ADDOME ACUTO VASCOLARE

 

R. Borioni

U.O. Chirurgia Vascolare, Aurelia Hospital Roma

Dipartimento di Scienze Cardiovascolari, European Hospital Roma

 

Definizione e classificazione

 

L’addome acuto vascolare è una sindrome di addome acuto alla cui base eziopatogenetica si ritrovi un qualunque danno primitivo del sistema vasale in ambito splancnico (P. Stefani, relazione al XVII Congresso della Società Italiana di Gastroenterologia, Genova 1967), che può essere conseguente a molteplici condizioni cliniche (traumi, rottura di aneurismi dell’aorta addominale o di aneurismi delle arterie viscerali, infarto intestinale, complicanze post-chirurgia aorto-iliaca, ematomi retro peritoneali) e che si associa frequentemente a sindrome compartimentale. Da un punto di vista eziopatogenetico  può  essere classificato in:

 

a) Emorragico:

          Aneurisma aortico o aneurisma viscerale in fase di rottura

          Lesione viscerale da trauma addominale chiuso o penetrante

          Ematoma retroperitoneale iatrogeno o idiopatico

 

b) Ischemico:

          Infarto intestinale su base ostruttiva

          Infarto intestinale su base funzionale

          Colite ischemica

 

Fisiopatologia

 

Tralasciando i quadri emorragici addominali, sui quali esiste ampia trattazione, il nostro interesse è rivolto principalmente all’addome vascolare ischemico. I visceri intestinali rappresentano il punto di partenza per l’instaurarsi di un addome acuto vascolare e per la cascata fisiopatologica che ne consegue. In effetti, anche se la circolazione splancnica risulta anatomicamente ben protetta dalle anastomosi vascolari precostituite (arterie freniche inferiori, tripode celiaco, arteria mesenterica superiore ed inferiore, arterie ipogastriche ed arterie emorroidarie inferiori), esistono alcuni punti vascolari “critici”, a livello dei quali il circolo di compenso può non essere efficace, vale a dire a livello della prima ansa digiunale, del tratto ileo-colico e dell’angolo colico sinistro, che rendono tali punti un bersaglio preferenziale per l’insulto ischemico. D’altra parte, qualsiasi tratto intestinale può risultare soggetto ad ischemia, considerando che i meccanismi di compenso circolatorio possono essere parzialmente inefficienti per variabilità anatomica dell’arcata marginale e/o dei  vasi retti, per la peculiare sensibilità del sistema agli squilibri emodinamici, oppure per la dilatazione del viscere con conseguente ipoperfusione da tensione di parete.

Quale che sia la causa eziopatogenetica dell’addome ischemico, la cascata fisiopatologica che ne consegue determina:

Edema tissutale: parete intestinale e mesentere (dilatazione dei visceri, aumento pressione endo-addominale).

Liberazione di: enzimi lisosomiali e  sostanze vasoattive (danno multi organo rene, polmone e cuore).

Perdita di plasma ed elettroliti: all’interno del viscere, in cavità peritoneale (aumento pressione endo-addominale).

Perdita dell’effetto barriera: endotossinemia e sepsi.

 

Quadri clinici

 

Le ostruzioni tromboemboliche dell’asse mesenterico, spesso su base cardiogena,  rappresentano il  quadro clinico più classico dell’ischemia e dell’infarto intestinale. L’urgenza addominale in questi casi è assoluta, la diagnosi non complessa  ed il trattamento ben codificato (resezione segmentaria con eventuale rivascolarizzazione).

Le lesioni ateromasiche del circolo splancnico (mesenterica superiore ed inferiore) possono essere responsabili di quadri acuti, qualora si instauri una trombosi su placca ateromasica e non siano efficienti i circoli di compenso, oppure, più frequentemente, possono manifestarsi con quadri sub-acuti o francamenti cronici, quali l’angina abdominis e la colite ischemica. In queste eventualità, la cui diagnosi è oggi agevolata dalla effettuazione di angio-TC ed esami endoscopici mirati, il trattamento chirurgico tradizionale associato alle tecniche endovascolari (trombolisi, angioplastica) permette il raggiungimento di risultati soddisfacenti.

Un quadro clinico che si osserva sempre più frequentemente è l’insufficienza celiaco-mesenterica secondaria alle dissezioni aortiche toraco-addominali, che possono comportare una ostruzione statica o dinamica dell’ostio dei principali vasi viscerali e che determinano proplemi specifici di trattamento.

