La sarcoidosi oggi: definizione e meccanismi immunopatogenetici

C. Campanella*

La sarcoidosi rientra nel grande capitolo delle pneumopatie infiltrative diffuse e si può definire come un disordine infiammatorio cronico ad eziologia sconosciuta che si caratterizza per un’infiltrazione di fagociti mononucleari e linfociti con la formazione di granulomi non caseificanti, che interessano più spesso polmoni e linfonodi, ma possono colpire qualsiasi organo o sistema¹ .

La prima descrizione risale al medico inglese sir Jonathan Hutchinson, nel 1877, ma fu Caesar Boeck nel 1899 a descrivere lesioni cutanee che gli sembrarono una forma benigna di sarcoma e che pertanto denominò “sarcoidosi”.

E’presente in tutto il mondo anche se con ampie variazioni geografiche e razziali, con una maggiore frequenza tra soggetti di età inferiore a 40 anni (80% dei casi), con un picco di incidenza tra i 20 e i 30 anni, ma con un secondo picco dopo i 50 anni nelle donne. E’ rara nei fumatori.  In Europa la razza caucasica è più colpita rispetto alle altre e in particolare la Svezia presenta un’elevata prevalenza pari a 64 casi per 100.000 abitanti con un’incidenza di 19 nuovi casi per 100.000 ogni anno. Negli Stati Uniti la sarcoidosi è più comune negli Afro-Americani con una prevalenza di 47 casi per 100.000 abitanti e generalmente, presenta anche le forme cliniche più severe.²

Oggi si ritiene che non esista un unico fattore eziologico responsabile della patologia, ma che questa si verifichi in persone geneticamente predisposte mediante alterazioni della risposta immunitaria dopo l’esposizione ad uno o più agenti ambientali: lavorativi come per gli addetti all’industria elettronica e del legname, vigili del fuoco, personale militare, sanitario oppure ad agenti infettivi come il  Propionibacterium Acnes o proteine micobatteriche come ESAT 6 e catalasi perossidasi ( mKatG). ³

La genetica è probabilmente in grado di contribuire all’ampia variabilità della presentazione clinica dei fenotipi osservati, all’eventuale progressione e quindi alla prognosi e si ipotizza che la sarcoidosi rappresenti una famiglia di malattie, ognuna di queste con caratteristiche genetiche ben distinte.⁴  Oggi sappiamo che le molecole HLA di classe II, espresse sulla superficie delle cellule presentanti l’antigene ( macrofagi alveolari e cellule dendritiche interstiziali) si legano a specifici peptidi antigenici esogeni ( o endogeni) in maniera tale che, una volta avvenuto il riconoscimento da parte dei linfociti T CD4+, inizia una risposta infiammatoria esagerata che risulta nella formazione del granuloma.⁵  Specifici alleli del complesso maggiore di istocompatibilità( MHC di classe II) possono determinare il decorso della malattia. Ad esempio nei pazienti scandinavi con malattia polmonare, HLA-DRB1*03 predispone ad una malattia con spontanea risoluzione,  definita da una durata inferiore a 2 anni, mentre HLA-DRB1*14 e HLA-DRB1*15 predispongono ad una malattia con decorso cronico ( 2 anni o più).⁶  I meccanismi con i quali HLA-DRB1*03 influenzi favorevolmente la prognosi non sono chiari, ma questi pazienti presentano una ridotta risposta immunitaria dei linfociti T helper 1 ( Th1) con ridotti livelli di interferon γ (IFN-γ) e tumor necrosis factor-α (TNF-α). ⁷ Il gene TNF codifica per una proteina rilasciata in elevate quantità dai macrofagi alveolari di pazienti con sarcoidosi attiva, ma questa citochina non è più in quantità elevata dopo il trattamento terapeutico o la spontanea remissione ⁸. Variazioni nella produzione di TNF sono associate con determinati alleli HLA-DR. Il locus contiene diversi polimorfismi funzionali, uno dei quali è stato identificato in posizione -308 nella regione promoter come polimorfismo biallelico ( TNFA1/TNFA2; rs1800629 ) ed è associato con la forma acuta ( la sindrome di Löfgren ).⁹  Ma l’iperproduzione cronica di TNF-α può anche essere responsabile della progressione degli eventi infiammatori e determinare una sarcoidosi cronica.¹⁰ Studi di associazione sull’intero genoma hanno identificato loci genici che aumentano la suscettibilità alla sarcoidosi: BTNL2, ANXA11 ed altri, anche se i meccanismi alla base non sono stati ancora identificati.¹¹   In definitiva la sarcoidosi è associata con un profilo di rischio costituito da molte varianti genetiche, ogni gene di suscettibilità conosciuto conferisce un rischio aumentato di sarcoidosi, ma è la combinazione di questi geni che conferisce la predisposizione alla malattia.  Nuovi approcci come l’analisi del transcrittoma o delle molecole di microRNA, faranno individuare pattern di espressione dei geni a livello sub fenotipico come nella sarcoidosi fibrotica¹² o per i geni delle metallo proteinasi ¹³

