“EQUILIBRIO PSICHICO” E PREVENZIONE CARDIOVASCOLARE: UN’IDEALE ARMONIA FRA APOLLO E DIONISO.
Bruno Domenichelli *
Scopo di queste riflessioni è il tentativo di puntualizzazione del concetto di “equilibrio psichico” (EP) mediante approcci comunicativi diversi da quelli della tradizionale ricerca psicosomatica, ma forse più rispettosi della realtà culturale ed emotiva del quotidiano rapporto fra medico e paziente. La finalità è quella di acquisire linguaggi più diretti e comprensibili nella comunicazione fra medico e paziente, che consentano positive ricadute nella pratica clinica quotidiana sul piano diagnostico, preventivo, riabilitativo e psicoterapeutico, tali da consentire a noi medici di aiutare il paziente ad affrontare ogni giorno la fatica di esistere.
La realizzazione di questo obiettivo ci porterà ad ipotizzare ponti concettuali unificanti fra due approcci culturali solo apparentemente antitetici, fra un’impostazione cioè rigorosamente scientifica della ricerca e le dimensioni umanistiche nuove ed antiche della medicina.
Quello di tentare definizioni nuove, anche se non rigorosamente scientifiche, del concetto di EP, costituisce un approccio non facile e forse criticabile alla luce di un approccio tradizionale al problema. La pratica medica quotidiana ci persuade peraltro che non sempre è facile dare del concetto di EP una definizione scientifica esauriente e facilmente comprensibile dal malato.
Numerosi sono i filoni della ricerca psicosomatica che hanno rigorosamente indagato sulle componenti biologiche e psicoemotive della salute mentale. In particolare, ad esempio, è stata fatta luce sui possibili effetti patogeni di squilibri della bilancia psicosomatica (confrontando stile biologico e stile comportamentale), di squilibri del tono autonomico, (equilibrio vago-simpatico), di stili inadeguati nell’approccio allo stress, (oscillante fra competitività e distacco emozionale), di alcuni tipi di personalità predisponenti alle malattie coronariche (tipo A, tipo D), delle diverse potenzialità patogene dell’ansia (ansia fisiologica-ansia patologica), delle alterazioni spesso bipolari del tono dell’umore, delle opposte modalità di “percezione” dello stato di malattia (depressione-sfida) o del tipo di elaborazione del vissuto di malattia.
Confrontando tutti questi settori della ricerca psicosomatica, è possibile individuare un denominatore comune nell’esistenza di un punto ideale di equilibrio fra le antitetiche polarità negli atteggiamenti di un individuo di fronte ad una situazione stressante. L’evoluzione verso l’eustress o il distress sembra in ogni caso essere condizionata dalla capacità di “gestire” l’evento stressante in maniera ottimale grazie al proprio equilibrio mentale.
L’EP, inteso come dinamica armonia fra poli contrapposti, sembra quindi costituire l’elemento fondamentale della salute mentale. Un ruolo importante potrà essere svoltoe in questa prospettiva da un’efficace opera di counseling da parte del medico curante .
I linguaggi utilizzati nelle diverse metodologie della ricerca psicosomatica sono peraltro molteplici, il che rende difficile al cardiologo affidarsi unicamente al rigore del linguaggio scientifico nel trasmettere ai pazienti il senso del concetto di EP. Se ci rivolgeremo a loro con termini come: “bilancia psicosomatica” o “stile cognitivo”, o raccomandando genericamente una “buona gestione” degli eventi stressanti, non sarà infatti facile penetrare efficacemente nella sfera di comprensione dei pazienti, e quindi ottenere positivi cambiamenti di stili di vita dannosi,
Nel momento in cui, per un’ottimale comunicazione fra medico e malato, la logica esatta del linguaggio scientifico potrà sembrare inadeguata, appare allora giustificabile, anche nella corrente pratica clinica, ricorrere al linguaggio empirico delle similitudini e delle metafore. All’esattezza oggettiva del linguaggio scientifico potrà allora affiancarsi la verità del vissuto di malattia del paziente, meglio esprimibile ricorrendo a un linguaggio più familiare al malato, basato sui principi della comunicazione analogica e su un’immaginario collettivo condiviso. Il linguaggio della scienza e quello più soggettivo e personalizzato della parola creativa del medico, potranno allora agire sinergicamente.
Impostando il rapporto con il paziente su questa lunghezza d’onda, sarà più facile chiarire i molteplici sensi del concetto di E.P. La forza suggestiva delle immagini analogiche e delle metafore, potrà aiutare infatti il paziente ad individuare le componenti di un buon equilibrio psichico e ad affrontare con equilibrio mentale la sua razione quotidiana di stress.
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Come spiegare dunque al paziente in modo facilmente comprensibile le tante sfaccettature del concetto di EP e le sue ricadute sulla salute? Riusciremo meglio a farlo se configureremo mentalmente l’EP come armonica equidistanza dinamica fra polarità esistenziali che, se squilibrate, generano disarmonia. Una disarmonia che, in biologia, è fonte di patologia.
Equilibrio psichico significa capacità di scegliere, senza ingombranti condizionamenti, fra psiche e soma, di trovare la “misura” adeguata fra azione e pensiero, fra attesa e decisionalità, fra spontaneità e autocontrollo, fra consapevole solitudine e gratificante partecipazione.
Equilibrio psichico è comprendere il limite ideale tra natura e cultura, saper percepire i momenti del divino e quelli dell’umano; capire che l’ozio non è padre dei vizi, ma rifugio indispensabile per il riposo dell’anima. Significa non permettere il reciproco sopraffarsi fra individualità e collettivo, fra affettività e cognitività.
