RISCHIO TUBERCOLOSI IN CORSO DI TERAPIA CON FARMACI ANTI TUMOR NECROSIS FACTOR

A. Altieri, M. G. Alma

 

   Negli ultimi anni i farmaci anti Tumor Necrosis Factor (TNF) hanno assunto un posto predominante nel trattamento di alcune patologie infiammatorie croniche come l’Artrite Reumatoide (AR), l’Artrite Reumatoide dell’Infanzia, il morbo di Still, la malattia di Crohn (MC), l’Artrite Psoriasica, la Psoriasi1,2,3, la Spondilite Anchilosante e altre Spondiloartriti giocando un ruolo importante, non solo nel controllo dell’infiammazione, ma anche dei danni a lungo termine come il deterioramento delle cartilagini, le deformità articolari o le stenosi del tubo digerente. Normalmente il processo infiammatorio è regolato con precisione in una sorta di equilibrio tra i mediatori che iniziano e mantengono l’infiammazione e quelli che la “spengono”; negli stati di infiammazione cronica, uno squilibrio tra i diversi mediatori rende l’infiammazione non controllata determinando così anche un danno cellulare4.

  Il TNF è una citochina coinvolta nella infiammazione sistemica capace di modulare la produzione dei mediatori della flogosi ed è membro di un gruppo di citochine che stimolano la reazione di fase acuta. E’ prodotto principalmente dai monociti/macrofagi attivati in risposta a vari stimoli, inclusi il lipopolisaccaride, le infezioni virali ed i patogeni Gram-negativi e Gram-positivi. Il TNF può anche essere espresso dalle cellule T attivate, dai linfociti B, dalle cellule Natural Killer e da alcune cellule tumorali. I suoi effetti biologici includono attività antitumorali, antivirali, di mediazione nello shock e nella cachessia. Uno dei meccanismi responsabili dell’efficacia terapeutica degli anti-TNF è rappresentato dall’azione che essi esercitano sulle sottopopolazioni T e B linfocitarie e sulle citochine da esse prodotte.

   Il principale meccanismo d’azione del TNF è quello di un ligando stimolante l’apoptosi, ma è anche importante nello sviluppo e nel mantenimento dell’integrità dei granulomi in corso di risposta dell’ospite in una varietà di infezioni, compresa la tubercolosi (TB), l’istoplasmosi e la coccidiomicosi. e ciò giustifica come malattie infettive quali la TB o, meno comunemente, altre malattie infettive anche di natura fungina, rappresentino le reazioni avverse più temibili in corso di terapia con antagonisti del TNF accanto ad altre forme di tossicità meno comuni (linfomi, malattie demielinizzanti, lupus like sindrome, scompenso cardiaco)5. In particolare, è stato osservato un rischio di riattivazione di infezione tubercolare, che nei pazienti affetti da AR in trattamento con anti-TNF, arriva ad essere da 4 a 20 volte superiore alla popolazione sana di controllo. Comunque, si devono considerare due fattori per valutare l’effetto della terapia anticitochinica nei riguardi della suscettibilità alle infezioni: il bersaglio specifico e la farmacodinamica del trattamento.6,7,8

   Insieme alla produzione di NO mediata dalle citochine e dai radicali liberi, la formazione del granuloma tubercolare rappresenta la strategia primaria di difesa dell’ospite contro la diffusione del M. tuberculosis, il quale infetta i macrofagi alveolari e prolifera in sede intracellulare. I prodotti del micobatterio attivano la funzione macrofagica, in quanto cellula presentante l’antigene alle cellule T CD4+, vi è un quindi un rilascio di varie citochine. Le cellule T, stimolate dall’IL-12 e dall’IL-18, producono Interferone il quale assieme alle citochine proinfiammatorie come il TNF, induce un’aumentata produzione di NO da parte del gene inducibile la NO-sintetasi e il suo aumento potenzia l’attività microbicida del macrofago infetto. Attratti dalle citochine, altri macrofagi affluiscono nel parenchima polmonare e si differenziano in macrofagi epitelioidi, murando il macrofago infetto e formando il granuloma iniziale. Anche le cellule T partecipano alla formazione ed al mantenimento del granuloma secernendo citochine come il TNF. Un granuloma ben formato richiede a sua volta la presenza di citochine per mantenere la propria integrità ed evitare la disseminazione del Micobatterio tubercolare. Ridurre l’attività di una particolare citochina può determinare la dissoluzione del granuloma, l’aumento della carica batterica e la disseminazione sistemica della malattia. Topi deficienti di TNF o TNFR p55 non sono in grado di formare il granuloma e soccombono prematuramente se infettati sperimentalmente..9,10,11,12