L’immunopatogenesi della sarcoidosi non è ancora nota in tutti i suoi aspetti, ma nell’ultimo decennio abbiamo assistito ad importanti progressi. Uno o più antigeni entrano nell’ospite e vengono fagocitati dalle cellule presentanti l’antigene, macrofagi alveolari e cellule dendritiche prevalentemente interstiziali. Queste ultime digeriscono l’antigene e muovendosi all’interno dei vasi linfatici, raggiungono i linfonodi mediastinici, dove, tramite le molecole HLA di classe II lo presentano ad un ristretto ambito di recettori dei linfociti T della classe CD4+.¹⁴  I macrofagi alveolari, nell’ambito dell’immunità innata, provvedono alla fagocitosi dell’antigene sarcoideo negli alveoli polmonari, ma, se questo persiste, si verifica l’attivazione dei macrofagi con un’aumentata secrezione di molecole immunomodulatorie: citochine [ IL-1, IL-6, IL-12, IL-15, IL-18, IL-23, colony stimulating factor ( GM-CSF), TNF-α ] e chemochine, piccoli peptidi ad azione chemiotattica come CXCL10 e CXCL9 in grado di richiamare e consentire l’accumulo di linfociti T negli alveoli e nei linfonodi dei pazienti. Si determina quindi una polmonite interstiziale e un’alveolite linfocitaria con una prevalenza di Th CD4+. Il parenchima polmonare normale contiene solo pochi linfociti, infatti nel soggetto normale con il lavaggio broncoalveolare (BAL) vengono recuperati non più del 5-15% di linfociti dell’intera popolazione cellulare, in valore assoluto meno di 1x10⁶, mentre nella sarcoidosi, i linfociti recuperati sono spesso pari a 25x10⁶ e sono prevalentemente linfociti T CD4+, con un rapporto CD4+/CD8+ tra 5.0 e 15.1. Si tratta di linfociti T helper 1 che producono soprattutto IFN-γ e IL-2, in tutti i siti di malattia, con una linfopenia periferica di CD4+ che spiega l’anergia cutanea ( paradosso immunitario). Di recente al paradigma Thelper 1 e T helper 2 si è aggiunto un altro sottogruppo di linfociti T helper denominati 17 perchè produttori dell’IL-17, che sembrerebbe avere importanza non solo nella formazione del granuloma della sarcoidosi, ma anche nella sua progressione verso la fase fibrotica.¹⁶ Il granuloma della sarcoidosi è un tipico granuloma da ipersensibilità ritardata, ma una differenza fondamentale con il granuloma da Mycobacterium tuberculosis è la necrosi non caseosa, può evolvere verso la risoluzione o diventare cronico e associarsi alla fibrosi in circa il 20% dei pazienti. La genetica interviene anche nel destino del granuloma, tramite la produzione di diverse citochine.¹⁷  La resistenza all’apoptosi è uno dei meccanismi chiamati in causa nella mancata risoluzione del granuloma sarcoideo,¹⁸ mentre una disregolazione del transforming growth factor β ( TGFβ) ne favorirebbe l’evoluzione fibrosante, tramite  la produzione di alcune metalloproteinasi della matrice ( MMP) da parte dei neutrofili come collagenasi e gelatinasi ( MMP-8 e 9), ¹⁹   ma anche un passaggio da citochine prodotte dai Th 1 come IL-2 e IFN-γ a citochine prodotte dai Th 2 come IL-4, IL-10 e IL-13 sono importanti nello sviluppo della fibrosi. Macrofagi alveolari attivati dalle citochine dei Th2 producono elevati livelli di fibronectina e chemochine come la CCL18 che stimola la produzione di collagene dai fibroblasti polmonari che a loro volta aumentano il rilascio di CCL18 da parte dei macrofagi, provocando un circolo vizioso che peggiora la fibrosi polmonare²⁰

 

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Dott. Carlo Campanella *UOC Medicina - Ambulatorio di Pneumologia - Ospedali Riuniti Anzio-Nettuno (Roma)