Conferenza
Determinismo, Indeterminismo, Probabilismo nella Verità Scientifica
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P. Cugini
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Già Professore di Medicina Interna, Università “La Sapienza”, Roma
Riassunto
L’Autore affronta questo argomento con un approccio di tipo storico-filosofico passando in rassegna le correnti di pensiero che si sono venute costituendo nell’intento di assicurare alla scienza il massimo grado di verità nella conoscenza della realtà sensibile della natura.
Parole chiave: Determinismo, Indeterminismo, Probabilismo, Filosofia della scienza, Epistemologica scientifica
Abstract
The Author copes with this topic via a historico-philosophical approach, reviewing the schools of thought that attempted to provide the science with the highest degree of truth in insighting into the sensible reality of nature.
Key words: Determinism, Indeterminism, Probabilism, Philosophy of science, Scientific epistemology
Introduzione
Il tema di questa relazione tratta del grado di verità a cui può arrivare la scienza in relazione a quelle che sono le sue prerogative di fare conoscenza della realtà nonché le sue possibilità metodologiche in virtù delle capacità logiche dell’intelletto umano.
Dovendo affrontare un tema così complesso, mi sono trovato davanti ad un bivio espositivo, quello di trattare l’argomento per via sistematico-tecnica o per via storico-filosofica. Ho preferito la seconda via perché la ritengo la più immediata ed esplicativa, in quanto illustrando le idee degli illustri filosofi e scienziati che hanno fondato le basi epistemologiche della scienza moderna avrei potuto, attraverso una esposizione di frasi antologiche del loro pensiero, percorrere più facilmente l’iter espositivo. Mi è stato di conforto in questa scelta due frasi, una di Auguste Comte (1798-1857), il padre del “Positivismo”, il quale ha detto “Non si conosce a fondo una scienza finché non se ne conosce la storia”, l’altra di Alfred North Whitehead (1861-1947), cha ha detto. “La scienza che non esita a dimenticare i suoi fondatori è perduta”. Peraltro, in quanto medico, mi sento coinvolto nella disquisizione filosofica da quanto ha detto sia Ippocrate (460-377 a.C.): “Il medico che si fa filosofo diventa pari a un dio” che Galeno (129-216): “Chi è un vero medico, è sempre anche un filosofo.” Debbo però fare atto di modestia e lo faccio citando una frase d Karl Popper (1902-1994): “So di sapere poco, e neppure ciò è una mia scoperta: l’ho imparato da Socrate”.
E veniamo alla esposizione. Anticipo subito che già dal titolo stesso è possibile intravvedere le fasi del percorso epistemico-gnoseologico che la scienza ha dovuto necessariamente percorrere per dare alle sue conquiste cognitive il suggello della verità. Purtroppo, l’approdo al “Probabilismo”, come baluardo di conoscenza, statisticamente convalidata, ci mostra ancora, se ce ne fosse bisogno, che la scienza è molto lontana dal produrre verità con certezza assoluta, almeno in quei fenomeni che mostrano una variabilità quantizzabile con “dati di misura” nel loro modo di esistere di esplicarsi.
Prolegomeni alla scienza moderna
Avendo preferito un “excursus” storico-filosofico, mi corre l’obbligo di precisare che la mia trattazione si rivolge alla scienza naturale come è stata intesa nei secoli dalla cosiddetta “cultura occidentale”, ovvero come disciplina volta alla conoscenza della natura. Sic stantibus rebus, non mi resta altro che iniziare rifacendomi ai filosofi greci, non quelli: che hanno trattato della scienza come problema ontologico, cioè, Talete (624-548 a.C.), Protagora (480-410 a.C.), Democrito (460-360 a.C.), Empedocle (492-430 a.C.), Socrate (461-399 a.C). ecc., bensì quelli che per primi hanno affrontato il problema gnoseologico della realtà, cioè le problematiche epistemiche della conoscenza scientifica: cioè, Platone (427-347 a.C.) e Aristotele (384-322 a.C.).
Platone getta le basi del procedimento gnoseologico scientifico con un taglio prettamente teologico. Egli, infatti, afferma che la natura è l’opera ordinata di un Demiurgo “ex machina” per cui è dato ai mortali la possibilità di poterla oggettivamente conoscere (vedi Box 1).
Box 1. Frasi antologiche di Platone (427-347 a.C.).
Dal “Timeo” “..... quanto vi era divisibile che non stava quieto, ma si muoveva sregolatamente e disordinatamente, dallo stato di disordine (il Demiurgo, il Dio creatore) lo riportò all'ordine, avendo considerato che l'ordine fosse assolutamente migliore del disordine.” “...... che questo mondo è un essere vivente dotato di anima e di intelligenza, e in verità è generato grazie alla provvidenza di Dio.” ”...... vi è assoluta necessità che il mondo sia ad immagine di qualcosa.” “...... ciò che è nato diciamo che necessariamente si è generato per un qualcosa.” “La scienza non è altro che percezione.” |
Questa visione teogonica e teocratica della realtà ha avuto un impatto inimmaginabile sullo sviluppo del pensiero occidentale in tema di scienza. Influenzò il pensiero latino al punto che Ovidio (43-17 a.C.) nelle Metamorfosi rinforzò il concetto di ordine per contrastarlo con quello di “Caos ante creationem” (vedi Box 2).
Box 2. Frasi antologiche di Publio Ovidio Nasone (43 a.C.-17)
“Ante marem et terras et quoad omnia tegit, Unus erat toto naturae vultus in orbis, quem dixere Chaos.” |
L’idea platonica della creazione divina del mondo la si ritrova in tutte le religioni monoteiste sotto le spoglie del Dio unico creatore di un universo ordinato che si rende intelligibile in quanto l’uomo è fatto ad immagine dell’Ente Supremo che lo ha creato; possiede, quindi, idee innate sui temi della metafisica e della fisica.
Aristotele, invece, sembra prescindere dalle problematiche teologiche sulla natura divina delle cose, ma in realtà dà per scontato che questa si dia, tanto che assume, come base cognitiva della scienza, la “matematica” a cui associa regole della “Logica” quali: il “principio di causalità”, il “principio di non contraddizione”, il “principio del tertium non datur” (Principio del terzo escluso), facendo, inoltre, dell’osservazione empirica il processo sensoriale iniziale di ogni coscienza percettiva, conoscenza cosciente e verità credibile (vedi Box 3).
Box 3. Frasi antologiche di Aristotele (384-322 a.C.).
Natura “La natura non fa nulla invano.” “Dio è troppo perfetto per poter pensare ad altro che a se stesso.” “In tutte le cose della natura esiste qualcosa di meraviglioso.” Ruolo della filosofia “La filosofia è la scienza che ha per oggetto la verità.” “La filosofia non serve a nulla, dirai; ma sappi che proprio perché priva del legame di servitù è il sapere più nobile.” Principio di causalità “Senza causa o principio è impossibile che alcuna cosa esista o sia fatta.” “Un tutto è ciò che è ha avuto un inizio, una metà e una fine.” “…. si suol dire che sono cause anche la fortuna e il caso, e che molte cose sono e divengono mediante la fortuna e il caso» [….] poiché vediamo che alcune cose avvengono sempre allo stesso modo e per lo più, è chiaro che di nessuno di questi due gruppi di cose, ossia né di ciò che avviene per necessità e sempre, né di ciò che avviene per lo più, si può affermare che siano causa la fortuna o il fortuito. Ma poiché oltre a questi, si verificano anche altri accadimenti e tutti dicono che essi sono fortuiti, è ovvio che la fortuna e il caso sono pur qualche cosa.” Principio di non-contraddizione “È impossibile che un qualcosa nello stesso tempo sia e non sia.” “Il principio più sicuro di tutti è quello intorno al quale è impossibile essere nel falso. Questo principio è necessariamente il più conoscibile, [...] e non ipotetico, perché non è una ipotesi il principio che deve necessariamente possedere chi voglia comprendere una qualsiasi delle cose che sono, e quando si vuole arrivare a conoscere qualcosa, è necessario possedere già ciò che si deve necessariamente conoscere per conoscere una cosa qualsiasi. [...]. È impossibile che la stessa cosa insieme inerisca e non inerisca alla medesima cosa e secondo il medesimo rispetto; e si aggiungano tutte le altre determinazioni che si potranno aggiungere per evitare difficoltà di carattere dialettico.[...] Nessuno può ritenere che la medesima cosa sia e non sia, come alcuni credono che dicesse Eraclito.“ “Non è [...] possibile che ci sia qualcosa tra due proposizioni contraddittorie, ma è necessario affermare o negare una cosa di un'altra, quali che esse siano. Questo risulta chiaro quando si sia definito che cos'è il vero e che cos'è il falso. Infatti il dire che l'essere non è, o che il non-essere è, è falso; il dire che l'essere è, e che il non-essere non è, è vero: perciò chi dice "è" o "non è" o dice il vero o dice il falso; ma né dell'essere né del non-essere si può dire "non è o è.” “Il vero è l'affermazione di ciò che è veramente congiunto e la negazione di ciò che è realmente diviso.” “Platone mi è caro, ma la verità mi è ancora più cara.” Conoscenza “Tutti gli uomini, per natura, aspirano alla conoscenza.” “L'oggettività del pensiero è vita.” “Si dovrebbero sperimentare le cose prima di impararle, infatti si impara dall'esperienza. La conoscenza e il pensiero filosofico costituiscono dunque il compito proprio dell'anima. Questa è la cosa più desiderabile per noi, paragonabile, io credo alla vista, che certamente si apprezzerebbe anche nel caso in cui grazie ad essa non si ottenesse altro risultato se non appunto e soltanto il vedere.” “Se, pertanto, il conoscere è quale abbiamo posto, è necessario anche che la conoscenza apodittica proceda da cose vere, prime, immediate, più note, anteriori e cause della conclusione: ché in questo modo i principi saranno propri di ciò che si dimostra. [...] E chi vorrà possedere la scienza che procede mediante dimostrazione non soltanto deve rendere maggiormente noti i principi e credere maggiormente ad essi che a ciò che è dimostrato, ma nient’altro dev'essere per lui più credibile e più noto che gli opposti dei principi dai quali procederà il sillogismo dell'errore contrario, se davvero chi conosce in senso assoluto deve essere inamovibile.” “Tutti quelli che hanno maggiore dimestichezza con le cose della natura sono maggiormente capaci di postulare principi tali che possano abbracciare un gran numero di fenomeni; quelli invece che, fondandosi su un gran numero di ragionamenti astratti, non partono dall’osservazione dei fatti concreti,trovano minore difficoltà a pronunciarsi, perché hanno un ben limitato numero di cose dinanzi allo sguardo.” |
Per Aristotele, la potenza cognitivo-scientifica della matematica sta nel fatto che tutti gli enti ed i fenomeni ordinati della natura possono essere soggetti a “Computus”, cioè ad una matematica aritmetica di tipo: “numerante” (valore intercorrente del presente), “numerato” (valore sommato del passato), “numerabile” (valore da sommare del futuro).
Il punto critico della visione aristotelica delle scienza sta soprattutto nella concezione della “indipendenza delle varie scienze” che egli distinse in: “teoretiche” (oggi diremmo “di base”) e “pratiche” (oggi diremmo “applicate”) e “poetiche” (oggi diremmo “tecnologiche”).
L’autorevolezza aristotelica in tema di scienza rimase indiscussa per secoli. Al “computus”, come fondamento del conoscere scientifico, diedero il loro incondizionato appoggio uomini di scienza del medioevo del calibro di Flavio Magno Aurelio Cassiodoro (490-583), Isidoro di Siviglia (560-636), Ruggero Bacone (1280-1349) (vedi Box 4).
Box 4. Frasi antologiche di importanti uomini di cultura del Medio Evo.
Flavio Magno Aurelio Cassiodoro (490-583) “Se si priva il mondo del compotus, tutto si perde in cieca ignoranza.” “Senza il numero, il mondo crolla.”
Isidoro di Siviglia(560-636) “Togli il numero dalle cose, e tutto crolla.”
Ruggero Bacone(1280-1349) “Trascurare la matematica è un’offesa al sapere, poiché chi la ignora non può conoscere le altre scienze o le cose del mondo.” “Le cose del mondo non possono essere conosciute senza la matematica.” |
Tanto è vero che il procedimento di calcolo fu usato per conquiste universali della conoscenza umana che hanno rivoluzionato il sistema metrologico applicato ad eventi di importanza capitale quali: la datazione della nascita di Cristo e la datazione dell’anno di inizio del calendario moderno, la data della Pasqua, ad opera di Dionigi il Piccolo (500-550), la datazione della creazione del mondo ad opera dell’abate irlandese Venerabile Beda (672-735),
L’aristotelismo si travasò, seppure in chiave più teologica, nella Filosofia Scolastica dell’alto medio evo, che con San Tommaso d’Aquino (1221-1274) raggiunse la più alta espressione di contenuto intellettivo in merito alla verità scientifica (vedi Box 5).
Box 5. Frasi antologico di San Tommaso d’Aquino (1221-1274).
“Timeo hominem unius libri (Temo l'uomo che ha letto un solo libro) “Tutto ciò che è nell'intelletto è già stato, prima, nei sensi.” “Imperfettamente conosciamo e imperfettamente amiamo.” “Per ‘ente’ si intende ogni cosa che è, che possiede la qualità di esistere.” “Per ‘essenza’ delle cose si intende invece la determinazione che rende un essere ciò che è e non un altra cosa. (“quiddità”, ndr).” “L'essenza esprime la potenza dell'ente, l'essenza che si unisce all'ente (alla pura esistenza) genera la sostanza determinata, in atto. Dio è colui il quale si incarica di creare ogni ente in ragione della sua essenza.” “Se una verità naturale appare talvolta in contrasto con le verità di fede, questo contrasto non è ovviamente dovuto a un errore di Dio e delle sue leggi, ma piuttosto a un errore umano che non le sa correttamente interpretare.”. “La scienza rispecchia le verità teologiche, in quanto l'intera Creazione di Dio è soggetta alle leggi della natura fondate da Egli stesso. La scienza è quindi la stessa legge divina. "[...] poiché essa [la scienza, ndr] procede dai principi conosciuti con la luce di Dio e dei beati. Pertanto, allo stesso modo che la musica accetta come buoni i principî che le sono trasmessi dalla matematica, così la sacra dottrina accetta i principii che le sono rivelati da Dio".” “Allo stesso modo, ogni ente è il prodotto di una certa causa che lo rende effettivamente ciò che è. […] Dio si identifica con questa causa che genera ogni altro effetto e che non ha alcuna causa alle sue spalle, poiché è Dio l'unico creatore di tutte le cose.” “Il mondo è fatto di cose possibili, ovvero di cose che nascono e finiscono, che passano da uno stato di essere a non essere più (sono contingenti, ovvero "sono fintanto che sono"). Ciò comporta la possibilità che tutto ciò che esiste possa essere stato un giorno un nulla (ex nihilo nihil, ovvero "ciò che esce dal nulla, rimane un nulla", ndr).” “Tutti le cose naturali tendono a un fine, ogni cosa naturale ha un ordine. Tuttavia tutte le cose naturali, organiche e inorganiche, non possiedono una coscienza del proprio fine, non sono coscienti di ciò a cui tendono e dell'ordine entro il quale sono state create. Dunque è necessario che dietro a questa loro mancanza di coscienza vi sia un'intelligenza cosciente e ordinatrice, che attribuisca.” |
Nascita della scienza moderna
La vera rivoluzione post-aristotelica del modo di pensare la scienza si è verificata. Però, con l’avvento del “Rinascimento” che pose gli uomini di fronte al conflitto tra “scienza dogmatica” (verità rivelata) e “scienza sperimentale” (verità dimostrata).
