LA SESSUALITA’ NELL’ARTE [1],[2]
Giovanni Ceccarelli
Anche a costo di impiegare una certa percentuale del breve tempo a mia disposizione, è necessario premettere alcuni punti di cui bisogna prendiate atto: innanzi tutto, la mia breve esposizione prenderà in esame solo l’arte occidentale, almeno in generale; inoltre, considererò solo opere d’arte in cui la sessualità –nei suoi diversi complessi e variegati aspetti, venga considerata o esposta, ma la condizione primaria di quanto mostrerò è che si debba trattare di un’opera d’arte in cui la sessualità sia sì presente, ma implicata in quella che in primo luogo va considerata ed è di norma considerata un’opera d’arte [3]. Tra i molti modi in cui il tema poteva essere affrontato, due mi sono sembrati i più adatti, anche nel poco tempo a mia disposizione: uno è quello che segue un criterio storico, in cui l’opera d’arte è posta nel suo contesto storico, o meglio socioculturale; il secondo è quello che privilegia quello che si potrebbe indicare come un raggruppamento per temi, consci o inconsci che siano all’artista.
Per non perdere ulteriore tempo, cominciamo (fig. 1) con una figuretta –la cosiddetta “Venere di Willendorf” dal nome della località austriaca dove fu rinvenuta, lungo il Danubio, cui possiamo accostare la ancora più famosa “Polichinelle”o “Venere di Monpazier” (fig. 1 a); si tratta di due delle più famose “Veneri preistoriche”, che risalgono al Paleolitico superiore, quindi a un tempo compreso tra 30.000 e 21.000 anni prima di Cristo; ad esse potremmo aggiungere un rilievo, la “Venere di Laussel” (fig. 2).
Come è evidente, tutto questo gruppo di “Veneri” non hanno nulla di “naturalistico”, almeno nel senso in cui questo termine viene applicato, allo stesso momento, nella rappresentazione degli animali –il bisonte, il mammut o la renna (fig. 3).
Nelle “Veneri” vengono esagerati alcuni particolari, soprattutto le cosce le natiche e le mammelle, ovviamente a spese di altri dettagli. Nella Polichinelle, poi, la testa e le gambe quasi si dissolvono nel nulla, mentre si enfatizzano ancora una volta le mammelle, e le natiche, specie in una visione di profilo. Si tratta ovviamente di un’accentuazione di alcuni caratteri legati alla fecondità –un elemento importantissimo nel mondo paleolitico, dove la specie umana certo non abbonda; ed anche alla –diremmo oggi- obesità (magari localizzata), altro elemento che allora costituisce un indicatore di “ricchezza” e di “buona salute”, elementi tutti che garantiscono la continuazione della specie. La cosa non è limitata al tempo “primitivo”: se, con un salto enorme, si osserva il famoso dipinto di Jan Van Eyck dedicato e commissionato dai coniugi Arnolfini, lui un ricco banchiere che opera nelle Fiandre pur essendo di origini fiorentine (fig. 4) –siamo nella prima metà del XV secolo-: vediamo come nella donna vengano evidenziate acconciature, anche dell’abito, che ne mettono in risalto la fecondità o la potenziale fecondità.
Alcuni autori moderni, forse esagerando un po’, hanno voluto vedere nelle figurine preistoriche che ho mostrato dei caratteri che oggi potremmo indicare come androgini, dove, nei casi estremi, le anche “gonfiate” possono essere interpretate come testicoli e il collo allungato può ricordare un fallo; idea questa non poteva certo sfuggire a Picasso che, nella sua ammirazione per le figurine preistoriche e nelle sue ossessioni di tipo freudiano, infatti nel 1927 produce questo disegno (Fig. 5) e pochi anni dopo, forse sotto l’influsso della sua passione –momentanea- per Marie Therèse Walter, produce una grande testa di donna in scultura dai medesimi caratteri che influenza certamente il famoso “The rape” di Magritte (Fig. 6).
