LA RICERCA BIOMEDICA IN TEMPI DI CRISI.

SU ALCUNI LAVORI INTERESSANTI E STRANI

 

PROF. GIOVANNI CECCARELLI [1]

 

A Giuseppe Roberto Burgio (1919-2014),

Indimenticabile e indimenticato Maestro di ricerca e di vita [2]

 

Un autore francese (1)  ha di recente così schematizzato i grandi tipi di ricerca biomedica: quello per cui si cerca di “copiare” in qualche modo la natura, con le protesi d’organo, i modi di vedere più a fondo il corpo umano e così via; quello per cui partendo da una constatazione in fondo banale (il sangue che di norma coagula ovunque, meno che nei vasi), ne deriva una linea di indagine molto complessa (John Robert Vane (2) scopre la prostaciclina che gli vale il premio Nobel nel 1982); o infine quello in cui, molto raramente, sempre partendo da una osservazione apparentemente banale ne deriva uno sconvolgimento totale delle conoscenze note fino a quel momento (si possono fare tra gli altri i nomi di Pasteur (3) e, prima, di Harvey (4) e poi, tra i meno remoti, quello di Liley (5)). Non sempre, però, le ricerche raggiungono risultati così importanti come quelli ora ricordati e spesso quella che è stata chiamata “l’ansia della pubblicazione” (5a) colpisce sia i colleghi più giovani che –e io a 80 anni suonati,  ne sono ancora un esempio- quelli più anziani.

Durante gli anni passati, e credo anche durante quest’anno, siamo stati tutti tormentati dai problemi finanziari che hanno colpito molte Nazioni e anche la nostra. Il grido unanime è stato: “Risparmio !” associato a “Revisione delle spese !” che, forse perché speravamo (o speravano) di essere meno intesi, abbiamo (hanno) chiamato in inglese “Spending review”. Ora, nel campo biomedico in particolare si dice che fare ricerca costa e quindi il grido si è trasformato in: “Fare solo buona ricerca !”, dimenticando forse che pensare una cattiva ricerca non è mai fare ricerca; ma bisogna anche considerare che la vera ricerca è per definizione libera e non sa –a priori- a quali risultati porterà. Cristoforo Colombo (6) parte alla ricerca delle Indie e trova l’America; Albert Hofmann (7) studia la segale cornuta e trova l’acido lisergico; William Herschel cerca una cometa e trova Urano (8) ; Galvani (9) tocca le zampe a una rana e scopre la bioelettricità. Quindi ogni ricerca ha in sé il germe della possibile novità ed è con questo spirito –più che con quello del bilancino economico- che dovreste valutare i lavori che ora vi presenterò; se ad esso aggiungerete, come spero, un certo spirito e una adeguata dose di umorismo avremo raggiunto lo scopo di questa ennesima pubblicazione, che oltre tutto non è costata nulla, se si esclude il divertimento dell’Autore.

C’è una leggenda che tutti conosciamo, anche quelli che nulla sanno di leggi fisiche, ed è quella (10) che lega la legge di gravitazione universale di Isacco Newton al suo soggiorno nella sua tenuta di Woolsthorpe nell’anno di grazia 1666, mentre a Londra impazza la peste. Newton sta nel suo giardino e gli cade in testa la mela e il buon Isacco intuisce questa forza generale che fa star lassù nel cielo la luna e fa cadere sulla terra le noci di cocco.

Ora, nelle isole del Pacifico  ci sono molte palme da cocco e forse ricordando Newton due gruppi di studiosi hanno pubblicato gli effetti della caduta delle noci di cocco  sulla testa dei poveri indigeni: in base  al primo lavoro (11) ben il 2,5% dei ricoveri nell’ospedale locale sono dovuti a tali incidenti, mentre secondo l’altro gruppo (12) addirittura il 3,4 % di tutti i ricoveri chirurgici si deve alle noci di cocco, il che non è strano, dato che una palma da cocco è alta da 24 a 35 metri  e una noce di cocco pesa da 1 a 4 chili, per cui la forza con cui giunge sulla testa dell’indigeno è certamente notevole e i nostri autori la calcolano in almeno 1 tonnellata metrica.