Iniziò Leonardo da Vinci (1452-1529) che ribadì il carattere profano delle acquisizioni matematiche (vedi Box 6).
Box 6. Frasi antologiche di Leonardo da Vinci (1452-1529).
“Nessuna humana investigazione si può dimandare vera scienzia s’essa non passa per le matematiche dimostrazioni.” “Nessuna certezza è dove non si pò applicare una delle scienze matematiche, over che non sono unite con esse matematiche.” “La natura è costretta dalla sua ragione della sua legge, che in lei infusamente vive.” “Natura non rompe sua legge.” “La verità sola fu figliola del tempo.” “Nissuna cosa è che più c’inganni che il nostro giudizio.” “Scienzia: notizia delle cose che sono possibile presente e preterite. Prescienzia: notizia delle cose ch’è possivine che possin venire.” |
Ma la revisione epistemologica sistematica del processo di verità scientifica fu data, senza ombra di dubbio, da Galileo Galilei (1564-1642). Egli, in primis, ribadì che la natura era il frutto creativo della mente ordinatrice di Dio e che la matematica era l’unico mezzo posseduto dalla scienza per fare verità dimostrata. Ma, con altrettanta sicurezza, ricusò l’idea aristotelica e tomiana che le scienze fossero tra di loro indipendenti. Proprio in virtù di una scienza matematica comune, trasversale alla molteplicità dei saperi, per Galilei si doveva ammettere che le scienze si servissero di un metodo sperimentale unico alla cui costituzione appartenevano irrinunciabili paradigmi epistemico-gnoseologici, quali: l’osservazione empirico-sensoriale dell’oggetto; la dimostrazione oggettiva sperimentale (prova) raggiunta tramite la quantizzazione dell’ente, come qualità numerabile con numeri nominali, o del fenomeno, come quantità numerabile con numeri cardinali; l’induzione logica del suo significato come essenza o esistenza in forma di principi, leggi e norme vigenti in natura (vedi Box. 7).
Box 7. Frasi antologiche di Galileo Galilei (1564-1642).
“I due libri della Bibbia e della Natura non possono contraddirsi.” “Egli (l'Universo) è scritto in lingua matematica, e i caratteri sono triangoli, cerchi ed altre figure geometriche, senza i quali è impossibile intendere umanamente parola, senza questi è un aggirarsi veramente per un oscuro labirinto.” “La Natura è un libro scritto in caratteri matematici.” “La matematica è l’alfabeto nel quale Dio ha scritto l’universo.” “Scienza è il distinguere quello che si sa da quello che non si sa.” Empirismo "…tra le sicure maniere di conseguire la verità è l'anteporre l'esperienza a qualsivoglia discorso… non sendo possibile che una sensata esperienza sia contraria al vero." "È sciocchezza cercar filosofia che ci mostri la verità di un effetto meglio che l'esperienza e gli occhi nostri.“ Il metodo scientifico sperimentale 1. Formulazione di altra ipotesi (ritorna a 4) 2. Osservazione del fenomeno (empirica) 3. Misurazione del fenomeno (empirico-razionale) 4. Formulazione dell’ipotesi (razionale) 5. Verifica dell’ipotesi (empirico-razionale) 6. Formulazione della legge (razionale). |
È intuibile che se le basi epistemologiche galileiane del metodo scientifico universale fossero state proposte solo come enunciati teoretici, nulla sarebbe occorso nella vita del “padre fondatore della scienza moderna”. Ma quando queste idee vennero tradotte nella sperimentazione scientifica, e si accorse che da esse non ci si poteva discostare per fare verità scientifica, fu allora che Galilei, per coerenza, non poté non sostenere le prove scientifiche dimostrative fornite da Nicolò Copernico (1473-1542) circa la teoria eliocentrica del mondo. E quantunque egli avesse esplicitamente dichiarato che i due libri della Bibbia e della Natura, letti in chiave matematica, non si possono contraddire, fu ugualmente incriminato dal Sant’Uffizio che, per il tramite del Tribunale della Santa Inquisizione, lo processò. Galilei, come tutti sanno, fu indotto abiurare; io, però, non credo che lo abbia fatto per pusillanimità o per opportunismo, ma perché sinceramente convinto che i principi del metodo sperimentale da lui propugnato non avevano nulla di eretico per cui che valesse la pena di subire una condanna infamante quale era la scomunica papale.
Avvento del Determinismo
L’esperienza ecclesiastico-legale di Galilei ebbe fondamentali ripercussioni nell’Europa del seicento, secolo in cui, sotto la spinta riformatrice del suo pensiero, si andavano affinando i percorsi epistemologici perseguiti dalla scienza per arrivare alla verità scientifica.
Il più scosso delle vicende giudiziarie di Galilei fu senza ombra di dubbio René Descartes (in italiano Renato Cartesio) (1596-1650), non fosse altro perché suo più vicino contemporaneo. La preoccupazione di Cartesio indusse in lui un atteggiamento di malcelata cautela e dissimulazione, forse in ossequio al motto di Ovidio che campeggiava nel suo stemma di famiglia (vedi Box 8).
Box 8. Frasi antologiche di Renato Cartesio (René Descartes) (1596-1650).
Prudenza per timore della Inquisizione Motto di Ovidio scritto sullo stemma di famiglia “Bene qui latuit, bene vixit” (Chi si tenne ben celato, bene visse) Dichiarazioni circa la condanna di Galileo Galilei ”Non riesco nemmeno a immaginare che egli, italiano e, a quanto ne so, benvoluto dal Papa, abbia potuto essere incriminato se non per il fatto di aver voluto affermare il movimento della terra”. “Poiché tuttavia non vorrei per alcuna ragione al mondo che uscisse dalle mie mani uno scritto in cui si potesse trovare anche una sola parola disapprovata dalla Chiesa, così preferisco sopprimerlo che farlo apparire alterato.” (Si riferiva al Discorso sul Metodo che fu appunto pubblicato dopo la sua morte in unica edizione. La ristampa avvenne solo nel 1834, ndr). Scienza, religione e matematica “Il mio disegno non si è esteso oltre l’intento di formare i miei propri pensieri e di costruire in un fondo tutto mio.” “Impegnato a ordinare il caos per farlo uscire alla luce …….. poiché alla suprema perfezione che è Dio non si addice che esso (ndr. meglio sarebbe, Egli) sia autore della confusione quanto piuttosto dell'ordine.” “Dio non ci vuole ingannare, gli assiomi della matematica, della fisica e della geometria sono sicuri e incontrovertibili come realmente appaiono, da ciò ne deriva che oltre al pensiero esiste certamente anche la materia.” “Al di sopra di tutto mi piacevano le scienze matematiche per la certezza e l’evidenza delle loro ragioni.” “Nutrivo sempre un immenso desiderio ad imparare a distinguere il vero dal falso, per vedere chiaro nelle mie azioni e procedere con sicurezza della vita.” “Matematica universale: scienza generale che spieghi tutto ciò che può esser richiesto intorno all’ordine ed alla misura, senza riferirla ad una speciale materia.” Concezione della realtà Res cogitans. (Sostanza). “L’unico aspetto della realtà che viene percepito indubbiamente in modo chiaro e distinto è il pensiero che si pone il dubbio: l’esistenza incontrovertibile del pensiero che si pone il dubbio.” “Non c’è nulla interamente in nostro potere, se non i nostri pensieri.” Res extensa (Attributo). “Un mondo che risponde alle sole leggi della meccanica.” Concezione meccanicistica della realtà extensa “Suppongo che il corpo non sia altro che una statua o macchina di terra che Dio forma espressamente per renderla il più possibile simile a noi.” Il dubbio metodico e la scienza “Dubium sapientiae initium” “Qualsiasi cosa abbia finora ammessa come vera, al massimo grado l’ho appresa dai sensi o per mezzo dei sensi; ma ho poi osservato che essi ingannano, ed è regola di prudenza non fidarsi mai completamente di quelli che, anche solo una volta, ci hanno tratto in inganno.” “Già da tempo mi ero reso conto di aver ammesso per vere, dai miei primi anni, un gran numero di opinioni false e che quanto poi su queste ero venuto edificando non poteva non risultare se non molto dubbio ed incerto. Se quindi volevo·stabilire qualcosa di solido e durevole nelle scienze, dovevo pur risolvermi una volta nella mia vita a demolire a fondo questo edificio e ad incominciare dalle prime fondamenta [ … ].” “Il primo era di non prendere mai niente per vero, se non ciò che io avessi chiaramente riconosciuto come tale; ovvero, evitare accuratamente la fretta e il pregiudizio, e di non comprendere nel mio giudizio niente di più di quello che fosse presentato alla mia mente così chiaramente e distintamente da escludere ogni possibilità di dubbio.” “La scienza è conoscenza certa ed evidente che anzitutto rifiuta le conoscenze soltanto probabili, per occuparsi soltanto di quegli oggetti alla cui conoscenza certa e indubitabile sembra sia sufficiente il nostro ingegno.” Le scienze si svolgono con i soli due atti dell’intelletto "per mezzo dei quali possiamo pervenire alla conoscenza delle cose senza timore alcuno di sbagliare": l’intuizione (intuitus) e la deduzione. Certezza di sé come essere pensante, certezza della rimozione del dubbio, certezza della verità. Il “razionalismo” cartesiano. Supremazia della mente sul corpo “Non c’è nulla interamente in nostro potere, se non i nostri pensieri”. “La verità viene fondata sull’interiorità della coscienza”. “L’Io è una sostanza indipendente dal corpo e dal mondo, la sua natura è di essere pensante – res cogitans”. “Cogito ergo sum”. “Il fatto che penso non può sussistere con il dubbio che io non esista. È l’unica verità che si sottrae al dubbio”. Il metodo scientifico sperimentale universale “Volendo seriamente ricercare la verità delle cose, non si deve scegliere una scienza particolare, infatti esse sono tutte connesse tra loro e dipendenti l'una dall'altra. Si deve piuttosto pensare soltanto ad aumentare il lume naturale della ragione, non per risolvere questa o quella difficoltà di scuola, ma perché in ogni circostanza della vita l'intelletto indichi alla volontà ciò che si debba scegliere; e ben presto ci si meraviglierà di aver fatto progressi di gran lunga maggiori di coloro che si interessano alle cose particolari e di aver ottenuto non soltanto le stesse cose da altri desiderate, ma anche più profonde di quanto essi stessi possano attendersi”. “Allora io conosco le regole del metodo matematico perché le ho usate e mi sono state utili, però potrebbe darsi che queste regole siano in effetti regole che appartengono non tanto alla matematica, non soltanto a lei, ma ad una scienza assoluta di cui la stessa matematica fa parte. Ma come farò a sapere se questa mia intuizione è giusta?” “Il metodo scientifico è fondato sulla matematica numerica e sulla geometria euclidea dato che tutte le scienze sono interconnesse e devono essere studiate come una unica entità servendosi di un razionalismo basato sul metodo del dubbio.” "Per metodo intendo delle regole certe e facili, osservando le quali fedelmente non si supporrà mai come vero ciò che è falso, e senza inutili sforzi da parte della mente, ma con graduale e continuo progresso della scienza si perverrà alla vera conoscenza di tutte le cose di cui si è capaci". "Tutto il metodo consiste nell’ordine e nella disposizione di quelle cose cui deve rivolgersi l’attenzione della mente per trovare qualche verità". “La prima regola deve essere quella dell’evidenza: […..]. Precetto: “Il primo era di non prendere mai niente per vero, se non ciò che io avessi chiaramente riconosciuto come tale; ovvero, evitare accuratamente la fretta e il pregiudizio, e di non comprendere nel mio giudizio niente di più di quello che fosse presentato alla mia mente così chiaramente e distintamente da escludere ogni possibilità di dubbio“. “Non accettare mai nessuna cosa per vera se non la riconoscessi evidentemente come tale”. “Non accogliere mai nulla per vero, …………, se non quello che si presentasse così chiaramente distintamente alla mia mente da non lasciarmi possibilità di dubbio”. “La seconda regola è quella dell’analisi. Precetto: “Il secondo, di dividere ognuna delle difficoltà sotto esame nel maggior numero di parti possibile, e per quanto fosse necessario per un’adeguata soluzione”. “Dividere ciascuna delle difficoltà da esaminare nel maggior numero di parti possibili e necessarie per meglio risolverle”. “La terza regola è la sintesi. Precetto: “Condurre i miei pensieri in un ordine tale che, cominciando con oggetti semplici e facili da conoscere, potessi salire poco alla volta, e come per gradini, alla conoscenza di oggetti più complessi; assegnando nel pensiero un certo ordine anche a quegli oggetti che nella loro natura non stanno in una relazione di antecedenza e conseguenza.” “La quarta regola è l’enumerazione. Precetto: “Fare in ogni caso enumerazioni cosi complete e revisioni cosi generali da essere sicuro dì non omettere nulla.” |
Non a caso, Cartesio, per mantenersi celato, viaggiò in continuazione, passando in vari paesi di origine anglo-sassone a religione protestante, e tenendosi bene alla larga dai paesi latini a religione cattolica.
