Epatopatia alcolica ed encefalopatia epatica

(G. Bombardieri, M.A. Satta, B.E. Annicchiarico, M. Siciliano)

 

  Nel paziente con cirrosi alcolica l’encefalopatia epatica può essere vista come la realizzazione del tentativo autodistruttivo di rendere permanenti le modificazioni della psiche indotte dall’alcol. Da un punto di vista sintomatologico, gli effetti dell’alcol e dell’iperammoniemia si sovrappongono largamente: tremore, allentamento dei freni inibitori, allontanamento dalla realtà, rabbia, letargia, coma sono condizioni che possono indifferentemente descrivere lo stato psichico dell’abuso alcolico e quello dell’encefalopatia epatica conclamata. I cosiddetti “Criteri di West Haven” (1) costituiscono una classica, e finora insuperata, descrizione dei sintomi dell’encefalopatia epatica raccolti in quattro gradi di gravità (tab 1).  Dalla loro lettura appare evidente il rischio di confondere l’una con l’altra condizione.

 

Tabella 1 - Criteri di West Haven

Grado 1            Minima sonnolenza

                        Ansia o euforia

                        Incapacità di mantenere l’attenzione

                        Incapacità di eseguire addizioni

Grado 2            Letargia o apatia

                        Minimo disorientamento spazio-temporale

                        Lievi cambiamenti della personalità

                        Comportamenti inappropriati

                        Incapacità di eseguire sottrazioni

Grado 3            Dalla sonnolenza allo stupore con risposta agli stimoli verbali conservata

                        Confusione

                        Disorientamento

Grado 4            Coma non responsivo agli stimoli verbali o nocicettivi                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                      

 

  Da un tossico assunto volontariamente dall’esterno dell’organismo, l’alcol, si passa ad un tossico endogeno, l’ammoniaca; i meccanismi patofisiologici sono diversi, ma i sintomi che essi determinano sono simili.  Esiste pertanto una sorta di  “continuum” morboso nella storia personale di molti soggetti con epatopatia alcolica. Del resto, un “continuum” psicologico è identificabile anche con gli altri sintomi cardinali della cirrosi alcolica: l’emorragia gastro-intestinale sembra colpire la via di autosomministrazione dell’alcol e alcuni pazienti identificano l’ascite in una sorta di “deposito” addominale del vino bevuto. Il trapianto di fegato interrompe questo cammino morboso, o meglio, lo riporta all’inizio: se è vero che molti pazienti restano astinenti in nome della tutela dell’organo trapiantato, è purtroppo esperienza comune a coloro che da alcuni anni si occupano di trapianti vedere soggetti che invece tornano, dopo l’intervento e mesi d’astinenza forzata, a percorrere la via dell’abuso alcolico.

  Parallelamente al cammino psicopatologico, nell’organismo dei soggetti affetti da epatopatia alcolica se ne svolge un altro, patofisiologico, che appare almeno altrettanto complesso e che attraversa dapprima obbligatoriamente le tappe del danno epatocellulare e dell’ipertensione portale. Necrosi e fibrosi epatiche determinano una riduzione della massa epatica funzionante e una diversione del sangue portale, di provenienza intestinale, dal suo normale tragitto intraepatico. Ne risulta l’impossibilità di eliminare l’ammoniaca proveniente dall’intestino tenue ed, in minor misura, dai reni, il cui accumulo nel plasma viene concordemente considerato la causa principale dell’encefalopatia epatica.   

  I meccanismi ulteriori, attraverso i quali l’eccesso di ammoniaca che supera la barriera emato-encefalica causa i sintomi dell’encefalopatia epatica non sono stati finora chiaramente determinati. Una delle teorie più recenti vede in un accumulo di glutamato il principale effetto dell’ammoniaca sul sistema nervoso centrale (2). L’ammoniaca viene eliminata dall’encefalo prevalentemente attraverso l’aminazione del glutamato a formare glutamina, reazione catalizzata dalla glutamino-sintetasi. L’eccesso di ammoniaca determina un aumento dell’affinità del glutamato per il recettore NMDA situato sul recettore post-sinaptico, la cui stimolazione provoca a sua volta sintesi di ossido nitrico, che, diffondendo all’interno degli astrociti riduce l’attività della glutamino-sintetasi. Il bilancio finale dell’effetto dell’iperammoniemia sul sistema nervoso centrale sarebbe quello di un progressivo accumulo di ammoniaca e glutamato (fig 1).

Casella di testo: Fig. 1 – Effetti dell’ammoniaca sulla sintesi di glutamina.

 

  

 

  Non è possibile non sottolineare come questa teoria, similmente alle molte che l’hanno preceduta e a quelle che l’accompagnano, pur aumentando le nostre conoscenze su alcuni possibili meccanismi patofisiologici, non ci fornisce una spiegazione completa di come siano generati i sintomi dell’encefalopatia. Essa può però rendere ragione dell’effetto di alcuni farmaci sul danno funzionale neuronale proprio dell’encefalopatia epatica. Infatti, è stato recentemente riconosciuta dal nostro gruppo di ricerca la capacità da parte dell’l-acetilcarnitina (LAC) di ridurre significativamente la latenza dei potenziali evocati visivi, in particolare quella della cosiddetta onda P100, in soggetti affetti da cirrosi epatica complicata da encefalopatia (3) (fig 2).

Casella di testo: Fig. 2 – Riduzione della latenza di P100 dopo somministrazione di l-acetlcarnitina.

 

 

La l-acetilcarnitina contrasterebbe l’azione tossica dell’ammoniaca sul sistema nervoso centrale riducendo l’affinità del recettore NMDA per il glutamato ed aumentando direttamente l’attività della gluamino-sintetasi. Ne deriverebbe una più rapida eliminazione dell’ammoniaca ed una riduzione dell’accumulo di glutamato negli astrociti. Attualmente non vi sono indicazioni certe circa l’utilità clinica dell’l-acetilcarnitina nell’encefalopatia epatica; tuttavia questi dati ci incoraggiano ad ulteriori e più ampie esperienze.

  Appare evidente come la via che unisce alcol ed encefalopatia epatica sia molto complessa, tanto sul piano psicologico quanto su quello fisiopatologico, e, purtroppo ancora in larga parte inesplorata. Basti pensare al peso che certamente hanno i fattori genetici, che possiamo immaginare capaci di determinare passaggi cruciali di questo cammino, quali la suscettibilità all’abuso alcolico o la capacità di resistenza del sistema nervoso centrale agli effetti tossici dell’ammoniaca.  

 

Bibliografia

 

1)      Atterbury CE, Maddrey WC, Conn HO. Neomycin-sorbitol and lactulose in the treatment of acute portal-systemic encephalopathy. A controlled, double-blind clinical trial. Am J Dig Dis. 1978;23:398-406.

2)      Butterworth RF. Pathogenesis of hepatic encephalopathy: new insights from neuroimaging and molecular studies. J Hepatol 2003;39:278-85.

3)      Siciliano M, Lucchese F, Annicchiarico BE, Bombardieri G. Effects of a single intravenous dose of Acetyl-L-carnitine on pattern reversal visual evoked potentials in cirrhotic patients with hepatic encephalopathy. Clin Exp Pharmacol Physiol 2006;33:76-80.