   I farmaci anti-TNF attualmente utilizzati sono due anticorpi monoclonali anti-TNF, chimerico l’Infliximab, interamente umano l’Adalimumab ed una proteina di fusione costituita dal recettore solubile per il TNF, l’Etanercept. Sebbene la capacità di inibire l’attività del TNF sia comune, differiscono per il loro meccanismo d’azione.13 I due anticorpi monoclonali legano selettivamente il TNF solubile ed espresso sulla superficie cellulare e sono in grado di indurre lisi cellulare attraverso

meccanismi di citotossicità anticorpo e complemento-mediata, l’Etanercept, molecola di sintesi, lega e neutralizza il TNF solubile e di membrana ma non induce lisi cellulare né apoptosi delle cellule del sangue periferico. Dai dati di letteratura si evince che la TB e le altre infezioni granulomatose possono verificarsi più frequentemente tra i pazienti trattati con Infliximab rispetto a quelli trattati con Etanercept la cui possibile spiegazione starebbe nelle differenze biologiche e farmacocinetiche tra gli anticorpi monoclonali e i recettori solubili TNF.14La maggior parte dei casi di TB si verificherebbe con l'inizio del trattamento anti-TNF come per l’ Infliximab mentre dopo un intervallo molto più lungo per l’Etanercept.15 Si tratta per lo più di riattivazione di un’infezione latente, ma non si conosce il peso delle infezioni recenti. Il rischio di riattivazione causata dalla terapia con anti-TNF dipende da due variabili: l’effetto immunomodulante della terapia e il sottostante tasso di infezioni tubercolari latenti, ovvero il rischio di infezioni pregresse nella popolazione. Il tasso di infezione latente dipende a sua volta da molte variabili, inclusa l’età, il paese di origine, lo stato socio-economico, l’origine etnica, la storia di viaggi in paesi ad elevata prevalenza di TB e l’occupazione. I pazienti in terapia immunosoppressiva o con determinate patologie (diabete, nefropatia severa, silicosi, alcune neoplasie e patologie intestinali) sono i gruppi a più elevato rischio di progressione verso la malattia attiva, una volta che si sia instaurata l’infezione. A differenza della TB insorta nei soggetti immunocompetenti, la malattia associata a blocco del TNF si presenta spesso con quadri atipici e manifestazioni extrapolmonari. L’aumentata possibilità di sviluppo di TB rende quindi indispensabile la ricerca dell’Infezione Tubercolare Latente in ogni paziente candidato ad una terapia con anti-TNF.16

   La diagnosi di Infezione Latente è tradizionalmente basata sulla positività del test alla tubercolina (TST) ma il test cutaneo ha una bassa sensibilità in questi pazienti e può essere falsamente positivo in soggetti con precedente vaccinazione BCG o contatto con micobatteri ambientali. L’introduzione in commercio di due test immunologici, QuantiFERON-TB Gold (QFT.TB), e T-SPOT.TB (test IGRA). ha determinato un netto vantaggio rispetto al TST perché usano le proteine del genoma RD1 del MT, una regione che non è presente in ceppi di M. bovis utilizzato per produrre il vaccino BCG né in ceppi di Micobatteri non tubercolari con rilevanza clinica17,18 Questi test sono in grado di ridurre al minimo il numero di pazienti che altrimenti sarebbero erroneamente diagnosticati con Infezione Latente a causa dei risultati falsamente-positivi del TST. L’uso dei due test IGRA per la diagnosi di Infezione Latente ha mostrato una sensibilità generalmente superiore al TST più evidente in individui immunocompromessi, pertanto sono proposti come alternativa al test cutaneo. 19,20

   Il trattamento dell'Infezione latente dovrebbe iniziare prima di intraprendere la terapia con inibitori del TNF in pazienti con risultati dello screening suggestivi per infezione e dopo che la malattia tubercolare attiva sia stata esclusa. I pazienti con Infezione Latente devono essere trattati per un periodo di 6-9 mesi con Isoniazide, o con 4 mesi di Rifampicina in caso di intolleranza all’Isoniazide e non è necessario completare questo trattamento prima di iniziare la terapia con inibitori del TNF essendo il carico bacillare nell’Infezione Latente basso. Un  potenziale problema legato al trattamento con Isoniazide è rappresentato dall’epatotossicità, specialmente nei pazienti più anziani ed in quelli in trattamento concomitante con methotrexate.

   In seguito alla presenza di sintomi generali come febbre, sudorazione notturna, perdita di appetito e di peso o polmonari si deve sospettare l’insorgenza di TB attiva. Se si è propensi a riprendere la terapia con gli anti-TNF dopo il completamento del regime di trattamento antimicobatterico, non è chiaro se la terapia con inibitori del TNF possa essere tranquillamente ripresa nel corso del trattamento antitubercolare soprattutto se il paziente non ha dimostrato un significativo miglioramento clinico e adesione al trattamento.21,22 (Tabella 1)

 

Tabella 1

Raccomandazioni per lo screening, diagnosi e trattamento dell’infezione tubercolare latente nei pazienti candidati a trattamento con anti-TNF.
1)   anamnesi:

·         nascita o provenienza da un paese ad alta incidenza di TB,

·         soggiorno in carcere, lungodegenza o senza fissa dimora

·        abuso di droghe,

·        personale di centri che curano pazienti affetti da tubercolosi,

·        risultati radiografici coerenti con  precedenti tubercolari

2)   diagnosi: test cutaneo alla tubercolina o IGRA
3)   terapia: trattamento dell'infezione tubercolare latente o della TB secondo linee guida
4)   sospettare la malattia tubercolare come una potenziale causa di sintomi respiratori in tutti i pazienti trattati con farmaci anti-TNF.

 

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PER LA CORRISPONDENZA:

ALFONSO MARIA ALTIERI, UOC DI BRONCOPNEUMOLOGIA E TISIOLOGIA

AZIENDA OSPEDALIERA SAN CAMILLO-FORLANINI, ROMA

alfoalt@tin.it