Pur ricorrendo alla non facile tracciabilità del suo peregrinare, Cartesio, con tutte le possibili precauzioni, espresse ugualmente il suo parere in merito al metodo con cui la scienza raggiunge la verità. Per questo non fu incriminato dal Sant’Uffizio ma ebbe una sorta di censura-diffida a divulgare la sua opera “Discorso sul Metodo”, opera, appunto, che fu pubblicata “una tantum” dopo la sua morte. La successiva pubblicazione è avvenuta dopo circa duecento anni, in pieno ottocento, nel 1834.
In sintesi, Cartesio ribadì il suo fideismo nell’ordine divino delle cose del mondo. Ribadì, altresì, il suo credo nella matematica come scienza di base capace di produrre verità scientifica. Ma, rispetto a Galilei, fece un grande passo in avanti circa la completezza epistemologica del metodo scientifico unico. Egli dettò le “Regole” e le “Ragioni” del protocollo su cui il metodo scientifico fonda la sua unitarietà (vedi Box 8),
Da esse emerge che l’osservazione empirica può essere foriera di cattive verità dato che i sensi che la registrano sono ingannevoli. Ergo, occorre avere di fronte alla realtà che osserviamo un dubbio costante (“Dubbio metodico”) che essa sia effettivamente come si presenta e non una percezione apparente e fittizia. Il dubbio metodico può essere rimosso da una unica certezza, quella della “evidenza” desunta dalla logica e dalla coscienza del pensiero intellettivo. Infatti, nel detto cartesiano che “Cogito ergo sum” vi è l’assioma che solo perché “essere pensante” l’uomo può affrancarsi dal dubbio di non essere nel vero. Ergo, per Cartesio, la sola fonte di certezza è la “deduzione” poiché viene dall’evidenza che il pensiero soggettivo ha trovato nell’interpretazione dell’ente o del fenomeno oggettivo, a prescindere dalla sua essenza o esistenza reale. La verità, per Cartesio, viene, dunque, dall’interno dell’io pensante, come atto di fiducia nel suo “razionalismo”, e dall’oggetto osservato e pensato, come fiducia nel suo “determinismo” di ente meccanicamente ordinato per natura.
Nella filosofia cartesiana, la conoscenza acquisita attraverso il metodo scientifico si fonda, quindi, su due componenti ineludibili: 1. la “res cogitans” per cui la verità si deve alla logicità del pensiero; 2. la “res extensa” per cui la verità si deve alla concretezza dell’oggetto che in qualche modo si rende misurabile. E la misurabilità, per Cartesio, è scontata in quanto ogni corpo della materia è di fatto “estensione” e “macchina” fatta di elementi scomponibili ed analizzabili per sé ed in sé come enti e fenomeni parcellari di un tutto. In virtù di questa visione meccanicistica e parcellizzante della “sostanza” degli enti e degli “attributi” dei fenomeni, il metodo scientifico diviene “analitico in sé” e “positivo in sé”. Da qui un “Positivismo” indiscusso verso l’operato conoscitivo della scienza nell’accertamento della verità con cui la natura si appalesa in molteplici aspetti.
A ben riflettere, Cartesio rifugge dall’idea che la scienza, basata sulla rimozione del dubbio tramite l’evidenza logica del pensiero, possa dare adito a qualsiasi forma di “scetticismo”. La certezza dell’io pensante fa essere invece positivisti perché consente di partire dal dubbio per arrivare alla formulazione di “ipotesi”, come postulato logico per contrastare il dubbio, ed aprire così ad un metodo veramente sperimentale, che non è più solo osservazionale ma anche confutativo. Non è difficile vedere nella visione cartesiana della “ipotesi scientifica” future scuole filosofiche: quali quella “idealista” con a capo Immanuel Kant (1724-1804) , quella “confutazionista” e “falsificazionista” con a capo Karl Popper (1902-1994), a cui farò accenno in seguito.
Con la filosofia naturale di Cartesio si sancisce:
• la visione meccanicistica della natura
• l’unicità del metodo sperimentale
• la supremazia del metodo scientifico analitico (verità intelligibile attraverso la somma delle sue parti)
• il “razionalismo scientifico” come deduzione logica della verità
• il “dubbio metodico” come incertezza logica della verità rimovibile solo dalla certezza della dimostrazione matematica
• l’importanza della geometria euclidea (es. le coordinate e gli assi cartesiani.
Cartesio ebbe come sostenitori scienziati e filosofi del calibro di Gottfried Wilhelm Leibniz (1646-1716) e Baruch Spinoza (1632-1677), i quali lo sostennero principalmente in quello che era il punto spinoso dei rapporti con la Chiesa di Roma, e ciò nella assoluta certezza di non conflittualità tra Bibbia, Natura, Matematica e Scienza (vedi Box 9).
Box 9. Frasi antologiche dei padri fondatori della scienza moderna.
Galileo Galilei (1564-1642) (vedi Box 7)
Johannes Kepler (in italiano Giovanni Keplero) (1571-1630)o “Dio ha accordato alla loro natura il numero, le proporzioni ed i rapporti dei moti celesti.”
Renato Cartesio (1596-1650) (vedi Box 8)
Gotfried Wilhelm Leibniz (1646-1716) “Le essenze e gli enti possibili sono governati dalla necessità logica.” “La sostanza è ciò che è e che non ha bisogno di altro per essere.” “Se segnassimo a caso dei punti su un foglio di carta , si potrebbe individuare sempre e comunque un'equazione matematica tale da rendere conto di quanto fatto.” “Ogni anima é uno specchio vivente dell' universo.”
Baruch Spinoza (1632-1677) “Nella natura nulla avviene che sia contrario al suo ordine fisso e immutabile: le leggi naturali si estendono a tutte le cose concepite dallo stesso intelletto di Dio.” “…ciò che avviene secondo un ordine eterno e secondo leggi determinate della Natura.” “…la via per cercare nell’ordine dovuto la verità stessa.” “Niente esiste dalla cui natura non scaturisca un qualche effetto.” “Colui che vuole distinguere il vero dal falso deve avere un'idea adeguata di ciò che è vero e di ciò che è falso.” “Ciò che è e che per esistere ha bisogno solo di se stesso.” (Definizione filosofica di ‘Sostanza’, ndr)
Isaac Newton (1642-1727) (vedi Box 12) |
Avverso alla filosofia cartesiana fu, invece, Blaise Pascal (1623-1662) che trovò nel “Determinismo” e “Meccanicismo” cartesiano una esagerazione nata dal fatto che veniva posta una netta suddivisione tra mente (res cogitans) e corpo (res extensa): tra “esprit de finesse” ed “esprit de geometrie”. Pascal trovò una grande forzatura quella di Cartesio di voler dare prove scientifiche incontrovertibili sulla esistenza di Dio, ritenendo che la fede è una ragione del cuore mentre la logica è una ragione della mente (vedi Box 10).
Box 10. Frasi antologiche di Blaise Pascal (1623-1662).
“Il cuore, non la ragione, sente Dio; ecco che cos’è la fede: Dio sensibile al cuore non alla ragione". "Il cuore ha le sue ragioni che la ragione non conosce". Probabilismo “Valutiamo i vantaggi e gli svantaggi nello scommettere che Dio esiste. Consideriamo le due possibilità. Se vinci, vinci tutto; se perdi, non perdi niente. Non esitate, allora, a scommettere che Lui esiste.” “Solo nell’incommensurabilità di Dio gli estremi dei tempi e dei numeri convergono davvero; in questi abissi noi riconosciamo solo probabilità.” “Né la contraddizione è indice di falsità né la coerenza è segno di verità.” “Se il naso di Cleopatra fosse stato più corto, tutto il mondo sarebbe diverso”. “In realtà, gli avvenimenti che dipendono da una sorte ambigua sono giustamente attribuiti più alla contingenza fortuita che alla necessità naturale; per questo la conoscenza che possiamo averne ha errato incerta sino ad oggi …. Così congiungendo il rigore della dimostrazione matematica all’incertezza della sorte e conciliando queste cose in apparenza contrarie,” la nuova scienza può giustamente attribuirsi il titolo meraviglioso di geometria del caso.” “Valutiamo i vantaggi e gli svantaggi nello scommettere che Dio esiste. Consideriamo le due possibilità. Se vinci, vinci tutto; se perdi, non perdi niente. Non esitate, allora, a scommettere che Lui esiste.” |
Alla “certezza assoluta” cartesiana, Pascal oppose la “certezza probabile”, idea che trovò negli anni immediatamente successivi un ordinato ed attento paladino in Pierre-Simon de Laplace (1749-1827), ritenuto, con Pierre de Fermat (1601-1665), il “Padre del Probabilismo”, pur essendo stato, in un primo momento, un proselita del “Determinismo” cartesiano (vedi Box 11).
Box 11. Frasi antologiche di P-S. Laplace (1749-1827).
Determinismo “Possiamo considerare lo stato attuale dell'universo come l'effetto del suo passato e la causa del suo futuro. Un intelletto che ad un determinato istante dovesse conoscere tutte le forze che mettono in moto la natura, e tutte le posizioni di tutti gli oggetti di cui la natura è composta, se questo intelletto fosse inoltre sufficientemente ampio da sottoporre questi dati ad analisi, esso racchiuderebbe in un'unica formula i movimenti dei corpi più grandi dell'universo e quelli degli atomi più piccoli; per un tale intelletto nulla sarebbe incerto ed il futuro proprio come il passato sarebbe evidente davanti ai suoi occhi.” “Un intelligenza che conoscesse ad un dato istante tutte le forze in natura e la posizione di ciascuna entità in essa, se avesse il potere di sottoporre tutta questa conoscenza ad analisi, sarebbe capace di contenere in una singola formula i movimenti di tutte le cose, dal più grande corpo fisico nell’universo al più leggero atomo: niente sfuggirebbe alla sua comprensione, e il futuro, esattamente come il passato, sarebbe subito presente davanti ai suoi occhi.”. "Noi dobbiamo riguardare il presente stato dell'universo come l'effetto del suo stato precedente e come la causa di quello che seguirà. Ammesso per un istante che una mente possa tener conto di tutte le forze che animano la natura, assieme alla rispettiva situazione degli esseri che la compongono, se tale mente fosse sufficientemente vasta da poter sottoporre questi dati ad analisi, essa abbraccerebbe nella stessa formula i moti dei corpi più grandi dell'universo assieme a quelli degli atomi più leggeri. Per essa niente sarebbe incerto ed il futuro, così come il passato, sarebbe presente ai suoi occhi." “Si legga Eulero: è il nostro maestro di tutto.” “Il caso è la somma delle nostre ignoranze.” "Non l'ho ritenuta un'ipotesi necessaria". Probabilismo “Lo stato attuale del sistema della natura consegue evidentemente da quello che esso era nell’istante precedente, e se noi immaginassimo un’intelligenza che ad un dato istante comprendesse tutte le relazioni fra le entità di questo universo, esso potrebbe conoscere le rispettive posizioni, i moti e le disposizioni generali di tutte quelle entità in qualunque istante del passato e del futuro …. Ma l’ignoranza delle diverse cause che concorrono alla formazione degli eventi come pure la loro complessità, insieme coll’imperfezione dell’analisi, ci impediscono di conseguire la stessa certezza rispetto alla grande maggioranza dei fenomeni. Vi sono quindi cose che per noi sono incerte, cose più o meno probabili, e noi cerchiamo di rimediare all’impossibilità di conoscerle determinando i loro diversi gradi di verosimiglianza. Accade così che alla debolezza della mente umana si debba una delle più fini e ingegnose fra le teorie matematiche, la scienza del caso o della probabilità.” Definizione laplaciana di Probabiltà (definita “Probabilità classica” o “Probabilità a priori”, ndr) “La probabilità di un evento è il rapporto tra il numero di eventi favorevoli ed il numero degli eventi possibili, purché questi ultimi siano ugualmente possibili, quindi equiprobabili e mutuamente esclusivi.” Formula della probabilità classica laplaciana ove n è il numero di eventi favorevoli e N è il numero di eventi possibili. (Es. nel lancio di un dado, il numero di eventi favorevole è n=1 ed il numero di eventi possibili (equiprobabili) è N=6 per cui la “Probabilità ‘a priori” è P=1/6= 0,16666%. |
Occorre dire, però, che, nonostante la quasi contemporaneità di queste due scuole di pensiero: quella cartesiana del “Determinismo” e quella pascaliano-laplaciana del “Probabilismo”, l’idea di poter raggiungere una verità assoluta attraverso il “Matematismo” allettò in modo preponderante l’orgoglio intellettivo degli uomini di scienza, tanto che Isaac Newton (1642-1727), il loro più alto e geniale esponente, ripropose esattamente le stesse affermazioni di Galilei e di Cartesio (vedi Box 12).
Box 12. Frasi antologiche di Isaac Newton (1642-1727).
“C'è un solo metodo per cogliere la verità, esso vale nei confronti della Bibbia e della Natura. I due libri della Bibbia e della Natura vanno letti facendo uso delle stesse regole.” “La natura non sovrabbonda di cose superflue e non fa nulla invano.” “Non so come potrò apparire al mondo, ma mi sembra soltanto di essere stato simile a un bambino che gioca sulla spiaggia, e di essermi divertito a trovare di quando in quando un sasso più liscio o una conchiglia più bella del solito, mentre il grande oceano della verità giaceva insondato davanti a me.” “La verità si ritrova sempre nella semplicità, mai nella confusione.” |
Nonostante Pascal e Laplace, il cartesianismo la fece, quindi, da padrone per molti anni. Il concetto di “Determinismo” e di “Positivismo” trovarono una definitiva formulazione con Claude-Henri de Saint-Simon (1760-1825) e, soprattutto, con Auguste Comte (1796-1857) (vedi Box 13).
Box 13. Frasi antologiche di Auguste Comte (1796-1857).
“È dunque attraverso lo studio delle matematiche, e solo mediante esse, che ci si può fare un’idea giusta ed approfondita di ciò che è una scienza.” “Non si conosce a fondo una scienza finché non se ne conosce la storia.” |
Determinismo e Positivismo fecero da sostegno intellettivo a quell’epoca storica che prese in nome di “Illuminismo”.
Correnti filosofico-epistemologiche sui processi cognitivi della scienza
Lo spazio concesso a questa trattazione, non mi permette di addentrarmi in dettagli sulle correnti filosofiche che portarono a posizioni epistemologiche tanto contrastanti tra di loro. Ma non posso esimermi dal farne un breve accenno pena la completezza di questa relazione (vedi Box 14).
Box 14. Correnti filosofico-epistemologiche circa il processi cognitivi con cui la scienza arriva ad appurare la verità della realtà sensibile*.
