EPIDEMIOLOGIA DELLA TUBERCOLOSI
A.M. Altieri
La tubercolosi (TB)è una malattia antica che ha accompagnato la storia dell’umanità, infatti due delle tre patologie storiche dell’umanità, di cui esistono sicure fonti documentali, peste, lebbra e tubercolosi di, sono micobatteriosi. Era presente già nelle antiche civiltà come dimostrano le ricerche condotte su mummie dell’antico Egitto. Nel Medio Evo si credeva che il Re di Francia con il semplice “tocco” potesse guarire la la linfadenite del collo. La Rivoluzione Industriale, con la nascita di un proletariato urbano costretto a vivere in condizioni miserevoli e di sovraffollamento, determinò un incremento epidemiologico esponenziale della malattia, circa il 25% delle morti veniva attribuito alla TB. Nell’Ottocento i colonizzatori europei la portarono in Africa e nel Nord America causando milioni di morti tra gli schiavi negri e gli Indiani. In Europa la TB ha toccato il suo culmine nel XIX secolo con tassi grezzi di 1 morto/100 abitanti. Infatti se il Seicento era stato il secolo della Peste, il Settecento il secolo del Vaiolo, l’Ottocento vide la TB come regina incontrastata, per poi diminuire significativamente negli ultimi 150 anni, fatta eccezione per la recrudescenza in occasione delle due guerre mondiali. Tuttavia il tasso di declino è ancora troppo lento per raggiungere gli obbiettivi dell’OMS. Hanno contribuito a tale risultato, da una parte l’esaurirsi della fase di ascesa dell’epidemia tubercolare e le migliorate condizioni socio-sanitarie della popolazione, dall’altra, l’introduzione, nel secolo passato, della collassoterapia prima e della antibioticoterapia poi con l’introduzione negli schemi terapeutici di Isoniazide e Rifampicina. All’inizio degli anni ’80 del secolo passato due eventi imprevisti hanno causato una inversione di tendenza dell’incidenza della malattia tubercolare: l’epidemia da HIV e l’arrivo, nei paesi ricchi, di immigrati provenienti dal Sud del mondo.
L’OMS nel Global Tuberculosis Control Report del 2011
riporta che circa due miliardi di persone, cioè un terzo della
popolazione mondiale,
sono stati infettati dal Micobatterio Tubercolare e di questi, ogni anno, se ne
ammalano circa 9 milioni, di cui 1 muore a causa della malattia che è anche la
principale causa di morte nei soggetti con infezione da HIV (circa i milione per
anno).
La
conseguenza di questa interazione è duplice. Da un lato, la tubercolosi è una
delle principali cause di morbilità e mortalità nelle popolazioni con alta
prevalenza di HIV, nelle aree in cui la prevalenza della TB è alta, un terzo o
più di persone infette da HIV possono sviluppare la malattia e alla fine muorire
a causa di essa. D'altra parte, l'HIV sta guidando l'epidemia di TB in molti
paesi, soprattutto nell'Africa sub-sahariana e, sempre più, in Asia e Sud
America. Ad esempio, alcune parti dell'Africa sub-sahariana hanno visto un
aumento del numero di notifiche di casi di TB da tre a cinque volte in seguito
all'aumento della prevalenza dell'HIV.
Infatti l’impatto dell’infezione da HIV sulla TB è massimo in
quelle popolazioni in cui è alta la prevalenza dell’infezione latente, in
particolare giovani adulti. A chiudere il circolo vizioso TB- HIV contribuisce
la povertà, si può quasi dire che l’incidenza della malattia è inversamente
proporzionale al PIL di quelle regioni, infatti si va da 356 casi ogni 100.000
abitanti in
Africa a 41 ogni 100.000 abitanti in
America. La maggior parte dei quali si verifica in Asia
(55%) e Africa (30%), con piccole percentuali nella Regione del Mediterraneo orientale (7%), nella
Regione europea (5%) e nella Regione americana (3%). In particolare, India e
Cina da sole contano circa il 35% dei casi di TB di tutto il mondo.
