Vissuti Psicosociali nel Trapianto di rene:
Pazienti in lista di attesa, nel post-trapianto e nel ri-trapianto
R. Calia, D. Ferrarese, J. Zecchini, E. Orlandelli
Servizio di Medicina Psicosomatica, Divisione di Terapia Medica
Dipartimento di Medicina Interna Scienze Specialistiche e Medicina del Lavoro
Universita’ Cattolica del Sacro Cuore
Attualmente si tende ad evitare il lungo trattamento emodialitico per suggerire, quando possibile subito, il Trapianto di Rene.
La dialisi dà il vantaggio di far si che il Paziente, i Familiari, l’ambiente socio-affettivo possano prepararsi mentalmente a tutti i problemi inerenti il trapianto: la lista di attesa, la ricerca dei donatori, il problema del rigetto, la terapia farmacologica, i controlli clinico laboratoristici-periodici, etc.
Nel Modello Biopsicosociale l’esperienza trapiantologica ri-unisce il rapporto corpo-mente-corpo: già nell’esperienza dialitica, fonte sia benefica che di inesauribile disagio emotivo e psicologico, spesso i vissuti sono collegati a:
Da tempo, nella nostra Facoltà di Medicina “A. Gemelli” promoviamo, con le Discipline Trapiantologiche di Chirurgia e di Medicina Interna, “Incontri sugli effetti complessi Medici Chirurgici e Psicosociali nei trapianti d’organo” con la partecipazione, oltre che dei Pazienti, dei Medici e degli Psicologi, anche del Personale infermieristico, Assistenti sociali, Familiari, Medici curanti di base, Specializzandi, Studenti e Cultori della materia: il trapianto diviene un’esperienza gruppale.
Il gruppo allarga lo spazio mentale entro cui inserire le Emozioni ed i vissuti psicocorporei.
La Psicologia Clinica individua i fattori predominanti nelle manifestazioni sintomatiche del soggetto, svelandone la valenza comunicativa, il significato motivazionale ed adattivo.
Colloquio clinico psicologico e Psicodiagnosi rappresentano l’iter normale per passare dalla malattia al malato e dalla “cura” al “prendersi cura”.
L’assessment cognitivo-affettivo indaga sullo stato psicologico complessivo, lo stress individuale, la funzionalità cognitiva, il funzionamento familiare, le sue risorse e lo stato motivazionale al trapianto.
Per evidenziare sia nel ricevente che nel donatore la libera motivazione, non condizionata da pressioni, ricatti affettivi, marcati problemi psicopatologici ed assenza di compensi economici diretti indiretti o presenza di benefici di qualsiasi altra natura.
PRE-TRAPIANTO:
1)programmare un percorso riabilitativo che tenga conto di esigenze, risorse e limiti propri di ciascun malato,
2)far emergere tempestivamente situazioni problematiche che rischiano di compromettere l’esito della terapia.
Per valutare l’assessment cognitivo-affettivo bisogna indagare su::
stato psicologico complessivo;
distress individuale;
funzionalità cognitiva;
funzionamento familiare e le sue risorse;
stato motivazionale.
L’ansia è onnipresente ma prende raramente la forma di attacco di panico, si traduce piuttosto in disturbi psicologici come:
La presenza di depressione, in particolare nella popolazione dializzata, si traduce spesso con:
Il successo del trapianto è spesso considerato dai Pazienti una “strada per una liberazione personale”, per riprendere il controllo della loro vita e di loro stessi, rappresenta una prova che tocca in profondità le capacità di resistenza, fisiche e morali, del Paziente che coinvolge i familiari e l’ èquipe interdisciplinare curante.
La perdita del supporto sociale è stata considerata, spesso, una relativa controindicazione all’accettazione del trapianto in quanto indurrebbe depressione, aumento di morbidità e di morbilità .