Idealismo (Innatismo) |
Empirismo (Realismo) |
Empirio-Criticismo |
Platone S. Agostino F. Bacone R. Cartesio G.W. Leibniz (Monadismo) G. Berkeley I. Kant (Categorismo) F.H. Bradley (Monismo) B. Russell (seconda fase, ndr) E. Cassirer L. Wittgenstein M. Heidegger
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Aristotele Epicuro S. Tommaso d’Aquino Leonardo da Vinci B. Telesio J. Locke G. Galilei T. Campanella T. Hobbes D. Hume G.W.F. Hegel J.S. Mill (Utilitarismo) L. Feuerbach W. James E. Husserl A.N. Whitehead B. Russell (prima fase, ndr) G.E. Moore |
R. Avenarius E. Mach (Machismo)
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*Filosofi e scienziati ordinati in ogni colonna per data di nascita.
Da un lato la corrente filosofico-epistemologica denominata “Idealismo”, i cui fautori basavano la conoscenza sulla “Innatezza” delle idee (vedi Box 15).
Box 15. Frasi antologiche di filosofi e scienziati che hanno dato luogo alla corrente di pensiero definita “Idealismo” (Innatismo).
Sant’Agostino (354-430) “In interiore homine habitat veritas.”
Francesco Bacone (1561-1626) “La verità è figlia del tempo.” “La sovranità dell'uomo è nella scienza.” “Se l'uomo vuole cominciare con certezze, allora finirà con dei dubbi; ma se sarà contento di cominciare con dei dubbi, allora finirà con certezze.”
Renato Cartesio (René Descartes) (1596-1650) “Tutto quello che finora ho […] ammesso come assolutamente vero, l’ho ricevuto o dai sensi, o mediante i sensi; li ho però talvolta colti in errore, ed è regola di prudenza non dare mai interamente fiducia a coloro che ci hanno ingannati anche una sola volta.”
George Berkeley (1685-1753) “Tutto l’essere di un oggetto consiste nel suo venir percepito.”
Immanuel Kant (1724-1804) “Le intuizioni e i concetti costituiscono gli elementi della nostra conoscenza, così non possono esserci concetti senza intuizioni e intuizioni senza concetti.” “La scienza è conoscenza organizzata. La saggezza è vita organizzata.” “L'illuminismo è l'uscita dell'uomo dallo stato di minorità che egli deve imputare a sé stesso. Minorità è l'incapacità di valersi del proprio intelletto senza la guida di un altro. Imputabile a sé stesso è questa minorità se la causa di essa non dipende da difetto di intelligenza, ma dalla mancanza di decisione e del coraggio di far uso del proprio intelletto senza essere guidati da un altro. Sapere aude! Abbi il coraggio di servirti della tua propria intelligenza! È questo il motto dell'illuminismo. Sennonché a questo illuminismo non occorre altro che la libertà, e la più inoffensiva di tutte le libertà, quella cioè di fare pubblico uso della propria ragione in tutti i campi. Non ragionate, ma credete!” “Amici dell'umanità... non contestate alla ragione ciò che fa di essa il bene più alto sulla terra: il privilegio di essere l'ultima pietra di paragone della verità.” “Concedi alla ragione il privilegio di essere l'ultima pietra di paragone della verità.” “Datemi della materia, e con essa io creerò un mondo!” “Dio ha inserito un'arte segreta nelle forze di natura in modo da consentire a quest'ultima di modellarsi passando dal caos a un perfetto sistema del mondo.” “Le intuizioni e i concetti costituiscono gli elementi della nostra conoscenza, così non possono esserci concetti senza intuizioni e intuizioni senza concetti.” “L'unica e grande utilità degli esempi è che essi affinano il giudizio.” “La ragione umana, anche senza il pungolo della semplice vanità dell'onniscenza, è perpetuamente sospinta da un proprio bisogno verso quei problemi che non possono in nessun modo esser risolti da un uso empirico della ragione... e così in tutti gli uomini una qualche metafisica è sempre esistita e sempre esisterà, appena che la ragione s'innalzi alla speculazione.” “Esiste una causa morale del mondo, per proporci uno scopo finale, conformemente alla legge morale; e per quanto questo scopo è necessario, altrettanto è necessario ammettere quella causa: cioè che vi è un Dio.” “Un prodotto organizzato dalla natura è un prodotto dove tutto è reciprocamente fine e mezzo; in esso, nulla d'inutile, privo di scopo, o dovuto a un cieco meccanismo naturale.” “La ragione umana viene afflitta da domande che non può respingere. perché le sono assegnate dalla natura della ragione stessa. e a cui però non può neanche dare risposta. perché esse superano ogni capacità della ragione umana.”
Bertrand Arthur William Russell (1872-1970) (seconda fase, ndr) “Ogni proposizione è in ultima analisi riducibile a una che attribuisce un predicato ad un soggetto.” “La proposizione è composta non di parole e neppure di pensieri ma di concetti. ….. … . In essa certi concetti stanno tra loro in una specifica relazione.” “La proposizione, a meno non si dia il caso che sia linguistica [ovvero parli del linguaggio], non contiene essa stessa delle parole: essa contiene le entità indicate dalle parole.” “In un linguaggio logicamente perfetto le parole di una proposizione corrisponderebbero una ad una alle componenti del fatto corrispondente, ……… ” “In un linguaggio logicamente perfetto ci sarà una parola e non più di una per ogni oggetto semplice, e ogni cosa che non è semplice sarà espressa da una combinazione di parole, ……. ”
Ernst Cassirer (1874-1945) “Non già nella vicinanza al dato immediato, ma nel progressivo allontanamento da esso risiedono il valore e la natura specifica del linguaggio come dell'attività artistica. Questa distanza dell'esistenza immediata e dell'esperienza immediatamente vissuta è la condizione della perspicuità e della consapevolezza del linguaggio. Questo comincia soltanto là dove cessa il rapporto diretto con l'impressione sensibile e con l'emozione sensibile.”
Ludwig Wittgenstein (1889-1951) “I limiti del mio linguaggio sono i limiti del mondo.” “Chi è soltanto in anticipo sul proprio tempo, dal suo tempo sarà raggiunto.” “Il linguaggio è una parte del nostro organismo, né meno complicata di questo.” “Un nuovo vocabolo è come un seme fresco, gettato nel terreno della discussione.” “Tutto ciò che può essere detto, può essere detto chiaramente.” “Il vero sapere non possa che derivare dalla conoscenza empirica dei fatti.” “Principio di verificazione: tale principio afferma che hanno un senso solamente le proposizioni che possono essere verificate empiricamente.” “Il problema della verità non può porsi come tale, ma diviene il problema della certezza, cioè della convinzione circa la verità di una proposizione.” “Le proposizioni che assumiamo come certe non sono ‘vere’, perché la verità stessa, così come il dubbio, possono essere stabiliti e formulati solo a partire da tali proposizioni, che costituiscono il punto di riferimento per i nostri giudizi e, in un certo modo, la base non controllabile delle nostre procedure di controllo. Sono proposizioni che funzionano, per così dire, a priori, nel senso che vengono prima dell'esperienza e anzi l'esperienza stessa è possibile soltanto presupponendole; ma si differenziano ovviamente dagli a priori kantiani perché possono mutare e in effetti mutano, seppure nel lungo periodo. Non sono degli a priori in senso kantiano anche perché derivano dal processo educativo, inteso tuttavia in senso lato, o, come si potrebbe meglio dire, dal processo di inculturazione, mediante il quale ognuno interiorizza il modo di vedere e di organizzare la realtà proprio della cultura in cui si forma. Ciò che viene assunto come certezza è un insieme di conoscenze con uno statuto speciale, che non funziona come acquisizione di un sapere relativo al mondo, ma come presupposto per sapere e per conoscere il mondo.”
Martin Heidegger (1889-1976) “La scienza è la teoria del reale.” “Il pensiero è il pensiero dell’essere.” |
Dal lato opposto la corrente filosofico-epistemologica denominata “Empirismo”, i cui fautori fondavano la conoscenza sulla “Esperienza percettiva sensoriale” (vedi Box 16).
Box 16. Frasi antologiche di filosofi e scienziati aderenti alla corrente di pensiero definita “Empirismo” (Realismo).
Aristotele (384-322 a.C.) “Niente è nell’intelletto che non sia stato prima nei sensi.”
Epicuro (341-271 a.C.) “Non bisogna infatti ragionare sulla natura per enunciati privi di riscontro oggettivo e formulazione di principi teorici, ma in base a ciò che l’esperienza sensibile richiede.”
San Tommaso d’Aquino (1221-1274) “Verità: Adeguamento dell’intelletto alla cosa. Adeguamento della cosa all’intelletto.” “Tutto ciò che è nell'intelletto è già stato, prima, nei sensi.”
Leonardo da Vinci (1452-1519) “Tutto il nostro sapere ha origine dalle nostre percezioni.” “Chi nega la ragion delle cose, pubblica la sua ignoranza.” “La sapienza è figliola della sperienzia.” “La natura è piena di infinite ragioni, che non furon mai in isperienzia.”
Bernardino Telesio (1509-1588) “Conoscenza è sensazione e che tutte le cose naturali ne possedevano.” (Esperienza sensibile, ndr)
Galileo Galilei (1564-1642) "…tra le sicure maniere di conseguire la verità è l'anteporre l'esperienza a qualsivoglia discorso… non sendo possibile che una sensata esperienza sia contraria al vero." "È sciocchezza cercar filosofia che ci mostri la verità di un effetto meglio che l'esperienza e gli occhi nostri.“
Tommaso Campanella (1568-1639) “Anzi è chiaro che tutto il genere umano, non solo questo o quell'individuo, è tenuto a dedicarsi alle scienze. Infatti Dio creò l'uomo, affinché lo conoscesse, e conoscendolo lo amasse, e amandolo ne godesse; per questa ragione l'uomo è stato creato razionale e dotato di sensi. Invece l'uomo, se è vero che la ragione è fatta per le scienze, qualora non utilizzasse questo dono di Dio secondo il progetto divino, agirebbe contro l'ordine naturale di Dio – come suole notare Crisostomo – quasi non volesse usare i piedi per camminare.”
John Locke (1632-1704) “Nihil est in intellectu quod prius non erit in sensu.” “Evidente che gli oggetti esterni, venendo a contatto con i nostri sensi, procurano diverse idee al nostro spirito, che esso precedentemente non aveva. In questo modo noi veniamo ad avere le idee del rosso, del blu, del dolce e dell’amaro, e tutte quelle altre idee che sono prodotte in noi dalla sensazione. Io credo che le idee di sensazione siano primi atti del pensiero e ch, fin tanto che gi oggetti esterni non hanno fornito allo spirito queste idee, non vi sia possibilità alcuna di pensiero.” “In tal modo, cioè da quello che i nostri sensi sono in grado di scoprire circa le operazioni dei corpi gli uni sugli altri, otteniamo la nozione di causa ed effetto, vale a dire che una causa è ciò che fa . sì che qualunque altra cosa, idea semplice, sostanza o modo, cominci ad essere, ed un effetto è ciò che ebbe il suo inizio da qualche altra cosa.”
Georg Wilhem Friedrich Hegel (1770.1831) “Empiristico: atteggiamento di pensiero che in luogo di cercare il vero nel pensiero stesso, lo va ad attingere dall’esperienza.” “Ciò che è vero deve essere nella realtà ed esservi nelle percezioni.” “Ciò che è razionale è reale; e ciò che è reale è razionale.” “Il negativo è sempre anche positivo.” “Il vero è l'intero. Ma l'intero è soltanto l'essenza che si compie mediante il suo sviluppo. Bisogna dire dell'Assoluto che esso è essenzialmente risultato, che esso soltanto alla fine è ciò che è in verità; e proprio in questo consiste la sua natura, che è di essere realmente effettivo, soggetto o divenir-se-stesso.” “Uno dei punti di vista capitali della filosofia critica è, che prima di procedere a conoscere Dio, l'essenza delle cose, ecc., bisogni indagare la facoltà del conoscere per vedere se sia capace di adempiere quel compito [...]. Voler conoscere dunque prima che si conosca è assurdo, non meno del saggio proposito di quel tale Scolastico, d'imparare a nuotare prima di arrischiarsi nell'acqua.” “Tutto ciò che è umano, comunque appaia, è umano soltanto perché vi opera e vi ha operato il pensiero.“
John Stuart Mill (1806-1873) “La nozione che verità esterne alla mente possono essere conosciute per intuizione e coscienza, indipendentemente dall’osservazione e dall’esperienza, è, ne sono persuaso, in questi tempi, il grande supporto intellettuale alle false dottrine e alle cattive istituzioni.”
Edmund Gustav Albrect Husserl (1859-1938) “Quel che si sa dipende da come stanno le cose nel mondo.” “Lodo l’empirismo per il suo radicale rifiuto dei pregiudizi, delle superstizioni, degli idoli imposti dalla tradizione ai quali esso oppone il diritto della ragione autonoma nel suo volgersi, come criterio di verità, alle cose stesse.” “Una descrizione dei processi mentali che precedono l’enunciazione di un giudizio numerico; non può mai, anche se esatta, sostituire una vera determinazione del concetto di numero, non potremo mai avocarla per la dimostrazione di qualche teorema, né apprenderemo da essa alcuna proprietà dei numeri. Ed invero il numero non costituisce un oggetto della psicologia, né può considerarsi come un risultato di processi psichici, proprio come non può considerarsi tale.” “Occorre sapere che cosa sia il mare del Nord, non come sorga la nozione del mare del Nord.”
Alfred North Whitehead (1861-1947) “Ciò che avete sperimentato, l’avete sperimentato.”
Bertrand Arthur William Russell (1872-1970) (prima fase, ndr) “Ogni inferenza riguardo al corso della natura è causale, e se la natura non è soggetta a leggi causali deve cadere ogni inferenza. In questo caso, non possiamo conoscere nulla che sia fuori della nostra esperienza personale.” “Le sensazioni sono ovviamente la fonte della nostra conoscenza del mondo, compreso il nostro stesso corpo. Sembrerebbe naturale considerare la sensazione come essa stessa una cognizione, e fino a tempi recenti questa era anche la mia opinione.”
Albert Einstein (1879-1955) “Il grandioso scopo della scienza è di abbracciare la massima quantità di fatti empirici attraverso deduzioni logiche fatte a partire dalla minima quantità di ipotesi o di assiomi.” |
Un tentativo di fusione è avvenuto con la corrente filosofica denominata “Empirio-Criticismo” (vedi Box 17).
