L'infarto miocardico con e senza sopraslivellamento del tratto ST:
è forse cambiata l'epidemiologia?
A.
Boccanelli
Le sindromi coronariche acute si distinguono in due grandi categorie, a seconda dell'aspetto elettrocardiografico:
1) Infarto miocardico con sopraslivellamento persistente del tratto ST, causato da un'occlusione in genere acuta totale del vaso coronarico colpevole.
2) Sindrome coronarica acuta senza sopraslivellamento persistente del tratto ST. determinata da occlusione coronarica parziale e intermittente.
Lo studio IN-ACS OUTCOME si proponeva di misurare l'outcome clinico dei pazienti con sindrome coronarica acuta a breve e medio termine. Sono stati arruolati nello studio circa 6000 pazienti e l'età media era 68 ± 13 anni (Fig. 1).
L'età media dei pazienti con STEMI era di 66 ± 13 anni e NSTEMI di 69 ± 12 anni con una differenza statisticamente molto significativa. L'età media di insorgenza dell'infarto comunque in Italia è mediamente superiore di tre anni rispetto alla media europea.
I pazienti con NSTEMI si caratterizzano per un maggior numero di comorbilita' quali dislipidemia, diabete, ipertensione, insufficienza renale cronica e bronco-pneumopatia cronica ostruttiva (Figg. 2 e 3).
Questi pazienti hanno più spesso angina
cronica, pregresso infarto miocardico, pregresso by-pass aorto-coronarico,
attacco ischemico cerebrale transitorio, arteriopatia obliterante periferica e
in genere pregressa patologia cardiovascolare.
La mortalità ospedaliera degli infarti con sopraslivellamento del tratto ST era
nello studio citato 4,4% e per quelli senza sopraslivellamento del tratto ST del
2%.
La mortalità a 30 giorni era rispettivamente del 5,9% e del 3%. Nello studio
Blitz 3, eseguito su 6986 ricoveri con infarto miocardico le donne erano il 36%,
l'età media 72 anni e aveva un’eta' superiore a 75 anni il 39% dei pazienti.
Mediamente i pazienti dello studio Blitz avevano un’età maggiore, in minor
misura avevano infarti con sopraslivellamento del tratto ST, avevano una
maggiore complessità clinica e comorbidità e maggiore storia di
rivascolarizzazione.
Negli Stati Uniti nel registro nazionale dell'infarto miocardico dal 1990 al
2006 si è assistito ad una crescente riduzione degli infarti con
sopraslivellamento ST e incremento di infarti con sottoslivellamento del tratto
ST.
Queste modifiche epidemiologiche si sono viste soprattutto negli ultimi 20 anni. Negli ultimi decenni si è assistito a una riduzione progressiva degli STEMI a favore dei NSTEMI, con un balzo in avanti di oltre 10 anni nell'insorgenza delle malattie coronariche, oltre alla riduzione dell'encefalopatia ipertensiva multinfartuale e di ictus, l’immissione in circolazione di una grande quantità di persone che sono scampate al pericolo della malattia cardio-cerebrovascolare acuta o cronica.
La popolazione che oggi occupa le Unità Coronariche è più complessa e richiede provvedimenti più impegnativi. Un altro problema è rappresentato dalla prevalenza di infarti miocardici che decorrono misconosciuti in funzione dell'età. Infatti l'età che avanza comporta manifestazioni sintomatologiche dell'infarto più sfumate e meno tipiche.
Il trattamento con statine ha modificato negli ultimi decenni la biologia della placca e ne ha impedito l'evoluzione verso la rottura, ma non verso l'evoluzione sclerotica. Questa modifica della struttura di placca si è tradotta in una riduzione degli STEMI e aumento degli infarti con meccanismo non trombotico, ma emodinamico, più tipico della fragilità e comorbilità delle fasce più avanzate della popolazione.
Uno problema da affrontare è quello dell'ageismo, una attitudine a discriminare, separare o in ogni modo svantaggiare i pazienti più anziani sulla base dell'età cronologica. Un esempio di questo è rappresentato dall'esperienza di Firenze nello studio AMI-Florence in cui si dimostrava che quanto più i pazienti erano anziani tanto meno avevano accesso a strutture con possibilità di praticare angioplastica.
In conclusione la popolazione colpita da
infarto miocardico è destinata a crescere con l'aumento dell'eta' media colpendo
pazienti con un profilo di rischio maggiore, determinato da una mortalità è
morbilità a lungo termine più elevata. Le scelte terapeutiche sono spesso
condizionate più dell'età del paziente e dalla sede del trattamento piuttosto
che dal profilo di rischio, per cui vi sono categorie di pazienti non trattate
adeguatamente nella popolazione e il profilo di rischio dei pazienti è sempre
più complesso. La sindrome coronarica acuta senza sopraslivellamento del tratto
ST è in progressivo aumento con una frequenza quasi doppia rispetto agli infarti
con sopraslivellamento del tratto ST. La prognosi a breve termine è migliore
nella sindrome coronarica acuta senza sopraslivellamento del tratto ST;
tuttavia, colpendo pazienti con un profilo di rischio maggiore, quest’ultima
determina una mortalità e morbidità a lungo termine più elevata.
Le scelte terapeutiche sono spesso condizionate più dall'età del paziente e
dalla sede del trattamento piuttosto che dal profilo di rischio, per cui vi sono
categorie di pazienti non trattate adeguatamente.
Primario Cardiologo, Clinica Quisisana, Roma