I principali fattori che determinano il rischio di esposizione al Micobatterio.
tubercolare sono il numero di casi di TB contagiosa, la durata della
contagiosità e la promiscuità sociale. Infatti, maggiori sono i casi di TB
espettorato-positivi, maggiore sarà il numero di micobatteri presenti
nell'ambiente. Analogamente, quanto più questi soggetti rimarranno infetti,
tanto più ci saranno micobatteri nell'ambiente. Le esposizioni più elevate sono
riportate in ambienti con alta densità di popolazione, come le famiglie
numerose, gli spazi confinati (es. carceri, ospedali, etc) in cui determinanti
sociali come 'alcolismo, malnutrizione, diabete e fumo giocano un ruolo
determinante.
Nei paesi sviluppati
la tubercolosi è molto meno diffusa, ed è principalmente una malattia delle
grandi aree urbane dove assume l’aspetto di microepidemie (ospedali,
lungodegenze, scuole, etc). Nel
Regno Unito, l'incidenza di TB varia da 40 ogni 100.000 persone infette a
Londra, a meno di 5 ogni 100.000 persone nel Sudovest rurale dell'Inghilterra; la media nazionale è 13 ogni 100.000 abitanti. Il tasso più
alto nell'Europa
occidentale è in
Portogallo (42 ogni 100.000) e
Spagna (20 ogni
100.000). Queste incidenze vanno confrontate con i 113 abitanti infetti ogni
100.000 in
Cina e i 64 ogni 100.000 in
Brasile. Infatti negli Stati Uniti, Europa Occidentale, Canada,
Giappone e Australia si verificano meno di 25 casi per 100.000 abitanti. Tali
diversità hanno fondamentalmente origine dalla varietà di situazioni
socio-economiche esistenti nei diversi paesi.
L'incidenza della TB varia anche con l'età. In Africa colpisce prevalentemente adolescenti e giovani adulti, rendendo inabile gran parte della forza lavoro, mentre nei paesi dove è passata da alta a bassa incidenza, come nei Paesi industrializzati, la TB è prevalentemente una malattia delle persone anziane. Nel mondo, la TB è l'infezione più grave per numero di morti di donne in età riproduttiva.1
In Italia, i valori di incidenza sono abbastanza stabili: l’immigrazione da Paesi ad alta endemia tubercolare e la diffusione dell’infezione da HIV sono i principali fattori che hanno determinato l’epidemiologia della TB negli ultimi anni. I casi notificati si aggirano intorno a 7/100.000 abitanti (3/4 dei casi riguarda forme di TB polmonare ed 1/4 forme extra-polmonari). Si stima tuttavia, che l’incidenza reale possa essere superiore a causa di una diffusa sottonotifica. Le Regioni del Sud e delle Isole hanno notificato solo il 10% dei casi totali, mentre Lombardia, Piemonte, Veneto, Emilia Romagna e Lazio hanno registrato il 73% dei casi totali. Da sottolineare che nelle Province di Milano e Roma si sono verificati il 25% dei casi nel loro complesso. L'incidenza negli ultrasessantacinquenni (classe di popolazione che ha subito i tassi di infezione degli anni ’40), è stabile mentre si osserva un incremento in tutte le altri classi di età, ivi compreso tra 0 e 14 anni, in quest’ultima classe l’incidenza nel sesso femminile risulta maggiore rispetto al sesso maschile. La mortalità ha un tasso grezzo di 0,7 decessi per 100.000 residenti; colpisce più frequentemente il sesso maschile e gli ultrasessantacinquenni (84,5% dei decessi). La letalità totale si attesta sotto il 10% ma triplica negli anziani.