Box 17. Frasi antologiche di filosofi e scienziati aderenti alla corrente di pensiero definita “Empirio-Criticismo”.
Richard Heindrich Avenarius (1843-1896) (Non sono state trovate frasi antologiche, ndr)
Ernst Mach (1838-1916) “La fisica è un insieme di esperienze, sistemate per ordine economico.” “Lo sforzo dei pensatori nel tentativo di ridurre ogni processo fisico alla nozione di movimento di atomi, si può dire che sia una chimera. Questo ideale ha giocato un ruolo effettivo nella letteratura popolare, ma nel lavoro degli scienziati non ha ottenuto altrettanto successo.” “Per quanto possa apparire strano, la forza della matematica è nella sua evasione da ogni pensiero non necessario, e nella sua mirabile economia nelle operazioni mentali.” |
Peraltro, le due succitate concezioni hanno dato la stura a sottocorrenti filosofiche.
L’idealismo è sfociato nel “Solipsismo”, mentre l’empirismo ha sboccato nel “Pragmatismo”, sulle cui idee non è il caso di diffonderci in questa sede, dati i loro risvolti di ordine prettamente politico e economico-sociale.
Comunque, tranne il Solipsismo, queste sottocorrenti filosofiche restano quasi sempre nell’area del “Neo-positivismo scientifico”.
Per la cronistoria, debbo però far presente che già sul finire del ‘700 si vennero a costituire orientamenti filosofici volti al “Negativismo”, che hanno assunto negli anni a venire varie denominazioni: “Pessimismo” (Arthur Schopenhauer, 1788-1860), “Esistenzialismo” (Søren Aabye Kierkegaard, 1813-1855), “Fallibilismo” (Charles Sanders Peirce, 1839-1914), “Pragmatismo” (William James, 1842-1910), “Scetticismo” (Friedrich Wilhem Nietzsche, 1844-1900), “Falsificazionismo” (Karl Popper, 1902-1994), “Confutabilismo” (Thomas Khun, 1922-1996), “Anarchismo metodologico” (Paul Karl Feyerabend, 1924-1994), il cui scopo era di oscurare gli sprazzi di ottimismo scientifico che l’illuminismo aveva dato agli esseri umani (vedi Box 18).
Box 18. Frasi antologiche di filosofi e scienziati che dettero alla luogo a varie correnti di pensiero accumunate del termine “Negativismo”.
Arthur Schopenhauer (1747-1805) “L’errore nasce sempre dalla tendenza dell’uomo a dedurre la causa della conseguenza.” “Tutto ciò che accade, dalle cose più grandi alle più piccole, accade necessariamente.” "... tutto ciò che esiste per la conoscenza, cioè questo mondo intero, è solamente oggetto in rapporto al soggetto, intuizione di chi intuisce, in una parola: una rappresentazione.” “La vera realtà è quella della volontà, il mondo fenomenico, nella sua empiricità, è una rappresentazione prodotta dalla volontà.” “In quanto la filosofia non è conoscenza secondo il principio della ragione sufficiente, ma conoscenza dell’idea, essa infatti deve essere annoverata nel numero delle arti...Siccome ogni esprimere in concetti è un sapere, la filosofia è perciò una scienza: in realtà essa è un intermedio fra arte e scienza, o piuttosto ciò che unisce in sé arte e scienza.” “L'intelligenza è invisibile per l'uomo che non ne possiede.”
Friedrich Engels (1820-1895) “Ora, la verità è interna al processo stesso della conoscenza, è all’interno dello sviluppo storico della scienza; dai livelli più bassi del sapere, la scienza si innalza, di tappa in tappa, sempre più, ma non potrebbe mai raggiungere un punto oltre il quale, scoprire chissà quale verità assoluta, non riuscirebbe ad andare oltre, e non rimarrebbe altro che ammirarla, stupefatti, e contemplarla con le braccia incrociare. Questo vale anche per le conoscenze filosofiche come per ogni altra conoscenza e per la stessa prassi.” “Spesso le idee si accendono una con l'altra. come scintille elettriche.”
Søren Kierkegaard (1813-1885) “La fede comincia là dove la religione finisce”. “ La fede si può definire un'illogica fiducia nel verificarsi dell'improbabile”. “La vita: la si comprende guardando all'indietro, la si vive guardando in avanti”. “Un amico, di fatto, non è quello che tra filosofi chiamano l'Altro necessario; è l'altro superfluo”. “Se mi etichetti mi annulli”. “L'uomo non fa quasi mai uso delle libertà che ha, come per esempio della libertà di pensiero; pretende invece come compenso la libertà di parola”. “Parlo volentieri con i bambini, perché in fin dei conti si può sperare che diventeranno esseri ragionevoli. Quanto a quelli che li sono diventati, ah! Signore!”. “La vita si può capire solo all'indietro, ma si vive in avanti.” “La realizzazione dell’attesa è una freccia che oltrepassa il bersaglio.” “L'attesa è una freccia che vola e che resta conficcata nel bersaglio.” “Gli uomini hanno il dono della parola non per nascondere i pensieri, ma per nascondere il fatto che non li hanno.”
Friedrich Wilhem Nietzsche (1844-1900) "Ogni verità è semplice". “Non è questa una doppia menzogna?” “Che cosa è verità? Inerzia; l'ipotesi che ci rende soddisfatti; il minimo dispendio di forza intellettuale.” “Dove voi vedete le cose ideali, io vedo cose umane, ahi! troppo umane.” “È illusione che conosciamo qualcosa quando abbiamo una formula matematica per ciò che avviene, abbiamo solamente indicato, descritto; nulla di più!” “Il carattere complessivo del mondo è il caos per tutta l’eternità, non nel senso di un difetto di necessità, ma di un difetto di ordine, di articolazione, forma, bellezza, sapienza e di tutto quanto sia espressione delle nostre estetiche nature umane.” “Il pensiero è, allo stesso modo della parola, semplicemente un segno: non è possibile parlare di una qualsiasi congruenza del pensiero e della realtà.” “La verità è che la verità cambia.” “L'uomo è difficile da scoprire, ed egli è per se stesso la più difficile delle scoperte.” “L'uomo è difficile da scoprire, ed egli è per se stesso la più difficile delle scoperte.” “Nella realtà non avviene nulla che corrisponda rigorosamente alla logica.” “Non esistono fatti, ma solo interpretazioni.” “Prima dell’effetto si crede a cause diverse da quelle cui si crede dopo l’effetto.” “Si vede che anche la scienza riposa su una fede, che non esiste affatto una scienza scevra di presupposti.”
Charles Sanders Peirce (1839-1914) “Ogni uomo è pienamente convinto dell'esistenza della Verità, altrimenti non farebbe alcuna domanda.” “L'identità di un uomo consiste nella coerenza tra ciò che fa e ciò che pensa.” “Tutto ciò che l'esperienza si degna di insegnarci, ce lo insegna per sorpresa.” "Un atteggiamento, un orientamento al di fuori di ogni teoria particolare, consistente nel distogliere lo sguardo da tutto ciò che è causa prima, primo principio, categoria, supposta necessità, per volgerlo ai risultati, alle conseguenze.” “Il significato di un evento o di qualsiasi altra cosa si trovi entro l'orizzonte empirico, è dato dalle conseguenze pratiche che un evento porta con sé una volta sottoposto all'azione pratica.” “Dunque il valore di un evento dipende dal modo in cui si differenzia rispetto agli altri eventi in ragione della sua azione pratica sulla realtà.” “Se la verità di un fenomeno viene affermata per mezzo dell'esperimento, ovvero per mezzo dell'azione che il fenomeno produce nel tessuto della realtà, allora tutto ciò che non rientra nella possibilità di essere sottoposto ad azione umana non può essere considerato vero.”
William James (1824-1910) "In tal caso [in presenza di controversie metafisiche irrisolvibili], il metodo pragmatista consiste nel tentare di interpretare ogni concetto dalle sue conseguenze pratiche. Ecco come esso pone un problema: ammesso che un determinato concetto sia vero e l'altro no, che differenza ne deriverebbe praticamente per il singolo? Se non riusciremo a trovare alcuna differenza pratica, concluderemo che le due alternative sono equivalenti e che ogni discussione è inutile. Perché una controversia sia seria, bisogna poter dimostrare quale conseguenza deriva necessariamente dal fatto che solo questa alternativa è la vera. Allo scopo di ottenere la chiarezza perfetta intorno alle idee relative a un oggetto, quindi, dobbiamo considerare unicamente gli effetti di carattere pratico che esso, a nostro giudizio, è capace di determinare, le impressioni che dobbiamo aspettarci da esso, le reazioni alle quali dobbiamo essere preparati". “…..se due tipi di conoscenza diversi producono di fatto lo stesso tipo di azione conseguente la diversità originaria è solo apparenza, viceversa, se lo stesso tipo di conoscenza porta nei fatti a due azioni diverse, l'identità è apparente.” “La conoscenza, in generale, non deve essere "soluzione immutabile di un enigma" (come lo è stato nel caso per le metafisiche passate), ma strumento di ricerca aperto alle possibilità del reale.”
Karl Raimund Popper (1902-1994) “La ricerca della verità è possibile soltanto se parliamo chiaramente e semplicemente ed evitiamo tecnicismi e complicazioni non necessari.” “Una teoria che non può venire confutata da nessun evento concepibile non è scientifica.”” L'inconfutabilità di una teoria non è (come spesso si ritiene) una virtù, bensì un vizio.” “Tutta la conoscenza umana rimane fallibile, congetturale. Non esiste nessuna giustificazione compresa, beninteso, nessuna giustificazione definitiva di una confutazione.” “La scienza è ricerca della verità. Ma la verità non è verità certa.” “Tutta la conoscenza prescentifica, sia essa animale o umana, è dogmatica; e con la scoperta del metodo non dogmatico, cioè del metodo critico, comincia la scienza.”
Paul Karl Feyerabend (1924-1994) “È chiaro quindi che l'idea di un metodo fisso, o di una teoria fissa della razionalità, poggia su una visione troppo ingenua dell’uomo e del suo ambiente sociale. Per coloro che non vogliono ignorare il ricco materiale fornito dalla storia, e che non si propongono di impoverirlo per compiacere ai loro istinti più bassi, alla loro brama di sicurezza intellettuale nella forma della chiarezza, della precisione, dell'’obiettività’, della ‘verità’, diventerà chiaro che c'è un solo principio che possa essere difeso in tutte le circostanze e in tutte le fasi dello sviluppo umano. È il principio: qualsiasi cosa può andar bene.” |
Avvento dell’Indeterminismo
A dire il vero, le posizioni negativiste della filosofia antilluminista sono rimaste per decenni in seno al mondo filosofico senza arrivare ad interessare i presupposti positivisti della scienza. Ma tra la fine dell’Ottocento e l’inizio del Novecento sorge una inquietudine epistemologica circa la certezza delle verità scientifiche tratte da soluzioni matematiche.
Il primo a mettere in forte discussione la “certezza matematica” è stato il matematico francese Jules Henri Poincaré (1854-1912) che si accorse come la matematica teoretica fondata su equazioni lineari (a soluzione unica) non era in grado di rappresentare a dovere la complessità morfo-funzionale dei fenomeni esistenti in natura (vedi Box 19).
Box 19. Frasi antologiche di Jules Henri Poincaré (1854-1912).
“Ma ci sono fatti semplici, e se ci sono come riconoscerli.” “Chi ci dice che ciò che crediamo semplice non nasconda una spaventosa complessità?” “Perché in un temporale le gocce di pioggia sembrano distribuite a caso? ….. è ancora a causa della complessità delle cause che determinano la loro formazione.” “Una causa molto piccola, che ci sfugge, determina un effetto considerevole.” “Anche nel caso che le leggi della natura non avessero più segreti per noi, ….. può accadere che piccole differenze nelle condizioni iniziali producano grandi differenze nei fenomeni finali.” “Una causa piccolissima che sfugga alla nostra attenzione determina un effetto considerevole, che non possiamo mancare di vedere, e allora diciamo che l’effetto è dovuto al caso. Se conoscessimo esattamente le leggi della natura e la situazione dell’universo all’istante iniziale, potremmo prevedere esattamente la situazione dello stesso universo in un istante successivo. Ma se pure accadesse che le leggi naturali non avessero più alcun segreto per noi, anche in tal caso potremmo conoscere la situazione iniziale solo approssimativamente. Se questo ci permettesse di prevedere la situazione successiva con la stessa approssimazione non ci occorrerebbe di più e dovremmo dire che il fenomeno è stato previsto, che è governato da leggi. Ma non sempre è così: può accadere che piccole differenze nelle condizioni iniziali ne producano di grandissime nei fenomeni finali. Un piccolo errore nelle prime produce un errore enorme nei secondi. La previsione diviene impossibile, e si ha un fenomeno fortuito.” |
Egli, quindi, si addentrò nella elaborazione di metodi matematici definiti “non-lineari” nel presupposto, apparentemente antidogmatico, che la natura non sempre si manifesta con quei fenomeni ordinati che sono esplorabili dalle equazioni lineari della matematica della certezza. Con Poincaré tramonta il binomio “ordine naturale/certezza matematica” e si inaugura la “matematica dell’incertezza”, altrimenti della “matematica del caos”.
Gli studi sul “caos” in natura hanno prodotto grandi cambiamenti di vedute circa i rapporti tra scienza, matematica e verità. Con l’avvento dei computer e dei linguaggi informatici si è potuto dimostrare che il “caos” in natura ha dinamiche strutturate che sono indagabili con “equazioni non-lineari” (a soluzione variabile) il cui risultato rientra nel calcolo per successive iterazioni (Iterated Function Systems, IFS). Con queste equazioni di matematica non-lineare si generano e forme e solzioni che meglio descrivono e rapppresentano gli aspetti morfo-funzionali caotici dell’universo mondo.
A questo proposito Benoit B. Mandelbrot (1924-) ha potuto dimostrare che il “caos” in natura assume una struttura geometrica cosiddetta “frattale”, in cui il disordine si ripete per “similitudine” e per “omotetia” (stesso orientamento nello spazio), per cui lo si ritrova “nel suo insieme” ma anche “nel particolare dell’insieme” (vedi Box 20).
Box 19. Frasi antologiche di Jules Henri Poincaré (1854-1912).
