La Sindrome di Stendhal

D.Belella, D. Ferrarese, S. Carnevale, E.Orlandelli

 

 

E’ la Psichiatra Psicoanalista Graziella Magherini che, per la prima volta, descrive con questo termine la “sofferenza mentale” che coglie i turisti in visita alle città d’arte.

“Là, seduto su un gradino di un inginocchiatoio, la testa abbandonata sul pulpito, per poter guardare il soffitto, le Sibille del Volterrano mi hanno dato forse il piacere più vivo che mai mi abbia fatto la pittura…ero arrivato a quel punto di emozione dove si incontrano le sensazioni celestiali date dalle belle arti e i sentimenti appassionati. Uscendo da Santa Croce, avevo una pulsazione di cuore, quelli che a Berlino chiamano nervi: la vita in me era esaurita, camminavo col timore di cadere.”

La sindrome prende il nome da Stendhal, il quale, nel resoconto della visita a Firenze, narra con queste parole di aver vissuto un violento malessere durante la visita a Santa Croce a causa del quale fu costretto ad uscire dalla Basilica.

Il tema relativo al processo fruitivo è stato affrontato da molti punti di vista. Gli studi più recenti si riferiscono alla Neuroestetica, fondata da Semir Zeki.

La neuroestetica è una disciplina recente che tenta di spiegare e comprendere l’esperienza estetica a livello neurale, ossia come il cervello reagisce all’incontro con l’opera d’arte. La risposta della mente al capolavoro artistico è mediata da una sorta di profonda immedesimazione (cognitiva, emotiva e motoria) con l’opera d’arte, resa possibile dal meccanismo dei neuroni specchio che ci consentirebbe di vivere, rispecchiandole appunto, le emozioni e le sensazioni corporee vissute dai protagonisti raffigurati nelle opere d’arte.

Secondo Mauro Mancia, il quale parte dalle ipotesi di Bion sull’inconscio presimbolico, è importante il ruolo dei vissuti depositati nella memoria implicita, in cui vengono immagazzinate tutte quelle esperienze sensoriali, cognitive, primitive che andrebbero a costituire l’inconscio-non rimosso, vissute subito dopo la nascita ma prima che si siano sviluppate le aree deputate alla memoria.

La Magherini  parla di “episodi di sofferenza psichica” in cui sono stati riscontrati, nella maggior parte dei casi, i sintomi che caratterizzano gli attacchi di panico, come tachicardia, capogiri, vertigini, confusione, crisi depressive con necessità di tornare a casa o, al contrario, esaltazione e pensiero onnipotente. Dal punto di vista clinico sono episodi classificabili come forme atipiche brevi, nelle quali emerge la costante crisi d’identità, data dalla congiunzione storia personale - viaggio (con destabilizzazione dei ruoli abituali) - impatto con l’arte (evocatore di vissuti inconsci) e può trovare espressione in sentimenti di depersonalizzazione o derealizzazione, descritti anche da Freud nel momento in cui si trova di fronte all’Acropoli di Atene.

Le crisi sono caratterizzate da una rottura dell’equilibrio fornito da meccanismi difensivi dominati da processi di splitting, con il ri-emergere di contenuti mentali scissi. Entrano in gioco, quindi, vari fattori che vanno dalla predisposizione emotiva dell’individuo al viaggio come destabilizzazione consueti parametri culturali, all’impatto con l’arte reso evocatore di vissuti inconsci.

Dal punto di vista Psicoanalitico, il processo fruitivo viene analizzato con l’apporto di varie teorie, tra cui quella winnicottiana, secondo cui la prima esperienza estetica risale alla visione e all’interazione del bambino con la madre. Uno dei momenti più alti e irripetibili del rapporto passionale va collocato proprio nel momento dell’allattamento dove il neonato/a, oltre alla fruizione altamente gratificante sensoriale e nutritiva legata alla mucosa orale e gustativa, riceve la stimolazione di vista, udito (oltre alle parole della madre va aggiunto l’ascolto del ritmico battito cardiaco materno), olfatto e tatto, con tatto. Con il termine “fruizione artistica” si intende “il complesso delle risposte e delle attività psichiche derivanti dall’osservazione dell’opera d’arte” (Magherini, 2007). La fruizione è strettamente legata agli elementi della storia personale ed ambientale che, fin dalla nascita, vengono ad influenzare l’organizzazione della struttura psichica sia dell’osservatore che dell’artista.

Nel suo insieme l’opera d’arte può talora divenire contenitore di vissuti e di emozioni, che provocano sensazioni inattese nello spettatore. In associazione all’esperienza di Stendhal possiamo ri-evocare quella vissuta da Freud, già precedentemente citata, sull’Acropoli ad Atene durante un viaggio con il fratello minore, viaggio nel quale provò sensi di colpa per aver realizzato quello che, pur desiderandolo, non fu possibile al padre.