Equilibrio psichico è miscela sapiente di autonomia e di dipendenza; capacità di crescere da soli senza il timore della solitudine. L’equilibrio esige adattamenti senza rimpianti, quando la lotta è ormai inutile e l’azione si dimostra impotente. Affinché le burrasche neuroendocrine non coinvolgano gli organi e lo squilibrio del pensiero non divenga tempesta catecolaminica per il cuore.
La salute mentale, è un crogiolo dove fondere insieme distacco e partecipazione. Recuperare la capacità di esternare i sentimenti e dar voce alle proprie emozioni è fare opera di sana prevenzione. Sappiamo infatti che la depressione nervosa costituisce un fattore sfavorevole nella genesi e nell’evoluzione delle cardiopatie.
L’equilibrio è fatto anche di amore, per dare motivi veri al vivere; di coraggio, per vincere il batticuore del buio; di autoironia, per stemperare la virulenza dell’ansia; di fantasia, per intessere di fili d’argento la solida trama della realtà quotidiana; di ottimismo, per colorare di rosa il giorno. Ma anche di realismo, per mettere in fuga i fantasmi della notte, di speranza, per amare il futuro, di creatività, per sfuggire ad una civiltà malata di stress e di indifferenza.
Equilibrio psichico è capacità di affrontare con calma interiore le lotte del quotidiano, quando più forte è la minaccia per i pilastri dell’Io e il cerchio sembra stringersi da ogni parte. Per emergere sereni dalla mischia e ritrovare se stessi nella canzone del cuore; per gustare, in caso di sconfitta, almeno l’aspro sapore del combattimento; e a sera ritrovarsi con se stessi e riposare nell’orgogliosa solitudine dei propri giardini fioriti.
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Ma gli antichi Greci avevano già individuato la radice dell’equilibrio esistenziale dell’uomo nell’armonico connubio di due degli Dei del loro Olimpo: Apollo e Dioniso, in cui si incarnano i poli della duplice natura dell’uomo.
Apollo e Dioniso: razionale e irrazionale; riflessione ed ebbrezza; Io e inconscio. Dioniso è il dio della sregolatezza, dell’eccesso e delle pulsioni sensuali, ma insegna all’uomo la saggezza di non rifiutare la concretezza del corpo e la pienezza dei sensi. Apollo è il dio della misura e della razionalità, filtro all’impeto incontrollato degli slanci vitali, e ci insegna ad incanalare l’istinto verso la bellezza dell’arte e la compiuta creatività. Ma è anche la potenziale rigidità di un uomo costruito di solo pensiero; autocontrollo, fino talora all’inibizione delle emozioni e dei sentimenti, elementi che, insieme all’affettività negativa, caratterizzano la personalità di tipo D, predisponente alle malattie cardiovascolari.
Il distress nasce dalla mancata armonia interiore fra la componente apollinea e dionisiaca della personalità, dall’incapacità di realizzare in noi stessi la sintesi armonica fra le opposte dimensioni dell’essere: pensiero e natura, Logos ed Eros, compostezza ed ebbrezza, ragione e istinto. Nella reciproca complementarietà, spirito apollineo e dionisiaco accompagnano l’uomo verso la completezza dell’essere. Una completezza che si realizza nel momento in cui Apollo fa propria l’istintualità di Dioniso e Dioniso incanala la propria istintualità verso un’apollinea creatività. In sintesi, equilibrio psichico è vivere la propria vita come continua osmosi fra poli, opposti ma complementari. Il mito greco ci tramanda così dal profondo dei millenni metafore esistenziali cariche di saggezza.
Delineato come sintesi armonica fra innumerevoli alternative esistenziali e come equilibrato connubio fra spirito apollineo e dionisiaco, il concetto di EP si configura come utile ricetta per vivere, che il medico deve proporsi di trasmettere al malato, in un rapporto in cui egli stesso potrà tendere al proprio equilibrio.
Fare opera di prevenzione comporta per il medico anche intuito, creatività e capacità di entrare in sintonia con il suo paziente. Il messaggio potrà così giungere veramente a segno e farsi veicolo di prevenzione.
Con queste riflessioni sul rapporto fra EP e prevenzione cardiovascolare, guidati dagli ammonimenti dei filosofi e dalle suggestioni della mitologia greca, abbiamo tentato di superare i limiti di un approccio tradizionale ai fattori psicosomatici del rischio coronarico, mediante un linguaggio fatto di metafore e analogie, frutto di un immaginario collettivo condiviso fra medico e paziente.
Grazie a questo linguaggio, al confine fra analisi psicologica tradizionale e “poesia” (nel senso etimologo greco di poiesis come creatività), emerge un concetto di EP come risultante di una composita armonia fra antinomie che riassumono le molteplici dimensioni esistenziali dell’uomo.
La possibilità di ricorrere ad un duplice registro di linguaggio prospetta inediti orizzonti conoscitivi anche nella comunicazione fra medico e paziente. La sinergia fra il consueto linguaggio scientifico e la soggettività di quello più creativamente “poietico” ed empatico della comunicazione analogica, potrà facilitare la possibilità per il medico di entrare in risonanza con il vissuto di malattia del paziente. Sarà così forse facilitato il salto di qualità fra semplice informazione medica e una più persuasiva educazione sanitaria.
La pratica medica potrà così forse recuperare il suo senso integrale di ars medica, grazie alla sintesi fra una medicina tradizionalmente oggettiva e sempre più tecnologica e una medicina più rispettosa della centralità e della soggettività del malato.
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*Accademico dell’Accademia Lancisiana
Direttore della rivista Cardiology Science