Una corretta valutazione psicologica pre-operatoria è indispensabile per due motivi:
•ricerca delle controindicazioni al trapianto
•migliore conoscenza della personalità di ciascun Paziente, per consentire un controllo costante prima, durante e dopo l’intervento
POST-TRAPIANTO
Si analizza il significato psicologico del “corpo estraneo” e dell“alterità”, il “rigetto”, che può essere anche solo psicologico, la compliance terapeutica (la terapia immunosoppressiva, la dieta, il lavoro, la sessualità e la gravidanza) nei trapiantati.
Il trapianto pone il problema della integrazione fisica di un corpo estraneo, che viene acquisito simbolicamente con tutte la caratteristiche del donatore.
Quello che è incorporato supera i limiti anatomici dell’organo, da qui, i disturbi della immagine del corpo e della rappresentazione di Sè.
Il trapianto costituisce, infatti, una esperienza che costringe il Sè a “ritrovare il senso”, al prezzo, talvolta, di rappresentazioni irrazionali, ansiogene e mobilita i meccanismi di difesa più arcaici:
Diniego: per scongiurare idee di morte e mutilazioni
Formazione reattiva, identificazione proiettiva, proiezione: nei confronti dell’aggressività comprensibilmente evocata dalla dipendenza verso il donatore
Razionalizzazione, intellettualizzazione: per allontanare la carica affettiva ansiogena
Secondo Castelnuovo-Tedesco sono presenti queste fasi:
Fase del “corpo estraneo”: l’organo trapiantato, in quanto estraneo al proprio corpo, può causare angosce persecutorie o, al contrario, idealizzazione. Esso può essere visto come un oggetto fragile e prezioso, per cui possono comparire sentimenti eccessivi di protezione nei suoi confronti.
Fase della “incorporazione parziale”: il Paziente inizia ad integrare l’organo.
Fase della “incorporazione totale”: l’organo viene acquisito automaticamente tanto da non avere più coscienza spontanea dello stesso.
L’intervento chirurgico del trapianto offre un contributo interessante allo studio dei fenomeni legati all’immagine corporea, perché consente di osservare cosa accade quando una parte estranea viene introdotta nel corpo.
Queste operazioni di “life-extending” sembrano allargare l’immagine corporea: qualcosa è aggiunto e l’individuo deve fare spazio, perché ciò che prima era Non Io possa diventare Io.
Da una parte ci sarà l’euforia associata ad una “rinascita simbolica” e dall’altra potranno svilupparsi eventuali reazioni paranoidi o crisi di panico per la presenza di un oggetto che all’inizio è talora vissuto come persecutore.
Così come il successo del trapianto dipende normalmente dalla compatibilità immunologica, se tale compatibilità non è elevata il trapianto fallisce ed avviene il rigetto, allo stesso modo il Sè deve integrare nell’immagine corporea il nuovo organo, rendendolo funzionale e non più alieno e pericoloso.
ALCUNI PROCESSI DI FANTASMATIZZAZIONE SUL DONATORE VIVENTE…
La maggior parte delle ricerche hanno rilevato che non ci sono modifiche evidenti nello stato psicologico del donatore dopo il trapianto:
solo il 2% dei Pazienti soffre di complicazioni psichiatriche postoperatorie.
Circa il 97% dei donatori riconfermerebbe nel tempo tale donazione, ciò dimostra come, nonostante la dipendenza, il trapianto sia ben accettato e non causi disturbi psicologici a lungo termine
Da un punto di vista psichiatrico è stata rilevata nel donatore la cosidetta “sindrome postoperatoria blu”, nella quale il donatore è deluso di non essere più al centro dell’attenzione dopo l’intervento, allorchè il ricevente e l’equipe medica si preoccupano principalmente dell’evoluzione del trapianto.
RI- TRAPIANTO:
La letteratura sull’argomento è molto esigua, per cui solo una osservazione costante protratta nel tempo anche da parte degli autori di questo lavoro, potrà dare nuove utili conoscenze.