Così come nel resto dell’Europa occidentale, la proporzione di persone nate fuori dal nostro Paese, sul totale dei malati di tubercolosi, è andata aumentando nell’ultimo decennio, aggirandosi ormai intorno al 50% con una diminuzione dei casi in persone provenienti dall’Africa, a fronte di un incremento dei casi che giungono dall’Est europeo. Considerando la frequenza delle nuove diagnosi di TB tra la popolazione straniera in Italia, è emerso che non si è registrato un aumento dei tassi di incidenza della patologia tra gli immigrati ma semplicemente una crescita del numero totale degli stranieri residenti. La popolazione immigrata ha un rischio relativo di contrarre la TB di 10-15 volte superiore rispetto alla popolazione italiana. Da sottolineare che il 43% dei casi insorge entro 2 anni dall’arrivo in Italia, ma il 38% anche 5 anni ed oltre dopo l’immigrazione. I dati dei paesi industrializzati suggeriscono peraltro come i casi di tubercolosi negli immigrati abbiano avuto finora un impatto praticamente nullo sul rischio di malattia nella popolazione autoctona. Le strategie di controllo della tubercolosi negli immigrati devono includere principalmente interventi volti a migliorare l’accesso ai servizi sanitari e favorire l’aderenza alla cura ed a promuovere la ricerca attiva dei casi di malattia ed infezione tubercolare. 2 Infatti numerosi studi segnalano la malattia tubercolare come un’area critica per la salute degli immigrati, non solo in termini di incidenza rispetto alla popolazione italiana, ma soprattutto per i problemi legati alla presa in carico dei pazienti stranieri. In particolare, ci sono evidenze di una più bassa compliance ai protocolli terapeutici da parte di questi pazienti, e di un maggior rischio di perdite al follow-up
Una problematica emergente di rilevanza non indifferente è rappresentata dal diffondersi di ceppi di Micobatteri resistenti, in particolare multiresistenti (MT-MDR) ossia resistenti contemporaneamente a due dei principali farmaci antitubercolari: la Rifampicina e l’Isoniazide. La percentuale rilevata in Italia è pari al 3,7 dei ceppi analizzati, di più frequente riscontro nella classe di età compresa tra i 15 ed i 34 anni. Tale evenienza è particolarmente drammatica se si considera che la farmacoresistenza è indotta prevalentemente dall’uomo: ossia da una non corretta aderenza del malato alla terapia o non corretta prescrizione degli schemi terapeutici da parte del medico. Ma il dato più preoccupante è dato dal fatto che i farmaci di prima scelta sono ancora solo cinque a fronte del fatto che le Grandi Industrie non hanno nuovi agenti terapeutici da immettere sul mercato nell’immediato futuro. Secondo l’OMS si stima che ci siano ogni anno cinquecentomila nuovi casi di TB-MDR concentrati prevalentemente in Europa orientale e Russia in particolare, dove supererebbe il 6% dei nuovi casi, ma in Cina si calcolano 100000 nuovi casi di TB MDR per anno, per cui l’immigrazione da questi paesi potrebbe aumentare la probabilità di infettarsi con ceppi di Micobatteri MDR. In alcuni casi la farmaco-resistenza si estende anche ai farmaci di seconda linea (TB-XDR). La situazione appare ancora più drammatica di fronte al sostanziale fallimento della vaccinazione con BCG e che i nuovi vaccini non saranno commercializzati prima di 10-15 anni.
Nonostante i significativi risultati ottenuti sotto la guida dell’OMS dalla comunità internazionale la TB determina ancora a livello mondiale un notevole onere di disabilità e di morte. Sono necessari ulteriori sforzi per migliorare da un lato gli strumenti di sorveglianza al fine di consentire il monitoraggio e la valutazione della malattia e dall’altro assicurare a tutti i Pazienti cure di qualità
1) WHO Global Tuberculosis Control Report 2011
2) European Centre for Disease Prevention and Control. Framework Action Plan to Fight Tuberculosis in the European Union.
www.ecdc.europa.eu/en/publications/Publications/0803_SPR_TB_Action_plan.
3) Ministero della Salute. La Tubercolosi in Italia. Rapporto 2008
DOTTOR ALFONSO MARIA ALTIERI
Az. Osp. San Camillo Forlanini, Roma