentina 1 volta la settimana; 2) in caso di linfociti CD4+ inferiori a 100/ μl non è indicata la terapia con Isoniazide e Rifampicina (o Rifabutina) due volte la settimana . Occorre infine prestare attenzione alle possibili interazioni tra le Rifamicine e molti farmaci antiretrovirali.
Storicamente la prevenzione della tubercolosi, si è basata su misure igienico-sanitarie generali e su regimi alimentari equilibrati, cosicchè la diffusione della malattia ha avuto un andamento inversamente proporzionale alla crescita del PIL (prodotto interno lordo).
La più efficace misura di prevenzione specifica della tubercolosi è però quella di identificazione dei contatti rispetto ad un nuovo caso di tubercolosi bacillifera e su scala globale il trattamento rapido ed efficace delle forme bacillifere rappresenta il primo argine alla diffusione della malattia.
La vaccinazione tubercolare con BCG, ancorché diffusissima nei paesi in via di sviluppo, è di limitata efficacia nella prevenzione della tubercolosi nell’adulto e alla classica “chemioprofilassi”, basata sulla somministrazione di un farmaco antitubercolare in particolari situazioni di rischio si sovrappone in effetti al trattamento di casi di tubercolosi latente non diagnosticata. Pertanto, la definizione di chemioprofilassi su scala internazionale è in via di essere sostituita con la LTBI: (acronimo inglese per Latent TB Infection) che viene definita come la presenza di Mycobacterium tuberculosis senza sintomi clinici e senza evidenzia radiografica di malattia tubercolare. In tale ambito campagne di test tubercolinici o di test al Quantiferone mirati su soggetti a rischio aiutano a scoprire soggetti con LTBI che possono beneficiare di un trattamento e aiutano a ridurre lo spreco di risorse e le terapie inappropriate.
Schemi di terapia proposti per LTBI (14)
1) Luzardo M et al - Chest 2001;117:1455
2) Tuberculosis in United States - CDC 2004
3) Besozzi G - GIMT 2005;59: 33
4) Catanzaro A et al - Jama 2000; 285: 639
5) Mori T et al - AJRCCM 2004; 170: 59
6) Ferrara G et al - AJRCCM 2005 ; 172 :631.
7) Wongtim S et al - Thorax 1999;54:921
8) Burgess LJ - Chest 2002; 122: 900
9) ATS and CDC Reccomandations Treatment of Tuberculosis – - AJRCCM 2003;167: 603
10)Benator D et al - Lancet 2002; 360: 528
11)Raviglione MC - Tuberculosis 2003 ;83 :4
12)Chaulk CP et al - JAMA 1998; 279: 943
13)Migliori GB et al - Eur Resp J 2003 ; 21 : 129.
14)Statement of ATS - Targeted Tuberculin Testing and Treatment
of LTBI - AJRCCM 2000; 161: S223.