Freud scruta il Mosè di San Pietro in Vincoli, analizzando la posizione della mano destra, e le due tavole sulle quali poggia il braccio di Mosè al fine di verificare il senso di quella mobilità… “l’avvio di un’azione violenta” o “il residuo di un movimento trascorso”?

Melanie Klein (1940) parla di uno sforzo creativo dell’artista volto ad un riflesso  dell’apparenza reale. La ri-creazione artistica si ricollega a fasi del primo sviluppo infantile, fondata su fantasie inconsce, che si avvalgono dei meccanismi di introiezione e proiezione.

Secondo Bion esisterebbe un legame molto intenso tra la struttura profonda dell’opera d’arte e quelle aree che non hanno raggiunto una simbolizzazione attraverso la funzione di reverie, alla quale dovrebbe assolvere la madre per contenere le impressioni emotive del bambino. Le ipotesi di Bion riguardanti l’inconscio presimbolico vengono oggi ad integrarsi con le ricerche neurologiche effettuate sulla memoria.

Diviene interessante valutare, però, anche la relazione che si instaura tra l’osservatore e l’opera, come finestra da cui poter scoprire qualcosa anche del suo creatore. Con “nullum ingenium sine mixtura dementiae” Freud evidenzia i casi in cui una patologia possa aver influenzato la mano dell’artista. Basti pensare a Van Gogh e al suo “Autoritratto con l’orecchio tagliato” o al “Grido” di Munch.

In questo modo diamo uno “sguardo” anche al processo creativo, al cui studio molti Autori hanno dato un contributo, tra cui Freud e Winnicott, il quale ha posto l’attività creativa all’interno del concetto di “gioco”, considerato espressione di fantasie inconsce e occasione di un’esperienza transizionale.

Già nei primi anni della Psicoanalisi, Freud aveva compreso l’esistenza di una funzione perturbante della bellezza. Il perturbante viene ad assumere quindi il significato di un rimosso che ritorna a causa dell’opera d’arte, che in un dato momento della vita di una persona può venire in relazione con un’esperienza emozionale significativa e disturbante, che verrà in seguito definito perturbante psicotico.

Sono molti i casi clinici descritti dalla Magherini, la quale ha eseguito per molti anni una ricerca nell’Ospedale Santa Maria Nuova a Firenze.

 

Martha, una ragazza di venticinque anni, nubile, la quale, in viaggio con un’amica, diviene inquieta e, in seguito, ricoverata in preda ad una bouffèe delirante, dopo essere rimasta per molto tempo davanti alle Annunciazioni del Beato Angelico, nel museo di San Marco;

Kamil, un esperto pittore cecoslovacco, che dopo una visita nella Cappella Brancacci di fronte a Masaccio, viene invaso da una sentimento di dissolvenza per cui cade sugli scalini, con il desiderio forte di ri-trovarsi di colpo a casa;

Franz, un signore bavarese, che subisce una crisi d’identità di fronte al Bacco adolescente di Caravaggio, per cui è stato costretto ad uscire dalla stanza a causa del senso di svenimento.

 

 Bibliografia

Bion W. R.,1972  Apprendere dall'esperienza, Armando, Roma, 1979.

Carnevale S., Ferrarese D., Belella D., Orlandelli E., 2008 “Musica e Psiche: dal genio di Mozart alla relazione d’ascolto” in Psichiatri Oggi, Anno X, n° 2, Roma.

Cruciani P., 2006 “Prefazione” in La personalità creativa, di Gennaro A., Bucolo G., ed. Laterza, Roma.

Di Benedetto A., 1997 Ascolto psicoanalitico e ascolto musicale, in Accerboni e Schön;
2000 Prima della Parola, FrancoAngeli , Milano.

Freud S.,1913 “Il Mosè di Michelangelo”, trad. it., in Opere, Vol. VII, Bollati  Boringhieri, Torino, 1975.

Klein M., Heimann P., Money-Kyrle R. (a cura di)1966, Nuove vie della Psicoanalisi, Il Saggiatore, Milano.

Magherini G., 2003 La sindrome di Stendhal, Ponte alle Grazie, Firenze; 2007 “Mi sono innamorato di una statua” Oltre la Sindrome di Stendhal, Nicomp L. E., Firenze.

Mancia M.,1990 Nello sguardo di Narciso. Saggi su memoria, affetti e creatività, Laterza, Bari;

2004 Sentire le parole. Archivi sonori della memoria implicita e musicalità del transfert, Bollati Boringhieri, Torino.

Orlandelli E., Palazzoni G., Terribile D., Ferrarese D., 2008 Seno buono seno cattivo nell’arte, nella malattia, nella ricostruzione,  Alpes ed., Roma.

Stendhal, 1829 Passeggiate a Roma, BUR, Milano; 1838 Memorie di un turista, BUR, Milano.

Winnicott D. W.,1965 Sviluppo affettivo e ambiente, Armando, Roma, 1970; 1971 Gioco e realtà, Armando, Roma, 1974.

Zeki S., 2007 La visione dall’interno. Arte e cervello, Bollati Boringhieri, Milano.