“Ma ci sono fatti semplici, e se ci sono come riconoscerli.” “Chi ci dice che ciò che crediamo semplice non nasconda una spaventosa complessità?” “Perché in un temporale le gocce di pioggia sembrano distribuite a caso? ….. è ancora a causa della complessità delle cause che determinano la loro formazione.” “Una causa molto piccola, che ci sfugge, determina un effetto considerevole.” “Anche nel caso che le leggi della natura non avessero più segreti per noi, ….. può accadere che piccole differenze nelle condizioni iniziali producano grandi differenze nei fenomeni finali.” “Una causa piccolissima che sfugga alla nostra attenzione determina un effetto considerevole, che non possiamo mancare di vedere, e allora diciamo che l’effetto è dovuto al caso. Se conoscessimo esattamente le leggi della natura e la situazione dell’universo all’istante iniziale, potremmo prevedere esattamente la situazione dello stesso universo in un istante successivo. Ma se pure accadesse che le leggi naturali non avessero più alcun segreto per noi, anche in tal caso potremmo conoscere la situazione iniziale solo approssimativamente. Se questo ci permettesse di prevedere la situazione successiva con la stessa approssimazione non ci occorrerebbe di più e dovremmo dire che il fenomeno è stato previsto, che è governato da leggi. Ma non sempre è così: può accadere che piccole differenze nelle condizioni iniziali ne producano di grandissime nei fenomeni finali. Un piccolo errore nelle prime produce un errore enorme nei secondi. La previsione diviene impossibile, e si ha un fenomeno fortuito.” |
Esempi di strutture caotiche frattaliche in natura ve ne sono a iosa, basti pensare alle ramificazioni degli alberi, ai profili delle coste, ai volumi delle nuvole, al tragitto dei fulmini, alle diramazioni dei vasi ematici, alla distribuzione dei bronchi, tanto per citarne alcuni.
Al “Frattalismo” geometrico di Mandelbrot hanno fatto da predecessori Georg Cantor (1845-1918), Giuseppe Peano (1858-1932), Jacques Hadamart 1865-1963), Gaston Julia (1893-1978), Edward Norton Lorenz (1917-2008) e René Thom (1923-2002) e da seguito altri insigni matematici non-linearisti, tra cui David Ruelle (1935-), Robert M May (1936-), Mitchell Jay Feigenbaum (1944-), Heinz-Otto Peitgen (1945-) (vedi Box 21).
Box 21. Frasi antologiche di alcuni matematici non-linearisti.
Georg Cantor “In matematica l’arte di porre i problemi deve essere tenuta in maggiore considerazione di quella di risolverli.”
Giuseppe Peano (1858-1932) Assiomi: Esiste un numero naturale, 0 (o 1) Ogni numero naturale ha un numero naturale successore Numeri diversi hanno successori diversi 0 (o 1) non è il successore di alcun numero naturale Ogni insieme di numeri naturali che contenga lo zero (o l'uno) e il successore di ogni proprio elemento coincide con l'intero insieme dei numeri naturali (assioma dell'induzione).
Jacques Hadamard (1865-1963) “La necessità del disordine.”
Federico Enriques (1871-1946) “Il determinismo non è un dato di esperienza ma esprime una necessità a priori che sta alla base di ogni esperienza possibile. Il determinismo traduce semplicemente il postulato che esiste una scienza capace di procurarsi una rappresentazione razionale della realtà.“
Edward Norton Lorenz (1917-2008) “Effetto farfalla: Il battito delle ali di una farfalla in Brasile può scatenare un tornado in Texas” (a causa della dipendenza dalle condizioni iniziali, ndr)
René Thom (1923-2002) (Elaboratore della “Teoria delle catastrofi”, ndr) “Il nemico del vero non è il falso ma l’insignificante.” “I matematici dovrebbero avere il coraggio delle loro più profonde convinzioni e confessare che le forme matematiche hanno veramente un'esistenza indipendente dalla mente che le considera... Eppure, in un certo momento, qualunque esso sia, i matematici hanno solo una visione frammentaria e incompleta di questo mondo delle idee.” “Le idee matematiche sono prodotte dal nostro cervello nella misura in cui noi le pensiamo. Ma dal momento che esistono anche quando non le pensiamo, allora esistono da qualche parte e non soltanto nella nostra memoria: esse esistono, direi, anche altrove.”
Alwyn C. Scott (1931-2007) “Gli scienziati e scelgono lo studio dei modelli lineari poiché essi sono relativamente facili da capire e da descrivere matematicamente. Ma il mondo - in particolare il mondo biologico - abbonda di fenomeni dinamici che non sono lineari.”
David Ruelle (1935-) “La scienza sperimentale deve essere in grado di separare ciò che è predicibile da quello che non lo è.”
F. David Peat (1938-) “Il caos rivela che noi dobbiamo usare tutte le incertezze della vita invece di resistere a queste.”
Heinz Rudolf Pagels (1939-1988) “La vita è …….. non-lineare. E così è ogni altra cosa di interesse.” |
Tra questi spicca Edward Norton Lorenz a cui si deve il concetto che il disordine nei fenomeni è motivato dalla “dipendenza dalle condizioni iniziali” tanto da poter parlare di “caos deterministico” descrivibile morfologicamente mediante un “attrattore”. La metafora della dipendenza dalle condizioni iniziali va sotto il nome di “effetto farfalla” (vedi Box 21).
Pietro Cugini (1936-), l’Autore di questo testo, ha potuto dimostrare che la struttura caotica frattalica si rinviene anche in fenomeni strutturati in funzione del tempo, per cui al concetto di “caos deterministico morfologico” ha affiancato quello di “caos deterministico temporale”. Inoltre, applicando metodi di matematica del caos combinati con metodi crono biologico di analisi di fenomeni ritmici, ha potuto rilevare che il determinismo del caos consiste in una ripetitività ciclica del suo disordine, onde ha ritenuto completare il termine “caos deterministico” nella dizione di “caos deterministico periodico”. Il determinismo periodico e frattalico del caos suggerisce la possibilità di poterlo indagare con metodi matematici. L’Autore, in quanto rivolto alla ricerca in campo biologico e medico, ha suggerito di denominare “Caosbiologia” la disciplina scientifica che studia il caos nei sistemi biologici, per similitudine con la disciplina “Cronobiologia” che studia la ritmicità degli stessi sistemi.
Chiudo questa parentesi sul caos perché non è questa la sede per ulteriormente soffermarci sui rapporti tra scienza e matematica non-lineare. Torno, invece, all’evoluzione del pensiero scientifico-filosofico iniziatosi con Poincaré in quanto ha posto le basi di quello che poi sarà racchiuso nel termine “Indeterminismo”.
La storia dell’indeterminismo ha un “primum movens” nella “Teoria generale della relatività” che mette in discussione la relazione deterministica tra tempo e spazio. Albert Einstein (1879-1955), però, non fece propria la teoria poincareana del “caos” forse perché non vi erano ancora sufficienti conoscenze che lo contraddistinguevano concettualmente dal “caso” (vedi Box 22).
Box 22. Frasi antologiche di Albert Einstein (1879-1955).
“Non sono i frutti della ricerca scientifica che elevano un uomo ed arricchiscono la sua natura, ma la necessità di capire e il lavoro intellettuale.” “Non tutto ciò che può essere contato, conta. Non tutto ciò che conta può essere contato.” “Anche se le leggi della matematica si riferiscono alla realtà, non possiedono una veridicità assoluta, e se l'avessero, allora non si riferirebbero alla realtà.” “Finché le leggi della matematica si riferiscono alla realtà non sono certe e finché sono certe non si riferiscono alla realtà.” “I concetti della fisica sono libere creazioni dello spirito umano, e non sono, nonostante le apparenze, determinati unicamente dal mondo esterno.” “La nostra conoscenza, se paragonata alla realtà, è primitiva e infantile. Eppure è il bene più grande di cui disponiamo.” “La ricerca della verità è più preziosa del suo possesso.” “La teoria è quando si sa tutto e niente funziona. La pratica è quando tutto funziona e nessuno sa il perché. Noi abbiamo messo insieme la teoria e la pratica: non c'è niente che funzioni... e nessuno sa il perché!” “Ogni cosa che puoi immaginare, la natura l'ha già creata.” “Torna a eterno merito della scienza l'aver liberato l'uomo dalle insicurezze su se stesso e sulla natura agendo sulla sua mente.” “Io non credo che Dio sceglierebbe di giocare a dadi con l'Universo.” “Non tutto ciò che può essere contato, conta. Non tutto ciò che conta può essere contato.” “Ogni cosa che puoi immaginare, la natura l'ha già creata.” “Se i fatti e la teoria non concordano, cambia i fatti.” |
I futuri matematici non-linearisti, infatti, fecero una distinzione di principio tra “caos” e “caso” considerando il primo come “disordine strutturale sintropico”, aspetto intrinseco della dinamica dei fenomeni, ed il secondo come “disordine aleatorio entropico”, aspetto estrinseco della dinamica di questi. Il “caos”, dunque, come espressione di variabilità fenomenologia ordinaria e finalizzata, del tutto indipendente dal secondo principio della termodinamica. Il ”caso” come espressione afinalistica dei fenomeni dissipativi della natura.
Debbo dire che i fautori dell’indeterminismo vanno individuati tra i “fisici quantistici” del primo novecento. La “Teoria dei quanta” di Max Planck (1858-1947), proponendo una struttura corpuscolata e discontinua della materia e dell’energia, apre infatti a considerare che la cinetica di questi “minimi corpuscoli base” possa effettivamente non rispondere a rapporti dinamici precostituiti di tipo deterministico, perché suscettibili a tante condizioni influenzanti, non note, che rendono indeterminata la conoscenza dello stato iniziale e degli stati successivi (vedi Box 23).
Box 23. Frasi antologiche di scienziati quantistico-indeterministici.
Max Planck (1858-1947) “L’uomo semplice crede che la materia sia solida, ma il fisico (quantistico) dice che essa è fatta di «quanti», particelle elementari, dimensionate come «minimo di materia, energia, spazio e tempo», che si muovono oscillando in forma d’onda con una certa lunghezza spaziale e/o durata temporale.” “La scienza non può svelare il mistero fondamentale della natura. E questo perché, in ultima analisi, noi stessi siamo parte dell'enigma che stiamo cercando di risolvere.” “Una nuova verità scientifica non trionfa perché i suoi oppositori si convincono e vedono la luce, quanto piuttosto perché alla fine muoiono, e nasce una nuova generazione a cui i nuovi concetti diventano familiari!” “Non siamo autorizzati a supporre che esistano leggi fisiche, che siano esistite fino ad ora, o che continueranno ad esistere in forma analoga nel futuro.”
Werner Heisenberg (1901-1976) Principio di indeterminatezza “Tanto più precisamente determiniamo la posizione tanto più imprecisa sarà la determinazione della velocità in quell'istante e viceversa.” “Non è possibile conoscere simultaneamente posizione e quantità di moto di un dato oggetto con precisione arbitraria.” “Nel campo della ricerca, soltanto 2 dei seguenti 3 parametri possono essere definiti contemporaneamente: scopo, tempo, risorse finanziarie. Se si sa qual è lo scopo, e c'è un limite di tempo consentito per raggiungerlo, non si riesce a prevedere quanto costerà. Se tempo e risorse finanziarie sono chiaramente definiti, è impossibile sapere quale sarà il preciso scopo della ricerca. Se lo scopo è chiaro e la somma di denaro necessaria a raggiungerlo è stata esattamente calcolata, non si sarà in grado di prevedere se e quando sarà raggiunto. Se si è abbastanza fortunati da definire accuratamente tutti e 3 i parametri, non si sta lavorando nel campo della ricerca.” “È probabilmente vero in linea di massima che nella storia del pensiero gli sviluppi più fruttuosi avvengono frequentemente in quei punti d’interferenza fra due linee di pensiero. Queste linee possono avere le loro radici in parti assolutamente diverse della cultura umana.”
Ilya Prigogine (1917-2003) “Le strutture dissipative sono responsabili della genesi di sistemi complessi. I sistemi biologici, in quanto usurabili, sono necessariamente strutture dissipative sul lungo periodo, e le strutture dissipative sono, per definizione, lontane dall'equilibrio e dall'omeostasi.” “All'interno delle società umane, la creazione dell'ordine e del disordine va di pari passo.”
Kurt Gödel (1906-1978) “Non credo nella scienza naturale.” "È impossibile dimostrare dall'interno di un sistema di assiomi la non contraddittorietà di questi ultimi." Teorema di indecidibilità: "Per ogni sistema formale di regole ed assiomi è possibile arrivare a proposizioni indecidibili, usando gli assiomi dello stesso sistema formale" “Se un sistema formale S è consistente, allora esiste un enunciato V vero ma non dimostrabile in S.” “Le teorie formali non possono essere contemporaneamente complete e coerenti.” “Non è possibile dedurre teoremi mutuamente contradditori dai postulati stessi.” “Un insieme nel quale vi sono delle proposizioni vere le quali non possono essere dedotte dall'insieme.” “Ogni sistema assiomatico e sempre incompleto perché in esso è possibile trovare una proposizione vera che non è dimostrabile con gli assiomi su cui è costruito il sistema.” |
Il “Principio di indeterminatezza” prende forma definitiva di principio ad opera del fisico Werner Heisenberg (1901-1976) (vedi Box 23).
A questo fa riscontro il “Principio delle dinamiche lontane dall’equilibrio” di Ilya Prigogine (1917-2003) (vedi Box 23).
Dagli scienziati il tema dell’indeterminatezza nella conoscenza scientifica degli stati dinamici degli eventi naturali torna ai matematici. Tra questi spicca Kurt Gödel (1906-1978) che formula il “Principio di Indecidibilità”, come conseguenza logica della indeterminazione nell’acquisire prove sicure per rimuovere il dubbio scientifico e consentire decisioni razionali (vedi Box 23).
Avvento del Probabilismo
Se sul piano della matematica e della fisica teoretica, l’indeterminismo heisenberghiano e l’indecisionismo gödeliano sono stati visti come grandi conquiste cognitive, sul piano delle scienze “pratiche” e “poietiche”, per dirla con Aristotele, quali: la medicina, la politica, l’economia, ecc., essi sono da considerare veri e propri “boomerang” perché sono stati capaci di assestare un “vulnus” irreparabile alle finalità prettamente applicative e decisionali di queste scienze.