Certo, basterebbe che l’indigeno sul quale sta per cadere la noce si scansasse con un salto; ed ecco allora altri acuti autori di Tolosa, in Francia stavolta, hanno calcolato (13) se la pulce del cane (Ctenocephalides canis, Curtis 1826) salta di più o di meno di quella del gatto (Ctenocephalides felis felis, Bouché 1835). Utilizzando un sistema accuratamente descritto e ovviamente una adeguata valutazione statistica, essi giungono alla conclusione che la pulce del cane salta di più della sua concorrente felina (Fig. 1).

Ma naturalmente i quesiti che la curiosità dello scienziato gli pone non si limitano alle pulci e alle noci di cocco. Alcuni americani del Maryland (14) si sono posti la domanda se un microbiologo con la barba sia più pericoloso di uno sbarbato dal punto di vista della possibile contaminazione batterica degli ambienti casalinghi e dei conviventi e sono giunti alla conclusione che la barba si mantiene  contaminata da alcuni germi, tra cui Serratia Marcescens. e Bacillus subtilis, anche se al momento di lasciare il laboratorio si procede ad un accurato shampoo dell’onor del mento e che alcuni virus (per es. Newcastle virus) e tossine (tossina da Clostridium Botulinum tipo A) si diffondono facilmente dalle barbe a soggetti viventi come il pulcino.

I pericoli legati alle professioni sono notevoli, come si sa; perché allora non indagare scientificamente i rischi connessi alla professione di mangiatore di spade, si sono chiesti Witcombe e Meyer  (15), il secondo direttamente interessato in quanto presidente della Associazione internazionale dei mangiatori di spade. I risultati, ottenuti da quasi 50 soggetti dediti alla professione, hanno permesso di stabilire che anche se nessuno ne è morto, tuttavia quasi la metà ha sperimentato effetti collaterali, dal mal di gola alla emorragia intestinale di varia entità, a pleuriti e pericarditi a pneumotoraci ed enfisemi chirurgici; questi dati non sono stati sufficienti, tuttavia, a convincere gli adepti a cambiare mestiere.

A proposito di effetti collaterali più o meno connessi all’apparato gastroenterico, pare interessante citare allora il trattamento per la prima volta pubblicato, credo, da un cardiologo (16) che vive a Chattanooga (Tennessee, USA) dove dirige il Chest Pain Center nel locale Erlanger Medical Center e poi confermato da autori israeliani di Haifa (17) , del singhiozzo incoercibile- e quindi resistente alle usuali terapie anche farmacologiche - mediante massaggio rettale. I casi descritti si riferiscono a pazienti che avevano sviluppato il singhiozzo dopo introduzione, di solito, di sonde naso-gastriche; anche quando il singhiozzo si ripresenta dopo una sua prima scomparsa connessa al massaggio rettale, la ripetizione di tale manovra induce, secondo gli autori, la sua scomparsa definitiva. Il meccanismo dell’effetto merita certamente indagini più accurate.

Non si deve pensare che la ricerca italiana sia, anche in questo campo, ad un livello più basso rispetto a quella di altri Paesi. Alcuni ricercatori di Catania (18) hanno pubblicato di recente su una delle più prestigiose riviste uno studio molto complesso per verificare la verità del cosiddetto “Principio di Peter” dove Peter sta per Laurence J. Peter, un importante psicologo canadese che nel 1960, insieme al suo collega Richard Hull, pubblicò un volume in cui sosteneva l’idea, poi divenuta famosissima, che in una organizzazione gerarchica di solito si viene promossi  a causa delle proprie competenze professionali fino al livello in cui la propria incompetenza è tale da mantenere indefinitamente quel livello. Pluchino, Rapisarda e Garofalo hanno indagato con metodiche molto complesse la validità di tale asserto  giungendo alla conclusione (cito testualmente) che ” la promozione dei membri migliori di una organizzazione gerarchica induce una rapida diminuzione della efficienza della organizzazione stessa, onde la migliore strategia per migliorare o almeno non peggiorare l’efficienza di un tale gruppo è o quella di promuovere a caso o, al più, di promuovere random alternativamente uno tra i migliori e uno tra i peggiori membri”. Va detto che mi pare si possa affermare che alcune nomine dei di Direttori Generali dei nostri nosocomi hanno preceduto e seguito, adeguandovisi, tali conclusioni.