Ma non si deve pensare che in tempi prefreudiani non si diano espressioni, anche se diremmo meno marcate, di una sottile sessualità. Se (Fig. 7) nella Venere di Dresda, di Giorgione è la dea è immersa in un dolce paesaggio veneto e nel suo tranquillo riposo a occhi chiusi sembra ignorare i nostri sguardi, ne “La Venere di Urbino” di Tiziano (fig. 8), dipinta per Francesco Maria della Rovere che se ne era invaghito –della modella, dico, non della dea- il richiamo sensuale è evidente, quasi un invito ad avvicinarci.
Il XVI secolo, malgrado sia l’epoca della Controriforma o Riforma cattolica che dir si voglia, è tempo di rapporti molto raffinati tra arte e sessualità. Gabrielle d’Estrées (fig. 9) era, come si sa l’amante di Enrico IV di Francia, legalmente sposato con Margherita di Valois, e sebbene avesse dato al Re ben tre figli – morirà nel dare alla luce il quarto, che probabilmente le avrebbe spalancato le porte del Regno- su di lei circolavano voci maligne, di cui l’anonimo dipinto qui mostrato –e conservato anche oggi al Louvre- indica bene i caratteri.
Ma non è a dire che il religiosissimo Medio Evo ignorasse l’argomento. A parte le numerosissime “Madonne del latte” (ecco –fig. 10 - la “Madonna col Bambino e angeli” di Jean Fouquet) in cui il tema serve agli artisti anche per dipingere bellissimi seni, in sperdute chiesette come la pieve di s. Pietro a Gropina, vicino a Arezzo ignoti scultori incidono molto naturalisticamente sulla pietra strane figure come quella che qui vediamo (fig. 11); ma in maniera molto meno nascosta, in un “Libro d’ore” che si conserva al Museo Condé a Chantilly, (fig. 12) una miniatura mostra l’episodio descritto nella Bibbia nel secondo Libro di Samuele, quello in cui il santo Re Davide mostra tutta la sua sensuale umanità vedendo –dice il testo- “mentre era a passeggiare sulla terrazza della reggia, una donna che faceva il bagno, e la donna era molto bella d’aspetto”; e tutti sappiamo come finì, non solo per Davide e Betsabea, ma anche per il povero marito di lei. C’è da sperare che Re Davide per il suo peccato non sia andato incontro ai terribili patimenti che il Giudizio Universale di Giotto (fig. 13) riserva ai peccatori di sesso, patimenti e visioni non molto dissimili, se vogliamo, agli incubi di un surrealista di parecchi secoli successivo, Max Ernst (fig. 14).
Forse più sereno, anche se altrettanto carico di sottintesi nel contrasto (fig. 15) tra il gruppo delle tre dee, chiaramente una evocazione delle “tre Grazie” di ellenistica e raffaellesca maniera, e il fin troppo difeso –addirittura dall’armatura !- Paride chiamato, e si sa con quali tragiche conseguenze dalle quali certo l’armatura non lo difenderà- a un giudizio cui forse sarebbe stato meglio sottrarsi; e tutto ciò nel dipinto di Luca Cranach il vecchio conservato a Karlsruhe. E (fig. 16) si potrebbe forse rintracciare un po’ di voyeurismo nel dipinto di Tintoretto che si conserva a Monaco in cui Vulcano sorprende Venere e Marte nella sua camera da letto, mentre Agnolo di Cosimo, detto il Bronzino (fig. 17) fa anche lui osservare alla Follia, sul fondo, e al Tempo le effusioni di un Cupido cresciutello con Venere.
Consentitemi di terminare questa ormai troppo lunga carrellata senza senso nei labirinti inventati e creati da due forze formidabili che l’uomo ha a sua disposizione, la sessualità e l’arte, con un ricordo personale: era, credo, il 1964 quando il mio grande Maestro, Giuseppe Roberto Burgio –cui mi legano ancora rapporti di deferente amicizia e del quale domani ricorre l’ottantanovesimo compleanno- mi invitò per la prima volta a intervenire in un suo congresso a Perugia, dedicato proprio alle anomalie cromosomiche del sesso. Il distintivo e il logo del Congresso erano costituiti da un cariotipo (fig. 18) in cui, in fondo, una parte della nostra sessualità è racchiusa. Non sembri allora troppo strano se chiudiamo questa rassegna (fig. 19) con un quadro di Giuseppe Capogrossi, un quadro proprio dello stesso anno di quel lontano Congresso, in cui l’arte richiama un poco lo stesso tema, e cercando di unire, in un’ultima diapositiva (Fig. 20) nell’immagine di Antonio Canova – Amore e Psiche del Louvre - i tanti aspetti del tema cortesemente affidatomi dall’Accademia, che non ho potuto, per mia insipienza, adeguatamente mostrarvi.