Debbo, però, dire che questo “impasse” scientifico-decisionale nato dall’indeterminismo e dall’indecisionismo non è stato foriero di un consistente movimento di “neo-negativismo filosofico”. Anzi, ha motivato la ricerca di un nuovo procedimento epistemico che permettesse di fare verità scientifica con cui poter decidere con una certa comprovata certezza, ovvero con una certa data probabilità.
Ovviamente il superamento doveva prendere le mosse dal ridimensionamento della impossibilità di poter raggiungere la verità scientifica tramite la matematica teoretica. E fu così che tra “Determinismo” e “Indeterminismo” rifece capolino il “Probabilismo” a cui avevano di già strizzato l’occhio sia Pascal che Laplace.
Affermazione del Probabilismo “a priori”
Dovendo lasciare il determinismo-meccanicismo cartesiano si ripresero le fila del discorso epistemico-gnoseologico della scienza, iniziando un percorso che muove anche da Jacob Bernoulli (1654-1705) con la “Legge dei grandi numeri” e da Abraham De Moivre (1667-1759) con il “Teorema del limite centrale”. Ci si rifece anche a Pierre Fermat (1661-1665) e, soprattutto, a Pierre-Simon Laplace (1749-1827 ) come a coloro che, prendendo le mosse da Blaise Pascal (1623-1662), avevamo fornito i mezzi matematici probabilistici per abbandonare la “matematica della certezza” e sviluppare la “matematica della probabilità”, quella che oggi definiamo “Matematica statistica” o più semplicemente “Statistica”.
Ed è così che nel diciottesimo secolo, dalle spoglie della “verità matematica assoluta” si passò alle vestigia della “verità matematica probabile” o, se volete, si passò dall’idea della scienza esatta, all’idea della scienza probabile. Per P-S. Laplace, educato al determinismo cartesiano, il cambio di casacca al probabilismo pascaliano dovette essere un vero e proprio dramma epistemico, che egli però superò brillantemente con una acrobazia dialettica: usò le stesse argomentazioni per il suo primo credo nel determinismo e per il suo secondo credo nel probabilismo (vedi Box 11).
Debbo dire che se si fosse rimasti all’idea laplaciana di probabilità, la scienza non avrebbe fatto grandi passi in avanti nella valutazione dei dati in tema di certezze matematiche della verità. Ciò si può intravvedere dalla definizione che Laplace ha dato di “Probabilità” (vedi Box 11). Questa definizione si riferisce ad una probabilità denominata “Probabilità classica” ma che più correttamente si dovrebbe definire “Probabilità ‘a priori” dato che prende in considerazione il rapporto tra numero di eventi favorevoli ed il numero di eventi possibili, tenendo però conto che in numero sia gli uni che degli altri è stabilibile aproristicamente (vedi Box 11).
È ovvio che questo concetto di probabilità non si attaglia alla condizione di occorrenza probabilistica di eventi di cui non è dato conoscere “a priori” né il numero dei favorevoli né il numero dei possibili. Evenienza, questa, in cui si trova ad operare la scienza che, pur in presenza di fenomeni con variabilità limitata, non può conoscere per principio tutti i fattori deterministici e aleatori che possono influenzarne la probabilità di espressione. In specie quando il suo modo di essere viene valutato indirettamente attraverso quelli che Bertrand Arthur William Russell (1872-1970) ha chiamato “dati di misura” (dati sperimentali), per contrapporli ai “dati di senso” (dati osservazionali) (vedi Box 24).
Box 24. Frasi antologiche di Bernard Russell (1872-1970).
“Esiste nel mondo una conoscenza così certa che nessun uomo ragionevole possa dubitarne?” “La nostra conoscenza, se paragonata alla realtà, è primitiva e infantile, eppure è il bene più grande di cui disponiamo.” “La conoscenza consiste di una serie di nozioni espresse come proposizioni* disposte in gerarchia logica con riferimento ad entità e fenomeni della realtà.” “L’uomo semplice crede che la materia sia solida, ma il fisico dice che è un’onda di probabilità che si propaga nel nulla.” “……. sebbene le relazioni tra gli oggetti fisici abbiano ogni sorta di proprietà conoscibili derivate dalle loro corrispondenze con le relazioni tra i dati di senso, gli oggetti fisici stessi rimangono sconosciuti nella loro natura intrinseca.” “Il mondo che si può ritrarre è il mondo che possiamo vedere; ma il mondo fisico è un mondo astratto che non si può vedere. Per tale ragione, anche un’ipotesi che ci spiega con minuta esattezza tutti i fatti rilevanti, a noi noti, non deve considerarsi certamente vera, poiché è probabilmente solo qualche aspetto altamente astratto dell’ipotesi, che è logicamente necessario nelle deduzioni che facciamo da essa ai fenomeni osservabili.” “Essa (la verità, ndr) è tale se è possibile interpretare le sue proposizioni come vertenti su entità esistenti di qualche tipo.” “In argomenti in cui la verità non può essere accertata, nessuno ammette che vi possa essere la minima possibilità nemmeno del più piccolo errore in ciò che dice.” “Una proposizione può essere vera anche se noi non siamo in grado di vedere alcun modo di ottenere dell’evidenza pro o contro di essa.” “Lo scienziato cerca fatti significativi nel senso che portano a leggi generali; …….”. “Dire che un fatto è scientificamente significativo, vuol dire che ci dà il modo di affermare o confutare qualche legge generale, poiché la scienza, anche se parte dall’osservazione particolare, non si occupa del particolare, ma del generale. […….] poiché la generalizzazione, in maggiore o minore grado, è una caratteristica essenziale della scienza, …… ” “I fatti che sono significativi in un dato stadio dello sviluppo di una teoria sono del tutto diversi da quelli significativi in un altro stadio.” “Ciò che gli uomini vogliono realmente non è la conoscenza, ma la certezza.” “Il concetto di probabilità è il più importante della scienza moderna, soprattutto perché nessuno ha la più pallida idea del suo significato.” “L’uomo è un animale credulone e deve credere in qualcosa. In assenza di buone basi per le sue convinzioni, si accontenterà di basi cattive.” |
Il nocciolo della questione è proprio qui, ovvero nel fatto che le scienze sperimentali, da Galilei in poi, ricercano la verità dei fenomeni sensibili per via mediata, ovvero attraverso “dati quantitativi” (valori) su varie scale metriche di misura. Così operando, stante la presenza di una variabilità nei fenomeni naturali, la scienza non può conoscere “a priori” quale può essere il rapporto tra numero di eventi probabili (frequenza del dato misurato) e numero di eventi possibili (totalità dei dati possibili). Di fatto la scienza sperimentale ricerca dati di “variabili sensibili” (definite statisticamente “variabili casuali”) su campioni di N dimensione (N Gradi di libertà, GL) e su un numero n di riferimenti misurati e sulla numerosità totale del campione, fatta uguale a 100, può verificare quale è la frequenza di ogni iesimo valore x (xi). Ciò vuol dire nella ricerca scientifica ci troveremo di fronte ad una “probabilità campionaria” in cui ogni valore xi avrà la sua numerosità n di occorrenza parziale (frequenza parziale) rispetto alla numerosità totale NT dei dati (frequenza totale), fatta uguale al 100% di probabilità. Pertanto, la “probabilità campionaria, P” sarà data dal rapporto percentuale tra ni e NT.
Con questo tipo di probabilità si raggiunge una informazione di tipo statistico esclusivamente pertinente alla distribuzione frequenziale dei dati che rappresentano la variabilità del fenomeno in studio ovvero la variabilità distributiva campionaria della variabile casuale, per dirla in termini più vicini al glossario statistico.
Ma anche con la stima della probabilità frequenziale campionaria, la scienza non può dirsi in grado di stimare la “probabilità di certezza dell’informazione scientifica” insita nei dati sperimentali. Vediamone il perché.
Stando alle “leggi della casualità” si può affermare che ogni raccolta oggettiva di “dati di misura” è di principio interferita da una certa proporzione di valori aleatori ed erronei, effetto del “caso”, che incidono sulla affidabilità dei dati campionari e, quindi, sulla attendibilità della loro frequenza. Pertanto, nella probabilità campionaria è insito quello che viene definito “Errore statistico di I tipo o alfa)”, dato dall’incidenza di “dati casuali aleatori” (dati randomici o stocastici) che occupano una proporzione della probabilità statistica della distribuzione campionaria totale. Ne consegue che la probabilità campionaria totale è gravata da una ignota quota di “probabilità inesatta” (probabilità incerta) che si inserisce nella campionatura insieme alla quota di “probabilità esatta” (probabilità certa).
Il problema, ai fini della certezza della inferenza scientifica da dati sperimentali, sta, quindi, nello stabilire a quanto ammontano le percentuali di queste due quote probabilistiche (incerta e certa) che compongono la probabilità campionaria totale.
Per convenzione si è convenuto che la “probabilità campionaria casuale” (probabilità incerta), dal momento che non è di principio evitabile, per essere accettabile, deve essere uguale o minore del 5% (P≤0,05) della probabilità campionaria totale, pena la non attendibilità della campionatura. Di conseguenza in un campionamento accurato, da campione attendibile, la “probabilità campionaria certa“ deve essere uguale o maggiore del 95% (P≥0,95) della probabilità campionaria totale.
Il problema, a questo punto, si sposta su come individuare i dati casuali erronei nella campionatura totale. Alla soluzione di questo problema ha provveduto il grande matematico Carl Friedrick Gauss (1777-1855), il quale, rifacendosi alla “Legge dei grandi numeri” di Jacob Bernoulli e al “Teorema del limite centrale” riformato da A. de Moivre e poi definitivamente sancito dallo stesso Laplace, considerò la probabilità campionaria non più in termini di semplici “frequenze distributive” ma in termini di “Densità di Probabilità” dei dati di misura. Ciò gli fu possibile avendo realizzato che l’elevazione al quadrato negativo di ogni iesimo valore x restituisce la probabilità del dato (vedi Box 25, formula 1).
Box 25. Frasi antologiche di Carl Friedrich Gauss (1777-1855).
“La matematica è la regina delle scienze e la teoria dei numeri è la regina della matematica.” Funzione degli errori: ovvero, (1)
PDF campionaria gaussiana: (2)
Formula di normalizzazione dei valori grezzi x in valori normalizzati z (3)
PDF della distribuzione normale gaussiana campionaria: (4)
PDF della distribuzione normale gaussiana teorica
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Gauss chiamò questa trasformata: “Funzione degli errori”, in quanto trasformando la frequenza distributiva in densità di probabilità si poteva descrivere la variabilità di ogni variabile casuale, che rispondesse al “Teorema del limite centrale”, con dati aventi una probabilità variante tra 0 a 1 che permetteva di riconoscerne la veridicità. Infatti, se un dato campionario fosse stato “certo”di essere appartenente alla reale distribuzione della variabile casuale, esso sarebbe stato associato ad una alta probabilità, mentre un dato “incerto” di essere appartenente alla vera variabilità del fenomeno sarebbe stato associato ad una bassa probabilità, e, per converso, avrebbe avuto una alta probabilità di essere effetto del “caso”.
Dato che la densità di probabilità è funzione della frequenza dei dati campionari, Gauss realizzò che la distribuzione di una variabile casuale rispondente al “Teorema del limite centrale”, poteva essere espressa da una “Funzione di Probabilità di Densità” (in anglosassone, “Probability Density Function”, PDF) la cui formula contenesse la “Funzione degli errori” (vedi Box 25, formula 2).
Egli verificò che, con almeno 200 GL (220 dati), ogni variabile diviene casuale perché tende nella sua distribuzione a manifestare il suo limite centrale, in quanto la locazione centrale dei dati, espressa dalla loro Media (simbolo M), dà luogo alla probabilità massima tendente a 1, che divide a metà la distribuzione campionaria dei dati minori o maggiori di essa e che si discostano da questa per una devianza media (Deviazione Standard, espressa con l’acronimo DS). Per cui normalizzando i dati (vedi Box 25, formula 3), egli ottenne la PDF della “Distribuzione normale”, detta appunto, “Distribuzione gaussiana” (vedi Box 25, formula 4).
La formula della PDF gaussiana per dati sperimentali (dati grezzi) di una variabile casuale campionata per almeno 200 GL è definita “PDF della distribuzione normale campionaria”.
Sviluppando questa funzione con, in ordinata la probabilità tra 0 e 1, ed in ascissa i valori grezzi campionari ordinati in crescendo, la PDF della distribuzione normale dà luogo una “curva simmetrica a campana” (Fig. 1, A).
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Inserire qui la Figura 1
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Avendo sviluppato la PDF della distribuzione campionaria di una variabile casuale, Gauss pensò che normalizzando i dati verso la media di un campione teorico con GL tendenti all’infinito (simbolo m) e DS dei dati normalizzati, espressa in unità di scostamento medio in più ed in meno di m (simbolo s), si sarebbe ottenuta la PDF teorica con la quale poter raggiungere un criterio di giudizio in merito alla probabilità “certa” o “incerta” dei dati campionari (vedi Box 24, formula 5). In tal caso, la curva della PDF gaussiana normalizzata doveva avere in ascissa i valori unitari, con il segno meno (-1, -2, -3, ecc.) o più (+1, +2, +3, ecc.) di scostamento medio dalla media (Fig. 1, B).
La formula della PDF gaussiana per su dati normalizzati è definita “PDF della distribuzione normale gaussiana teorica”.
Va fatto a questo punto notare che la curva gaussiana normalizzata teorica costituisce il primo passo statistico per arrivare alla conoscenza probabile della verità scientifica.
Infatti, dividendo l’asse dell’ascisse in tre segmenti unitari uguali per ciascuno dei lati intorno alla localizzazione centrale, si potevano ottenere, corrispondentemente alla I DS, II DS, III DS, le percentuali delle subaree di probabilità con le quali definire l’area della “probabilità certa” (corrispondente alla II DS che include il 95% dell’area della probabilità campionaria totale sottesa intorno alla sua media) e l’area della “probabilità incerta”(oltre la II DS, rappresentante il residuo 5% della dell’area della probabilità campionaria totale (Fig. 1, C).
A questo punto è facile capire che i dati aleatori effetto del caso (dati incerti) sono quei dati estremi oltre al II DS, a probabilità così bassa da occupare un’area minore del 5% della probabilità campionaria totale, da considerare su una o due code della curva gaussiana (Fig. 2).
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Inserire qui la Figura 2
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Questi dati casuali a probabilità estremamente bassa posti agli estremi della distribuzione vengono definiti in lingua inglese “outlier”.
Ecco, dunque, come arrivando al “Probabilismo” la scienza ha potuto, per il tramite della matematica statistica gaussiana, riprendere il suo cammino di conoscenza della verità pervenendo ad una verità probabile con il 95% di certezza.