Vale anche la pena di ricordare un altro studio di ricercatori italiani, appartenenti questa volta a un centro di primario valore, localizzato a Pisa e a tutti noto in campo psichiatrico. Questi autori (19) hanno paragonato le modificazioni biochimiche a livello serotoninicoche si osservano, rispetto a soggetti “normali”,  in soggetti affetti da disturbo ossessivo compulsivo (DSM 5; DSM IV [3]) e in soggetti in fase recente di innamoramento (primi sei mesi), osservando che in entrambi casi si verificano modificazioni rispetto al “normale” ma senza che esistano significative differenze tra gli innamorati e gli ossessivo-compulsivi. Questo studio mi pare di notevole interesse, dal momento che si inserisce in quel filone della medicina che si appropria dei comportamenti umani, come è il cadere innamorati, volendoli considerare almeno in parte, se non completamente, come riconducibili a modificazioni biochimiche. Il ricordo del dottor Knock e del suo “Trionfo della medicina” nell’opera di Jules Romains sarà a tutti ben presente.

Passando ad altri campi, alcuni colleghi svizzeri con l’aiuto di fisici della loro università (Berna) hanno studiato (20) la resistenza comparativa delle bottiglie vuote o piene di birra e la loro capacità di rompersi o rompere il cranio di eventuali soggetti su cui finissero per accidente; i risultati mostrarono che l’energia (espressa ovviamente in joule) richiesta per rompere una bottiglia piena è inferiore di circa il 25% a quella che occorre per romperne una vuota, ma in entrambe le situazioni la bottiglia può indurre fratture del cranio superandone la resistenza. Gli autori concludono che le bottiglie di birra, sia vuote che piene,  possono costituire un’arma impropria di notevole importanza, il che francamente ci appare finalmente documentare in maniera scientifica quanto avevamo sempre empiricamente sospettato.

Non sempre la scienza si occupa di grandi problemi e forse il mettersi le dita nel naso non è un gran problema. Ma così non pensano Andrade e Srihari, due ricercatori del National Institute of Mental Health in India che (21) hanno indagato il fenomeno cui hanno dato anche il nome di “rinotillexomania”; su un campione di 400 adolescenti la frequenza media con cui ci si mette le dita nel naso ogni giorno è di 4 volte, ma in un 8% dei casi si arriva a 20 volte e più. Nel 15 % dei casi il gesto si associa ad altri tics, come il mangiarsi le unghie o il tormentarsi i capelli e nel 25% dei casi si complica con la comparsa di epistassi; in genere il 20% dei ragazzi lo considera un fenomeno importante e grave da cui non sa o non vuole emanciparsi. La conclusione dei ricercatori è ovvia: occorre studiare di più e meglio chi e perché si mette le mani nel naso.

Veniamo ora ad alcuni interessanti studi sugli effetti biologici della musica o di altri effetti sonori. Nei supermercati viene spesso diffusa in sottofondo una musica –che è detta Muzak da una casa che inizialmente l’ha prodotta  - che ha lo scopo di indurre modificazioni psicologiche specifiche senza attrarre su di sé l’attenzione e senza essere ascoltata coscientemente; in uno studio (22) appositamente condotto su una popolazione scelta secondo modalità random e in doppia cecità si è osservato che tale musica, ma non altri stimoli sonori né il silenzio, provoca un aumento significativo delle immunoglobuline secretorie di tipo A; le conseguenze di tale fatto sulla frequenza di affezioni, come il raffreddore o malattie intestinali, legate a tale tipo di fattori immunologici deve ovviamente  essere oggetto di studi più approfonditi. Altri ricercatori (23), in una vasta indagine condotta in 49 aree geografiche degli USA constatarono una correlazione positiva tra il tempo dedicato nelle diverse zone all’ascolto della musica “country” e la frequenza di suicidi, indipendentemente da altri fattori (lo studio venne ripetuto da altri ma non confermato). Infine, una ricerca compiuta in tandem tra le università di Trento e di Oxford (24) ha dimostrato che la valutazione delle freschezza e della “pesantezza” delle patatine fritte che si comperano al supermercato viene influenzata dal suono che esse producono quando sono masticate.