Giovanni Ceccarelli, 75 anni,
è medico pediatra,
L.D. in clinica pediatrica,
con una più che trentennale esperienza nel campo della Farmacologia Clinica
e dell’industria dei farmaci;
ha conseguito un Master in Teologia presso il Pontificio Istituto della Santa Croce,
ed è ora studente in Studi Storico Artistici alla Sapienza di Roma.
ILLUSTRAZIONI
Figura SEQ Figura \* ARABIC 1: La Venere di Willendorf (a sin); Fig. 1 a: la Venere di Monpazier o “La Polichinelle” (a destra)
Figura 2: La Venere di Laussel
Figura 3: Bisonte, caverna di Altamira, Santander
Figura 4: Jan van Eyck, I Coniugi Arnolfini, 1534. Londra, National Gallery.
Figura 5: Picasso, Disegno a carboncino, 1927. Collezione privata.
Fig. 6: René Magritte: “the Rape”, 1934, Collezione Melly, Londra
Fig. 7. Giorgione: Venere dormiente, 1505-10, Dresda, Gemalde Gallery
Fig. 8. Tiziano, Venere di Urbino, 1538. Firenze, Uffizi
Fig. 9. Scuola di Fontainbleau, Gabrielle d’Estrées e la duchessa di Villard. 1594. Parigi, Louvre
Fig. 10. Jean Fouquet: Vergine in trono con bambino e angeli, 1450. Anversa, Musée Royal.
Fig. 11. Pieve di s. Pietro di Gropina, 1200 c. Arezzo. Capitello.
Fig. 12. Libro d’ore, XV secolo. Davide e Betsabea. Chantilly, Museo Condè
Fig. 13. Giotto, cappella degli Scrovegni, Padova, 1303 circa. Particolare del Giudizio Universale.
Fig. 14. Max Ernst, The robbing of the bride, 1939, Peggy Guggenheim collection, Venezia.
Fig. 15. Luca Cranach il vecchio, Giudizio di Paride, 1530. Staatkliche Kunsthalle, Karlsruhe
Fig. 16. Tintoretto. Vulcano sorprende Venere e Marte, 1551 c. Monaco, Alte Pinakothek.
Fig. 17. Bronzino. Venere, Cupido, la follia e il tempo. 1545, Londra, National Gallery.
Fig. 18. Cariotipo umano.
Fig. 19. Giuseppe Capogrossi, Superficie 210, 1964. P. Guggenheim collection, Venezia
Fig. 20. Antonio Canova, 1797 circa,Cupido abbraccia Psiche. Parigi, Louvre
[1] Il testo fondamentale e insuperato per il tema qui trattato è: Lucie-Smith Edward: Sexuality in western art. London, 1972 (altra edizione nel 1993).
[2] Questa presentazione alla Accademia Lancisiana di Roma è dedicata al Prof. G. Roberto Burgio, mio antico Maestro di vita, che domani, 30 aprile 2008, compie 89 anni.
[3] Non è possibile per un intervento come il presente fornire adeguati riferimenti bibliografici per quanto vi si riporta. Per chi fosse interessato segnalo solo:
Bell Clive: Art, London, 1914;
Collingwood Robin George: The principle of art, 1938;
Wimsart William jr & Brooks Cleanth B.: Literary criticism, a short history. New York, 1952.
Tatarkiewicz Wladislaw: Storia di sei idee, Palermo 1976.
Molto in breve, ma in maniera chiara, il tema è affrontato in:
Warburton Nigel: Il mio primo libro di filosofia, Torino, 1999.