Giova a questo ribadire che la verità probabilistica acquisita dalla scienza attraverso i “dati di misura” riguarda fenomeni quantizzabili con valori cardinali (dati variabili in modo continuo da meno infinito a più infinito), derivati da misure sperimentali ripetibili in serie spaziali o temporali, a formare una campionatura di valori di cui se ne può conoscere la certezza statistica, tanto che alla probabilità gaussiana Richard Von Mises (1883-1953) ha dato il nome di “Probabilità frequentista” (vedi Box 26).
Box 26. Frasi antologiche di Richard Von Mises (1883-1953).
Definizione di “Probabilità frequentista”
“Il limite cui tende la frequenza relativa dell’evento al crescere del numero di esperimenti (o di rilevazioni, ndr)” Per cui,
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Limiti di veridicità della Probabilità “a priori”
Vorrei però richiamare l’attenzione sul fatto che la probabilità come interpretata da Gauss rappresenta anch’essa una forma di “probabilità a priori” in quanto viene dato per assunto (non verificato) che gli “outlier” rappresentino dati di tipo casuale e che, in quanto tali, inficiano l’attendibilità del campione qualora superino la proporzione del 5%. Dati, quindi, che non andrebbero utilizzabili per l’inferenza statistica pena la certezza di incorrere nel cosiddetto “Errore di tipo I o alfa”, consistente nell’includere dati erronei nelle stime statistiche con cui poter accettare o rifiutare l’ipotesi di ricerca.
Vorrei però far notare che l’assunto per cui gli “outlier“ debbano essere considerati dati casuali, si rivela nella “Teoria dell’informazione”, un enunciato di tipo a prioristico, perché viene dato “sic et simpliciter” senza alcuna convalida che il valore che ha si posizione nell’area della probabilità campionaria totale oltre la II DS sia effettivamente randomico. Ne consegue che la probabilità gaussiana, di fatto, non mette al riparo, nella stima del grado probabilistico di certezza scientifica, dal cosiddetto “Errore di tipo II o beta” che consiste nell’escludere dalla probabilità certa il dato “outlier” che non è effetto del caso.
In definitiva, la probabilità gaussiana, ancorché di valore gnoseologico di gran lunga superiore alla probabilità laplaciana, è pur sempre una probabilità, che nel suo “apriorismo”, non include la verifica “a posteriori” del reale significato dei dati circa la probabilità della loro certezza, ovvero circa la reale veridicità che i dati possano enunciati come “veri o falsi outlier” oppure come “veri o falsi inlier”. In effetti, gli enunciati deducibili dalla “probabilità a priori” e cioè: “outlier=dato falso” e “inlier=dato vero”, se verificati “a posteriori“, si possono teoricamente scomporre in quattro enunciati con le loro rispettive probabilità: “outlier=dato veramente falso”, “outlier=dato falsamente falso, in realtà, dato vero”, “inlier=dato veramente vero”, “inlier=dato falsamente vero, in realtà, dato falso”.
Peraltro, a mio avviso, la probabilità di Gauss non prende in considerazione un altro tipo di errore statistico, da me definito: “Errore di tipo III o gamma”. Esso consiste nella possibilità che esistano dati casuali che non siano “outlier” per cui i loro valori si inseriscono nell’area della probabilità certa senza che possano essere individuati e rimossi.
Ciò detto, vediamo come gli enunciati gaussiani si potrebbero verificare studiandone la loro “probabilità a posteriori”.
Il primo enunciato gaussiano: “outlier=dato falso”, se confermato tale dalla verifica “a posteriori” diviene: “outlier=dato vero falso” (per cui ad esso si applica l’errore alfa), se non convalidato “a posteriori” come tale, diviene: “outlier=dato falso falso” (per cui ad esso si applica l’errore beta).
Il secondo enunciato gaussiano: “inlier=dato vero”, se confermato tale dalla verifica“a posteriori”, diviene: “inlier=dato vero vero” (per cui ad esso non si applica l’errore gamma), se non convalidato “a posteriori”: come tale, diviene “inlier=dato falso vero” (per cui ad esso si applica l’errore gamma).
Affermazione del Probabilismo “a posteriori”
Da quanto sopraddetto traspare chiaramente come la probabilità gaussiana “a priori” possa indurre a trascurare altre possibilità di errore e di verità nella ricerca scientifica.
Pertanto, avendo visto che al “probabilismo a priori” non era associabile un grado sicuro di certezza, si pensò che la scienza dovesse servirsi, per meglio appurare la verità, della “probabilità a posteriori”, che per il suo carattere verificatorio (probabilità epistemica) consentiva di meglio approcciarsi alla complessità dei fenomeni in natura in quanto la convalida del loro significato, espresso dai dati di misura, non costituiva più una dimostrazione “a priori” di certezza statistica (prova) ma diveniva una dimostrazione “a posteriori” (evidenza o prova provata) di certezza probabilistica (evidenza o prova provata o o prova comprovata o prova verificata).
Da qui la terminologia di “probabilità a posteriori” o epistemica o condizionata o verificata”. A questo punto ci si ricordò di quanto aveva mirabilmente già esplicitato il Reverendo Thomas Bayes (1702-1761) che a proposito del calcolo della probabilità si era appunto posto il problema che un dato di misura sperimentale significhi effettivamente ciò che vuole indicare come elemento di informazione su cui fondare la conoscenza della realtà fenomenica. Egli intuì che questo problema epistemico poteva essere risolto solo con la verifica “a posteriori” del significato informativo del dato scientifico desunto “a priori”.
Bayes fu il preconizzatore di una statistica quanto volta alla convalida e generalizzabilità della verità di ciò che è stato scoperto dalla ricerca scientifica di base o applicata. La statistica bayesiana fa ricorso al cosiddetto “Calcolo della probabilità post test” con l’intento di escludere l’errore “post hoc ergo propter hoc”. Mi spiego meglio: la statistica post test accerta se un riscontro scientifico, considerato statisticamente probabile da una ricerca scientifica effettuata su un piccolo campione di dati, sia da considerare probabilisticamente veritiero quando verificato su di un campione allargato in funzione del della sua corrispondenza al suo significato. In altre parole, la statistica bayesiana studia la “probabilità a posteriori” che ciò che la scienza scopre sia una vera verità verificandola nei suoi presupposti informativi tramite una rivisitazione su larga scala.
Per Bayes i rapporti tra dato sperimentale e verità non sono uninominali nel senso che ciò che la ricerca scopre, qualora verificato, si debba rivelare sempre come “vero”, e, quindi, avere la probabilità del 100% (P=1) di essere il solo “certo”. Per Bayes i rapporti tra dato numerico scientifico e verità non sono nemmeno binomiali nel senso che ciò che la ricerca scopre, alla verifica può essere “vero” o “falso” e, quindi, avere la probabilità del 50% (P=0,5) di essere uno “certamente vero” ed uno “incertamente vero”. Per Bayes, invece, i rapporti tra dato scientifico e verità sono almeno di tipo quadrinomiale nel senso che ciò che la scienza scopre, alla verifica, può essere “veramente vero”, “veramente falso”, “falsamente vero”, “falsamente falso”, e, quindi, avere la probabilità del 25% (P=0,25) che uno sia “certamente vero o vero positivo”, “certamente falso o vero negativo”, “incertamente falso o falso negativo”, “incertamente vero o falso positivo” o falso” (Fig. 3).
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Inserire qui la Figura 3
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Detto per inciso, oggi dalla “matematica fuzzy”sappiamo che i rapporti tra dati scientifici e verità sono di tipo polinomiale con ordine n di possibilità epistemiche, tanto che tra gli opposti vi possono essere n possibili probabilità verificabili di certezza statistica.
Va detto con chiarezza che la teoria bayesiana del calcolo della probabilità post hoc è quella che ha permesso di individuare “indicatori di probabilità post-test “(post verifica) come i “veri positivi”, i “veri negativi”, i “falsi positivi”, i “falsi negativi”, il “valore predittivo di positività”, il “valore predittivo di negatività”, la “sensibilità”, la “specificità”, la “probabilità di una falsità in presenza di negatività”, ecc., ecc.
Debbo però precisare che sebbene Bayes sia vissuto prima di Laplace e, quindi, di Gauss , la sua teoria della probabilità condizionata non ha avuto il riscontro che meritava nella costituenda filosofia della scienza, certamente a causa del momento storico nel quale il positivismo non ammetteva che un dato scientifico potesse non essere confutato nella sua certezza. Ciononostante, si deve pensare a Bayes come ad un antesignano nella storia della statistica. La sua fulgida stella brilla di luce propria al punto che gli statistici si dividono da teempo tra quelli di credo gaussiano e quelli di credo bayesiano, cioè tra statistici “creduloni”, mutuando questo termine da B. Russell (vedi Box 24) e statistici alla San Tommaso apostolo (provare per credere).
Mi preme dire che questa divisione, apparentemente insanabile, non ha, di fatto, ragione di essere dal momento che la probabilità gaussiana si addice alla ricerca scientifica “a priori”, basata sulla “significatività” della prova dimostrativa, mentre la probabilità bayesiana riguarda la ricerca scientifica “a posteriori” basata sulla “significanza” della evidenza dimostrata.
Nel chiudere la trattazione sul probabilismo mi corre l’obbligo di far presente che nella storia dell’epistemologia della scienza hanno fatto capolino altre forme di probabilità quali: la “Probabilità assiomatica” di Audrey Nikolaevich Kolmogorov (1903-1987), la “Probabilità soggettiva” di Bruno de Finetti (1906-1985) (Vedi Box 27).
Box 27. Frasi antologiche di Bruno de Finetti (1906-1985).
Concetto di ‘Probabilità soggettiva’ “La probabilità: chi è costei? Prima di rispondere a tale domanda è certamente opportuno chiedersi: ma davvero “esiste” la probabilità? e cosa mai sarebbe? Io risponderei di no, che non esiste.” “La probabilità di un evento è fornita secondo l'esperienza personale e le informazioni disponibili.” |
Sono forme particolari che vedono la probabilità frequentistica da un punto di vista vicino più alla psicologia ed alla semiologia.
Commento conclusivo sulla verità scientifica
Con il probabilismo si è sancito che la scienza raggiunge “verità probabilmente certe”. Dal che si potrebbe desumere che alla scienza è preclusa la possibilità di raggiungere” verità assolutamente certe”. Di guisa che anche il neo-positivismo scientifico può essere messo in discussione con una sorta di neo-scetticismo che poggia in primis sul “concetto di pensiero debole” elaborato dal filosofo contemporaneo Gianni Vattimo (1936-) (vedi Box 28).
Box 28. Frasi antologiche di Gianni Vattimo (1936-).
“…. conoscenza non è mai puro rispecchiamento disinteressato del dato.” “….. sarà lecito legare la conoscenza alle aspettative, interessi pratici, modi di pensare sociali storicamente mutevoli.” |
Ma questo scetticismo è realmente giustificato? È proprio vero che la scienza non può che darci verità assolutamente certe?
Io ritengo che a queste domande si possa dare una risposta positivista basata su chiare argomentazioni che prendono lo spunto addirittura dalla filosofia di Immanuel Kant (1724-1804). Il sommo filosofo di Konigsberg ha chiaramente stabilito che la realtà è fatta di “sostanza ontologica” (essenza noumenica) e di “forma fenomenologica” (esistenza fenomenica). La sostanza ontologica è in sé “essenza qualitativa” che consente all’ente di essere come entità a se stante, distinguendosi da altri enti proprio in funzione di questa sua intrinseca qualità. La forma fenomenologica è in sé “esistenza quantitativa” che consente all’ente di esistere come fenomeno a se stante, distinguendosi e relazionandosi con altri fenomeni in funzione di questa sua dimensionabilità variabile.
Se ora riflettiamo che sul fatto che il probabilismo attiene a “dati di misura”, dobbiamo dedurre che la probabilità, “a priori” o “a posteriori”, si applica solo a ciò che ha la prerogativa formale fenomenologica della quantità in virtù della quale l’evento fenomenico può assumere una aspetto variabile indice del suo esistenza dinamica.
Ma la scienza, attraverso la ricerca di base, è volta a scoprire nuovi enti la cui sostanza ontologica è di per sé una qualità che ne permette la identificazione. In tal caso il riscontro scientifico di un ente qualitativo vale per sé e nella sua unicità non ha i crismi per essere sottoposto a valutazione statistica. Ecco che in tal caso il probabilismo è escluso dalla dimostrazione della verità scientifica. L’ente scientificamente scoperto è una verità in sé e per sé proprio perché identificato come sostanza ontologica.
Pertanto, per essere esplicito, io ritengo che la scienza di base ha la capacità di trovare la verità assolutamente certa o, se vogliamo, con probabilità del 100%. Mi è di conforto in questa conclusione quanto ha scritto il matematico contemporaneo Fritjof Capra (1939-) (vedi Box 29).
Box 29. Frasi antologiche di Fritjof Capra (1939-).
“La questione sarà quindi la seguente: può esistere una scienza che non si fondi esclusivamente sulla misurazione? Una comprensione della realtà che non includa qualità ed esperienza? E possa nondimeno essere definita scientifica? Io credo che una tale comprensione sia, in effetti, possibile. La scienza a mio giudizio non deve essere ristretta necessariamente a misurazioni ed analisi quantitative.” “Una vera scienza della coscienza si occuperà di qualità più che di quantità, e si fonderà su un’esperienza condivisa più che su misurazioni verificabili.” |
Quindi, posso concludere dicendo che la scienza fornisce “verità oggettive assolute” quando si tratta di individuazioni di enti qualitativi e di “verità oggettive probabilistiche” quando si tratta di esplorazioni fenomeni quantitativi. A ciò si aggiunga che la scienza può raggiungere la verità scientifica su basi puramente teoretiche (verità scientifica soggettiva) quando attraverso la matematica teoretica e l’intuizione arriva a descrivere le leggi della natura.
Non è pertanto giustificato porre indiscriminatamente in dubbio tutto ciò che la scienza arriva a conoscere. Il “falsificazionismo” di Karl Popper (1902-1994) e l’antimetodismo di Paul Karl Feyerabend (1924-1994), il “paradigmatismo” di Thomas Kuhn (1922-1996) appaiono, infatti, posizioni epistemologiche estremistiche non rispettose delle intrinseche possibilità gnoseologiche della scienza di pervenire alla verità della realtà sensibile.
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