Avviandoci alla fine, è stato visto (25) che l’efficacia di un placebo dipende dal suo costo: tanto più notevole è il prezzo al quale viene venduto, tanto maggiore ne appare l’efficacia. I negozi di cosmetologia  sono a volte delle buone dimostrazioni di quanto asserito.

Terminerò  mostrando (Fig. 2) uno studio fondamentale, apparso sul British Medical Journal (26) che ha, sulla scorta della immaginazione leonardesca (27) (Fig. 3),  per la prima volta visivamente indagato mediante risonanza magnetica nucleare l’accoppiamento umano. Lo studio venne stimolato dall’osservazione -fatta da uno degli autori e sempre del tipo RMN- della gola e della bocca di un cantante mentre emetteva il suono “aaa”. Qui, secondo me, l’elemento caratteristico è il fatto che individui adulti di sesso diverso appartenenti alla specie Homo Sapien sapiens hanno aderito ad accoppiarsi in un tubo per la risonanza magnetica (Tesla Magnet System di Siemens), opportunamente adattato, in alcuni casi utilizzando il sildenafil per stimolare la situazione, di per sé poco romantica. Secondo gli autori, tutti olandesi, lo studio ha avuto in primo luogo il vantaggio di mostrare che era possibile; poi che il pene durante l’accoppiamento assume l’aspetto di un boomerang e infine che la dimensione dell’utero non cambia al momento dell’orgasmo femminile, acquisizioni che giustificano ampiamente, come ognun vede, il costo dell’utilizzo, se non quello dell’acquisto, delle complesse apparecchiature.

 

Fig. 2 Risonanza magnetica nucleare di un accoppiamento (da Schultz et al., 1999)

 

Fig. 3. Leonardo da Vinci: Disegno dell’accoppiamento umano, 1493.

Malgrado alcune di queste ricerche possano aver sollevato qualche sorriso, vale forse la pena di ricordare due aneddoti del passato. Al Cancelliere dello Scacchiere Gladstone che gli domandava quale potesse essere una qualche applicazione della elettricità che aveva appena scoperto, pare che Faraday rispondesse: “Tra qualche tempo potrete tassarla, Sir”; e al suo professore, il famoso Waldeyer, che  da dietro le spalle gli chiedeva cosa mai stesse facendo, Paul Ehrlich lavorando coi suoi microbi e i suoi colori sembra abbia replicato: “Sto solo pasticciando un poco, Herr Professor”

Naturalmente non solo in campo biomedico si compiono studi come quelli che, scegliendoli un po’ a caso in un vasto campionario di possibilità, abbiamo mostrato; chi fosse interessato, magari ai fini di una ennesima “spending review”, a prenderne visione ne troverà un lungo elenco al sito www.improbable.com/ig/winners.


 

 

 

Summary.

A review of the recent medical literature shows some curious papers. In a time of spending reviews, such papers may be seen as useless or, worse, using without sense financial resources. But research, generally speaking, is by  definition free and always  must be considered that important results are often obtained without an initial ambitious purpose.

Riassunto.

Una indagine sulla recente letteratura medica ha evidenziato alcuni studi particolarmente curiosi. In tempi di revisione della spesa, tali lavori possono apparire inutili o, peggio, tali da impiegare senza senso le poche risorse finanziarie disponibili. Ma va sempre ricordato che la ricerca per definizione deve essere libera e che importanti risultati possono a volte derivare da studi che non si proponevano scopi fondamentali.

 


 

 

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[1] L.D. in CLINICA PEDIATRICA.

[2] Il Prof. Giuseppe Roberto Burgio è morto l ‘8 marzo 2014; il prossimo 30 aprile avrebbe compiuto 95 anni. L’autore lo ricorda con affetto e profondo dolore.

[3] Come è noto il DSM è il Manuale diagnostico e statistico internazionale utilizzato in psichiatria. La sua prima edizione (DSM I) uscì nel 1954; la quarta versione (DSM IV) apparve nel 1994 e fu revisionata (DSM IV TR) nel 2000; la quinta versione (DSM5) è stata pubblicata a maggio 2013.