 

L’ischemia mesenterica funzionale

 

Una causa sottovalutata, ma non meno rilevante di addome acuto vascolare è l’ischemia mesenterica su base funzionale, che si realizza nei pazienti in shock, specialmente se anziani e con comorbidità significativa, per ridistribuzione della gittata cardiaca. Cause concorrenziali sono l’uso di farmaci inotropi e di  digitale, il  sovraccarico idrico e l’impiego della circolazione extra-corporea. E’ evidente pertanto che il paziente cardochirurgico rappresenta il modello clinico tipico di ischemia mesenterica funzionale, in cui il quadro clinico risulta particolarmente sfavorevole per via di  segni clinici subdoli e  spesso mal rilevabili, che determinano una diagnosi tardiva ed un esito letale. La sindrome compartimentale è invariabilmente associata in questi pazienti, come conseguenza della dilatazione dei visceri, dell’edema, della presenza di versamento endoperitoneale ed endoluminale e dell’effetto negativo della ventilazione meccanica.

Seguendo il principio che il riconoscimento od anche il solo sospetto di un addome vascolare rappresenta il primo ed indispensabile passo per un giusto inquadramento dei sintomi, nei pazienti di età avanzata, con  comorbidità significativa o  pregressa chirurgia addominale, in cui sono impiegati farmaci inotropi dopo intervento cardochirurgico, è opportuno monitorare precocemente i livelli ematici di lattati, i valori enzimatici viscerali e la pressione endo-addominale, al fine di evidenziare un addome vascolare ischemico in fase precoce, non essendo attendibile il quadro clinico. Da un punto di vista diagnostico, utile, ma non indispensabile, viene ritenuta l’angio-TC, che può guidare i successivi provvedimenti terapeutici.

 

Trattamento della sindrome compartimentale nell’ischemia mesenterica funzionale

 

            L’aumento della pressione endo-addominale è elemento fisiopatologico fondamentale nel determinismo ischemico intestinale. L’ischemia funzionale è effetto da una parte del ridotto afflusso ematico al viscere, dall’altra dall’aumento delle resistenze del microcircolo secondarie alla tensione di parete ed al  ridotto scarico venoso. Risulta pertanto di primario interesse provvedere in corso di atto operatorio alla decompressione chirurgica, considerando che l’ischemia mesenterica funzionale, a differenza delle ischemie su base ostruttiva, interessa diffusamente i visceri e non permette, almeno in fase iniziale, l’identificazione di un tratto specifico da sottoporre a resezione, che potrà eventualmente essere effettuata in un secondo tempo. La decompressione addominale, secondo le tecniche di “open abdomen” ed il successivo “second look” laparotomico, rappresenta  un protocollo di trattamento con migliore prognosi, in accordo con i moderni principi di “damage control surgery”.

 

Esperienza Personale

 

L’ischemia mesenterica acuta (AMI) può insorgere dallo 0.5 all’1% dei casi dopo interventi cardiochirurgici, comportando una mortalità vicino al 100%. Considerando che una sindrome compartimentale addominale  si  associa invariabilmente in questi pazienti, da gennaio 2005 a dicembre 2015  abbiamo considerato il  trattamento della sindrome compartimentale in tutti i casi di ischemia intestinale post-cardiochirurgia.

 

Materiali e Metodi

Uno studio retrospettivo è stato condotto su   26 pazienti  (20 maschi, 6 femmine, età media 75.2 anni, min 64, max 83) su una serie consecutiva di  7.719 interventi cardiochirurgici, sottoposti a laparotomia per AMI, trattati con decompressione chirurgica e chiusura temporanea addominale.

 

Risultati

 Un’ischemia funzionale era confermata in tutti i casi.  In 13 pazienti la decompressione addominale fu eseguita senza resezione viscerale, che si rese necessaria  in altri 13 casi. Si sono verificati 17 decessi per insufficienza pluriorganica (65.4%), 9 pazienti sono sopravvissuti e sottoposti a ricostruzione della parete addominale ed eventualmente al ripristino della continuità intestinale entro 30 giorni (34.6%). Questi risultati, anche se difficilmente confrontabili,  sembrano incoraggianti rispetto alla pregressa esperienza personale e generalmente migliori dei dati riportati in letteratura nel paziente cardochirurgico (mortalità >85%).

 

Discussione e conclusioni

Una complicanza ischemica intestinale dopo cardiochirurgia si associa invariabilmente ad un incremento della pressione endoaddominale, precipitando una sindrome compartimentale. Il riconoscimento precoce di questo evento e l’opportuno trattamento che ne consegue, usando le tecniche di chiusura temporanea dell’addome, sembrerebbero consentire  migliori risultati terapeutici in questa severa categoria di pazienti.

 

 

 

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